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Il libro nero dell’Impero britannico di John Newsinger | Recensione

Questa è la prima volta che mi ritrovo a scrivere seriamente una sorta di recensione di un libro storico, di un saggio storico, e mi scuso preventivamente se quella che verrà fuori avrà poco la forma di una recensione, di fatto quello che troverete in questa rubrica mensile assomiglierà molto di più ad una sorta di racconto della mia personale esperienza di lettura di questo libro e a dei consigli su come approcciarsi alla lettura di questo libro, piuttosto che ad una recensione nel senso classico del termine, e vi dico fin da subito che in questo ciclo di “recensioni” che curerò tra queste pagine di historicaleye, verranno affrontati prevalentemente libri che in qualche modo hanno contribuito alla mia formazione di storico o di testi che per un motivo o per un altro mi hanno colpito ed affascinato, insomma, e questo significa che difficilmente troverete recensioni “negative”, ma, nel peggiore dei casi, potrete trovare delle osservazioni critiche, e prima di iniziare con la recensione vera e propria, volevo chiudere questa breve premessa ringraziando 21 Editore per avermi dato la possibilità di recensire quest’opera di John Newsinger.

Chi è John Newsinger?

Newsinger è uno storico inglese di orientamento Marxista e docente alla Bath Spa University (da non confondersi con la Bath University), ed è diventato particolarmente celebre al grande pubblico britannico per aver collaborato in diverse occasioni con la BBC e in particolare per aver ricoperto il ruolo di consulente storico della televisiva Scozia & Impero prodotta dalla BBC. Per quanto riguarda invece il suo “mestiere di storico”, le sue opere hanno rappresentato un importante contributo alla critica, di sinistra, alla storia moderna britannica e americana, soprattutto alla luce degli avvenimenti politici e militari degli ultimi anni.

La sua attività di ricerca è iniziata con lo studio del movimento repubblicano irlandese tra XIX e XX secolo che lo avrebbero portato alla pubblicazione di Orwell Politics, edito nel 1999, un saggio che va ad indagare sulla visione politica di George Orwell, contestualizzando storicamente le opere di Orwell nello sfondo dell’imperialismo britannico, della disoccupazione degli anni Trenta, della Guerra civile spagnola e della Seconda guerra mondiale.

Si tratta di una chiave di lettura al limite del revisionismo storico, un revisionismo che sarebbe stato accentuato nel saggio British counterinsurgency: from Palestine to Northern Ireland, un’opera caratterizzata da un approccio estremamente critico e revisionista nei confronti della politica dell’impero britannico, soprattutto per quanto riguarda le questioni legate alla gestione stessa dell’impero delle colonie, ed è proprio da qui che parte Blood Never Dried: A People’s History of the British Empire edito in italia con il titolo il libro nero dell’impero britannico.

Il libro nero dell’impero Britannico

Il libro nero dell’impero Britannico eredita dalle precedenti opere di Newsinger un approccio critico alla politica britannica e tra le sue circa 343 pagine racconta una storia alternativa e parallela alla storia del grande impero britannico, ne racconta i panni sporchi, ne racconta la decadenza, il degrado e l’insoddisfazione coloniale, e racconta gli abusi imperiali e le contraddizioni che si celavano dietro il velo di glorioso splendore di una delle ultime corone imperiali del vecchio continente.

Come ha scritto Jacopo Bassi nella sua recensione a quest’opera pubblicata tra le pagine di Diacronie,

“Il libro nero dell’impero britannico è, anzitutto, una replica polemica all’apologia dell’impero britannico portata avanti da alcuni tra i più famosi storici che si sono occupati dell’argomento: Niall Ferguson, Max Boot e Robert Kaplan. Newsinger adotta un approccio che si concentra sul tema della resistenza all’impero britannico, denunciando la politica di violenza perpetrata nel mondo sotto le insegne imperiali. Il libro può dunque essere considerato come una storia della repressione britannica o, più precisamente, una storia della resistenza al colonialismo britannico.”

E c’è veramente poco da aggiungere a queste parole di Bassi, il libro nero dell’impero britannico è semplicemente questo, uno sguardo sugli aspetti “dimenticati” o ignorati dell’impero britannico, uno sguardo su quei tratti cupi e contraddittoria a cui una larga schiera di autori britannici ha dedicato uno spazio marginale nelle proprie opere, preferendo soffermarsi sui tratti più splendenti e gloriosi, e in questo senso le critiche di Newsinger si rivolgono soprattutto ad autori come Niall Ferguson, Max Boot e Robert Kaplan portatori di una (re)visione acritica della grandezza dell’impero britannico, in particolare a Ferguson che nel 2003 aveva pubblicato un opera dal titolo “Empire: How Britain Made the Modern World”, edito in italia da Mondadori con il titolo “Impero: Come la Gran Bretagna ha fatto il Mondo Moderno“.

Questo libro mette in risalto le contraddizioni dell’impero britannico, un impero che la storiografia tradizionale britannica esaltava per il proprio impegno nella lotta al commercio di schiavi e alla schiavitù, ignorando le numerose rivolte di schiavi, avvenute nei Caraibi britannici prima che la corona si impegnasse nella lotta alla schiavitù, e trascurando il fatto che il commercio atlantico degli schiavi fu alimentato per diversi secoli anche dai traffici marittimi britannici.

