Hitler fuggito in argentina , la bufala che a volte ritorna.

La teoria della fuga di Hitler in Argentina è una bufala persistente. Prove storiche e scientifiche, incluse analisi dentali e ossee, confermano il suo suicidio nel bunker di Berlino.

Uno degli argomenti storici più fortunati, più abusati e discussi su internet, molto probabilmente riguarda il destino di Adolf Hitler dopo la seconda guerra mondiale ed il crollo del Reich, e secondo varie teorie del complotto, il dittatore tedesco sul finire della guerra simulò la propria morte e fuggì in Argentina.

Dietro la teoria di Hitler in Argentina

Riguardo alla fuga di Hitler in Argentina, circolano diverse teorie, per lo più alimentate dalla “segretezza” relativa al luogo di sepoltura della salma di Hitler, alcune indagini condotte negli USA, soprattutto negli anni 50 e 60, per rintracciare diversi Nazisti fuggiti proprio in argentina e alcune testimonianze.

Nel 2016, come ogni anno, l’FBI ha declassificato numerosi documenti e fascicoli e tra questi alcuni rapporti e documenti relativi alle indagini compiute negli anni 50 e 60 per rintracciare fuggiaschi nazisti in Argentina, articoli di giornali dei primi anni 50 e testimonianze misteriose.

Sulla base di queste informazioni, il 5 maggio 2016, il portale di controinformazione cospirazionista AnonHQ ha rilanciato una versione della storia, per cui Hitler sarebbe fuggito in Argentina dove sarebbe morto serenamente di vecchiaia molti anni dopo.

Di seguito uno dei “documenti” che dimostrerebbero la teoria della fuga in Argentina di Hitler.

Nell’articolo di AnonHQ appare anche una foto di un anziano uomo affiancato ad una foto di Hitler, asserendo che si tratti della stessa persona.

Stando alla ricostruzione di AnonHQ, il suicidio di Hotler ed Eva Braun non solo sarebbe stato simulato, ma la successiva fuga in argentina, sarebbe stata favorita dagli USA, nella persona di Allen Dulles, all’epoca direttore dell’OSS ( Office of Strategic Services) agenzia smantellata nel 1945 e sostituita nel 1947 dalla CIA.

Secondo questa ricostruzione, finché Hitler è stato in vita, FBI e CIA avrebbero cercato di insabbiare la verità, nascondendo il dittatore tedesco e offrendogli protezione e l’Italia in questa particolare diramazione, giocherebbe un ruolo importante grazie a personalità come Licio Gelli, maestro venerabile della loggia P2, che sappiamo aver avuto forti legami, sia con alti funzionari USA che con Juan Domingo Perón, Gelli fu uno dei pochissimi italiani ad essere stato invitato al giuramento di Regan nel 1981, ma questa è un altra storia.

Tornando alla teoria di Hitler in Argentina, secondo la ricostruzione di AnonHQ gli USA avrebbero simulato la morte di Hitler, aiutato il dittatore a fuggire a bordo dell’u-boat tedesco U-530 fino in argentina. In seguito avrebbero mostrato al mondo un sosia di Hitler, morto con un colpo alla testa e nascosto il cadavere affinché non potesse essere identificato.

Fotni sulla morte di Hitler

Sebbene la teoria di AnonHQ sia molto affascinante, la storiografia ufficiale, soprattutto alla luce di recenti scoperte, non ha dubbi a riguardo, quando Berlino cadde in mano agli alleati, poco prima che questi penetrassero nel Bunker in cui si erano rifugiati Hitler, Eva Braun e altri collaboratori del führe, il dittatore nazista, con l’acqua alla gola, probabilmente più spaventato dalle torture che avrebbe ricevuto se fosse caduto in mano sovietica che non della morte, si tolsero la vita, e come lui molti altri ospiti del bunker.

Questa versione, va detto, che per molti anni ha sofferto di un enorme problema di verificabilità, si è basata infatti principalmente sui rapporti e le dichiarazioni ufficiali degli alleati che entrarono nel Bunker, documenti che tuttavia erano parziali, incompleti e spesso in larga parte censurati per via del contenuto delicato e strategico delle informazioni che contenevano, soprattutto in un momento di crescente tensione tra USA ed URSS, inoltre, non è mai stato possibile verificare effettivamente che la salma attribuita ad Hitler fosse effettivamente del dittatore tedesco, poiché, per ragioni di sicurezza, si preferì tenere segreta la collocazione del corpo.

