Partenope: Breve storia della città da Partenope a Napoli

Napoli e Partenope sono la stessa città o sono città diverse? Nell’epoca dei social non è difficile imbattersi in post che parlano di Napoli e Partenope come se fossero città e realtà diverse, anche se vicine e in un certo senso legate tra loro, così come non è difficile imbattersi in post in cui i due nomi fanno riferimento alla stessa città in momenti differenti, ma qual è la verità? Napoli e Partenope sono la stessa cosa o sono città diverse ma molto vicine tra loro che col tempo si sono fuse insieme?

Per cercare di rispondere a questa andremo alla riscoperta delle origini di Napoli tra archeologia, storia, miti e leggende, e prometto che cercherò di essere il più breve possibile.

Le origini mitiche di Napoli

Come molte città antiche, anche l’origine di Napoli si perde nel mito e tra le tante versioni che si sono susseguite nei secoli in merito alla fondazione di Napoli, il mito di Partenope è forse uno dei più affascinanti che è giunto a noi in varie versioni.

Secondo la tradizione popolare Partenope era una sirena, raffigurata secondo i canoni della mitologia greca, un ibrido con il corpo di uccello e la testa di donna, dal canto melodioso. Molto simile esteticamente alle arpie, ma con caratteristiche differenti, nella mitologia greca infatti le arpie sono più violente e punitive, mentre le sirene sono creature seducenti. Per quanto riguarda Sirene e Arpie nella mitologia greca, va detto che ci sono diverse teorie secondo cui sarebbero la stessa creatura in momenti diversi.

Tornando alla sirena Partenope, secondo la leggenda questa fu la sirena che tentò di ammaliare Ulisse con il proprio canto, tuttavia, l’eroe, avvertito dalla maga Circe, si era fatto legare all’albero maestro della nave così da resistere al canto delle sirene. Secondo la leggenda napoletana, la sirena Partenope, non riuscendo nel proprio intento, si gettò in mare e il suo corpo fu trasportato dalle onde fino all’isolotto di Megaride, dove oggi sorge il Castel dell’Ovo dando origine alla città di Napoli.

La cosa più interessante di questo mito è che se si immagina la sirena moderna, creatura marina per metà donna e per metà pesce, non ha alcun senso, tuttavia, se si considera la sirena greca, per metà donna e per metà uccello, tutto cambia.

Questa versione prende le battute dalla tradizione omerica e dall’odissea ed è la versione più conosciuta del mito di partenope, soprattutto fuori da Napoli, vi sono tuttavia altre versioni del mito, proprie della tradizione locale.

Una di queste versioni, molto presente nella tradizione popolare napoletana, racconta di una sirena Partenope, che viveva nel golfo di Napoli, innamorata del centauro Vesuvio. Il loro amore è tuttavia ostacolato da Zeus, a sua volta invaghito di Partenope, decise di separarli per sempre. Vesuvio venne così trasformato in un vulcano e Partenope nella città di Napoli. I due amanti sono così condannati ad un supplizio, un amore eterno e impossibile, con il Vesuvio condannato a vegliare costantemente sulla città senza poterla mai raggiungere. La cosa interessante di questo mito è che non sappiamo a quando risalga, e nella tradizione popolare Partenope è generalmente descritta come una sirena “moderna” metà donna e metà pesce, elemento che potrebbe suggerire un origine medievale del mito, probabilmente derivato da un mito più antico.

Ultima versione del mito di Partenope che voglio riportare, ci arriva attraverso la raccolta “Le leggende napoletane” di Matilde Serao, ed è una versione molto particolare, molto legata alla fondazione della città e poco legata al “mito”. In questa leggenda infatti Partenope non è una creatura mitica ma una giovane donna greca innamora dell’eroe ateniese Cimone. Tuttavia, il padre di Partenope avendo promesso sua figlia in sposa ad un altro uomo, cercherà di ostacolare il loro amore. Cimone e Partenope decidono quindi di lasciare la Grecia e dopo un lungo viaggio approdano sulle coste del golfo di Napoli, qui costruiranno il proprio nido d’amore, e la loro discendenza darà vita al popolo napoletano. In questa versione del mito Partenope è sostanzialmente un antica colonizzatrice e madre mitica del popolo napoletano.

Ciò che questi tre miti hanno in comune, ma che in realtà lega insieme tutti i miti della fondazione di Napoli legati a Partenope, è il fatto che Partenope incarna l’essenza stessa di Napoli. La sua bellezza ammaliante, il suo fascino seducente, il suo legame indissolubile con il mare e la sua storia travagliata e appassionata, e solleva una domanda, ci fu davvero una “Partenope” nella storia di Napoli? E la risposta a questa domanda è si.

Cosa sappiamo sulla fondazione di Napoli

Mettendo da parte il mito e rivolgendo lo sguardo verso l’archeologia, noi oggi sappiamo che intorno all’VIII secolo coloni greci arrivarono nel golfo di Napoli, all’epoca chiamato kratèr, e fondarono un importante colonia con il nome di Kýmē (odierna Cuma) legata alla storia e al mito delle origini di Roma. Cuma divenne immediatamente un importante snodo commerciale per altre sub-colonie nella regione, tra cui la colonia mineraria di Πιθηκοῦσσαι (Pithecusa oggi Ischia) e una colonia commerciale tra Vesuvio e Campi flegrei, chiamata Παρθενόπη, ovvero Partenope.

Se Cuma sorge come avamposto, Partenope viene fondata per una ragione differente, la sua posizione strategica sul colle di Pizzofalcone offre il un ampio controllo litoraneo e del traffico marittimo nel golfo. E vista la sua posizione strategica fondamentale verrebbe da chiedersi, perché i greci si insediarono prima a Cuma e solo in seguito nel golfo di Napoli con la fondazione di Partenope?

Non abbiamo una risposta certa a questa domanda, ciò che sappiamo è che nell’area dell’attuale basilica di Santa Maria degli Agnelli a Pizzofalcone, dove sappiamo sorgeva l’acropoli della città greca di Partenope, sono stati rinvenute tracce di insediamenti risalenti al Neolitico e soprattutto all’Età del Bronzo. Questi reperti ci suggeriscono che l’area fosse già occupata prima della colonizzazione greca.

Nei secoli successivi, per almeno due o tre secoli, il nome della città greca che controlla il golfo di Krater (il golfo di Napoli) è Partenope, ed è un avamposto Cumano, estremamente importante per il controllo della regione e che tale espansione non fu esente da conflitti e scontri con gli altri popoli italici, in particolare latini ed etruschi. A tale proposito sappiamo che nel VI secolo, si ipotizza intorno al 524 a.c. le rivalità tra cumani ed etruschi culminarono nella battaglia di Cuma, che vide la sconfitta dei cumani e segnò l’inizio del declino della città di Partenope. In quello stesso periodo, tra Partenope e Cuma , esuli di Samo fondarono l’insediamento di Pozzuoli. Il declino di Partenope che durò circa mezzo secolo e approssimativamente intorno al 474 a.c. ci fu un nuovo scontro navale tra la flotta etrusca e quella cumana guidati da Ierone I di Siracusa. La coalizione delle colonie greche riuscì a sbaragliare le forze etrusche, permettendo alla città di Partenope di risorgere.

Secondo la tradizione il 21 dicembre 475 a.c. (data presumibilmente scelta in maniera simbolica) Partenope venne rifondata sore una Neapolis, adiacente alla Palepolis, ovvero una città nuova accanto alla città vecchia. In cui, il vecchio sito di Partenope rappresentava la Palepolis, mentre la nuova area urbanizzata divenne la Neapolis.

Da fonti del V secolo sappiamo che il nuovo insediamento di Neapolis, che inglobava la vecchia Partenope, non era considerato all’epoca una vera e propria espansione di Partenope, quanto più una nuova città, che sorgeva in qualche modo dalle ceneri di Partenope, motivo per cui la tradizione ci riporta come data di fondazione della città, la “rifondazione” del V secolo, con un nuovo nome, mentre il vecchio nome di Partenope è progressivamente abbandonato.

Perché Napoli ha cambiato nome ed ha abbandonato quello di Partenope?

A questo punto la domanda sorge spontanea, sappiamo che Napoli ha un forte legame con la tradizione e con il mito di Partenope, e sappiamo che i suoi abitanti non hanno mai ufficialmente dismesso il nome di “partenopei” sentendosi in qualche modo discendenti di Partenope. Partenope ancora oggi, lo vediamo nella narrazione di Matilde Serao, è considerata la Madre mitica di Napoli e dei suoi abitanti, ma allora perché Napoli non si chiama più Partenope?

Se avessimo una risposta chiara a questa domanda, sapremmo molte più cose sul nostro passato di quante non ne sappiamo effettivamente, perché purtroppo, una risposta chiara e netta non l’abbiamo, sappiamo che il nome cambia a seguito di una serie di scontri durati più di mezzo secolo, ma non sappiamo se tra la prima e la seconda battaglia di Cuma, la città di Partenope venne abbandonata o meno.

