In epoca contemporanea, dal ‘700 in poi, la politica ha subito dei cambiamenti. Questi spesso sono identificati nelle due più clamorose rivoluzioni del tempo: la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese. Ma possiamo realmente affermare che queste hanno portato ad un drastico ed improvviso cambiamento della politica? Possiamo veramente dire che la politica è cambiata in quei due precisi momenti?
Ebbene no, perché aldilà dei fatti storici, degli avvenimenti, il cambiamento importante della politica si è avuto con il tempo. Certo, le rivoluzioni hanno avuto il loro ruolo, ma esse stesse sono scaturite dal cambiamento della politica, del modo di vedere la politica, quindi non è propriamente esatto affermare che il cambiamento c’è stato perché ci sono state le rivoluzioni. Ma allora com’è cambiata la politica? Quali sono stati i fattori determinanti per il cambiamento?
La politica come arte
Fin da sempre e prima del ‘700 la politica era considerata un’arte. La massima espressione di ciò che era la politica, di come la si vedeva e di come la si doveva praticare la si ritrova ne “Il Principe” di Niccolò Machiavelli, considerato un vero e proprio manuale per il politico. Secondo Machiavelli la politica era un’arte ed il politico doveva essere, allo stesso tempo, volpe e leone, ovvero furbo e forte. In pratica il padre della scienza politica elaborò un manuale secondo cui la politica è fatta di calcoli, astuzia, strategie. Inoltre all’epoca la si vedeva come un’attività limitata a determinati ambiti quali le guerre, le tasse, la politica estera, l’ordine pubblico e soprattutto come un’attività riservata a pochissime persone ovvero a quei pochi sovrani e principi, legittimati da un fondamento religioso: Re e Principi erano i rappresentanti di Dio sulla terra, avevano quindi una legittimazione divina a governare. Proprio per questo erano incoronati spesso dal Papa o comunque da importanti Vescovi. La religione aveva quindi un peso enorme nell’ambito politico.
Da sottolineare c’è anche il fatto che l’attività politica così come la si praticava a quei tempi non era stabile: non vi era una struttura di governo organizzata e con un’agenda più o meno stabile. I sovrani, i principi, si riunivano con i loro funzionari pochissime volte, per cui l’attività di governo era molto limitata e saltuaria.
La politica come una religione
Dal ‘700, il secolo delle rivoluzioni importanti, la politica cominciò a cambiare. Iniziò a mutare il modo di viverla, di praticarla, di concepirla. Essa non era più un’arte, bensì una completa dedizione dell’uomo all’attività di governo. Questo cambiamento lo si può vedere in alcune opere di Jacques-Louis David, artista dell’epoca, che nel famosissimo dipinto “Il giuramento degli Orazi” mise in risalto come la politica stava cambiando: l’uomo che giurava fedeltà alla Patria e giurava di essere pronto a morire per questa; le donne che, in privato, piangevano perché non riuscivano a concepire questa completa, alta e nobile dedizione dell’uomo alla Patria, alla politica, ai valori. Nacque quindi la concezione secondo cui la politica è il momento più alto e decisivo dell’attività umana.
Il cambiamento pratico più importante sicuramente è stato quello riguardante gli ambiti della politica. Se in precedenza l’ambito era limitato a guerra, tasse e diplomazia, per la prima volta, con la Rivoluzione Americana e con la prima carte dei diritti dell’uomo, la politica pervade ambiti come l’istruzione, fino ad allora monopolio della Chiesa, che aveva e gestiva le scuole e quindi l’istruzione di quelli che nel concreto erano i sudditi; l’assistenza a chi non era in grado di sostenersi con i mezzi propri e, ambito molto particolare, l’aiuto della politica all’uomo nel perseguimento della propria felicità, visto come diritto fondamentale. Insomma, era in atto un radicale stravolgimento di quella che era la concezione della politica di un tempo. Essa adesso non riguarda più pochissime persone, un gruppo ristretto di sovrani e principi legittimati dal motivo divino a governare, bensì riguarda tutti e quindi non esistono più i sudditi, ma solo cittadini, che insieme decidono di “stipulare” un contratto e di rinunciare ad una parte della propria libertà in cambio di ordine, regole, organizzazione: governo.