Il motivo per cui non è mai stato rivelato dove sarebbe stato tumulato Hitler è dovuto ufficialmente alla preoccupazione che tale luogo, se noto, potesse diventare un luogo di culto, ipotesi non infondata se consideriamo cosa è successo a Predappio con la tomba di Mussolini.

Oltre ai documenti ufficiali, la storiografia contemporanea ha utilizzato anche altre fonti documentarie, in particolare documenti privati, lettere, diari e testimonianze dirette e in alcuni casi indiretta (ovvero di seconda mano) dei militari, dei loro commilitoni e dei civili, che all’epoca, per ragioni diverse e che sarebbe inutile elencare, avevano avuto accesso al bunker di Berlino. In fine, ci sono articoli di giornali e tantissimi altri documenti che per semplicità faremo rientrare nelle testimonianze dirette o di seconda mano.

Se i documenti militari si portano dietro il difetto della parzialità dovuta a censure e classificazioni, le testimonianze si portano dietro un altro difetto, quello dell’errore, della parzialità legata alla memoria distorta, oltre alla natura sostanzialmente tendenziosa delle informazioni permeate di giudizi ed osservazioni personali, pertanto poco utili, per non dire dannose, ad una corretta ricostruzione.

Ma del resto il lavoro della ricerca storiografica consiste proprio in questo, nel navigare in un mare di informazioni contrastanti e parziali, in cerca di una verità verificabile.

Partendo da queste fonti, e facendo riferimento alla versione ufficiale comunicata dalle potenze vincitrici della guerra, prima la stampa e poi gli storici, sono riusciti a ricostruire gli avvenimenti, che, nell’aprile del 45 portarono alla morte di Hitler.

Cosa dice la versione ufficiale?

La storiografia ufficiale generalmente concorda con la versione ufficiale fornita dagli alleati, ovvero con la versione che vedrebbe Hitler e la sua compagna togliersi la vita nel bunker, successivamente i loro corpi furono dati alle fiamme, e quando l’armata rossa irruppe nel bunker, si ritrovò a dover fare i conti con i corpi carbonizzati di un uomo ed una donna.

Oggi siamo abbastanza sicuri che uno dei corpi carbonizzati ritrovati nel bunker appartenesse ad Hitler, e che la teoria della fuga in Argentina, è fondamentalmente infondata, o meglio, sappiamo che negli ultimi mesi della guerra numerosi gerarchi nazisti fuggirono in Argentina, e questo lo sappiamo fin dagli anni 50, inoltre, durante il processo di Gerusalemme ad Adolf Heichmann, venne fornita una precisa e puntuale ricostruzione della modalità con cui i fuggiaschi nazisti riuscirono a lasciare la Germania.

Per quanto riguarda i resti carbonizzati, siamo quasi certi appartenere ad Hitler, per diverse ragioni, già tra il 1945 ed il 1948, vennero pubblicati, o comunque messi a disposizione della storiografia, innumerevoli documenti personali di Hitler, tra questi, la sua cartella clinica, estremamente preziosa e ricca di informazioni, soprattutto radiografie, per via dei suoi numerosi problemi di salute. In sostanza quindi, abbiamo un abbondanza di radiografie di Hitler, tra cui quelle della sua bocca e dei suoi denti.

L’identificazione tramite impronta dentale è nota fin dal XIX secolo, ed è utilizzata come tecnica forense fin dal 1897 circa, tuttavia, la falsificazione dell’impronta dentale, è tutt’altra cosa, ancora oggi, nel 2025, è qualcosa di estremamente complesso, e 80 anni fa, nel 1945, non esisteva la tecnologia per poter “clonare” un impronta dentale, e anche se fosse esistita, di sicuro tale tecnologia non era presente nel bunker di Berlino.

È inverosimile che Hitler e gli USA, abbiano modificato l’impronta dentale di un sosia di Hitler, per permettere di identificare il suo cadavere carbonizzato usando l’impronta dentale. E anche se lo avessero fatto, oggi saremmo in grado di rivelare l’alterazione.