Secondo alcuni storici il motivo per cui il nome Partenope venne dismesso in favore di Neapolis è perché dopo la prima battaglia di Cuma la città di Partenope cadde completamente e solo dopo la vittoria cumana nella seconda battaglia di Cuma, la città venne effettivamente rifondata. Secondo altri il cambio di nome indica un a trasformazione, un cambio al vertice. Partenope era una colonia Cumana, Neapolis esiste grazie all’aiuto dei siracusani. Ma queste sono solo due delle innumerevoli ipotesi e leggende sul perché, nel V secolo Partenope si trasformò in Napoli, mentre i suoi abitanti continuarono a considerarsi “figli di Partenope”.

Se l’articolo è stato interessante ti invito a condividerlo. Facci sapere se vuoi approfondire la storia della fondazione di Cuma e il suo legame con la storia e i miti delle origini di Roma.

Per approfondire

Napoli nella storia. Duemilacinquecento anni, dalle origini greche al secondo millennio
Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope
Storia di Napoli

Fonti

Parthenope: drie mythen over de oermoeder van de stad Napels | Archeologie Online
Partenope, Palepolis, Neapolis : origini e fondazione della città di Napoli
Comune di Napoli – Cultura – Cenni Storici sulla città

I Dazi di Trump colpiscono tutti, dalla Cina all’UE ma è salva la Russia

Alla fine i Dazi di Trump sono arrivati come promesso e senza sconti per nessuno, o quasi, tra gli oltre 60 paesi colpiti dai nuovi dazi che vanno da un minimo del 10% ad un massimo del 49% per la Colombia, ci sono ovviamente la Cina, l’India, il Bangladesh, l’UE, Taiwan, c’è persino Israele, ma, con grande sorpresa non ci sono Russia, Corea del Nord e Bieloorussia

Molti si sono chiesti perché mancassero questi paesi, in particolare la Russia e la risposta ufficiale non ha tardato ad arrivare. Ufficialmente, secondo la Casa Bianca, gli USA non hanno innalzato i dazi alla Russia perché le sanzioni imposte alla Russia dagli USA per via della guerra in Ucraina, pregiudicano già gli scambi commerciali in modo significativo. Ma è davvero così?

Scambi tra USA, Russia, Iran e Corea del Nord e Bielorussia

Per quanto riguarda la Corea del Nord, così come per l’Iran, la risposta è si, gli scambi commerciali tra USA e Corea del Nord o Iran, sono praticamente nulli, il discorso si fa invece più complicato per quanto riguarda Russia e Bielorussia.

Non ci sono sanzioni USA contro la Bielorussia, ma neanche grandi scambi commerciali, questo perché sostanzialmente la Bielorussia commerciava solo con i paesi adiacenti e alcuni paesi BRICS, e il suo principale partner commerciale era ed è ancora oggi la Russia le cui esportazioni e importazioni coprono da sole più del 75% del volume degli scambi bielorussi.

Per quanto riguarda gli scambi commerciali tra Russia e USA invece, la situazione è molto più complessa, perché negli ultimi 30 anni tra i due paesi gli scambi sono cresciuti esponenzialmente, in parte perché in epoca sovietica erano prossimi allo zero, e in parte perché la Federazione Russa, la cui economia interna era fortemente indebolita dagli enormi costi dell’URSS, in particolare dall’industria bellica sovietica, aveva necessità di aprire le proprie frontiere commerciali.

Tra le principali esportazioni dalla Russia agli USA abbiamo soprattutto risorse naturali, materie prime e prodotti chimici e, secondo i dati del 2021 gli USA erano il principale mercato di sbocco per i prodotti chimici russi e allo stesso tempo la Russia era il principale mercato estero per l’industria farmaceutica USA.

Nel 2021 gli scambi commerciali tra USA e Russia valgono circa 34,4 miliardi di dollari, rendendo gli USA il quarto partner commerciale non CSI (comunità stati indipendenti), secondo solo a Paesi Bassi (46 miliardi), Germania (57 miliardi) e Cina (140 miliardi). Sappiamo inoltre che nel corso del 2020 (ultimo anno del primo mandato Trump), in piena pandemia, gli scambi tra USA e Russia sono cresciuti più degli scambi tra Russia e Cina, rispettivamente il 143% rispetto al 135%.

Durante il mandato presidenziale Biden, e soprattutto a seguito dell’inizio della guerra in Ucraina, gli scambi commerciali tra Russia e USA sono effettivamente crollati, passando da 35 miliardi nel 2021 a 3,5 miliardi circa nel 2024, di cui, 3 miliardi in esportazioni dagli USA alla Russia e 0,5 miliardi di importazioni dalla Russia.

Sanzioni USA alla Russia

Va detto che il crollo degli scambi commerciali tra USA e Russia non è propriamente legato alle sanzioni imposte dagli USA alla Russia, quanto più alle sanzioni imposte dall’UE alla Russia.

L’UE ha infatti imposto numerose sanzioni, dirette e indirette, alla Russia, sanzioni che hanno compromesso anche gli scambi tra USA e Russia. Dal canto suo, gli USA di Biden non sono rimasti con le mani in mano, e anche loro hanno applicato diverse sanzioni alla Russia, in particolare dazi al 500% sul Gas Naturale e Petrolio, de facto l’unica sanzione.

Ad oggi gli USA continuano ad acquistare materie prime e minerali, in particolare terre rare e uranio, dalla Russia, i cui volumi tuttavia sono sempre stati molto limitati. Non si hanno invece indicazioni chiare sulle importazioni di prodotti chimici, ma sembrano che non ci sia stato un rallentamento significativo.

In sostanza, i rapporti commerciali tra USA e Russia, ad oggi, sono abbastanza unidirezionali, gli USA importano poche risorse minerarie di grande valore ed esportano prodotti lavorati, dall’inizio della guerra in Ucraina tuttavia, le esportazioni dagli USA alla Russia sono crollate per via delle sanzioni USA, mentre le importazioni dalla Russia agli USA non hanno subito molti rallentamenti. E le sole sanzioni USA applicate alla Russia riguardano petrolio e gas naturale.

Di conseguenza, quando Trump dice che le sanzioni compromettono già gli scambi commerciali tra Russia ed USA in parte dice il vero, le sanzioni hanno ridotto ad un decimo gli scambi commerciali tra USA e Russia, tuttavia, quel decimo riguarda una parte di scambi che non ha subito alcuna variazione e anzi, le nuove sanzioni sulle materie prime imposte all’UE potrebbero avere come effetto un incremento delle esportazioni di quelle stesse risorse dalla Russia.

I Dazi sull’UE avvantaggiano la Russia?

In effetti, i nuovi dazi generalizzati degli USA imposti a gran parte del mondo, ma non alla Russia, hanno l’effetto indiretto di limitare l’efficacia delle sanzioni UE contro la Russia e rappresentano un vantaggio strategico soprattutto per la Russia.

Se le increspature commerciali tra USA e UE e la “guerra dei dazi” rischia di danneggiare tanto l’economia UE quanto quella USA, per assurdo, l’economia Russa ne ottiene un vantaggio. Non essendoci infatti sanzioni USA o dazi sulle esportazioni di minerali, ferro, uranio, prodotti chimici, prodotti tessili ecc, dalla Russia agli USA, ed essendo queste risorse che la Russia, fino a qualche anno fa esportava in grande quantità verso l’UE (nel 2021 gli scambi tra Russia ed UE valevano complessivamente circa 200 miliardi, contro i 140 miliardi degli scambi tra Russia e Cina, ed ora sono fermi per effetto delle sanzioni UE, possono ora essere reindirizzate verso il mercato USA per sopperire la carenza di risorse causate dall’incremento dei dazi all’UE.

In definitiva, i dazi USA all’UE potrebbero rilanciare parte delle esportazioni russe verso gli USA.

Fonti

Cosa esporta la Russia e in quali Paesi? – OBICONS
Russia, come sono i rapporti commerciali con Unione europea e Stati Uniti? | Sky TG24
Russia – Esportazioni | 1994-2025 Dati | 2026-2027 Previsione

Taiwan : Storia di un’isola contesa tra Cina e Stati Uniti

Periodicamente l’attenzione dei media globali torna su Taiwan, il conflitto con la Cina per la sua “indipendenza” e gli interessi USA nella regione. MA perché un isola grande appena un decimo dell’Italia, con una popolazione di appena 24 milioni di abitanti e un PIL pari a 2/5 di quello italiano, è così importante per USA e Cina?

Taiwan è per la Cina quello che Fiume fu per l’Italia dopo la prima guerra mondiale. L’emblema di una “vittoria mutilata“, di una promessa tradita da parte degli alleati. O almeno questo è quello che la Cina nazionalista (come l’Italia dell’epoca) racconta a se stessa e ai propri cittadini.

Siamo nel pieno della seconda guerra mondiale, la Cina, al fianco degli alleati, combatte l’impero giapponese al fianco dell’asse. Per la Cina vincere significa riconquistare l’isola di Formosa, persa contro i giapponesi durante l’ultima guerra sino-nipponica (circa 50 anni prima) e garantirsi una maggiore influenza sul pacifico e il traffico tra pacifico e mar cinese meridionale.

