Se amate la musica di Springsteen vi consiglio la lettura di Badlands. Springsteen e l’America: il lavoro e i sogni di Alessandro Portelli.
Ho avuto modo di assistere alla presentazione del libro e scambiare qualche parola con l’autore, uno storico appassionato, attualmente docente di letteratura anglo americana presso l’università degli studi di roma La Sapienza.
Il rock prima di Springsteen per quanto trasgressivo e audace era ancora impregnato di un certo tipo di poetica, che disegnava un mondo incantato e fiabesco, ma con Springsteen quel mondo va in frantumi e nuovi temi, decisamente più “maturi” e disincantati, più vicini alla quotidianità del ceto medio americano, irrompono nelle radio e sul palco donando un nuovo volto a quel genere musicale trasgressivo che fino a quel momento si era connotato di fasti ed eccessi fin troppo lontani dalla realtà.
Nella musica del Boss per la prima volta i sogni sono chiamati a fare i conti con la realtà rompendo la magia e l’incanto di quel mondo onirico descritto da mille canzoni, quel mondo che tutti sognavano ma che in pochi, per non dire nessuno, potevano avere.
Parafrasando le parole di Alessandro Portelli, prima di Springsteen tutti scopavano senza conseguenza, nessuna ragazza rimaneva incinta, nessuno si ammalava, nessuno aveva bisogno di lavorare, erano tutti felici e spensierati, come dei piccoli Gianni Morandi mentre andavano a comprare il latte, poi però quei ragazzi iniziano a crescere, e non c’è più la mamma a dar loro i soldi per andare a prendere il latte, e quel momento è il momento in cui arriva Springsteen che con le sue canzoni fa quel passo in più, si rompe la magia e si piomba nella cruda realtà. Il sesso non è più privo di conseguenze.
Nonostante ciò Badlands non è un libro che parla di musica, non solo almeno, ma usa la musica e nello specifico la musica e le canzoni del Boss per tracciare un ritratto della storia sociale e della cultura americana a partire dagli anni settanta fino ad oggi, mostrando la realtà che si cela oltre il velo dell’illusione, mostrandoci la vera america, quella vissuta e sudata tra campi e fabbriche, da contadini e operai, insomma, l’america del ceto medio che non possiede auto di lusso ma auto di seconda mano e vive in mastodontici condomini con così tanti appartamenti da rendere impossibile conoscere persino il nome dei propri vicini.
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