Il vaticano dice che il DDL Zan Viola il concordato, ma la sua richiesta viola Costituzione e diritto Internazionale

Per il vaticano il DDL ZAN viola il concordato richiedendo di conseguenza all’Italia di modificare la legge affinché si rispettino i termini del concordato del 1984. Il problema è che questa richiesta viola la costituzione italiana ed diritto internazionale, configurandosi de facto come una richiesta illegittima, ed un interferenza nella politica interna di un paese estero, cosa che, non serve lo dica, è illegittima e costituisce uno dei pochissimi “causus belli” legittimi, de facto l’Italia, di fronte a queste interferenze potrebbe decidere di dichiarare guerra al vaticano, cosa che non può fare per via dell’articolo 11 della costituzione, ma questa è un altra storia.

Torniamo al DDL Zan e al concordato e cerchiamo di capire quanto c’è di legittimo e di illegittimo nelle rivendicazioni dello stato del Vaticano.

Due parole sul concordato.

Correva l’anno 1984, il mondo assisteva allo spot diretto da Ridley Scott per la presentazione del nuovo Macintosh, e intanto, in Italia, il presidente del consiglio italiano, Bettino Craxi ed il segretario di stato del Vaticano, Agostino Casaroli, firmavano l’accordo per la variazione del concordato che regolamentava i rapporti religiosi tra Italia e chiesa cattolica.

La variazione dell’84 è una delle più grandi variazioni di quel trattato, realizzato originariamente tra l’Italia fascista e l’Impero pontificio, nel lontano 1929, dal duce Benito Mussolini e il cardinale Pietro Gasparri.

Questa modifica serviva a sanare una frattura tra l’Italia repubblicana e lo stato vaticano, relativo al ruolo della religione cristiana che, secondo i patti lateranensi, doveva essere in Italia “religione di stato”, ma, la repubblica Italiana, agli articoli 3, 19 e 20, stabilisce che la repubblica non può e non deve avere una “religione di stato”.

Più precisamente l’articolo 19 dichiara che

“tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume [cfr. artt.8, 20]”,

mentre l’articolo 20 dichiara che

“il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività [cfr. artt. 8, 19]”.

Il vaticano chiede di modificare la legge Zan per rispettare il concordato. Può farlo?

Di recente, lo stato Vaticano, ha puntato il dito contro il DDL Zan, asserendo che questi violasse il concordato, chiedendo, pertanto, di modificare la legge.

C’è però un problema in questa richiesta, in realtà più di uno.

Il primo problema è di carattere giuridico, si tratta di un interferenza straniera nella produzione normativa di un paese, questo, per il diritto internazionale, è illegale e per assurdo, costituisce un “causus belli” legittimo, certo, l’Italia non dichiarerà guerra al vaticano, ci mancherebbe, anche perché l’articolo 11 della costituzione lo impedisce, ma comunque, ciò non toglie che la richiesta del vaticano sia quantomeno illegittima.

Il secondo problema, ed è quello più importante, la richiesta del vaticano si scontra direttamente con l’articolo 20 della costituzione.

Articolo che ripetiamo, stabilisce che nessuna “religione o culto” possa esercitare limitazioni legislative.

In altri termini, modificare una legge, per assecondare una religione, e, il concordato riguarda i rapporti tra l’Italia e la religione cattolica, è incostituzionale.

La richiesta del vaticano dunque, arriva come una richiesta “religiosa” e dunque priva di valore sul piano normativo, o come la richiesta di uno stato estero, e dunque illegale sul piano del diritto internazionale?

E, a proposito di diritto internazionale, l’articolo 55 dello statuto dell’ONU, massimo ente di diritto internazionale, di cui l’Italia fa parte e il vaticano ne riconosce l’autorità giuridica, pur non essendo membro, ma semplice osservatore permanente, dichiara che

“Al fine di creare le condizioni di stabilità e di benessere che sono necessarie per avere rapporti pacifici ed amichevoli fra le nazioni, basate sul rispetto del principio dell’uguaglianza dei diritti o dell autodecisione dei popoli, le Nazioni Unite promuoveranno:
a. un più elevato tenore di vita, il pieno impiego della manodopera, e condizioni di progresso e di sviluppo economico e sociale; 
b. la soluzione dei problemi internazionali economici, sociali, sanitari e simili, e la collaborazione internazionale culturale ed educativa;
c. il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione.”

