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La Bomba Atomica nazista che non è mai esistita | Facciamo chiarezza sul programma nucleare del Terzo Reich

La Bomba Atomica nazista che non è mai esistita | Facciamo chiarezza sul programma nucleare del Terzo Reich

Secondo alcuni giornali on line, da alcuni documenti segreti declassificati dal governo statunitense, sarebbero essere emerse delle prove che dimostrerebbero l’esistenza di ordigni nucleari progettati dalla Germania nazista. Ma cosa effettivamente è emerso dal report APO 696, si tratta di una una comunicazione postale a lunga distanza effettuata dalle truppe statunitensi presenti in Europa nel 1944 e Washington.
Secondo questa comunicazione militare, inviata nell’ottobre 1944, archiviata nel 1947 e declassificata soltanto nel 2017, alcuni testimoni civili avrebbero avvistato un enorme esplosione, che oggi, col senno di poi, possiamo associare ad un esplosione nucleare. Ma a che punto era effettivamente il programma di armamento nucleare della Germania Nazista nel 1944?

Insieme al debunker Juanne Pili, abbiamo realizzato un video in cui spiegavamo cosa effettivamente è emerso dal report APO 696 e a che punto sono effettivamente le ricerche storiografiche legate al programma di armamento nucleare della Germania Nazista, vi lascio qui di seguito il video pubblicato sul suo canale youtube.

Per quanto riguarda le indagini storiografiche, queste, come spesso accade in ogni ricerca storiografica, sono attualmente in una situazione di stallo, letteralmente impantanate dalla carenza di dati e informazioni materiali, nel caso specifico di questa particolare ricerca, l’assenza di informazioni è dovuta principalmente a tre diversi fattori.

  • Distruzione dei documenti da parte dei nazisti durante la guerra
  • Distruzione dei documenti come conseguenza delle incursioni e bombardamenti degli alleati
  • Classificazione del materiale documentario recuperato dagli alleati

Durante la ritirata, nelle fasi finali della guerra (1944-1945), gli ufficiali della Wehrmacht e delle SS, si impegnarono affinché nessun documento del Reich cadesse nelle mani degli alleati, provvedendo alla sistematica distruzione di documenti. Ci sono numerose ragioni strategiche per cui venne adottata questa scelta e la trasformazione della guerra, in atto fin dalle campagne napoleoniche, in chi le informazioni rappresentano una delle armi più potenti nelle mani dei generali, rappresenta soltanto una delle infinite ragioni per cui, una qualsiasi forza armata impegnata in una ritirata strategica, proceda con la distruzione di ogni qualsiasi informazione.

I primi documenti ad essere distrutti sono quelli che possono permettere l’identificazione e localizzazione di eventuali altre basi militari, impianti di produzione o di ricerca più o meno segrete, e più o meno lontane, seguono i documenti contenenti informazioni sulla strategia della ritirata, sugli spostamenti, sui rifornimenti, rifugi, vie e piani di evacuazione ecc ecc ecc. E nel caso fortuito in cui qualche documento riuscì a sopravvivere alla distruzione sistematica operata dagli ufficiali del Reich, incendi, infiltrazioni d’acqua, crolli e macerie generati dai bombardamenti sull’Europa, contribuirono indirettamente alla distruzione del materiale informativo.

Poteva però capitare che, per svariati motivi, le truppe alleate, statunitensi o sovietici, riuscissero a prendere e liberare alcune basi militari prima che l’opera di distruzione fosse ultimata, riuscendo così a mettere le mani su importanti e preziose informazioni che, soprattutto per quanto riguarda il lato scientifico, potevano essere utilizzate dall’una o l’altra nazione per ottenere una posizione di vantaggio alla fine della guerra rispetto ai propri alleati, che si sapeva, non sarebbero rimasti tali per molto tempo dopo la fine della guerra. In questo senso l’esempio dei razzi V2 di Wernher von Braun, è perfetto per sostenere questa tesi.