Ma se alla base della politica ci sono dei cittadini consapevoli, che scelgono come e da chi farsi governare, ecco che viene a mancare la base religiosa che fino ad allora aveva dominato la politica. Se manca la base religiosa allora è ragionevole affermare che la politica poteva cominciare ad essere considerata laica e rispondente unicamente ai cittadini, che la controllavano attraverso l’opinione pubblica. Per la prima volta s’introduce questo concetto o meglio, nuovo soggetto politico, che appunto controllava la politica e l’attività del governo, attraverso mezzi come la stampa ed i partiti. Proprio i partiti rappresentano una degli stravolgimenti politici più importanti: da associazioni mutualistiche, cooperative, massonerie, nacquero soggetti politici organizzati con la specifica funzione di rappresentare una parte di cittadini, portare avanti un’idea o programma.
Con il tempo si è passati quindi da una politica disorganizzata e saltuaria ad una politica organizzata e strutturata: si è passati da Re e Principi che svolgevano attività di governo saltuaria, ad un governo organizzato gerarchicamente e territorialmente, che, tuttora, svolge attività di governo stabile e periodica. Con la scomparsa del motivo religioso, che legittimava i sovrani e rendeva il popolo suddito, spariscono anche le chiese di stato. Nasce, inizialmente, la religione dei cittadini: un vero e proprio credo nell’essere cittadini, nella ragione, nella razionalità.
Un vero e proprio culto della bandiera, della politica, dei valori. Infatti, successivamente alla Rivoluzione Francese, ci fu una vera e propria scristianizzazione della politica e degli stati, tanto che venivano organizzate orazioni d’intellettuali, riti per la venerazione della Dea Ragione e del Super – Dio, entità metafisica, essere supremo e venivano costruiti veri e propri luoghi di culto dove praticare la religione del cittadino: l’altare della Patria è un esempio. In seguito la Dea Ragione, con la nascita degli stati nazionali, venne sostituita dalla Nazione. Si passò quindi dalla religione del cittadino alla religione della nazione. Entrambe comunque non impedivano agli individui di credere, allo stesso tempo, nelle religioni classiche.
Nel corso dell’800 ed oltre, nacquero, sulla base della religione della nazione, due tipi diversi di religioni praticabili: la religione civile e la religione politica. La prima, una religione non obbligatoria e che si sviluppò in ambienti democratici, che prevedeva il culto della Patria, della bandiera, dei simboli patri, della nazione, del popolo stesso. La seconda, obbligatoria, nacque invece in ambienti di regime dittatoriale e consisteva nella venerazione dell’ideologia, del leader, del dittatore, che veniva insegnata a scuola e mediante la propaganda.
Nel tempo abbiamo visto come la politica è cambiata e non solo per via di alcuni avvenimenti, ma per il mutamento di diversi fattori. Il solo fatto che da un certo punto in poi, nella storia, la condizione del popolo sia mutata da sudditanza a cittadinanza, ha portato ad uno stravolgimento della visione che si aveva della politica e quindi da una visione artistica ad una religiosa. Che poi la politica possa essere considerata una vera religione, è soggettivo, ma i tratti sono quelli. È estremamente interessante, e se ne potrebbe parlare per righe e righe, di come ancora oggi la politica sia in continua evoluzione. Il cambiamento non si è mai arrestato e forse mai si arresterà, se solo pensiamo ai grandi sistemi d’idee e alle ideologie, che mantengono la politica in una condizione di costante rivoluzione.
Fonti:
G. Sabbatucci, V. Vidotto Storia Contemporanea, L’ottocento
G. Sabbatucci, V. Vidotto Storia Contemporanea, Il Novecento
N.Machiavelli, Il Principe