Più semplicemente l’articolo 55 dello statuto dell’ONU dice che, in caso di tensioni tra stati, bisogna puntare ad una risoluzione facendo valere valere i “diritti dell’uomo e le libertà fondamentali”, in altri ciò significa che, se ci sono tensioni di carattere giuridico, tra due stati, quali possono essere in questo caso l’Italia e il Vaticano, la risoluzione al problema va ricercata nel rispetto delle libertà e dei diritti e, siccome il ddl zan promuove la tutela dei diritti e persegue chi viola quei diritti fondamentali, e il vaticano si oppone a questa legge, l’ONU, de facto, autorizza giuridicamente l’Italia a procedere con la produzione della legge ZAN, indipendentemente da ciò che è scritto nei concordati e, se questo dovesse essere un problema per il Vaticano, l’Italia ha, grazie allo statuto dell’ONU e alla propria costituzione, il diritto, oserei dire, il dovere, di stracciare il concordato, mettendo così fine ai finanziamenti e agli sgravi fiscali dell’Italia al Vaticano e alla chiesa cattolica.  

Nell’antica Roma c’erano persone dalla pelle scura ed i contadini erano perennemente “abbronzati”.

Gli abitanti dell’impero romano avevano la pelle scura, in alcuni casi per ragioni etniche, in altri perché trascorrevano molte ore dell’anno, lavorando sotto il sole.

Qualche anno fa, su un libro di storia per bambini è apparsa un immagine in cui era raffigurato un soldato romano con la pelle scura, e questo ha fato scaturire la rabbia e indignazione di molti, soprattutto “puristi della razza”.

Quell’immagine è sbagliata perché i romani erano bianchi? Quell’immagine è giusta?

Per rispondere a queste domande in modo storico, e non di pancia, bisogna soffermarci su due elementi, ovvero distribuzione demografica della popolazione dell’Impero e condizioni di vita degli abitanti dell’Impero.

Prima di inoltrarci nell’analisi del fenomeno e cercare di fare luce sulla questione, vi anticipo che, voglio mostrarvi questa immagine precedente il primo secolo dopo Cristo, identificata come “Medicina dello Stivale e dell’Età Romana: Enea curato da Japige” che è stata ritrovata negli scavi di Pompei.

Notate qualcosa di strano nel colore della pelle di Enea e del medico che lo sta curando?

La pelle di Enea e del medico è molto scura, questo e non è un effetto dovuto all’invecchiamento del pigmento, anche perché nella stessa immagine ci sono altre persone con una tonalità della pelle molto più chiara, e dunque, anche se l’immagine con il tempo si è scurita, ciò non toglie che, chi ha realizzato questo affresco, aveva bene in mente che, la pelle di Enea dovesse essere più scura rispetto a quella di altri soggetti della stessa immagine.

Distribuzione demografica in età romana

Per quanto riguarda la distribuzione demografica, va detto che l’Impero romano si estendeva dalla spagna al medio oriente, dalle isole britanniche al deserto del Sahara, controllava l’intero bacino del mediterraneo, e, entro i suoi confini, nei secoli, sono confluite centinaia di popolazioni diverse e lontane tra loro, sia sul piano culturale che etnico.

Entro i confini dell’impero c’era anche il nord africa, un’area che andava dall’Egitto al Marocco, e che costituiva il “granaio” dell’impero, ovvero una regione prevalentemente agricola e molto fertile, in cui venivano prodotte gran parte delle scorte di grano per tutto l’impero.

Fatta eccezione per le “grandi” città come Roma, l’area del nord africa, era tra le più popolose dell’impero, perché abitata da tanti contadini che lavoravano negli immensi e sterminati campi che producevano e fornivano grano a tutto l’impero.

