Avviso di garanzia politico per Meloni, Piantedosi e Nordio

Avviso di garanzia politico per Meloni, Piantedosi e Nordio

Il 28 Gennaio 2025, alla presidente del consiglio Giorgia Meloni, al ministro della giustizia Carlo Nordio e al ministro dell’interno Matteo Piantedosi, è stato notificato un avviso di garanzia, per la vicenda Almasri, la notizia è stata data dalla presidente Meloni in persona, e diciamolo, mai come questa volta si tratta di un indagine di natura totalmente politica, attorno alla quale si sta facendo tanto rumore, nel tentativo di veicolare, da entrambe le parti, una versione falsata della realtà.

Dalle opposizioni si lancia l’immagine di un governo sotto inchiesta per aver commesso dei reati e complice di un criminale di guerra, e dalla maggioranza si lancia l’immagine di una cospirazione e di un’attacco giudiziario al governo da parte della magistratura. Ma dove sta la verità? Cerchiamo di andare con ordine e ricostruire la vicenda, che poi è quello che in teoria sta facendo anche la magistratura.

Cronostoria dell’ennesimo terremoto politico e giudiziario

La vicenda ha inizio il 18 gennaio e parte dal generale libico Osama Almasri, per il quale pende un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale. La CPI accusa il generale di crimini contro l’umanità tra cui tortura, omicidi e violenze sessuali, in quelli che sono considerati, sempre dalla CPI, dei veri e propri campi di concentramento libici. In quella stessa data il generale è stato arrestato in Italia, dopo un lungo viaggio in Europa, che lo avrebbe visto passare nel Regno Unito, Belgio e Germania, paesi in cui sembrerebbe essere stato identificato, ma non arrestato.

Dopo circa 4 giorni di detenzione in Italia, la corte d’appello di Roma sembra abbia invalidato la custodia poiché, a detta del Ministero della Giustizia, il mandato d’arresto non era stato trasmesso correttamente al ministero. Nello specifico si fa riferimento al mandato d’arresto emesso il 18 gennaio 2025, non si tiene però conto del fascicolo d’inchiesta aperto nel 2011 e l’iscrizione di Almasri nel registro dei criminali di guerra, sin dal 2017 e il mandato d’arresto internazionale emesso il 2 ottobre 2024, citati nel suddetto mandato.

Su richiesta del ministero della giustizia quindi, il 21 gennaio, Almasri viene rilasciato e, a detta del ministro degli interni, Matteo Piantedosi, durante il suo intervento in aula sulla vicenda, la natura estremamente pericolosa del soggetto ha richiesto l’espulsione e rimpatrio immediato.

La notizia della scarcerazione e rimpatrio, tramite volo di stato, di Osama Elmasry Njeem, meglio noto come Almasri ha scatenato un vero e proprio terremoto politico, con le varie forze politiche di centrosinistra e in generale di opposizione al governo, che hanno colto la palla al balzo per attaccare il governo a causa di una decisione quantomeno incongruente, soprattutto perché il generale libico è considerato uno dei principali responsabili della tratta di esseri umani dalla Libia all’Italia, che de facto lo rende il nemico giurato di quella parte della politica italiana impegnata in prima linea nella lotta all’immigrazione clandestina.

Sulla vicenda Almasri, maggioranza e opposizione si sono immediatamente compattate a sostegno e contro l’azione del governo, ed è stato richiesto un intervento in aula affinché venissero date spiegazioni sul perché un pericoloso criminale internazionale, in stato di arresto, è stato prima rilasciato e poi rimandato in Libia dove può ricominciare a compiere crimini.

Alla richiesta di risposte, il ministro Piantedosi ha prontamente replicato in maniera eloquente e chiara sui fatti, dichiarando una serie di errori procedurali e vizi di forma che hanno compromesso l’arresto e la necessità di riportare Almasri in Libia per ragioni di sicurezza. Ragioni di sicurezza nazionale che ovviamente non sono state esposte all’aula in seduta pubblica, ma di cui le commissioni competenti sono state prontamente informate.

La vicenda dunque potrebbe considerarsi chiusa qui, ma a quanto pare non è stato così e la vicenda è andata avanti, alimentata da una forte strumentalizzazione politica.

Come comunicato via social dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni, nei confronti di Meloni, Piantedosi e Nordio, è stata aperta un inchiesta, con le accuse di peculato e favoreggiamento, secondo la Meloni sarebbero coinvolti in questa indagine il procuratore Francesco Lo Voi, già coinvolto nel processo contro Salvini sul caso Open Arms, poi archiviato perché il fatto non sussiste, e l’avvocato Luigi Li Giotti, a detta di Meloni vicino a Prodi e al centrosinistra.

Secondo Giorgia Meloni questa inchiesta sarebbe dunque un attacco giudiziario finalizzato esclusivamente ad indebolire il governo e sulla questione non si risparmia dichiarando di non essere ricattabile e ribadendo che il governo, come precedentemente comunicato anche in aula in seduta pubblica e in maniera più approfondita in commissione sicurezza, ha agito per la sicurezza nazionale.