La guerra finisce, l’isola è conquistata, ma neanche 5 anni più tardi, la rivoluzione di Mao cambia il volto del paese. La Nuova Repubblica Popolare Cinese controlla il continente, ma a Taiwan, dove la rivoluzione non attecchisce, si stabilisce il vecchio governo della Repubblica di Cina e per vent’anni entrambi i governi rivendicano la propria sovranità sull’intero territorio cinese, (compresa Taiwan), ed è qui , nel 1949 che iniziano i problemi.

Facciamo allora qualche passo indietro, cerchiamo di capire perché le varie versioni, molto diverse tra loro, fornite da Cina, USA e Taiwan, sono così fortemente politicizzate e polarizzate e sostanzialmente appaiono agli occhi della storia come narrazioni distorte di una realtà che in qualche modo si è perduta.

In questo articolo, senza altri giri di parole, voglio andare alla scoperta delle “origini” di Taiwan e delle ragioni che si celano dietro le pretese territoriali di Cina, USA e Taiwan.

Le origini di Taiwan

Storicamente è difficile parlare di Taiwan senza parlare del conflitto con la Cina, poiché le due realtà viaggiano parallelamente e affondano le proprie radici nella Cina moderna e sono il frutto di un articolato intreccio di guerra civile, interessi economici nazionalisti e imperialisti, forze interne e pressioni esterne, in particolare degli Stati Uniti, ma non solo. 

Secondo fonti ufficiali, l’Isola di Taiwan, originariamente chiamata Formosa, venne colonizzata dagli esploratori europei nel XVI secolo, tra 1500 e 1600 e secondo annali, registri commerciali e atti diplomatici, l’isola rimase sotto il controllo diretto delle potenze occidentali almeno fino al XIX secolo, quando venne inglobata nella neonata provincia di Fujian-Taiwan, istituita dall’impero cinese intorno al 1887 e rimase sotto il controllo cinese, fino alla guerra sino-giapponese (1894-1895) al cui termine, i giapponesi sottrassero l’Isola al controllo cinese.

Nel mezzo secolo successivo l’isola fa parte dell’impero giapponese e solo i trattati di pace alla fine della seconda guerra mondiale, videro la cessione dell’Isola alla Cina. Ed è proprio in questi anni, tra il 1945 ed il 1949, con la rivoluzione di Mao, che ebbe inizio il “conflitto” diretto tra Taiwan e la Cina continentale.

Più precisamente, mentre nella Cina continentale il partito comunista cinese guidato da Mao Zedong avanzava e trionfava nella guerra civile, ciò che rimaneva dell’altra parte, il governo del Kuomintang, si rifugiarono sull’isola di Formosa a Taiwan ed è questo il momento di rottura.

Le forze militari del Kuomintang, asserragliate sull’isola, riescono a resistere alla rivoluzione maoista, e mentre nella Cina continentale veniva costituita la Repubblica Popolare Cinese (RPC), che rivendicava la propria sovranità su tutto il territorio della Cina continentale e possedimenti extraterritoriali della Cina, dall’altra parte, il governo separatista di Taiwan riconosceva se stesso come legittimo governo della Repubblica di Cina (RPC) istituita nel 1912 e di conseguenza rivendicava la propria autorità sull’intero territorio cinese, sia continentale che extraterritoriale.

Disputa territoriale tra Cina e Taiewan

A questo punto ci sono due istituzioni, la RPC e la ROC, con due governi distinti, che rivendicano entrambe la sovranità sull’intera Cina, la prima controlla effettivamente il paese e governa da Pechino, la seconda in esilio a Taiwan senza alcun controllo diretto o indiretto sul territorio cinese.

Questa disputa viene parzialmente risolta nel 1971 con la risoluzione 2758 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, risoluzione che riconosce la Repubblica Popolare di Cina come l’unico rappresentante legittimo della Cina continentale all’interno delle Nazioni Unite, e di conseguenza riconosce il governo di Pechino come legittimo governo cinese, espellendo i rappresentanti della ROC dall’ONU.

La questione sembra risolta, tuttavia il governo di Taiwan, rivendica il proprio diritto a partecipare alle Nazioni Unite, poiché la risoluzione 2758, non la riconosce ufficialmente come parte del territorio cinese. Dall’altra parte per la Cina continentale, e la stessa ONU, tale riconoscimento non può avvenire in maniera arbitraria, ma deve esserci un istanza di indipendenza da parte di Taiwan, la cui assenza rende de facto Taiwan una regione autonoma della Cina (esattamente come Hong Kong, Macao ecc).

Dal 1971 ad oggi, Taiwan ha presentato diverse richieste all’ONU per essere riconosciuta come stato sovrano, richieste per lo più respinte in favore delle opposizioni della Cina.

Dall’altra parte, va detto che il governo di Pechino è tutt’altro che indulgente con Taiwan, ha sempre considerato Taiwan una parte irrinunciabile del territorio cinese, e de facto considera qualsiasi movimento estero a sostegno dell’indipendenza formale dell’isola come una minaccia diretta all’integrità territoriale della Repubblica Popolare Cinese.

Su questo punto è bene fare un chiarimento aggiuntivo. Le opposizioni della RPC all’indipendenza di Taiwan, sono sia interne che esterne, e si fondano prevalentemente sulla “costituzione” cinese, il diritto cinese e lo stesso statuto dell’ONU.

Si tratta delle stesse opposizioni mosse dal governo spagnolo nei confronti dell’indipendenza catalana, o delle opposizioni Italiane alle richiesta di indipendenza della padania, o degli USA alle recenti richieste di indipendenza di alcuni stati federali.

Sebbene la RPC sia contrario e si opponga fortemente all’indipendenza formale di Taiwan, non ne esclude esclude la possibilità, e in più occasioni il governo di Pechino si è detto disposto ad accettarle a condizione che questa richiesta venga formulata seguendo la prassi riconosciuta dall’ONU e il principio di autodeterminazione dei popoli. Ed è su quest’ultimo punto che sorge il vero problema dell’indipendenza di Taiwan, perché la stessa Taiwan, pur rivendicando insistentemente la propria indipendenza dalla Cina, non ha mai riconosciuto se stessa come un popolo diverso da quello cinese, rigettando de facto l’idea di un nazione diversa.

Ricordate la risoluzione 2758 del 1971 che riconosce al governo di pechino la sovranità sull’intero territorio della Cina? Ecco, Taiwan non ha mai accettato apertamente tale risoluzione e, anche se espulsa dall’ONU, ha continuato e continua tutt’oggi, sostenuta dagli USA a riconoscere se stessa come parte del territorio cinese e continua a rivendicare la propria sovranità sull’intera cina.

Prendete quanto segue molto con le pinze, ma sembra quasi che tra Cina continentale e Taiwan, la vera disputa territoriale, continui ad essere non la sovranità sull’isola di Taiwan, ma la sovranità sulla Cina continentale, o almeno così è stato fino a circa 20 anni fa.

Fino a gli anni 90 anche nei documenti ufficiali, sia Taiwan che USA e Giappone, hanno continuato a definire Taiwan come “Taiwan-Cina”, e solo di recente questo nominativo è scomparso in favore del semplice “Taiwan“.

Tutti vogliono Taiwan

Come abbiamo visto, la questione di Taiwan è molto più che una semplice disputa territoriale per il controllo di un isola, e se per la Cina rappresenta una risorsa strategica, ma soprattutto un importante obbiettivo politico in termini di unità nazionale, per fare un esempio pratico, per la Cina, Taiwan è un po’ quello che Fiume era per l’Italia dopo la prima guerra mondiale. Ma non solo, dal punto di vista geopolitico, Taiwan occupa una posizione strategica estremamente rilevante, l’isola venne colonizzata nel XVI secolo per la sua posizione chiave per il controllo delle rotte e l’accesso l’accesso marittimo tra il Mare della Cina Meridionale e l’Oceano Pacifico.

Per la Cina controllare Taiwan significherebbe permetter alla propria marina di ottenere uno sbocco diretto sul Pacifico, estendendo di conseguenza la propria influenza marittima e mettendo in discussione l’attuale supremazia navale statunitense nelle acque dell’estremo oriente. Supremazia ottenuta a seguito della vittoria sul Giappone nella seconda guerra mondiale e la nascita di Taiwan, che de facto ha “mutilato” la vittoria cinese.

Fonti

Restoration of the lawful rights of the People’s Republic of China in the United Nations.
Taiwan. L’isola nello scacchiere asiatico e mondiale

Google acquisisce Wiz per 32 miliardi: ecco perché

È passato quasi un anno da quando, nel luglio 2024 Google, o meglio Alphabet, la holding proprietaria di Google, ha lanciato la propria offerta da 23 miliardi di dollari per l’acquisizione di Wiz, offerta rifiutata dalla startup che nel frattempo ha iniziato a sondare il terreno in vista di una possibile IPO (offerta pubblica iniziale) ovvero in vista della propria quotazione in borsa.

