Fino a che punto la canzone è uno strumento di puro intrattenimento e fin dove invece si spinge il suo valore di fonte storica ?
Possiamo utilizzare la canzone come fonte per interpretare un epoca e la società ?
Detto più semplicemente, possiamo usare la canzone per comunicare storia ?
Il fatto che, in tempi molto recenti, un musicista come Bob Dylan abbia vinto il premio Nobel per la letteratura per le sue canzoni, per il modo con cui attraverso i suoi versi, che nulla hanno da invidiare a quelli dei grandi poeti, sia riuscito a raccontare il mondo e la società in cui viveva, descrivendo anni difficili da raccontare, sembra essere la massima conferma che ci permette di rispondere con un netto “SI” alle domande poste qui in alto.
Si, la canzone può avere valore di fonte storica.
Si, possiamo usare la canzone per comunicare storia.
Ma facciamo un po di ordine e cerchiamo di inquadrare meglio la canzone nel panorama storico, e culturale, e per farlo non serve fare necessariamente ricorso ai sublimi versi di autori del calibro di Franco Battiato, che ricordiamo, aver collaborato per la scrittura di alcune canzoni con il filosofo, e poeta, oltre che cantautore, Manilo Sgalambro, e come Sgalambro sono infatti moltissimi i poeti, scrittori, e filosofi che, per quanto riguarda la musica italiana, hanno influenzato e partecipato attivamente alla produzione musicale, sia impegnata che leggera, qui citerò brevemente Franco Fortini, Italo Calvino, e Roberto Roversi, la cui collaborazione più nota è forse quella con Lucio Dalla, avvenuta tra il 1973 ed il 1976 per la produzione di tre album del cantautore bolognese.
Sono poi da citare quegli autori e cantautori i cui versi, in più occasioni sono stati associati alla poesia di Whitman, Carroll e Pasolini, qui citeremo brevemente Francesco Guccini, Francesco de Gregori e Fabrizio de Andrè, ma l’elenco è molto più lungo.
La canzone di questi artisti è stata spesso inserita, al pari di quella di Dylan, in numerose antologie letterarie, valutata al pari della poesia tradizionale, e in alcune circostanze affiancata questi brani hanno accompagnato dei veri e propri ritratti generazionali, e analisi storiche e sociali. Non mancano poi casi in cui la canzone è stata citata per la produzione di opere biografiche, in questo caso cito la mia serie di video su Ernesto Guevara, il cui ritratto è stato dipinto quasi esclusivamente attraverso quattro canzoni, di interpreti che sono riusciti a dipingere l’uomo, l’icona ed il personaggio storico, ma per questo vi rimando alla playlist con tutti i video.
Tornando al discorso principale sulla comunicazione storica, la canzone è forse la sorella sfortunata di altri strumenti che meglio sono riusciti in questo compito. La televisione, sceneggiati, fiction e serie televisive o il cinema, vantando una qualche eredità lasciata dalla letteratura hanno avuto forse più fortuna, mentre la canzone è rimata quasi ai margine, messa spesso da parte, se non per rare e isolate eccezioni. E proprio il Nobel vinto da Dylan ha dato risalto alla musica riproponendola, come oggetto di comunicazione storica al pari di altri.
Questo nuovo punto di vista ha permesso di rivalutare anche la canzone popolare, sia quella tradizionale che la nuova musica popolare o se preferite un inglesismo, la musica Pop, insomma, quella che generalmente è considerata musica “leggera”.
Non mi dilungherò troppo in questo articolo sul valore storico della musica di tradizione popolare, in particolare quella composta negli anni della seconda guerra mondiale, ma citerò brevemente la “tammurriata nera” che forse meglio di numerosi saggi e romanzi storici riesce a descrivere Napoli negli anni della guerra civile italiana e il rapporto della popolazione locale con le forze di liberazione alleate.
Spostandoci invece in tempi più recenti, e su brani più leggeri, nel 2000, al festival di Sanremo, il festival della canzone italiana, Lorenzo Jovanotti che molto probabilmente è l’artista più iconico della musica leggera, e da molti considerato come l’incarnazione stessa della leggerezza musicale, in quel festival presentò un brano in cui chiamando in causa l’allora presidente del consiglio, Massimo d’Alema, rivolgeva un appello per l’abolizione del debito pubblico dei paesi sottosviluppati del terzo mondo. E di esempi analoghi se ne possono fare ancora a migliaia, basti citare una canzone a caso dei Nomadi, per avere uno spaccato su un preciso luogo e momento storico, ad esempio il brano Il Serpente piumato che descrive l’ascesa e il declino di Pablo Escobar, riuscendo in questo, forse anche meglio di quanto non sia stato fatto con Narcos, la serie firmata Netflix nelle cui prime stagioni si è concentrata proprio sula figura di Escobar. O ancora, il brano Uno come noi, per raccontare i fatti di piazza Tienanmen ecc.
