Perché ad un certo punto della nostra storia, il fuoco da simbolo di luce e vita è diventato un simbolo infernale sinonimo di morte e malvagità?
Il fuoco è splendente, è luminoso, permette di cuocere il cibo ed era un elemento centrale nelle pratiche sociali delle civiltà pre-arcaiche, ma allora perché se il fuoco “è vita” ad un certo punto della nostra storia è stato associato agli inferi, diventando sinonimo di morte e malvagità?
Perché ad un certo punto della nostra storia, il fuoco ha smesso di essere un elemento positivo ed è diventato un elemento negativo?
Cerchiamo di andare con ordine e ragionando insieme cerchiamo di capire come, quando e perché è avvenuto questo cambiamento e se davvero è avvenuto un cambiamento.
Come sappiamo, la capacità di controllare il fuoco rappresenta uno dei passi più importanti compiuti dagli esseri umani, si tratto probabilmente dell’unica vera grande conquista della nostra specie, la prima conquista che appartiene esclusivamente all’uomo, e in quanto conquista esclusiva è anche il primo, reale, elemento di distinzione tra l’essere umano e qualsiasi altra specie animale.
La conquista del fuoco da parte dei primi esseri umani rappresenta infatti un punto di svolta unico nella nostra storia e nella nostra evoluzione, sia culturale che “fisica”, in quanto il fuoco diede accesso all’uomo ad una fonte di calore che in alcune fasi particolarmente fredde del nostro pianeta significò la differenza tra la vita e la morte, la differenza tra la sopravvivenza e l’estinzione. Inoltre il fuoco ha fornito protezione dalle altre creature ed ha permesso il miglioramento delle tecniche di caccia e in fine, ma non meno importante, un efficiente metodo per cucinare il cibo.
È grazie al fuoco e solo grazie ad esso che l’uomo si è distinto dalle altre creature, è grazie agli importanti avanzamenti “tecnologici” e alimentari derivati direttamente dalla scoperta del fuoco che l’uomo ha potuto intraprendere la propria strada alla “conquista del pianeta”.
Il miglioramento degli strumenti da caccia e i cambiamenti alimentari dovuti alla cottura del cibo, portarono ad un significativo miglioramento delle condizioni della vita e soprattutto un allungamento della vita stessa che si sarebbe tradotto in un rapido incremento del numero effettivo di esemplari della nostra specie, e conseguenza diretta dell’ampliamento delle comunità primitive, vi fu una riduzione della quantità disponibile di cibo che costrinse l’uomo a cercare nuovi luoghi in cui abitare e nuove tecniche per procurarsi del cibo.
Lo spirito di sopravvivenza e di preservazione, innati in ogni specie vivente, avrebbe spinto i più giovani a separarsi dal luogo di nascita, avviando un processo migratorio che avrebbe portato alla dispersione geografica della specie umana su tutto il pianeta. Va detto inoltre che il controllo del fuoco diede all’uomo più tempo per poter vivere e portare a termine le proprie attività, oltre all’allungamento della vita vi è infatti anche un allungamento delle giornate che non sono più scandite esclusivamente dal ciclo giorno notte, ma grazie al fuoco è possibile illuminare le notti e di conseguenza, molte attività non sono più limitate alle sole ore diurne, ma possono essere portate avanti anche nelle più fredde e buie ore notturne rese meno fredde e buie grazie al calore e la luce generati del fuoco. Secondo lo stesso principio il possesso di una fonte di luce “artificiale” e “portatile” permise un ampliamento dell’orizzonte esplorativo.
Prima della scoperta del fuoco era impensabile per gli uomini inoltrassi troppo a fondo nelle gallerie e nelle caverne, ma grazie alla luce del fuoco, le oscure profondità della terra divennero accessibili, trasformandosi in veri e propri luoghi di rifugio, molto più caldi e sicuri della semplice imboccatura delle caverne.
Purtroppo non sappiamo esattamente come o quando la specie umana abbia imparato a controllare il fuoco, sappiamo, da alcuni reperti datati a circa 600.000 anni fa che molto probabilmente già l’Homo Erectus, antenato dell’Homo Sapiens, era in grado di controllare il fuoco, e sappiamo che in quel frangente il fuoco aveva un accezione positiva.