Era il 22 luglio 2024 quando Wiz annunciava al mondo di aver rifiutato l’offerta di Google, ma nei successivi 8 mesi, Google non ha lasciato correre e anzi, ha più volte rivisto l’offerta, tentato una lunga negoziazione e alla fine, a metà marzo 2025, dopo mesi di corte sfrenata, Wiz ha ceduto.

Il 17 marzo 2025 il Wall Street Journal dava per la prima volta la notizia della possibile acquisizione di Wiz da parte di Google, per circa 30 miliardi di dollari, e nei giorni seguenti la notizia è stata divulgata ufficialmente, la startup israeliana con sede a New York, sembra aver effettivamente accettato l’offerta da 32 miliardi avanzata da Alphabet, ma ai piani alti di Google non possono ancora cantare vittoria, poiché, per ufficializzare l’acquisizione manca ancora uno step, il più delicato di tutti, l’OK definitivo dell’Antitrust, che potrebbe arrivare non prima del 2026.

In questo articolo voglio parlarvi di come è andata la trattativa, del perché Google (Alphabet) ha investito così tanto in una singola società, e cosa implica questa acquisizione.

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Chi è Wiz e cosa fa: sicurezza cloud

Alphabet e Google non hanno bisogno di troppe presentazioni, anche mia nipote di 5 anni conosce Google, discorso diverso invece vale per Wiz, una società che negli ultimi anni è diventata una vera e propria celebrità nel panorama della sicurezza informatica, ben nota agli esperti e professionisti del settore, ma sostanzialmente sconosciuta a chiunque altro.

Molto velocemente, Wiz è una startup relativamente giovane, fondata nel 2020 da Assaf Rappaport, Yinon Costica, Ami Luttwak e Roy Reznik e si occupa di sicurezza informatica e cloud security, che in pochissimo tempo, in meno di un anno, è diventata un vero e proprio punto di riferimento globale nel campo della cybersecurity.

Tra le ragioni a blla base del grande successo di Wiz il suo core business innovativo, l’azienda di sicurezza informatica è specializzata nella sicurezza in cloud, o meglio, nella sicurezza informatica per i sistemi in cloud. Più nel dettaglio l’azienda fornisce ai propri clienti una piattaforma, che Wiz stessa definisce “sicura e facile da usare” che permette di connettere tutti i principali cloud e ambienti di codice, per scansionarli, analizzarli, cercare eventuali falle e vulnerabilità, il tutto supportato da un intelligenza artificiale specifica, progettata e addestrata per rilevare e prevenire minacce in tempo reale.

Wiz ovviamente non è l’unica società a fare ciò, ma senza troppe remore, possiamo dire che è una delle aziende che in questo momento lo fa “meglio” rispetto alla concorrenza. Punto di forza di Wiz è l’analisi in tempo reale che ha già dimostrato in diverse occasioni di essere in grado di rilevare vulnerabilità nelle infrastrutture cloud, identificare falle nel sistema e fornire all’utente finale, una serie di soluzioni per mitigare le minacce.

In pratica un potentissimo antivirus, che lavora in cloud, ed è supportato da una potente intelligenza artificiale.

L’ascesa di Wiz nel settore della cybersicurezza

Wiz è stata fondata nel 2020 e nel 2021 era già una punto di riferimento nel settore. Quattro anni dopo la sua fondazione, nel 2024 Wiz vanava un portafogli clienti di tutto rispetto, poiché includeva più del 50% delle aziende presenti nella classifica Fortune 100, tra queste anche Microsoft, Amazon e Google, che operano attivamente nel settore del cloud computing.

L’ascesa di Wiz nell’olimpo della cybersecurity è legato a due importanti avvenimenti, il primo, è la Pandemia, Wiz è stata nel 2020 una delle tante Startup che hanno fatto fortuna grazie alla Pandemia, poiché il dilagare di servizi in cloud e piattaforme per videoconferenze, condivisione dati e lavoro da remoto a partire dal 2020, ha creato e alimentato una crescente domanda di sicurezza, e in quell’incremento della domanda Wiz è riuscita a insediarsi proponendo una soluzione solida e credibile.

I primi clienti conquistati nel 2020 sono stati testimonial dell’efficienza e delle capacità dell’azienda ma è solo nel 2021 che Wiz ha fatto il grande passo. Grazie ai suoi sistemi automatici è riuscita ad individuare una serie di vulnerabilità e critica nei sistemi Microsoft Azure, vulnerabilità che fino a quel momento erano sfuggite anche agli esperti del settore. L’impresa sensazionale ha posto Wiz sotto i riflettori dei principali media di settore, innescando una reazione a catena che ha amplificato enormemente la fama e la credibilità dell’azienda. Ne consegue non solo un incremento dei clienti, ma anche degli investitori. Wiz attira così a se numerosi e importanti investitori e fondi di investimento della silicon Valley tra cui Sequoia Capital, Index Ventures e Insight Partners, che a loro volta amplificano la fama e credibilità di Wiz, permettendole di acquisire nuovi clienti e di crescere ulteriormente, fino a diventare un gigante valutato nel luglio 2024 circa 16 miliardi di dollari.

Perché Alphabet ha comprato Wiz?

Come anticipato, già nel 2024 Alphabet aveva messo gli occhi su Wiz provato ad acquisire la startup, offrendole molto più del suo valore di mercato, all’epoca infatti l’offerta di Alphabet fu di circa 23 miliardi di dollari, mentre la valutazione di Wiz oscillava tra 12 e 16 miliardi. Wiz ha successivamente tentato la via della quotazione ma a quel punto Alphabet ha offerto ancora di più, arrivando a 32 miliardi di dollari, offerta che ad oggi sembra essere stata accettata.

Ma perché Google ha puntato così tanto su Wiz? Già l’offerta del 2024 rappresentava una supervalutazione, e ad oggi, il valore di Wiz non supera i 16 miliardi di dollari. Inoltre Google, giù nel 2022 aveva investito circa 6 miliardi di dollari in società che operano nel settore.

Uno dei motivi, probabilmente non l’unico, è legato al fatto che, come abbiamo visto Wiz, è all’avanguardia nel settore della sicurezza delle infrastrutture in cloud ed è considerata una delle migliori aziende al mondo per quel tipo di servizi, e banalmente, molti dei servizi di google, in questo momento, da Youtube a Drive, a Gemini, da fogli di lavoro e Workspace ai tool per videoconferenze come Meet, sono sostanzialmente servizi in cloud.

Ad oggi, garantire sicurezza ai propri sistemi e infrastrutture, tutelare i dati di clienti ed utenti, è certamente un tema cruciale per un azienda nella posizione di Google, ed certamente un valido motivo per acquisire un azienda che opera nel settore della sicurezza dei dati, ma sembra sufficiente a giustificare un investimento di questa portata, de facto il più grande nella storia di Google. Per questo scopo infatti, Mandiant e Siemplify, acquistate da Alphabet nel 2022 rispettivamente per 5,4 miliardi e 500 milioni, sarebbero state sufficienti. Eppure Google ha deciso comunque di arrivare ad offrire 32 miliardi di dollari pur di accaparrarsi Wiz. Viene da chiedersi perché?

Ed una delle possibili risposte sta nell’attuale contesto geopolitico globale. Tra crescenti tensioni tra nazioni che sembrano essere sempre più sull’orlo di una nuova guerra mondiale e la previsione che i futuri conflitti verranno combattuti anche e soprattutto sul piano informatico, fa sì che, quello della cybersecurity sia un tema caldo, e prospero, che interessa sia governi che imprese.

In definitiva, ad oggi vi è una costante e crescente richiesta di soluzioni affidabili in termini di sicurezza, sia per l’archiviazione dei dati che per la gestione delle comunicazioni, ed è qui che le cose si fanno interessanti per un azienda come Google che fornisce sia strumenti di comunicazione, che di archiviazione dati.

Va inoltre osservato che, tra computer quantistici, ormai alla portata di tutti e avanzate intelligenze artificiali, in grado di individuare falle nella sicurezza informatica, molto più velocemente di qualsiasi altro operatore umano, è come se stessimo vivendo l’incubo di Turing, per cui solo una macchina può battere un altra macchina.