Gli abitanti di quella regione, per ragioni etniche e per condizioni di vita, avevano la pelle molto scura.

Ora, se la parte più popolosa dell’impero è abitata da persone dalla pelle scura, va da se che… già questo è sufficiente a dire che, non solo, nell’impero c’erano persone con la pelle scura, ma anche che questi era una fetta importante dell’intera popolazione romana.
A questo bisogna aggiungere che, la maggior parte degli abitanti dell’impero e dell’Europa nelle epoche successive, dalle isole britanniche all’Egitto, erano contadini e pescatori.

Cosa c’entra il lavoro con la colorazione della pelle?

Parliamo di un epoca preindustriale in cui il lavoro nei campi era svolto prevalentemente sotto la luce diretta del sole, si lavorava la terra tutto l’anno, giorno dopo giorno, sotto il sole, un epoca in cui ci si sposta a piedi o al massimo al cavallo, e anche l’, si è esposti alla luce del sole, di conseguenza, queste lunghissime ore di esposizione alla luce solare, ai raggi ultravioletti che innescano il processo di abbronzatura, rende la pelle di quelle persone molto scura, mediamente molto più scura di quella di un impiegato odierno che prende il sole 2/3 settimane all’anno, durante weekend estivi e vacanze di ferragosto.

Possiamo dire che gli antichi, e per antichi intendiamo gli abitanti dell’Europa e dai tempi di Roma, fino almeno alla seconda metà del XX secolo, erano perennemente abbronzati.

Beati loro, se non fosse che la loro pelle era letteralmente cotta e rovinata, usurata dal sole e da ogni sorta di malattia della pelle.
Per secoli il colore della pelle ha costituito un elemento di distinzione tra ceti sociali, perché, mentre i contadini, ma anche soldati, pescatori e lavoratori in generale, trascorrevano gran parte della propria esistenza sotto il sole, i nobili, gli aristocratici ed i ceti più agiati, erano molto meno esposti al sole, di conseguenza , fatte rare eccezioni, la loro pelle era mediamente più chiara e liscia, rispetto a quella dei contadini.

Nobili ed aristocratici, per aspetto, erano molto più simili a noi, ma, non dimentichiamoci che nobili ed aristocratici erano una frazione ridotta della popolazione europea.

Questo distinguo basato su colore e stato della pelle è venuto a mancare, parzialmente, con la rivoluzione industriale, al seguito della diffusione di illuminazione elettrica, fabbriche e treni, elementi che hanno spostato gran parte del processo produttivo in Europa al chiuso, limitando quindi l’esposizione al sole e cambiando le abitudini di lavoro.

Si lavora al chiuso, ci si abbronza di meno, quindi l’abbronzatura fa il giro e passa dall’essere indicativa di lavori poveri e manuali, ad essere indicativa dell’appartenenza ad una cerchia sociale più elevata che, nella seconda metà del XX secolo, conduce una vita più agiata… può andare in vacanza.

Questo tipo di abbronzatura limitata nel tempo, si traduce in pelle leggermente più scura, ma comunque liscia, diversa da quella dei contadini, molto più scura e increspata e rovinata, non curata.

Va anche detto che, nel secondo dopoguerra, negli anni 50 del novecento, quando Ernesto de Martino e prima di lui Carlo Levi, durante i propri viaggi e studi, si sono recati nell’Italia meridionale, e sono entrati in contatto con le popolazioni rurali del mezzogiorno, si sono imbattuti in uomini e donne che ancora portavano sul proprio volto il segno del lavoro nei campi, parliamo di uomini e donne con la pelle scura, cotta dal sole in lunghe ore di lavoro nei campi.

