L’età dell’oro della pirateria – parte 1

Intorno alla metà del XVII secolo il mar dei Caraibi ha visto fiorire un mercato basato sul furto e l’omicidio: la pirateria. Ma per meglio comprendere le motivazioni che hanno dato origine alla cosiddetta “età dell’oro della pirateria”, bisogna tornare indietro di quasi un secolo.

Con la scoperta del Nuovo Mondo si erano aperte infinite possibilità di conquista. I soli a poterne usufruire, tuttavia, erano gli spagnoli e i portoghesi. Dopo la spartizione del territorio, il re di Spagna Filippo II (1527-1598) vietò agli stranieri di commerciare con le proprie colonie americane. Questo costringeva i coloni ad acquistare le merci dai mercanti spagnoli, che imponevano prezzi esorbitanti.

Il monopolio che il re intendeva creare incontrò due ostacoli che fondamentalmente ne determinarono il fallimento. Il primo fu che i coloni preferivano acquistare le merci rubate dai pirati, i quali rivendevano i loro bottini a un prezzo molto inferiore rispetto a quello stabilito dalla Spagna. Il secondo riguarda invece il sorgere di nuove colonie straniere relativamente vicine a quelle, spagnole che portarono una sana concorrenza sul mercato dei Caraibi.

I primi furono i francesi che nel 1562 si stabilirono in Florida Poi vennero gli inglesi che colonizzarono dapprima la Virginia dove, intorno al 1607, fondarono Jamestown, poi si insediarono sull’isola di St. Kitts nel 1623. Il monopolio commerciale auspicato da Filippo II era ufficialmente finito.

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I pirati già infestavano le acque caraibiche ed erano in pratica l’incubo degli spagnoli. Ma le loro operazioni erano destinate a entrare nella leggenda solo successivamente, quando i coloni francesi e inglesi occuparono l’isola di Hispaniola (oggi Santo Domingo) creando la prima base pirata nei Caraibi.

Gli spagnoli avevano deciso di abbandonare l’isola in seguito alla decisione di stabilizzarsi sul continente, in quanto le civiltà precolombiane erano state massacrate e il loro oro era pronto per andare a riempire i forzieri del re.

I coloni stabilizzatisi su Hispaniola continuarono a catturare e saccheggiare le navi spagnole. Questi uomini vennero chiamati bucanieri, termine che deriva dal luogo, boucans, dove erano soliti essiccare e salare la carne.

Per capire a fondo la situazione, è bene fermarsi un momento per chiarire il ruolo del pirata e quello del corsaro. Il pirata è colui che saccheggia le navi di qualsiasi nazionalità ovunque esse navighino. Il corsaro invece è autorizzato da un governo che, in cambio di una percentuale sul bottino, gli rilascia una lettera di marca e rappresaglia.

I primi pirati furono più che altro corsari che intercettavano e saccheggiavano le navi nemiche del re.

Chiarito questo punto, possiamo tornare sull’isola di Hispaniola.

Gli spagnoli, stanchi di essere derubati, condussero diversi attacchi contro Hispaniola. Alla fine riuscirono a costringere i coloni ad abbandonare l’isola. Ma questi non andarono molto lontano. Infatti si stabilizzarono sull’isola della tartaruga: Tortuga.

La colonia era stata fondata dai francesi nel 1625 e sotto il governo di Jean Le Vasseur (morto nel 1653) la colonia fiorì permettendo sia ai pirati che ai corsari di fare affari d’oro. All’inizio del suo governo, Le Vasseur fece subito espellere i coloni inglesi che furono così costretti a cercarsi un altro rifugio. Grazie al forte che fece costruire in difesa del porto riuscì a respingere i numerosi attacchi spagnoli.

Le Vasseur governò come un vero e proprio “re pirata”, che, nonostante il suo regime dispotico, riuscì a essere considerato dai pirati e corsari come un leader vincente.

 

Intorno al 1640 nacque la Fratellanza della Costa ,nella quale i pirati e corsari si comportavano come se facessero parte di una vera e propria società segreta. L’uso dei cognomi era vietato e venne anche redatto un codice, detto Costume della Costa, secondo cui il sottoscrivente veniva esentato dal rispettare le leggi nazionali e invece si impegnava a seguire le leggi del Costume.