Fonti:

  1. Fondamenti di Sicurezza informatica eBook : Fausse, Ben: Amazon.it: Kindle Store
  2. https://www.open.online/2025/03/18/google-acquisizione-wiz-cybersicurezza-piattaforma-israele-cosa-fa/
  3. https://www.galaxus.it/it/page/la-pi-grande-acquisizione-nella-storia-dellazienda-google-acquista-la-start-up-di-sicurezza-per-32-miliardi-37230
  4. https://www.wiz.io/it-it/about
  5. https://www.geopop.it/google-compra-wiz-per-32-miliardi-di-dollari-il-perche-della-storica-acquisizione/
  6. https://borsaefinanza.it/wiz-cos-e-cosa-fa-cybersecurity-cloud/
  7. https://www.corriere.it/economia/finanza/25_marzo_18/google-compra-wiz-per-32-miliardi-di-dollari-cosa-sapere-sull-acquisizione-dei-record-per-big-tech-f116da65-ccef-4fbe-9aed-0e6827e73xlk.shtml
  8. https://www.roberto-serra.com/news/google-acquisisce-wiz-cybersecurity/
  9. https://www.ilsole24ore.com/art/alphabet-google-sta-comprare-wiz-piatto-30-miliardi-dollari-AG5pflaD

La Fiamma Tricolore, storia e origini del simbolo del MSI

Dal Movimento Sociale Italiano a Fratelli d’Italia, una parte della destra italiana ha sempre esibito con fierezza e orgoglio un simbolo di partito, la fiamma tricolore, un simbolo che porta con se un eredità storica oltre che politica, si tratta infatti di uno dei simboli politici più longevi nella storia della Repubblica Italiana, secondo solo allo scudo crociato della Democrazia Cristiana, usato anche nel regno d’Italia e la falce e martello comunista, anche questo usato già prima della repubblica.

Fin da quando esiste la repubblica italiana, la fiamma tricolore, emblema della destra e in alcuni momenti estrema destra italiana, ha mantenuto una presenza costante nel panorama politico evolvendo nel tempo insieme alla stessa politica italiana, con risvolti complessi e controversi e soprattutto con diverse interpretazioni legate alle sue origine e al suo significato.

Il simbolo, creato agli albori della Repubblica, da un partito formato da ex fascisti ed esponenti della Repubblica sociale italiana, quasi sempre è stato ricondotto al fascismo italiano, tuttavia, la storia di questo simbolo è molto più ampia e si radica in un Italia che precede il fascismo stesso.

In questo articolo andremo alla scoperta della storia, le origini e le leggende legate alla fiamma tricolore, simbolo storico della destra italiana, e forse sfateremo qualche mito e falsa credenza legati a questo simbolo.

La Fiamma Tricolore

Partiamo dalla sua creazione ufficiale, siamo sul finire degli anni quaranta, più precisamente tra 1946 e 1947, il 26 dicembre 1946 alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana ed ex esponenti del regime fascista, tra cui Giorgio Almirante e Pino Romualdi, si riuniscono per fondare un nuovo partito da inserire nel panorama nazionale, nasce così il Movimento Sociale Italiano, MSI, e nel gennaio del 1947, appare per la prima volta La fiamma tricolore come simbolo di questo nuovo partito, erede e allo stesso tempo distaccato dall’esperienza fascista.

Non sappiamo con precisione chi progettò il simbolo, secondo alcuni fu opera dello stesso Almirante che nel 1946, scrisse “Siamo nati nel nome d’Italia/stretti attorno alla nostra Bandiera/è rinata con noi primavera/si è riaccesa una Fiamma nel cuor/Italia, sorgi a nuova vita, così vuole/Chi per te morì”. Secondo altre versioni invece, la fiamma sarebbe un simbolo preesistente.

Ad oggi non sappiamo con certezza chi abbia concepito la fiamma e la sua simbologia, e sebbene alcuni studi ipotizzino che, questo simbolo sarebbe una derivazione del distintivo del reggimento degli Arditi, corpo speciale del Regio Esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale. Tuttavia, l’unica fiamma che troviamo tra i simboli del regimento degli arditi è quella del IX reparto d’assalto, ed è una fiamma molto diversa da quella usata dal MSI e molto più simile alla fiamma dei Carabinieri, in uso fin dal 1882, mentre il simbolo ufficiale degli arditi era un teschio con una corona d’alloro e un pugnale tra i denti.

Cercando tra simboli militari e politici in uso negli anni precedenti la nascita del MSI possiamo tuttavia trovare un simbolo, molto simile, alla fiamma tricolore adottata dal MSI, ed è il simbolo del Rassemblement national populaire, RNP, fondato nella Francia di Vichy nel 1941 dall’ex ministro dell’aviazione francese Marcel Déat. Il RNP fu uno dei tre partiti “collaborazionisti” (che collaborarono con i nazisti) della Repubblica di Vichy, e fu sostanzialmente un partito nazionalsocialista e di ideologia fascista, francese.

La fiamma nel simbolo del RNP ci apre una nuova strada alle origini della fiamma tricolore del MSI, e soprattutto smentisce le parole di Fabio Rampelli, secondo il quale “la fiamma è un simbolo del secondo dopoguerra che nulla ha a che vedere con i totalitarismi del Novecento. Il simbolo simmetrico alla falce e martello è la croce uncinata nazista e il fascio littorio e tutti e tre sono stati stigmatizzati dal Parlamento europeo da una risoluzione” poiché è vero che la fiamma tricolore non era il simbolo del fascismo, ma è anche vero che, almeno dal 1941, vari movimenti fascisti e collaborazionisti, adottarono la fiamma.

Va detto che un altra fiamma, prima di quella del MSI e successiva alla fiamma del RNP appare nella simbologia politica italiana nel 1942, e contrariamente a quello che ci potremmo aspettare a questo punto della storia, appare in un partito antifascista, ovvero il Partito d’Azione di Perruccio Parri, Emilio Lussu, Ugo La Malfa e Riccardo Lombardi.

Si tratta, come possiamo vedere, di una fiamma molto diversa da quella del MSI e del RNP francese, che invece sono tra loro molto affini, soprattutto se si considera che il simbolo del Front National del 1972, erede in un certo senso del RNP, è una fiamma tricolore identica alla fiamma del MSI, con la sola differenza che i colori sono Blu, Bianco e Rosso e non Verde, Bianco e Rosso

Anche in Belgio, nel 1985, il Front National di Daniel Féret, ha adottato come simbolo una fiamma tricolore, che sembra incrocio tra la fiamma del MSI e la fiamma del RNP.

Come possiamo osservare molti partiti, con ideologie simile, generalmente partiti di destra, fortemente Nazionalisti, in molte parti d’Europa, hanno adottato, nel corso del tempo il simbolo della fiamma, molto spesso derivato dal simbolo del MSI, che a sua volta sembra essere derivato da simboli precedenti.

Cosa significa la fiamma?

Il simbolo della Fiamma Tricolore viene inizialmente concepito come un trapezio, al cui interno è presente la sigla del MSI. Secondo il Michelangelo Borri dell’Università di Trieste, la Fiamma ha un forte legame con il MSI, e qualunque sia la sua origine, diventa a tutti gli effetti un simbolo politico, nel 1946 grazie al MSI. Secondo Borri infatti, nel 1946 il MSI prende il simbolo della fiamma e lo carica di significato, attraverso il suo utilizzo come logo, come stemma e attraverso il suo racconto trasversale. La fiamma non è solo il logo, è presenta anche nell’inno del partito, il “canto degli Italiani” scritto da Almirante.

Siamo nati un cupo tramonto
Di rinuncia, vergogna, dolore:
siamo nati in un atto d’amore
riscattando l’altrui disonor.
Siamo nati nel nome d’Italia,
stretti attorno alla nostra Bandiera:
è rinata con noi primavera,
si è riaccesa una Fiamma nel cuor.
Italia, sorgi a nuova vita, così vuole Chi per te morì,
chi il suo sangue donò
chi il nemico affrontò
Giustizia alla Patria darà.
Italia, rasserena il volto,
abbi fede: nostro è l’avvenir.
Rispondi, rispondi, o Italia!
Si ridesta la tua gioventù.
Noi saremo la vostra avanguardia,
Italiani, coraggio: in cammino.
Solo ai forti sorride il destino;
liberate la Patria, il Lavor.
Noi saremo la Fiamma d’Italia,
il germoglio di un’alba trionfale,
la valanga impetuosa che sale:
Italiani, coraggio: con noi!
Italia, sorgi a nuova vita.

Canto degli Italiani, Giorgio Almirante.

Secondo quanto riportato da Borri in un articolo del 2022 sul Fatto Quotidiano, la fiamma rappresenterebbe “la speranza che rinasce dopo la sconfitta della guerra che ha subito il fascismo“.

C’è poi un interpretazione più diretta e audace, fornita da Anna Foa, secondo cui il simbolo della fiamma “sta probabilmente a significare lo spirito fascista che risorge”. Questa interpretazione che collega esplicitamente il simbolo a una continuità ideologica con il fascismo, potrebbe avere un senso, se non fosse che, come abbiamo visto, nel 1941 il simbolo della Fiamma era già in uso a movimenti filofascisti d’oltre alpe, e dunque l’idea di una “rinascita” dello spirito fascista, ha poco senso.

C’è allora da caire cosa vuol dire effettivamente la Fiamma prima della seconda guerra mondiale. Ma prima della guerra non sembrano esserci utilizzi effettivi della fiamma, o meglio, non ci sono utilizzi chiari, forti e carichi di significato. Come già osservato, l’unico utilizzo riconosciuto di una simbologia analoga lo abbiamo con la fiamma del RNP francese del 1941, ed è un caso interessante poiché il contesto storico, politico, culturale, in cui esistette il RNP è analogo all’esperienza vissuta in Italia dal della RSI, tra 1943 e 1945, ovvero una dittatura militare con un governo fantoccio per un regime collaborazionista della Germania nazista. E proprio in quel contesto incontriamo molti dei futuri fondatori del MSI, tra cui lo stesso Giorgio Almirante che nella RSI fu capo di gabinetto del Ministero della Cultura Popolare.