Un possibile indizio riguardante il passaggio “al lato oscuro” del fuoco, lo incontriamo intorno ai 300.000 anni fa, in questa fase il pianeta ospita le prime primitive comunità di Homo Sapiens, una specie che ha smesso da tempo di vivere nelle caverne e che ha cominciato a costruire rifugi “artificiali” prevalentemente con fango, legna, paglia e pelli di animali. Può sembrare una banalità, ma osservando le differenze tra le due tipologie di abitazione, la caverna ha tra i propri vantaggi il fatto di essere molto ampia e di poter ospitare molti esemplari, di contro, non è possibile spostarle, di conseguenza impone alla specie umana di adattarsi alla presenza di caverne. Tuttavia, essendo le pareti della caverna, fondamentalmente di pietra o comunque di materiali e minerali difficilmente infiammabili, il fuoco non rappresenta un reale pericolo. Il discorso cambia quando si comincia a vivere fuori dalle caverne, in villaggi e abitazioni che da un lato rendono più semplice seguire le migrazioni degli animali, ma dall’altro, essendo realizzate prevalentemente in legname e altri materiali leggeri e facilmente infiammabili, il fuoco inizia a diventare un pericolo, soprattutto se non è controllato a dovere.
Proprio in questo senso, alcune lame di selce, bruciate molto probabilmente in un incendio avvenuto circa 300.000 anni fa, trovate vicino ai fossili di un Homo Sapiens nell’odierno Marocco, ci conferma queste osservazioni. Un fuoco fuori controllo può distruggere un abitazione, può distruggere un intero villaggio e uccidere i suoi abitanti, tuttavia, va detto che i vantaggi sono nettamente superiori ai rischi e l’uomo non avrebbe smesso di utilizzare il fuoco, ma avrebbe perfezionato la propria capacità di domare le fiamme. Sappiamo infatti, da numerosi ritrovamenti sparsi un po ovunque sul pianeta che, circa 125000 anni fa, il controllo del fuoco era molto diffuso tra le comunità umane (stiamo ancora parlando di Homo Sapiens), inoltre sappiamo che circa 120.000 anni più tardi, circa 10.000 anni fa l’uomo avrebbe iniziato a ricercare metodi per aumentare la temperatura del fuoco, riuscendo così a modellare e manipolare i metalli, una conquista che avrebbe proiettato l’uomo nell’età dei metalli e che avrebbe inaugurato la nostra breve storia, che dura da circa 10.000 anni.
In questo momento il cambiamento non è ancora avvenuto, il fuoco è ancora un elemento positivo.
Nelle prime fasi embrionali delle più antiche civiltà, deve essere successo qualcosa, qualcosa di devastante ed estremamente grave che avrebbe spinto gli antichi ad associare il fuoco alla distruzione e alla morte, ciò nonostante le divinità del fuoco non sono divinità malvagie, anzi, ricordiamo che ancora ai tempi di Roma, il fuoco ha un valore positivo, nella mitologia Greco-Romana, il dio Efesto per i Greci e il suo equivalente romano, il dio Vulcano, sono dei del fuoco, associati però alla “tecnologia”, sono i fabbri degli dei, divinità protettrici della metallurgia, della tecnologia, delle fucine, della scultura, dell’ingegneria e delle armi appena forgiate, e probabilmente questo sottile filo rosso che lega gli dei del fuoco alla forgiatura di armi può essere la chiave per risolvere il mistero degli dei del fuoco.
Il fuoco diventa sinonimo di morte quando associato alla guerra? quanto viene utilizzato per la guerra, come arma e per produrre armi?
Nella mitologia greca il fuoco si mantiene in bilico tra la vita e la morte e questo è particolarmente evidente nel mito delle origini in cui il fuoco è morte e distruzione, ma allo stesso tempo è anche il punto di origine di un nuovo mondo inaugurato dal trionfo di Zeus, dio del cielo e del tuono, sulle antiche divinità, i Titani.
Vulcano ed Efesto sono forgiatori di armi e sono forgiatori di morte e se nella mitologia greca questo passaggio non appare immediato, va ricordato che il titano Prometeo, fu duramente punito da Zeus per aver fatto dono agli uomini del fuoco, oltre che dell’intelligenza e della memoria. Prometeo fu punito da Zeus perché il padre degli dei temeva che questi doni, il fuoco in particolare, rappresentassero un pericolo per l’intera umanità.