Successivamente, venne introdotta la pratica di stilare un codice di comportamento e di azioni proibite durante la navigazione. Questo veniva redatto prima di intraprendere una missione e veniva sottoscritto da ogni membro della ciurma. Le trasgressioni al regolamento erano punite severamente. Si poteva passare dall’amputazione di parti del corpo fino all’abbandono su un’isola deserta.

Rimane stupefacente il carattere democratico che emerge dai codici che sono giunti fino a noi. Ogni membro dell’equipaggio veniva chiamato a votare per stabilire chi dovesse essere il capitano e poteva indire una votazione per rimuoverlo in caso non adempisse al suo ruolo. La libertà di votare per questioni importanti è un segno meraviglioso di democrazia, soprattutto se pensiamo che si svolge in un contesto storico dominato dalle monarchie assolute e dove il popolo non viene mai chiamato a esprimere la propria preferenza.

I codici più famosi che ci sono giunti sono quelli redatti da Bartholomew Roberts (1682-1722), John Phillips (morto nel 1724), Edward Lowe (1691-1724) e George Lowther (morto nel 1723).pirates

Alcuni capitani dei Fratelli della Costa divennero delle leggende anche per i contemporanei. I nomi come Henry Morgan (1635-1688), Jean David Nau, meglio conosciuto come François de l’Olonnais, (1630-1671), William Kidd (1645-1701), Edward Teach, conosciuto come Barbanera, (1680-1718), Edward Mansfield (morto nel 1667), Michel de Grammont (1645-1686), Bartholomew Sharpe (1650-1690) e John Noxon (morto nel 1689) nomi come questi riuscivano a incutere ammirazione e terrore.

Ma i tempi stavano cambiando e le nazioni europee stavano maturando l’idea di un commercio tra le colonie senza l’uso dei corsari. La politica della Gran Bretagna e della Francia di derubarsi a vicenda e insieme di derubare gli spagnoli e i portoghesi era stata molto redditizia. Ma con le nuove ambizioni coloniali, quella politica doveva essere superata.

Durante il processo di colonizzazione del XVII secolo la pirateria era diventata un vero e proprio ostacolo per le nazioni del vecchio continente.

Nel 1684 la Francia e la Spagna firmarono il trattato di Ratisbona nel quale si dichiarava che i pirati erano criminali a tutti gli effetti e quindi erano perseguibili a termine di legge. Dal canto suo l’Inghilterra promosse una legge contro i corsari, un trattato che prevedeva la cessazione di concessioni di lettere di marca e rappresaglia.

Tortuga venne mano a mano abbandonata dai pirati e corsari; esodo che si completò nel 1688.

Ai pirati restavano poche scelte per sopravvivere. Alcuni divennero dei cacciatori di pirati, passando così dall’altra parte della barricata. Altri continuarono la professione nei mari dell’Africa. Altri ancora rimasero fedeli ai loro principi e restarono nei Caraibi.

L’ultimo atto di pirateria in questa prima metà dell’età dell’oro della pirateria fu intrapresa da Bernard Desjean barone di Pointis (1645-1707) e da Jean Baptiste du Casse (1646-1715) che conquistarono la città spagnola di Cartagena nel 1697.

La Marina Reale Inglese e la Guardia Spagnola aumentarono il pattugliamento delle rotte commerciali rendendole relativamente sicure.

Edward Teach andò a vivere Fort Nassau, nelle Bahamas, dove stabilizzò la propria base. Nel 1700 era diventata una vera e propria repubblica pirata governata da Barbanera con il titolo di pretore.

Nel 1718 l’Inghilterra nominò Woodes Rogers (1679-1732), un ex corsaro, capitano generale e governatore in capo delle isole Bahamas. Il suo lavoro principale era quello di estirpare da Fort Nassau l’erbaccia della pirateria.

Come e se ci riuscì ne riparleremo nella seconda parte dell’età dell’oro della pirateria.

 

FONTI: Il codice dei pirati di Brenda Ralph Lewis; Storia della pirateria di Philip Gosse.

 

 

Francesco Rughi

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