Da un certo punto di vista quindi, più che una continuità diretta tra il “fascismo” e il MSI, potremmo dire che, almeno nel MSI delle origini, ci fu una continuità tra il MSI e la RSI, visto che innumerevoli funzionari della RSI, scampati alla galera per via dell’amnistia, confluirono nel MSI, e questo forse è anche più grave, poiché prendendo per buona l’idea che il Mussolini dittatore d’Italia “ha fatto anche cose buone”, è decisamente più “difficile” individuare qualcosa di positivo nell’esperienza della RSI, de facto una provincia del Reich, complice di rastrellamenti, deportazioni, linciaggi e innumerevoli crimini di guerra. Ma non siamo qui a dare giudizi, siamo qui per individuare le origini del simbolo della fiamma tricolore.

La fiamma tricolore, così come è stata concepita nel 1946, e per come è stata utilizzata dal 47 ad oggi, porta con se una serie di idee, ideologie, e valori, che possono piacere o meno, essere condivisi o meno, alcuni dei quali sono appartenuti anche al fascismo e l’antifascismo italiano degli anni 30 e 40. Principalmente un ideologia nazionalista radicale, generalmente militarista, con elementi di socialismo rivoluzionario e irredentista, e tali principi sono ancora fortemente radicati nella fiamma.

Il simbolo, generalmente rappresentata come una fiamma più o meno stilizzata, colorata con i simboli della bandiera nazionale, ad oggi è utilizzato, non più solo in Italia e Francia, per lo più da partiti, movimenti e forze politiche di forte ispirazione nazionalista e ultranazionalista, antiglobalista, generalmente di destra ed estrema destra, e in alcuni rari casi dichiaratamente di ispirazione “nostalgica”. Tale simbolo è presente nell’iconografia politica Italiana e Francese, ma anche Belga, Portoghese, Spagnola, Greca, Ceca, Romena, Argentina, Cilena, Norvegese e Polacca, e se in Francia e Italia ha avuto origine in epoca fascista, o comunque da uomini che hanno avuto un ruolo attivo nell’esperienza fascista, come Giorgio Almirante e Marcel Déat, nel resto del mondo in realtà stato adottato molto più recentemente. Fatta eccezione per il Belgio che l’ha ereditata dalla Francia negli anni ottanta, il resto del mondo l’ha adottata a partire dalla fine degli anni novanta e inizio anni 2000, e nel complesso, si tratta per lo più di movimenti politici che in momenti differenti hanno manifestato e dichiarato, in maniera più o meno aperta, un desiderio di continuità con l’ideologia fascista e nazional-socialista.

Molti di questi movimenti hanno avuto un evoluzione simile, sono nati con un impronta fortemente radicale e in continuità con un passato, più o meno recente, di ispirazione fascista, e crescendo si sono aperti a correnti più moderate, in sostanza, man mano che i loro consensi crescevano, le posizioni più radicali venivano abbandonate in favore di posizioni più moderate, questo è particolarmente evidente nei casi di maggior rilievo, come il MSI italiano e il Front National francese, la cui continuità con il passato fascista e nazionalsocialista è stata progressivamente abbandonata e in alcuni casi apertamente rinnegato.

Dal MSI ad oggi

Come abbiamo visto, la fiamma tricolore è cambiata negli anni e con essa è cambiato il MSI e i suoi eredi, assumendo col tempo posizioni sempre più moderate. Negli anni sessanta assistiamo ad un vero e proprio rinnovamento del partito che porterà all’allontanamento di individui pericolosi come Juno Valerio Borghese (ex comandante della X-MAS e futuro golpista italiano), evoluzione e ammorbidimento che negli anni 90 porterà allo scioglimento del MSI e la nascita di Alleanza Nazionale sotto la guida di Gianfranco Fini, tra i primi in quell’ambiente politico a prendere ufficialmente le distanze dall’ideologia fascista, fino a quel momento riconosciuta come una parte importante del proprio passato. Fin dal 1948 il MSI aveva adottato come proprio slogan l’idea di “non rinnegare, ne restaurare” il Fascismo, e questa visione, già allontanata da Augusto De Marsanich negli anni 60, venne definitivamente abbandonata con Fini.

L’effetto di questo rinnovamento come sappiamo portò nel 2009 alla fusione di Alleanza Nazionale con Forza Italia nel Popolo della Libertà segnando per la prima volta la sparizione della fiamma tricolore dalla simbologia politica italiana, una sparizione che sarebbe durata solo 5 anni, ovvero fino alla sua riapparizione nel 2014 come parte del simbolo di partito di Fratelli d’Italia in quanto erede di Alleanza Nazionale.

Un primo passo per gli idonei esclusi, ma Anief chiede più soluzioni

Dopo mesi di trepidante attesa, sembra che dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, si stia per compiere un primo passo per riconoscere il merito degli Idonei degli ultimi concorsi.
Secondo quanto riportato da Orizzonte Scuola, il governo sarebbe prossimo ad approvare il nuovo Decreto Legge sulla scuola (DL Scuola), con cui verrebbero introdotte nuove misure urgenti per risolvere una delle grandi criticità lasciate aperte dai concorsi PNRR, ovvero la condizione degli Idonei, coloro che hanno superato entrambe le prove del concorso, ma che non sono rientrati tra i vincitori.

Diversi sindacati da tempo, tra cui Anief, sono impegnati in battaglie anche legali per richiedere a gran voce la produzione di una graduatori degli idonei per le immissioni in ruolo, come accaduto già per i concorsi precedenti e finalmente sembra che la loro voce sia stata in parte ascoltata e il problema riconosciuto.

Si tratta di un primo passo e non una vera e propria risoluzione per la stabilizzazione di migliaia di insegnanti, e i sindacati rimarcano la necessità ulteriori interventi più incisivi, affinché venga garantita equità nel sistema e nei processi di selezione degli insegnanti.

Equità che è venuta a mancare tra 2021 e 2022 quando i 24 CFU per l’insegnamento sono stati sostituiti dai 60CFU i cui percorsi sono molto più costosi e a numero chiuso, e a poco è servita la fase transitoria, predisposta dal governo Draghi, affinché i titolari dei 24 CFU potessero ottenere nel biennio successivo l’abilitazione, poiché in due anni, è stato abilitato un unico turno di percorsi integrativi da 36 CFU, riservato esclusivamente ai vincitori del PNRR1, mentre gli idonei si sono ritrovati nella condizione di doversi iscrivere ai più costosi percorsi da 60CFU , pagando una preiscrizione che a seconda delle Università oscilla tra i 100 ed i 150€ senza garanzia di ammissione. E sono migliaia gli aspiranti docenti che nel 2024/2025 hanno letteralmente buttato via più di 100€ perché non rientrati nei posti disponibili.

Oltre al danno anche la beffa, è il caso di dirlo, perché da gennaio 2025, non sarà più possibile partecipare ai concorsi senza i 60CFU, ma verranno erogati percorsi abilitanti a numero chiuso in numero pari o comunque leggermente superiore ai posti disponibili, in altri termini, il ministero autorizzerà, per ogni classe di concorso X percorsi abilitanti, che permetteranno ad X abilitati di partecipare al un concorso nel quale ci saranno X posti a bando. Va da se che la vera selezione non è fatta tramite il concorso, ma tramite le università che erogano i percorsi abilitanti. E questo significa che laureati di vecchia data, in possesso dei 24 CFU, potrebbero non essere mai abilitati, poiché, i 24 CFU non conferiscono alcun punteggio aggiuntivo, e a parità di punteggi, si darà precedenza al candidato anagraficamente più giovane. Significa che un neolaureato con 110 e lode, ha più probabilità di essere abilitato di un laureato di 10 anni fa che non ha ottenuto la lode, ma non è tutto, perché in realtà il punteggio può essere gonfiato, basta solo avere la disponibilità economica per poter spendere migliaia di euro. In tutto questo il merito è un puro miraggio.

Tornando agli idonei esclusi, questi non hanno alcun riconoscimento, significa che, pur avendo totalizzato lo stesso punteggio complessivo dell’ultimo vincitore e risultati non vincitori per ragioni anagrafiche, non solo sono stati esclusi dall’immissione in ruolo, in fondo non erano vincitori, ma non hanno avuto neanche la possibilità di essere abilitati, rimanendo così relegati nella seconda fascia delle GPS, mentre altri colleghi, semplicemente più giovani o con più disponibilta economiche, hanno avuto la possibilità di abilitarsi, passare in prima fascia e assicurarsi delle supplenze a lungo termine.

Ora però, forse, le cose potrebbero iniziare a cambiare e sembra che il ministero stia per compiere un primo passo per permettere a questi aspiranti docenti di uscire da quell’inferno burocratico che da 2 anni gli sta consumando l’anima e prosciugando il conto in banca.