Vi sono poi brani estemporanei, che raccontano storie e momenti di altre vite e altri tempi, cito brevemente Waterloo di Roberto Vecchioni, in cui si racconta non tanto la battaglia di Waterloo, ma la disillusione e il disincanto dei soldati partiti volontari al seguito di quel “piccolo nano francese … che crede d’essere lui la storia”[1], per rivoluzionare e rinnovare l’Europa, o ancora il brano Vincent, interpretato sempre da Roberto Vecchioni, in cui trasponendo il brano “Starry starry Night” di Leonard Cohen racconta la sofferenza di Vincent Van Gogh, e concludo questo rapido elenco di canzoni storiche citando Primavera di Praga di Francesco Guccini, e di esempi, come già detto potrei farne a migliaia.
Magari potrei dedicare ad ognuna di queste canzoni un video o un articolo.
Canzoni come Primavera di Praga, Uno Come Noi, Salvador, Il serpente Piumato, I ragazzi dell’ulivo, ecc, furono scritte all’indomani dei fatti narrati e nel momento in cui furono composte erano certamente canzoni politiche, ma molti anni dopo, quelle stesse canzoni di denuncia, assumono un valore totalmente differente, diventano un documento storico e letterario a tutti gli effetti, qualcosa da preservare al pari di qualsiasi altro documento.
La canzone può quindi essere letta, con occhio storico, su almeno tre diversi livelli e per quanto possa sembrare strano, in uno di questi livelli rientra anche la canzone leggere, quelle che Eduardo Bennato chiamava “solo canzonette”, persino un brano di Fabio Rovazzi può essere letto storicamente in quando descrive le mode, le tendenze, i gusti e gli atteggiamenti di un intera generazione, e questo ha un grandissimo valore documentario, ma facciamo chiarezza.
- Il primo livello prevede uso consapevole della storia nella canzone, storia e non attualità, l’attualità la incontriamo nel secondo livello, in questo livello rientrano molti dei brani sopracitati, Waterloo, Vincent, Cristoforo Colombo, Odysseus ecc, insomma, brani che narrano di eventi e personaggi storici, non contemporanei, in cui si attinge volontariamente e consapevolmente al passato per comporre versi che a loro volta comunicheranno storia.
- Al secondo livello, come anticipato, incontriamo l’attualità, l’uso consapevole dell’attualità per ispirare canzoni, che, a molti anni di distanza si ritrovano ad essere dei documenti storici proveniente dal passato, questi documenti sono permeati dei sentimenti che gli autori provavano al momento in cui componevano e ci forniscono uno spaccato unico sulla percezione che i contemporanei avevano del momento storico in cui vivevano.
Per fare un esempio esplicativo, di questi primi due livelli, canzoni come primavera di Praga o piazza Alimonda di Francesco Guccini, o Uno come noi de I Nomadi, rientrano in questo secondo livello, perché vi è un utilizzo consapevole dell’attualità nella canzone e a molti anni dalla loro pubblicazione, queste canzoni ci spalancano una finestra sul passato, raccontandoci eventi più o meno lontani nel tempo. Diversamente brani come Waterloo, Starry Starry Night o Fiume Sand Creek (perché poi mi accusate di citare solo canzoni di Guccini e Vecchioni ed ignorare le canzoni di Fabrizio de Andrè), attingono direttamente alla storia passata, imponendosi fin da subito come strumenti di comunicazione storica.
- In fine vi è il terzo livello, quello più complicato da analizzare, perché non contiene direttamente elementi di carattere storico, politico o culturale, come invece avviene nei due livelli precedenti, in questo livello si collocano quelle canzoni che si presentano come uno “specchio della società”, in questo livello rientra in quasi totalità la musica leggera, quella che definiremmo “sanremese” e da social, insomma, per intenderci, le canzoni di Fabio Rovazzi che, nella loro vuotezza di significato, ci raccontano magnificamente e indirettamente il mondo dei più giovani, se invece preferite un esempio meno banale, posso citare in questo terzo caso, i brani di Antonello Venditti, Lucio Dalla, Gianni Bella ecc .