Rispondere quindi con un “no secco” quando si chiede se nel mondo antico, in Europa, ci fossero persone con la pelle scura, oltre ad essere stupido è anche anti-storco, perché si guarda a quel mondo, a quell’epoca, non analizzandolo nella propria interezza, ignorando le condizioni di vita della popolazione del tempo e proiettando i nostri ritmi e le nostre abitudini, in un mondo che seguiva ritmi diversi, un mondo il cui tempo era scandito dalla luce del sole e non dalle lancette di un orologio moderno. Un mondo, in cui la pelle delle persone era mediamente più scura, perché, a differenza di noi, viveva e lavorava tutto l’anno sotto il sole, senza crema solare e senza alcun tipo di protezione contro i raggi UV.

Windows Sun Valley, il successore di Windows 10 | Opinioni

Microsoft ha annunciato il successore di Windows 10, nome in codice, Sun Valley. Il nuovo Sistema Operativo verrà presentato ufficialmente il 24 giugno.

La notizia di un nuovo sistema operativo targato microsoft era già trapelata qualche settimana fa quando Microsoft, annunciando il Windows event di Giugno, ha anticipato che avrebbe annunciato il successore di Windows 10, precisando che non sarebbe stato Windows 10x.

E alla fine il grande giorno è arrivato, Microsoft ha reso noto il progetto Sun Valley, nome in codice del nuovo sistema operativo il cuo nome ufficiale non è ancora formalizzato ma potrebbe chiamarsi realmente Windows Sun Valley, ed ha annunciato la data di fine supporto a windows 10, prevista per il 14 ottobre 2025.

La notizia del nuovo OS è stata un vero e proprio fulmine a ciel sereno, nel giro di poche settimane Microsoft ha fatto un passo importante, ha prima dichiarato che ci sarebbe stato un successore a windows 10, per anni professato dalla casa di redmond  come l’ultimo sistema operativo, l’OS definitivo, che sarebbe stato aggiornato vita natural durante.

Come mai quindi Microsoft ha deciso di tornare sui propri passi e presentare un nuovo sistema operativo?

Una risposta ufficiale non l’abbiamo ma possiamo provare ad intuire leggendo tra le righe delle poche informazioni che ci sono state fornite sul nuovo OS, che da qui in avanti chiameremo con il suo codename Sun Valley, in attesa delle specifiche che verranno rese note il 24 giugno.

La prima cosa che possiamo intuire è che Sun Valley (WSV) sarà profondamente diverso da Windows 10, se così non fosse, la Microsoft non avrebbe messo in piedi un nuovo OS. Possiamo quindi aspettarci, oltre a significative modifiche nell’impianto d’uso, anche a livello di “kernel”, e qui entra in gioco una teoria (puramente speculativa) molto interessante.

N.B. Il Kernel è la parte del sistema operativo che distribuisce le risorse.

Con Windows 10, Microsoft ha provato, fin dal 2016, prima con Windows Subsystem for Linux e poi con Windows Subsystem for Linux 2, ad integrare nel proprio sistema operativo un kernel ed una Shell linux complete, limitandosi ad una virtualizzazione dell’ambiente linux legata all’impianto di windows 10 e, nonostante ciò, con WSL2 Microsoft è riuscita a raggiungere un importante livello di integrazione, permettendo alla Shell linux di interagire direttamente e nativamente con il file system di windows 10.

Credo, o forse spero, che la direzione di Microsoft sia una maggiore integrazione, con un sistema operativo più “aperto” che sia un punto di incontro tra il vecchio mondo windows e l’universo linux.

Forse la mia è solo un utopia, ma non vedo altra spiegazione, Windows Sun Valley è nato per la necessità di superare un ostacolo impossibile da superare con Windows 10, e quell’ostacolo, a mio avviso, era nell’integrazione con Linux.

Un suggerimento in questo senso ci arriva dal 2019, quando, alla presentazione di WSL2, Microsoft dichiarò di essere già a lavoro per permettere una maggiore integrazione, lasciando intuire che in futuro sarebbe stato, forse, possibile installare oltre a gestori file alternativi, anche un ambiente grafico alternativo al classico DE Windows, che, fin dalle primissime versioni di Windows, diversamente dai sistemi UNIX, è parte integrante del sistema operativo.

Un cambio di rotta di questo tipo sarebbe un qualcosa di epocale, e Windows Sun Valley sembra promettere un cambiamento epocale nella storia di Microsoft.