Cosa introdurrà il nuovo DL Scuola

Secondo quanto riportato da Orizzonte Scuola, il nuovo DL dovrebbe introdurre almeno due importanti novità per gli Idonei dei concorsi PNRR1 e PNRR2 , la prima è il Recupero degli idonei non utilizzati, in altri termini gli Uffici Scolastici Regionali dovranno convocare, per l’anno 2023/2024 gli idonei esclusi per coprire i posti rimasti vacanti dopo le operazioni di assunzione ordinarie. Non è chiaro però se gli idonei avranno priorità o meno rispetto alla Prima Fascia di GPS.

Dovranno inoltre essere Stabilizzati dei docenti con riserva, ciò significa che in teoria verranno riconosciuti i diritti dei docenti con “riserva” (ad esempio, coloro che hanno vinto ricorsi o hanno titoli specifici), garantendo loro priorità nelle assunzioni.

    La posizione di Anief

    In merito a questa notizia si è espresso anche il sindacato Anief accoglie attraverso il presidente Marcello Pacifico, che si è detto ottimista nei confronti del decreto, definendolo “un primo passo necessario”. Tuttavia, il presidente ha anche sottolineato che le misure anticipate sono insufficienti “Il decreto risolve solo una parte del problema. Servono interventi strutturali per evitare che ogni anno migliaia di docenti competenti restino esclusi a causa di norme ambigue o di posti che il Ministero non assegna”. Anief precisa anche che resta ancora irrisolto il problema della trasparenza nelle graduatorie.

    Implicazioni per i docenti

    Per i docenti con riserva o idonei, il decreto potrebbe rappresentare un’opportunità concreta per ottenere un contratto stabile. Tuttavia, restano dubbi sull’applicazione pratica poiché alcune scuole, potrebbero non avere posti disponibili dopo le prime fasi di assunzione, limitando l’efficacia della norma, ma, anche se limitata, rimane comunque un primo importante passo in avanti.

    Le novità di questo decreto offrono agli idonei del PNRR2 (ancora in corso di svolgimento), un importante opportunità, poiché, a differenza del PNRR1, gli idonei del PNRR2, saranno pochi, in quanto hanno accesso alla prova orale solo un numero estremamente limitato di docenti, ovvero il triplo dei posti a bando più tutti coloro che hanno ottenuto un punteggio pari all’ultimo degli ammessi, significa che per una classe di concorso come la A19, per la quale in Campania si sono solo 3 posti a bando, avranno accesso all’orale poco più di 9 candidati e questo significa poco più di 9 idonei, a differenza del PNRR1 che ha visto, nella stessa regione, per la stessa classe di concorso, oltre 300 idonei.

    Fonte: Orizzonte Scuola

    Turing vs. Enigma: una battaglia che ha deciso la Seconda Guerra Mondiale

    Ad oggi, sebbene la maggior parte degli storici convenga sul fatto che non ci fu un momento unico che segnò le sorti della seconda guerra mondiale, tuttavia, in molti, soprattutto tra i più politicizzati, sostengono varie teorie, i più orientati a sinistra vedono nell’ingresso dell’URSS nella seconda guerra mondiale, un momento cruciale che forzò la mano degli USA ad entrare nel conflitto assicurando così una coalizione URSS+USA abbastanza potente da poter sconfiggere l’asse. Secondo altri il solo ingresso degli USA fu determinante ed è quindi merito esclusivo degli USA se la guerra si è conclusa con la vittoria alleata. Altri ancora sostengono che, se l’Italia non avesse iniziato il conflitto con l’Asse, le forze Naziste non si sarebbero frammentate per sopperire ai disastri bellici dell’Italia, e questo avrebbe reso molto più ostica la vittoria alleata.

    La verità è che probabilmente non ci fu un singolo momento o attore decisivo per la seconda guerra mondiale, ma una serie di momenti e attori determinanti, che permisero nel tempo, agli alleati, di ottenere un vantaggio strategico sull’asse, che fu decisivo solo come insieme di una serie di innumerevoli fattori.

    E uno di questi fattori vede come protagonista un matematico, l’intelligence britannica, e una macchina che permise agli alleati di sconfiggere Enigma, l’arma segreta dei nazisti.

    Siamo nel 1940, la seconda guerra mondiale è iniziata da qualche mese e le comunicazioni naziste sembrano inviolabili agli occhi dei servizi britannici. I nazisti usano infatti Enigma, una sofisticata macchina in grado di cifrare i documenti e solo conoscendo la chiave di decrittazione è possibile decifrare il messaggio, ma c’è un problema, la chiave, i codici nazisti cambiano ogni giorno…

    L’Intelligence militare britannica, per contrastare Enigma, avvia il programma Ultra, che raccoglie matematici, ingegneri ed esperti di crittografia, per riuscire nell’epica impresa di decifrare, ogni giorno, i codici di Enigma.

    Occasionalmente riescono in tarda serata o dopo la mezzanotte, quando ormai è troppo tardi ed i codici sono già cambiati.
    Tra di loro c’è un giovane matematico, Alan Turing, di cui ho già parlato in un episodio del mio podcast, con una visione innovativa, una macchina in grado di eseguire migliaia di operazioni complesse e riuscire così ad individuare la chiave di Enigma in tempi rapidi. I suoi colleghi lo considerano un folle ma qualcuno nei servizi gli dà una possibilità.
    Non sappiamo quando, ma tra il 1940 ed il 1942, Turing riesce, più o meno, nell’impresa, trova una vulnerabilità nelle comunicazioni Naziste, una vulnerabilità che permetterà alla sua macchina Bomba, di decifrare i codici di Enigma in pochi secondi.

    Sappiamo che almeno dal 1942 i britannici decriptano migliaia di documenti al giorno, conoscono ogni mossa dei Nazisti, i dettagli delle operazioni prima ancora che queste abbiano inizio, e grazie a loro, grazie al lavoro di Turing, gli Alleati dispongono di informazioni chiave e determinanti per poter vincere la guerra. Decidono però di non usarle, non sempre, non vogliono che i Nazisti sappiano e possano correggere la vulnerabilità.

    Finita la guerra Bomba viene distrutta e tutti i documenti relativi al programma insabbiati. Solo nei primi anni 2000 il governo britannico rivela al mondo la verità.

    Turing aveva trovato una vulnerabilità nelle comunicazioni naziste, non in Enigma, per questo è stato nascosto tutto, perché fino a quel momento, nessuno era riuscito a violare realmente Enigma.

    Alan Turing: Il Genio di Bletchley Park

    La svolta che Turing diede alla guerra parte da un’intuizione, ovvero che una macchina come enigma poteva essere battuta solo da un altra macchina, ed è proprio sulla base di questa visione e delle altre teorie di Turing che oggi il matematico britannico è considerato uno dei padri dell’informatica moderna, e per certi versi l’uomo che compì il primo cyber attacco della storia, gettando le basi non solo dell’informatica moderna, ma anche di un nuovo modo di fare e concepire la guerra, cerchiamo allora di conoscere meglio Alan Turing.

    Alan Mathison Turing nasce a Londra nel 1912 e stando alle sue biografie, mostrò fin da subito uno spiccato acume matematico, si dice che a soli sedici anni fosse già in grado di comprendere gli studi di Einstein. Nel 1939, quando inizia la seconda Guerra Mondiale Turing, all’epoca ventisettenne, venne reclutato dai servizi segreti britannici come crittografo e assegnato alla Stazione X, la base militare segreta di Bletchley Park a circa 75 km a nord ovest da Londra.

    In poco tempo viene nominato alla guida di un team di ricercatori il cui obiettivo è quello di decifrare il sofisticato codice Enigma utilizzato dai nazisti nelle loro comunicazioni riservate.

    I Britannici sono infatti in grado di intercettare diverse comunicazioni crittografate dell’aviazione tedesca, comunicazioni che però sono inutili se non decifrate e decifrarle significa conoscere i piani segreti ed i dettagli delle operazioni naziste in corso, in termini pratici sarebbe come avere accesso ai centri di comando dell’asse. 

    Il team di Turing si compone di menti brillanti, matematici, linguisti, egittologi e si ipotizza anche giocatori di scacchi ed esperti di cruciverba, le cui competenze prese singolarmente non erano significative, ma combinate diventavano determinanti nella lotta contro Enigma.

    In tutto questo però, Turing è mosso da un idea innovativa e controversa, è fermamente convinto che solo una macchina possa sconfiggere una macchina come Enigma, il dispositivo tedesco usato per cifrare i messaggi nazisti. 

    Enigma: La Macchina “Impenetrabile”

    Enigma era considerata all’epoca l’arma segreta del Reich, un dispositivo complesso, progettato negli anni 20 e perfezionato nel corso di due decenni, dall’aspetto e le dimensioni di una macchina da scrivere dotata di due tastiere: quella inferiore serviva per scrivere, mentre quella superiore componeva il testo cifrato.