Per l’avvocato Luigi Li Giotti invece, la denuncia nei confronti dei ministri di cui è responsabile, sarebbe un atto dovuto, Li Giotti ha infatti dichiarato di aver visto in questa vicenda dei possibili reati ed ha quindi denunciato i ministri coinvolti. Li Giotti ha inoltre sottolineato, come riportato anche dal Fatto Quotidiano, di non essere assolutamente vicino a Prodi o alla sinistra, ed ha ricordato alla presidente del consiglio, di aver militato per oltre 30 anni tra Movimento Sociale Italiano e Alleanza Nazionale e se c’è un politico a cui può sentirsi vicino, questi non è Prodi, ma è, o meglio era, Luigi Filosa, tra i fondatori del PNF, espulso dal partito dopo la marcia su Roma e l’ascesa di Mussolini al potere, che fu, nel secondo dopoguerra, tra i fondatori del MSI, nonché uno dei più stretti e fidati collaboratori di Giorgio Almirante, che culminò la propria carriera politica come deputato, per oltre un decennio, durante le prime due legislature della repubblica italiana tra il 48 e il 58. Diciamo pure che, per un uomo come Li Giotti, che per oltre trent’anni si è considerato la controparte della sinistra, essere considerato di sinistra e vicino a Prodi è quasi un insulto.

L’avviso di garanzia

Arriviamo all’avviso di garanzia sul quale va fatta chiarezza. L’avviso emesso nei confronti di Meloni, Piantedosi e Nordio, è stato immediatamente visto ed etichettato a partire dalla Meloni, come una cospirazione giudiziaria, dall’altra parte tuttavia, come sottolineato anche da Corrado Augias a di martedì, in un intervento definito delirante da William Zanellato de Il Giornale, è semplicemente una “notifica” che parte da un esposto in procura. La procura in effetti ha il dovere di notificare l’esposto, e commetterebbe un reato gravissimo se non lo facesse o peggio ancora, se non procedesse. Un esposto giudiziario che in questo caso è quasi certamente di natura politica, ma va precisato che è partito da Luigi Li Giotti e non dalla Procura, ed è stato poi strumentalizzato sia a destra, da chi parla di cospirazione della sinistra, che a sinistra, dove c’è ancora qualcuno convinto che una semplice denuncia, che fa partire un indagine, possa essere una ragione valida per richiedere le dimissioni di un ministro.

In questo senso le parole di Carlo Nordio, pronunciate qualche qualche settimana fa, in merito alla riforma della giustizia, sono estremamente importanti, Nordio ha infatti fatto notare come in Italia ci sia una percezione totalmente distorta di avviso di garanzia e iscrizione al registro degli indagati, avvenimenti che pendono sulla testa dei coinvolti e pesano più di dell’eventuale condanna, perché, semplificando moltissimo, secondo alcuni, nel momento in cui sei indagato sei automaticamente colpevole e non importa se poi l’inchiesta o il processo verranno archiviati o verrà accertata l’innocenza, poiché il solo essere stati indagati rappresenta una macchia indelebile, anche se totalmente infondata.

In questo mi viene da dire che aveva ragione Salvini ed ha ragione la Meloni quando dicono di andare avanti a testa alta, perché le loro azioni sono state dettate da esigenze di sicurezza nazionale, e anche se il privato cittadino, ha tutto il diritto di rivolgersi alle autorità per segnalare un possibile reato, sarà solo l’esito dell’indagine a stabilire se c’è colpevolezza o meno, e ricordiamo che in Italia, l’onere della prova sta all’accusa poiché secondo il nostro sistema giuridico, si è innocenti fino a prova contraria. Tutto ciò è particolarmente evidente nelle inchieste di natura politica, come questa, che mi permetto di dire, non portano a nulla se non ad un inutile spreco di tempo e risorse, che non fanno bene ne al sistema giudiziario ne al paese, e questo perché se il reato non c’è, i giudici devono basare le proprie decisioni sulla legge e non sulle proprie simpatie e antipatie politiche, non possono emettere una condanna e anzi, sarebbe gravissimo se lo facessero.

Falso atto dovuto

Per quanto riguarda Luigi Li Giotti, nelle sue argomentazioni, ha sostenuto che la denuncia esposta contro i tre ministri è un Atto Dovuto, in realtà no, non lo è, e in questo bisogna dar ragione al William Zenellato del Giornale che nel proprio articolo scrive “atto dovuto, o voluto”, perché in questo caso è decisamente un atto voluto.

Mi spiego meglio. Ciò che è dovuto, è la notifica di avviso di garanzia, poiché nel momento in cui è stato presentato un esposto in Procura, la Procura ha il dovere di notificare l’iscrizione e l’avvio dell’inchiesta ai diretti interessati e non può rifiutarsi di farlo, perché commetterebbe un reato se arbitrariamente decidesse di non procedere.

A monte di questo “atto dovuto” tuttavia, c’è un atto voluto, per rimanere sul gioco di parole, poiché banalmente, senza la denuncia di Li Giotti non ci sarebbe stata alcuna iscrizione e di conseguenza nessuna notifica, in sostanza l’intera vicenda si sarebbe chiusa con l’intervento in aula e in commissione del ministro Piantedosi.

Se c’è qualcuno che ha una responsabilità politica in questa vicenda, dunque, non è il magistrato che ha dato corso all’esposto, anche perché non poteva fare altrimenti, ma è proprio Luigi Li Giotti, ex militante del MSI e AN, che liberamente, o almeno così dice, e senza nessuna imposizione, ha scelto di denunciare Piantedosi, Nordio e Meloni.

Va da se che parlare di un complotto della sinistra o, come scritto da alcuni quotidiani, di una “vendetta della magistratura” per via della riforma della giustizia voluta da Nordio e sul tavolo del governo, è sostanzialmente privo di fondamento, e, come Meloni, Nordio e Piantedosi in questa vicenda sono “innocenti” fino a prova contraria, e con tutta probabilità l’inchiesta verrà archiviata, così lo sono anche giudici e soprattutto magistrati coinvolti, che stanno svolgendo il proprio dovere, e non possono essere accusati o considerati responsabili, per aver aver fatto ciò che la legge impone loro di fare, ovvero aver avviato un inchiesta a seguito di una denuncia, e aver notificato agli interessati la suddetta apertura dell’inchiesta.

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