Durante la conferenza di Jalta, i leader delle tre principali potenze alleate, Iosif Stalin, Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill, presero alcune importanti decisioni in merito alla futura organizzazione territoriale di Polonia e Germania, andando così a definire quelle che sarebbero poi divenute le sfere di influenza di Stati Uniti e Unione Sovietica. Nel dicembre del 1944 l’Unione Sovietica aveva individuato la posizione di un importante impianto di produzione di razzi V2, situata in un area che successivamente sarebbe stata consegnata all’influenza di Stati Uniti e Gran Bretagna, la scoperta spinse gli uomini dell’Armata Rossa a trasferire nel minor tempo possibile gran parte della documentazione, della strumentazione e dei prototipi presenti nell’impianto in un area dopo la guerra sarebbe rimasta sotto il controllo sovietico, e grazie a quella tecnologia, negli anni 50 l’unione sovietica avrebbe potuto avviare il proprio programma spaziale, avendo come punto di origine per i propri vettori aerospaziali, la base progettuale ed i prototipi dei V2 progettati da Wernher von Braun. Queste informazioni sono rimaste segrete per tutta la guerra fredda e pubblicate soltanto dopo la fine dell’unione sovietica, fornendo ai ricercatori attivi negli anni novanta, nuove e importanti informazioni su cui lavorare, sia per quanto riguarda gli anni della guerra fredda, sia per quanto riguarda la tecnologia nazista durante la seconda guerra mondiale.

Queste nuove informazioni, hanno finito inevitabilmente con l’alimentare numerose speculazioni teoriche in merito al livello di tecnologia effettivamente raggiunto dalla Germania Nazista, al punto che ancora oggi ci si continua a chiedere se effettivamente i nazisti avessero costruito armi nucleari, laser della morte, basi sotterranee in europa, nell’artico, in Antartide, e sulla luna. E molti non addetti ai lavori si chiedono, quanto del materiale che l’Unione Sovietica ha tenuto segreto per decenni sia stato effettivamente divulgato e quanto invece, per diverse ragioni, sia ancora protetto dal segreto militare.

Per quanto riguarda la ricerca storiografica sul nucleare nazista e tutte le ricerche in corso fanno largo uso di testimonianza orali, pervenute soprattutto attraverso la popolazione civile. Queste informazioni, per loro natura sono generalmente considerate indiziarie, poiché come è noto, la memoria umana può essere ingannata e alterata, contaminata da paure, pregiudizi e informazioni successive che permettono una rielaborazione postuma della memoria. Per queste ragioni la testimonianza, anche quella diretta, è presa in considerazione nel processo di indagine storiografica, e assume tanto più valore quanto quella testimonianza è condivisa e supportata da prove empiriche, quali possono essere ritrovamenti, documenti o altri testimoni che confermano quella data versione dei fatti.

In questo caso specifico le testimonianze giunte fino a noi sono molto variegate, e nella maggior parte dei casi raccolte e documentate soltanto a partire dal 1946, ovvero dopo la fine della guerra, ma cosa più importante, dopo gli episodi di Hiroshima e Nagasaki, la cui natura devastante e drammatica, ha finito inevitabilmente per imprimersi nella memoria collettiva dell’intera civiltà umana.

Tra le tante testimonianze più o meno attendibili alcune sembrano essere più interessanti di altre, come nel caso del corrispondente di guerra italiano Luigi Romersa, inviato in Germania nel 1944 per osservare e alcuni test balistici, e in questa occasione Romersa sembra abbia incontrato personalmente Wernher von Braun. Durante la sua visita racconta Romersa, gli fu permesso di assistere al test di un nuovo ordigno esplosivo, questo test avvenuto nell’ottobre del 1944 avrebbe avuto come effetto un esplosione che per portata ed effetto potrebbe essere associata ad un esplosione nucleare, nel racconto di Romersa figura anche il caratteristico fungo atomico. Questo test sembra essersi compiuto in una base di ricerca segreta situata su un imprecisata isola del mare del Nord.

