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L’età dell’oro della pirateria – parte 2

Il XVIII secolo iniziò con una moderata attività piratesca. Le nazioni imperialiste, soprattutto Gran Bretagna e Spagna, avevano aumentato il pattugliamento dei mari così da diminuire drasticamente le azioni di pirateria. Ma il demone rappresentato dai pirati era tutt’altro che sconfitto, e si sarebbe di nuovo impadronito dei mari e avrebbe suscitato terrore nei cuori dei marinai onesti.

Tutto ricominciò con la pace di Utrecht (1713) che sancì la fine della Guerra di successione spagnola, la quale durava da undici anni. La pace comportò la diminuzione delle flotte militari e il conseguente affrancamento dei marinai in eccesso. Questi uomini si ritrovarono senza lavoro, con il borsello vuoto e, nella maggior parte dei casi, con una famiglia da sfamare. Contemporaneamente a questa situazione, si vede crescere il commercio degli schiavi, Commercio Triangolare, che popolava i mari e gli oceani di navi cariche di schiavi, oro, ferro e oggetti preziosi in genere. La soluzione che molti videro alla loro condizione economica precaria fu il furto e la rapina. Così, nel 1714 circa, iniziò la nuova Età dell’oro della pirateria.

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Nacquero in questi anni alcune delle icone stesse della pirateria come Bartholomew “Bart il Nero” Roberts (1682-1722), Charles Vane (1680-1720), John “Calicò Jack” Rackham (1682-1720), Stede Bonnet (1688-1718), Anne Bonney (1700-1782), Mary Read (1690-1721), Howell Davies (1690-1719) ed Edward England (ca. 1685-1721).

In questa nuova fase della pirateria non c’erano regole. Le lettere di marca appartenevano al passato, così come i corsari, e quindi ogni nazione poteva essere attaccata e derubata. Si diceva che i pirati “avessero dichiarato guerra a tutte le nazioni”.

Le loro roccaforti erano principalmente due: Nassau, o New Providence, e il Madagascar. Nassau si era già resa protagonista con la sua fortificazione da parte di Barbanera e la creazione di una vera e propria repubblica pirata gestita da Teach in persona. Questa era la base caraibica, mentre l’isola del Madagascar era quella africana.

Già precedentemente l’isola era stata frequentata dai pirati e corsari per sfuggire dalla legge, ma ora, con il nuovo Commercio Triangolare, era diventata una vera e propria trappola per le navi costrette a fare scalo su di essa. Il “dolce commercio”, come veniva definito, era assai fruttuoso e arricchì molti pirati, alcuni dei quali si trasferirono sull’isola con le proprie famiglie e fondando dei piccoli insediamenti. La particolarità del Madagascar era che non apparteneva a nessuna nazione. Nessuno l’aveva mai reclamata. Il posto perfetto per dei pirati.

La risposta delle nazioni imperialistiche non tardò molto ad arrivare. La Gran Bretagna inviò a Nassau un nuovo governatore: Woodes Rogers, un ex-corsaro. Egli si presentò sull’isola non con pistola e sciabola, ma con un’amnistia totale per chiunque volesse abbandonare la pirateria. Tale amnistia sollevava dai reati di pirateria chiunque avesse firmato, riconsegnando alla società un uomo pulito e riscattato.

Molti pirati decisero di firmare e di passare dalla parte della legge per ricominciare una nuova vita. Ma altri, i più recidivi, come Barbanera e Vane, rifiutarono di firmare e abbandonarono Nassau per continuare con la loro vocazione. Woodes Rogers aveva ottenuto un enorme successo; la pirateria nei caraibi diminuì drasticamente. Tuttavia il problema non era ancora risolto.

Quando un pirata veniva arrestato, per esempio dalla Marina inglese, doveva essere trasportato in Inghilterra, insieme ai vari testimoni del caso, per essere giudicato dall’Ammiragliato. Questa procedura aveva mostrato i suoi limiti già durante la prima Età dell’oro della pirateria.  Molti dei prigionieri non arrivavano mai al processo perché spesso venivano fatti evadere dai propri compagni. La procedura era anche molto dispendiosa e impiegava moltissimo tempo termini di burocrazia e scartoffie.

A fronte di questa lacuna, venne deciso di giudicare i pirati lì dove erano stati catturati. La corte sarebbe stata presieduta dal governatore del posto e la sentenza eseguita immediatamente. Le impiccagioni divennero uno spettacolo pubblico e un monito per chiunque volesse intraprendere tale vita criminosa.

Un altro duro colpo venne con la rimozione dall’incarico di governatore della Pennsylvania William Markham da parte di Francis Nicholson della Virginia. Markham garantiva protezione ai pirati poiché essi lo corrompevano coi frutti dei bottini.pirati

Similmente, il governatore di New York, Richard Coote, confiscò le navi, e il loro carico, di Frederick Philips, il più grande “corriere” di New York. Egli rivendeva al mercato i bottini dei pirati che operavano in Madagascar. Con la sua assenza, i pirati venivano privati del loro ricettatore newyorkese e dei profitti che egli gli garantiva.

Come se non bastasse, le potenze coloniali aumentarono ulteriormente la loro presenza navale, così da scoraggiare ogni tentativo di pirateria.

L’azione diretta contro i pirati, la pressione economica e le leggi punitive riuscirono nell’intento. Era diventato molto pericoloso essere un pirata, e la perdita dei Caraibi e del Madagascar apposero la pietra tombale sull’Età dell’oro della pirateria.

Dopo il 1730 nessuno del calibro dei Fratelli della Costa o dei loro successori dell’età dell’oro osarono più sfidare la sorte e le nazioni coloniali. I tempi della libertà e dell’avventura, delle ricchezze favolose e dei diritti garantiti dal Codice dei Pirati erano finiti.

 

FONTI: Il codice dei pirati; Brenda Ralph Lewis

      Storia della pirateria; Philip Gosse.

 

 

Francesco Rughi

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