UPDATE: A tale proposito nel 2018 infatti è stato pubblicato uno studio in cui sono stati ricontrollati alcuni frammenti ossei rinvenuti nel bunker di Berlino e questi sono stati attribuiti ad Hitler, con un margine d’errore dello 0,001%, grazie ad un analisi biomedica che ha permesso di comparazione tra la mascella e le radiografie dentali di Hitler del 36.

Errori di interpretazione nell’identificazione di Hitler nel 45

Nel 1945 l’identificazione di Hitler avvenne tramite impronta dentale, ma, la tecnologia dell’epoca non permise un’identificazione al 100% (cosa normale per l’epoca in realtà, soprattutto se in presenza di resti carbonizzati e danneggiati).

La coincidenza parziale dell’impronta dentale, unita a non pochi errori di traduzione, o per meglio dire, di interpretazione della traduzione, ha generato non pochi miti sulla “presunta morte di Hitler“.

Traduzione e interpretazione del testo sono passaggi cruciali nella ricostruzione storiografica, motivo per cui, nella maggior parte dei casi, gli storici si occupano in fase di ricerca, di un epoca e di un area geografica, di cui conoscono la lingua. Senza troppi giri di parole, difficilmente troveremo uno storico che si occupa della Germania Nazista, che non conosce Tedesco e Francese.

Cerco di spiegarmi meglio con un esempio, la frase tedesca “In dem Bunker, in dem sich Hitler vermutlich das Leben nahm, wurden auch die Überreste einer Frau gefunden.” Nel passaggio da Tedesco a Russo, o Inglese, o francese, e poi ad altre lingue, può variare, non poco, soprattutto se la traduzione avviene per la stampa.

Questa frase, che letteralmente significa “Nel bunker dove si presume che Hitler si tolse la vita, furono ritrovati anche i resti di una donna”, può facilmente diventare, “Nel bunker dove si presume che Hitler si tolse la vita, furono ritrovati i resti di una donna” .

Le due traduzioni differiscono tra loro solo in una parola, quella parola tuttavia è determinante per comprendere l’intera frase. Nel primo caso, la presenza di “anche”  lascia poco spazio all’immaginazione, tra i resti del bunker furono ritrovati anche i resti di una donna, in perfetto accordo con la versione ufficiale che vorrebbe Eva Broun togliersi la vita nel bunker insieme ad Hitler, e la conseguenza logica di questo è che nel bunker, oltre ai resti di Hitler, ci fossero anche i resti di una donna.

Nel secondo caso la cosa si complica, in quanto l’assenza di “anche” apre due possibili scenari, il primo in cui nel bunker furono trovati “i resti di una donna” e il secondo in cui nel bunker non vengono ritrovati resti di un uomo.

Prendiamo un altro esempio, “nel bunker furono ritrovati i resti solo di una donna carbonizzata” , questa frase pur essendo “corretta” perché l’unico corpo femminile carbonizzato ad essere stato rinvenuto nel bunker fu quello di Eva Braun, mentre l’altro corpo carbonizzato, quello di Hitler, era di un uomo, di conseguenza la donna carbonizzata effettivamente era solo una. Ma questa frase può essere interpretata anche in un modo diverso, e suggerire che oltre al corpo di Eva Braun, nel Bunker non furono trovati altri corpi carbonizzati.

Questi esempio rappresentano dei casi limite, presentano errori di interpretazione evidenti e facilmente riconoscibili, ed in casi reali le differenze sono sostanzialmente più sfumate e ruotano principalmente attorno ai diversi significati che può avere una singola parola.

Per quanto riguarda il caso Hitler, l’esempio che abbiamo fatto in realtà è molto veritiero, perché il mito della fuga di Hitler parte proprio da questi passaggi. Si passa dal raccontare del ritrovamento del corpo “anche di una donna” sulla stampa dell’epoca, a fonti più recenti che parlano del ritrovamento del “corpo di una donna”, fino ad arrivare ad articoli cospirazionisti in cui si parla del “solo corpo di una donna”.

Quell’anche dimenticato, che si perde nei meandri del tempo e delle innumerevoli traduzioni, forse un banale errore forse qualcosa di più intenzionale, ha fatto più danni di quanto si possa immaginare, perché de facto è alla base di buona parte dei miti sulla fuga di Hitler in Argentina sul finire della guerra.