Il secondo capitolo prende di mira l’amministrazione politica dell’impero, prendendo in esame soprattutto la devastante carestia irlandese degli anni quaranta, sottolineando come, da una parte la popolazione irlandese morisse per la fame, e vivesse di erba raccolta in strada impossibilitata ad acquistare pane e patate, perché troppo rare e costose, ma nello stesso periodo, 1846, 47 e 48 l’Irlanda abbia comunque esportato patate per un valore di circa 15 milioni di sterline.

Nel terzo capitolo la lente di Newsinger viene puntata sul traffico illecito dell’oppio che affluiva a fiumi nelle strade dell’impero e in tutta europa. La storiografia tradizionale ci ha abituati ad immagine edulcorata delle fumerie d’oppio tanto care ai grandi uomini del XIX secolo e descritte in maniera quasi poetica e romantica nelle loro opere e Newsinger sottolinea come quella realtà appartenesse soltanto alle grandi città europee e vivesse di una clientela molto elitaria, ma nella maggior parte dei casi, le fumerie d’oppio erano luoghi di decadenza frequentati da personalità poco raccomandabili e generalmente gestite in maniera rozza e brutale ed erano dei ricettacoli di malattie veneree, e situazioni di degrado e sfruttamento.

Il quarto capitolo ci racconta la grande rivolta irlandese del 1857-1858, spesso liquidata nei manuali in poche righe o al massimo in qualche paragrafo, senza dare troppo spazio e spessore alla repressione a tratti cruenta e quella che sarebbe più opportuno definire, secondo Newsinger come una guerra civile o una fallimentare guerra di indipendenza.

Sulla stessa linea si muovono i capitoli successivi, il quinto rivolge il proprio sguardo all’occupazione dell’Egitto di fine ottocento, e introduce appena il lettore all’analisi critica della brutale colonizzazione dell’Africa. Guardando alla colonizzazione dell’Africa Newsinger ci fa notare che i crimini compiuti da Leopoldo del Belgio hanno canalizzato la critica alla “spartizione dell’Africa” lasciando ben poco spazio ai “crimini” compiuti da francesi, olandesi e britannici e in questo capitolo Newsinger cerca di riempire il vuoto, soffermandosi sull’Egitto perché trattare nella loro interezza le politiche coloniali britanniche avrebbe richiesto forse un intero libro e non escluderei che questo possa essere proprio l’oggetto di studio del prossimo lavoro di Newsinger.

Il testo continua affrontando in maniera critica il ruolo britannico nelle guerre mondiali e quasi tutta la seconda parte del libro è dedicata alla gestione e l’amministrazione britannica dei territori coloniali durante la decolonizzazione e in particolare, durante le guerre di indipendenza che esplosero nell’intero impero britannico, dando particolare attenzione alla questione dell’India, alla crisi di Suez, del Kenya, della Malesia e dell’estremo oriente.

Negli ultimi due capitoli infine, viene introdotto il rapporto d’amicizia tra Inghilterra e “impero americano”, e gli effetti di questa “amicizia” nella politica internazionale e in particolare nella gestione dei conflitti moderni, fondamentalmente dal Vietnam all’Afganistan.

Consigli per il lettore

Per una buona lettura e comprensione de Il libro nero dell’Impero Britannico è raccomandabile una conoscenza, anche basilare, dell’età contemporanea e dei principali eventi storici, legati all’impero britannico. La sua natura di opera critica e revisionistica che un po’ sfida il canone classico della storiografia britannica, proponendo una storia in qualche modo parallela a quella ufficiale, rende il libro potenzialmente fuorviante, soprattutto se approcciato in maniera troppo superficiale.

Parafrasando Andrea Galeazzi, nelle sue recensioni di smartphone cinesi, il libro nero dell’impero britannico è un libro per utenti consapevoli, ma consapevoli di cosa?
Consapevoli del fatto che l’opera di Newsinger è un opera critica che va a riempire gli spazi vuoti lasciati dalla storiografia tradizionale e nel fare questo l’autore tende a dare per scontate alcune informazioni basilari, che un lettore generico non è tenuto a conoscere, un esempio di questo tipo possiamo incontrarlo nel primo capitolo, quando Newsinger critica la “propaganda imperiale” e antischiavista puntando la propria lente sulle rivolte di schiavi nelle colonie britanniche. Nel fare questo l’autore ci da uno sguardo “alternativo” e dietro le quinte, dando però per scontato che il lettore sia a conoscenza del successivo impegno britannico nella lotta al commercio degli schiavi ed il ruolo centrale avuto dall’impero britannico, agli inizi del secolo XIX nella messa al bando del commercio degli schiavi e della schiavitù in gran parte del mondo.

Consiglio di affiancare il testo di Newsinger alla lettura o rilettura di un manuale di storia contemporanea, meglio ancora se un manuale di storia dell’Impero britannico in età contemporanea. Questo perché il testo di Newsinger non è un manuale e non vuole essere un manuale. Il libro nero dell’impero britannico è una raccolta di saggi riguardanti l’impero britannico in età contemporanea e questi saggi sono accomunati dal sottile filo rosso delle politiche di “repressione” del suddetto impero britannico.

Conclusione

Il Libro nero dell’Impero Britannico di John Newsinger fornisce sicuramente uno sguardo nuovo ed interessante alla storia dell’impero britannico, racconta la storia oscura di questo impero, racconta le sue malefatte e quei momenti, quegli atteggiamenti di cui forse gli inglesi si vergognano e che forse vorrebbero cancellare dal proprio passato, ci racconta una storia che non è la storia dei vincitori e ci ricorda che la storia non è scritta dai vincitori. E’ scritta dagli storici e agli storici interessa capire più che tifare.

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