Nel 1867 l’Impero Russo vendette l’Alaska agli USA per 7.2 milioni di Dollari americani dell’epoca, che, calcolando l’inflazione, equivalevano a circa 121 milioni di dollari odierni.
Verso la metà del XIX secolo l’Alaska non era particolarmente popolata, si stima che ospitasse poco più di 90000 abitanti, di cui circa soltanto 2500 russi e circa 8000 aborigeni legati alla compagnia russa d’america.
L’Impero Zarista di Alessandro II esercitava un controllo soprattutto militare sui territori dell’Alaska, ma, le difficoltà economiche (la corte russa non navigava in buone acque) e la presenza dell’ingombrante vicino britannico, destavano non poche preoccupazioni, Alessandro II temeva che presto o tardi sarebbe stato costretto a cedere territori ai britannici che già controllavano il Canada.
Di fronte alla prospettiva di pagare a caro prezzo il controllo dei territori dell’Alaska, lo Zar Alessandro II optò per quella che all’epoca gli sembrò la migliore delle idee possibili, cedere l’Alaska agli USA, creando così un cuscinetto tra la Russia e i territori Britannici del Canada e ricavarci anche qualcosa.
Quello che Alessandro II non sapeva era che quel “mondo selvaggio e ghiacciato”, così simile alla Siberia, custodiva in realtà un ricco e dorato segreto e quando neanche 30 anni dopo la vendita, nel 1896 in Alaska furono scoperti i primi giacimenti d’Oro.
Il Senato degli Stati Uniti ratificò l’acquisto (approvando quindi la spesa di 7,2 milioni di dollari) il 9 aprile 1867, ottenendo 37 voti a favore e 2 voti contrari, tuttavia, perché il governo statunitense potesse effettivamente rogare quella cifra all’impero zarista era necessaria anche l’approvazione alla camera dei rappresentati, dove il programma di acquisizione dell’Alaska venne temporaneamente bloccando, causando lo il blocco dei fondi fino al 1868, quando alla fine anche la camera acconsentì all’acquisizione con 113 voti a favore e 48 contrari.
Il motivo principale per cui la camera si oppose all’acquisizione era legato alle dinamiche interne degli USA, la guerra di secessione si era conclusa da pochi anni e l’economia statunitense era tutt’altro che florida, impelagata in enormi spese dovute alla ricostruzione post bellica, in questo contesto una fuoriuscita di capitali di questa entità sembrava rischiosa, soprattutto per quegli stati in cui la guerra era stata effettivamente combattuta ed avevano molto lavoro da fare per riorganizzare lo stato e le economie locali dopo l’abolizione della schiavitù.
Alla fine comunque la situazione economica venne sbloccata e il pagamento venne erogato, anche perché già nell’ottobre del 1867 era avvenuta la cerimonia di passaggio dei poteri, con la cessione ufficiale dei territori dell’Alaska alle autorità statunitensi, in sostanza nel luglio del 1868 (quando il congresso approvò la spesa) gli USA avevano già ottenuto il controllo dell’Alaska ma non avevano ancora pagato la Russia.
Durante la cerimonia di passaggio, una delle pochissime volte nella storia in cui un territorio cambiava “bandiera” in maniera pacifica, in cui l’Alaska de facto era passata dall’essere Russia all’essere parte degli Stati Uniti d’America, si tenne una piccola parata militare che vide alcuni militari Russi e Americani, sfilare fuori dalla residenza del governatore, in seguito, la bandiera zarista svettante sull’edificio venne ammainata e quella statunitense fu issata.
Era il 18 ottobre 1867 quando i militari russi lasciarono ufficialmente l’Alaska e vi si insediavano i soldati Statunitensi, il generale Jefferson Columbus Davis si insediò nella residenza del governatore, diventando, tra il 1867 ed il 1870, il primo governatore dello stato dell’Alaska, e, a scanso di equivoci, Jefferson C.Davis, non il Jefferson Davis protagonista della secessione degli stati Confederati dall’Unione americana durante la guerra di secessione, se bene i due abbiano effettivamente nomi molto simili, si tratta di due persone diverse.
Dopo l’insediamento di Davis, la maggior parte dei coloni russi (ma non tutti) presenti in Alaska lasciarono il paese facendo ritorno in Russia, alcuni piccoli commercianti o proprietari terrieri che avevano costruito in quelle selvagge terre del nord la propria nuova vita, scelsero di rimanere, diventando in pochi anni cittadini statunitensi e tagliando quasi completamente ogni ponte e legame con la vecchia madre Russia.