Molti continuano a pensare che Hitler non sia morto suicida insieme ad Eva Bown nel Bunker di Berlino, ma sia riuscito a fuggire dalla Germania, aiutato dalla CIA e trovando asilo in Argentina e “la prova cruciale” della riuscita fuga risiede nel fatto che, nel bunker tra i resti e le macerie, trovarono i resti di una donna carbonizzata.

Ora, non serve certamente l’acume di Sherlock Holmes per dedurre che, se in un bunker ci sono un uomo (Hitler) ed una donna (Eva Broun) e questi si tolgono la vita, nel bunker ci saranno i resti di una donna.

Mettiamo in discussione la teoria della fuga

Come abbiamo visto, abbiamo sufficienti prove scientifiche per collocare il corpo senza vita di Hitler e nel bunker di Berlino quando gli alleati fecero irruzione e confutare definitivamente la teoria della fuga.

La teoria si fonda su informazioni parziali e domande senza risposta suscitate dalla versione ufficiale, tuttavia, quella stessa teoria, presenta molte più domande senza risposta della versione ufficiale.

Secondo la teoria Hitler trovò un sosia, cosa non difficile, lo uccise e diede fuoco al corpo per rendere difficile l’identificazione. Un piano brillante, se non fosse che l’identificazione tramite impronta dentale è stata effettuata comunque, poiché le fiamme hanno sì danneggiato, ma non compromesso la possibilità di identificare il corpo.

In effetti dando fuoco al corpo, ha reso impossibile recuperare il DNA di Hitler, ma nel 1945 non si utilizzava il DNA per identificare un corpo senza vita, anche perché quella tecnica si sarebbe diffusa quasi 40 anni più tardi, a partire dagli anni 80. Non c’era alcun motivo per Hitler di bruciare il corpo del suo sosia per distruggere il DNA (come molti sostengono). Al più, se avesse voluto simulare la propria morte, avrebbe dovuto compromettere l’identificazione tramite impronta dentale, all’epoca unico elemento in grado identificazione di un corpo non riconoscibile ad occhio nudo.

Per simulare la propria morte, sarebbe stato molto più funzionale ed efficace, minare il bunker e non lasciare alcuna traccia. Ciò che invece la teoria della fuga in argentina propone è un complesso sistema di specchi e leve, estremamente articolato e fragile, che cerca di rendere impossibile l’identificazione attraverso tecniche che sarebbero state introdotte mezzo secolo più tardi, ed utilizza tecnologie avanzate e sofisticate, che 80 anni più tardi non sarebbero state comunque disponibili, per manipolare un corpo in modo che potesse essere scambiato per il suo.

Conclusioni

Senza girarci troppo attorno, nei documenti dell’armata rossa pubblicati (parzialmente) nel 45 e in forma integrale negli anni 90 (anche se con alcuni passaggi cancellati) si evince chiaramente che nel bunker furono ritrovati i resti carbonizzati di due persone, un uomo ed una donna, l’uomo è stato identificato con Hitler attraverso l’impronta dentale, e in studi più recenti, una comparazione tra frammenti ossei e radiografie degli anni 30 hanno confermato tale ipotesi, la donna invece, se bene non è stato possibile identificarla al 100% a causa delle peggiori condizioni dei resti, è molto probabile che fosse Eva Broun.

In ultima istanza, nel bunker furono ritrovati anche i resti di un cane e anche se la Germania nazista faceva largo uso delle unità cinofile, questi non erano in alcun modo utili alla sopravvivenza e funzionamento di un bunker, tuttavia, nel bunker di Berlino era presente un singolo cane, non militare ma civile, che dai resti è stato identificato come il cane personale di Hitler.

Per quanto riguarda l’ipotesi di camuffamento e alterazione del corpo nel bunker, per prendere per buona la teoria della fuga, dovremmo assumere che Hitler fece uso di tecnologie più avanzate di quelle disponibili nel XXI secolo, per modificare l’impronta dentale di un sosia, e prese precauzioni per impedire l’identificazione tramite DNA (introdotta quasi mezzo secolo più tardi), insomma, per prendere per buona la teoria della fuga, dobbiamo assumere che Hitler venisse dal futuro.

Autore: Antonio Coppola

Sono laureato in storia contemporanea presso Unipi. Su internet mi occupo di divulgazione, scrivo storie di storia, geopolitica, economia e tecnologia.

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