Non sappiamo quanto incisivo sarà questo cambiamento, del resto, il nuovo OS sembra chiamarsi “Windows Sun Valley” e non “Sun Valley”, ciò lascia supporre che il DE Windows, rimarrà, ma non sappiamo se sarà “statico” come lo è sempre stato o se invece, per la prima volta nella storia di Microsoft, diventerà una componente opzionale, e dunque, sostituibile.

Il cambiamento è nell’aria, lo intuiamo dalla nomenclatura, dalla denominazione, non più numerica, come osservano Windows Latest e Bleeping Computer, secondo i quali, Microsoft sarebbe intenzionata ad adottare uno schema di denominazione in stile MacOS, utilizzando dei luoghi anziché dei numeri o lettere.

Timeline e nomenclatura dei sistemi operativi Microsoft da MS-Dos a Windows 10

Questa teoria lascia un po’ il tempo che trova visto che comunque, non è la prima volta che Microsoft non usa dei numeri per i propri OS, e anzi, due dei sistemi più famosi della casa di redmond sono proprio Windows XP, ancora oggi uno dei sistemi operativi più usati al mondo, nonostante il supporto sia terminato da qualche anno, e Windows Vista, noto per essere il più grande flop della storia di Microsoft, un sistema operativo rilasciato prematuramente, incompleto e problematico.

Giocando con il passato, possiamo osservare che Windows 10 è stato un degno erede di Windows XP, speriamo quindi che il nuovo os non sia in un Vista 2.0.

Tornando alle speculazioni, sappiamo che da qualche anno, con Windows 10, Microsoft sta puntando alla creazione di un “sistema unificato” per PC, Tablet e Console, nell’ottica di un vero e proprio ecosistema microsoft, è quindi probabile che Sun Valley sia nato per fare un ulteriore passo in questa direzione.

Se è così, e spero sia così, la teoria della maggiore integrazione nativa con Linux e l’avvicinamento al mondo Unix, non sia poi così folle o utopica. Già solo svincolando l’OS dal proprio desktop environment e file system, si farebbe un enorme, importantissimo passo, fino ad ora precluso, verso la realizzazione di un vero sistema unificato e totalmente multipiattaforma, con enormi vantaggi per l’utenza.

Che il nuovo OS Microsoft abbia grandi ambizioni ci viene suggerito dal nome, Sun Valley, la valle del sole, che già in questi termini ha una propria solennità, ma Sun Valley è anche una località dell’Idaho che è stata sulla luna. Si racconta infatti che Jim Irwin, astronauta della missione Apollo 15, quando nel 1971, calpestò la superficie lunare dell’Hadley–Apennine, esclamò che era come “Sun Valley”.

Ma è anche, come anticipato, un richiamo alla nomenclatura dei sistemi apple, e questo lascia supporre che Microsoft, finalmente, abbia deciso di realizzare un sistema più “semplice” ed “intuitivo” all’uso. Windows purtroppo non è mai stato un sistema intuitivo, anzi, è stato sempre molto controintuitivo, basti pensare che Windows Vista, nei suoi 1000 difetti, ha il grande merito di aver risolto uno dei più grandi problemi di Windows, la sua barra di avvio “start” dalla quale bisognava passare per spegnere il pc, e non prendiamoci in giro, cliccare su “start” o su “avvio” per “avviare il programma di spegnimento” non solo non è intuitivo, ma non ha proprio alcun senso.

Detto ciò, dubito che Windows Sun Valley avrà un comparto grafico nativo troppo diverso da quello di Windows 10, avrà, a mio avviso, un DE molto leggero e minimale, molto personalizzabile, e spero sostituibile (ti prego Microsoft, rendimi un bimbo felice, fammi installare Gnome su Windows).

In ogni caso, non ci resta che aspettare il 24 Giugno per sapere di più sul nuovo sistema operativo targato Microsoft, che, nelle premesse, sembra essere forse troppo bello per essere vero. Mi sa che ho aspettative troppo alte.