Come dicevamo, se nella cultura greca, il pericolo del fuoco non è totale e definitivo, in altre culture e civiltà, gli dei del fuoco, sono connotati da un più forte e diretto legame con la morte e la distruzione, se bene non esistano molti dei del fuoco che siano effettivamente divinità oscure e malvage.
Tra gli esempi più antichi di divinità in qualche modo associate al fuoco, se bene non fossero divinità totalmente malvagie, abbiamo la figura di Moloch, si tratta di una divinità Cananea il cui mito e le pratiche rituali ad esso associate potrebbero essere la chiave per comprendere il cambio di significato del fuoco, da elemento di luminosità e vita ad elemento di oscurità e malvagità.
Secondo la mitologia Cananea, Moloch dimorava nella Geenna, una vallata scavata dal torrente Hinnom, lungo il versante meridionale del monte Sion e in questo luogo i Cananei praticavano un particolare rituale in onore e gloria del dio Moloch, una pratica che prendeva il nome dello stesso dio.
Il Moloch prevedeva il sacrificio di bambini, precedentemente sgozzati e poi offerti in olocausto al dio Moloch, quindi bruciati in un fuoco perpetuo, tenuto acceso in onore del dio. Secondo la mitologia Cananea, il dio Moloch si cibava dei corpi dei bambini, molto probabilmente il primogenito della famiglia, trasformandoli in una sorta di divinità familiare che avrebbe protetto la propria famiglia.
Il Moloch era praticato anche da altre culture mediterranee oltre a quella cananea, ed è molto probabile che questa diffusione sia avvenuta in concomitanza con l’espansione delle rotte commerciali di fenici prima e cartaginesi poi e nella maggior parte dei casi, questi rituali furono soppiantati dal declino degli antichi pantheon e l’ascesa di nuove divinità, come ad esempio nel caso del Titano greco Kronos, dio che secondo la mitologia greca divorava i propri figli (tra cui lo stesso Zeus) e per questa ragione è stato più volte identificato come la trasposizione greca del dio Moloch.
Con il tracollo della civiltà fenicio-cananea e l’avvento dell’epoca giudaica che sotto la guida di re Davide, il popolo ebraico trasformò la Geenna da luogo in cui era praticato il Moloch a luogo di destinazione dei rifiuti prodotti a Gerusalemme.
La Geenna passò dall’essere un luogo sacro ad un antica discarica e la divinità che secondo la mitologia Cananea dimorava in quel luogo, come accadde a tutte le divinità cananee, fu trasformata in un demone. Nell’interpretazione ebraica il dio Moloch era un demone malvagio che si nutriva di neonati e che dimorava nella Geenna.
Come sappiamo il cristianesimo avrebbe ereditato gran parte della propria mitologia dall’ebraismo e in questa eredità vi è anche il destino di Moloch e della Geenna, in particolar modo, in alcuni passaggi del Nuovo Testamento, in seguito ad alcune traduzioni errate, la Geenna venne associata all’inferno, mentre in altri passaggi il suo nome rimane invariato e se sul piano mitologico il suo significato varia leggermente, sul piano materiale, la sua funzione resta invariata, la Geenna continua ad essere la discarica di Gerusalemme e trattandosi di una discarica del mondo antico, i rifiuti che vi finivano erano per lo più di natura organica e facilmente infiammabili, di conseguenza gli incendi nella Geenna non erano rari, come non sono rare testimonianze e riferimenti ai numerosi incendi che coinvolsero la Geenna.
Gli incendi costanti nella Geenna e il precedente fuoco permanente acceso in onore di Moloch, è probabile che si fusero insieme creando l’immagine di una terra, dimora di un demone, in cui il fuoco esiste da sempre e se questa terra è associata all’inferno cristiano allora è facile capire perché l’inferno nella cultura ebraico cristiana è dominato dalle fiamme, ed essendo l’inferno dei cristiani un luogo di dannazione eterna, popolato da spiriti dannati e in qualche modo malvagi, il ragionamento può trovare un epilogo.
Il fuoco, un tempo simbolo di luce e vita è oggi un simbolo infernale, sinonimo di morte e malvagità, molto probabilmente (ma non ne abbiamo la certezza) per via dell’associazione del Fuoco alla produzione di armi in molte mitologie antiche e soprattutto per via della tradizione ebraico-cristiana che trasformò il dio Moloch in un demone infernale e la sua casa in una discarica successivamente associata agli inferi, rendendo così, il demone che vi dimorava, l’incarnazione stessa del male.