La testimonianza di Romersa tuttavia presenta alcune lievi incongruenze, dalla location imprecisa, alla descrizione dell’esplosione, il suo racconto infatti viene fuori soltanto dopo gli episodi di Hiroshima e Nagasaki, e se bene l’esplosione da lui descritta ricordi un esplosione nucleare, alcuni dati riportati da Romersa non sembrano essere totalmente coerenti con gli effetti di un effettiva esplosione nucleare. Nella sua testimonianza è infatti presente il fungo atomico, ma le sue dimensioni sembrano essere fortemente contenute rispetto ai funghi atomici di Los Alamos, Hiroshima e Nagasaki. Potrebbe tuttavia trattarsi di un semplice errore di valutazione dovuto alla grande distanza e per questi motivi viene concesso a Romersa il beneficio del dubbio.

Se la sua testimonianza fosse reale, da qualche parte nel mare del nord, si troverebbe un certa concentrazione di radiazioni, coerente con l’esplosione di un ordigno nucleare avvenuta 70 anni fa, ma la distanza temporale potrebbe rendere particolarmente complicata la ricerca poiché la pioggia, le intemperie e il naturale decadimento, potrebbero aver completamente lavato via ogni traccia di eventuali radiazioni.

Cercare picchi di radiazioni lungo il mar baltico di conseguenza non è la strada più semplice per dimostrare l’effettivo stadio di avanzamento del programma nucleare nazista, un programma che sappiamo essere reale, e che avrebbe potuto nascondere anche un parallelo programma di armamento nucleare, almeno secondo uomini del calibro di Albert Einstein e altri scienziati europei fuggiti negli USA, i quali nell’agosto del 1939 scrissero una lettera indirizzata all’allora presidente USA, Franklin Delano Roosevelt, che avrebbe poi dato il via a quello che sarebbe diventato il Progetto Manhattan.

Il programma nucleare iniziato nel 39 sembra tuttavia essersi concluso nel 1941, quando il capo progetto Werner Karl Heisenberg, avrebbe rinunciato all’idea di produrre un ordigno nucleare, impegnando la propria equipe nella progettazione di un reattore nucleare dedito alla produzione energetica. Il reattore sperimentale di Heisenberg è stato individuato già nel 1945 e smantellato dalle forze militari di Stati Uniti e Gran Bretagna. Non mi dilungo oltre in questa direzione poiché queste informazioni sono ampiamente disponibili ed estremamente facili da reperire.

Come dicevamo, cercare picchi di radiazioni nel baltico è estremamente problematico, una ricerca più “semplice” e tradizionale, si lega al materiale documentario esistente, se effettivamente il Reich ha continuato le sue ricerche per la creazione di un arma nucleare dopo il 1941, qualcuno dovrà aver lavorato a quel progetto e da qualche parte, prima o poi, dovrà saltare fuori qualche documento.

Inoltre, si ipotizza un qualche collegamento tra un ipotetico programma nucleare ed il programma missilistico guidato dal già citato Wernher von Braun, che, in qualità di massimo esperto di ingegneria missilistica del Reich, è ipotizzabile che sarebbe stato coinvolto nella progettazione di un vettore a medio-lungo raggio in grado di trasportare un oggetto dal peso e la massa di un ordigno nucleare. Se si tiene in considerazione questa ipotesi è interessante osservare i risultati raggiunti dal suddetto von Broun negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni cinquanta e sessanta, quando, coinvolto nel programma spaziale statunitense, si impegno nella progettazione di nuovi vettori più potenti, questa volta in grado di raggiungere lo spazio e non “solo Londra”.

Le indagini per far chiarezza sull’effettivo stato del programma di armamento nucleare della Germania Nazista sono ancora in corso, al momento le uniche informazioni certe che si hanno, vedono un programma iniziato nel 1939 e abbandonato in favore di un programma energetico nel 1941. Parallelamente si hanno alcune testimonianze più o meno attendibili non supportate da alcun documento o prova empirica, e se mai qualcosa verrà fuori, sarà grazie all’accurata analisi di una documentazione estremamente limitata e le indagini sul campo degli archeologi del nazismo impegnati nella ricerca di tutte le strutture, basi e bunker che i nazisti seminarono in tutto il Reich.