    Alla base di enigma, un ingegnoso meccanismo di cifratura basato su rotori mobili che, attraverso una complessa griglia elettrica e vari rotori permette di cifrare il messaggio. In sostanza, quando operatore digitava una lettera sulla tastiera inferiore, il meccanismo si attivava e producendo come risultato una lettera completamente diversa. Inoltre, i rotori si attivavano ad ogni input, così che la stessa lettera, se digitata più volte, venisse cifrata in modi differenti.

    Dal 1932 prima il governo di Weimar e poi del Reich, autorizzarono l’utilizzo del dispositivo Enigma-I e durante la seconda guerra mondiale, i nazisati introdussero in enigma un sistema a cinque rotori di cui ne venivano utilizzati tre diversi ogni giorno, e la taratura dell’apparecchio (basata sulla scelta dei rotori, dei cavi da connettere e della loro posizione) cambiava ogni 24 ore, a mezzanotte, che aggiungeva un ulteriore livello di difficoltà, un limite tempo che rendeva la decifrazione di Enigma, qualcosa di virtualmente impossibile. Le forze armate naziste erano certe di disporre di un canale di comunicazione assolutamente sicuro motivo per cui non si preoccupavano troppo di possibili intercettazioni. Ed è qui che i nazisti commisero il primo errore.

    La Bomba di Turing: Battere una Macchina con un’Altra Macchina

    Turing era assolutamente certo che l’unico modo per sconfiggere una macchina come Enigma fosse attraverso l’utilizzo di un altra macchina, fortunatamente per lui, già altri matematici, ben prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, avevano iniziato a lavorare ad una macchina per decifrare Enigma, ed è proprio da questa macchina già esistente, denominata The Bombe, progettata dal matematico polacco Marian Rejewsk dell’università di Poznan, che partirono gli studi di Turing.

    The Bombe era sostanzialmente un clone di Enigma, reso “obsoleto” dai miglioramenti adottati dai nazisti negli ultimi anni e il lavoro di Turing consistette principalmente nel potenziare The Bombe, sfruttando complessi circuiti logici che permettevano alla macchina di elaborare una sofisticata catena di deduzioni logiche, attraverso una serie di condizioni “se-allora-altrimenti”, ancora oggi uno dei concetti di base di qualsiasi software informatico, dalla banale calcolatrice alle LLM.

    In sostanza, sfruttando vari passaggi logici, la macchina di Turing eliminava velocemente le combinazioni impossibili, riducendo drasticamente il tempo necessario per trovare la configurazione corretta.

    Secondo alcune fonti (non confermate), il 14 gennaio 1940 Turing riuscì per la prima volta nella propria impresa decifrando i codici di Enigma. Non sappiamo se questa data è reale perché per anni il governo britannico impose il segreto sull’operazione di intelligence che fornì agli Alleati un vantaggio strategico incalcolabile durante il conflitto. Oggi sappiamo che dal 1942 i britannici furono in grado di decifrare regolarmente e in maniera sistematica i codici nazisti, non abbiamo però informazioni certe sul periodo che va tra il 1940 e il 1942. 

    La vulnerabilità dietro i codici nazisti

    Che i britannici avessero decifrato i codici nazisti è noto fin dagli anni 50, ma il modo in cui i britannici hanno sconfitto enigma, è diventato di pubblico dominio solo nei primi anni 2000, quando il governo britannico ha declassificato le informazioni relative al programma Ultra.

    Oggi sappiamo che, nonostante le teorie e gli sforzi tecnologici messi in campo da Turing, in realtà la teoria per cui solo una macchina poteva sconfiggere Enigma, si è rivelata errata. Perché Enigma non è stata sconfitta realmente da una macchina, ma i suoi codici sono stati violati da una vulnerabilità esterna alla macchina, sfruttando un errore umano.

    I crittografi di Bletchley Park scoprirono che, nonostante il cambio quotidiano della taratura, esistevano una serie di pattern ricorrenti nei messaggi. Alcune comunicazioni seguivano formati standard, come ad esempio i rapporti meteorologici o i saluti militari formali. 

    La presenza di questi elementi offriva ai crittografi quello che chiamavano “cribs” (indizi) – frammenti di testo che si supponeva essere presenti nei messaggi cifrati e che era facile decifrare.

    Turing intuì che queste vulnerabilità potevano essere sfruttate sistematicamente attraverso un approccio meccanico e logico e di conseguenza calibrò la sua Bombe affinché cercasse all’interno dei messaggi specifici pattern.
    Non bisognava più “decifrare” l’intero documento, era sufficiente individuare questi pattern, decifrarli e partendo da questi ricavare i codici con cui decifrare qualsiasi altro messaggio della giornata.

    L’Arte dell’utilizzo selettivo

    Secondo alcuni documenti resi pubblici, il 12 giugno 1940, venne decrittato un messaggio della Luftwaffe nel quale venivano rivelati importanti dettagli sul sistema di navigazione radio utilizzato dai bombardieri tedeschi. Si trattava di un’informazione cruciale, dal valore inestimabile, ma poneva gli Alleati di fronte a un dilemma strategico fondamentale.
    Usare quelle informazioni significava rivelare ai tedeschi che erano riusciti a superare i codici di Enigma, e questo avrebbe comportato una contromossa da parte dei tedeschi, che potenzialmente avrebbe reso nulla la scoperta di Turing e il vantaggio acquisito dai britannici. 

    I comandanti alleati si ritrovarono così nella complessa situazione di dover decidere come e quando utilizzare le informazioni acquisite, in modo che i tedeschi non sapessero che il loro sistema era compromesso.

    Si rendeva quindi necessario utilizzare le informazioni in maniera selettiva, così da non allertare i nazisti, facendo in modo che questi continuassero a credere Enigma sicuro e inviolabile. Non tutte le informazioni decifrate venivano utilizzate, e quando lo erano, si cercava sempre di mascherarne l’origine, giustificando la loro acquisizione tramite ricognizioni aeree, informatori o intercettazioni radio convenzionali.

    Questa cautela, e il sacrificio morale che ne conseguì, fu qualcosa di essenziale per per mantenere il vantaggio strategico per tutta la durata della guerra e non solo. In altri termini, il sacrificio di obiettivi secondari garantiva che il segreto di Ultra rimanesse tale, garantendo agli Alleati un vantaggio strategico nei momenti davvero decisivi del conflitto. 

    Un po’ come un baro al tavolo che ha in mano un poker d’assi e scarta la mano, rinunciando ad una grossa vincita, per poi vincere una cifra molto minore alla mano successiva, in modo da non destare sospetti. Allo stesso modo gli alleati rinunciarono a molte “battaglie” assicurandosi la vittoria finale.

    Conclusioni

    Come abbiamo visto la decrittazione di Enigma fu determinante per l’esito della seconda guerra mondiale, forse persino più significativa dell’ingresso nel conflitto di URSS e USA, si stima infatti che il lavoro di Turing abbia contribuito a ridurre la durata della guerra in Europa di circa due anni, salvando così milioni di vite. Non a caso, Churchill ed Eisenhower, sostennero che Ultra rappresentò una vera e propria svolta nel conflitto, e non solo.

    Oltre al suo indubbio valore militare, la macchina di Turing fu anche la prima dimostrazione concreta dell’efficacia di un “calcolatore elettronico”, aprendo la strada allo sviluppo dei moderni computer e l’informatica moderna. 

    Nonostante ciò, per ragioni di sicurezza dovute al fatto che a Bletchley Park avevano sì sconfitto Enigma, ma per una vulnerabilità umana, Turing e gli altri membri del programma Ultra furono costretti a mantenere il segreto su tutto il suo lavoro a Bletchley Park e solo decenni dopo la fine della guerra, all’inizio degli anni 2000, il loro contributi è stato finalmente riconosciuto e celebrato.

    Fonti:

    1. Alan Turing: Una Vita tra Trionfo e Tragedia Paul Bremond 
    2. https://www.giornidistoria.net/14-gennaio-1940-decifrati-i-codici-enigma/
    3. https://www.kaspersky.it/blog/ww2-enigma-hack/6027/
    4. https://www.rizzolieducation.it/news/dal-codice-enigma-allintelligenza-artificiale/
    5. https://www.storicang.it/a/alan-turing-larma-segreta-degli-alleati_15245
    6. https://www.scienzagiovane.unibo.it/intartificiale/odifreddi/turing.html
    7. http://www.archivio-pq.it/2015/03/08/bletchley-park-e-ultra-the-imagination-game-capitolo-2/index.html
    8. https://amslaurea.unibo.it/id/eprint/19137/1/Tecniche%20di%20decifrazione%20e%20modelli%20matematici%20della%20macchina%20Enigma.pdf
    9. https://lorisgiuriatti.it/top-secret/codice-enigma/
    10. https://maremosso.lafeltrinelli.it/approfondimenti/alan-turing-vita-libri

    L’amministrazione trump ha accidentalmente fornito ad un giornalista accesso a piani di guerra

    Il consigliere per la sicurezza nazionale degli USA Michael Waltz l’ha fatta grossa, e con un colpo da maestro che neanche il nostro amato Razzi si immaginerebbe, ha erroneamente fornito Jeffrey Goldberg, direttore dell Atlantic, accesso a documenti segreti, piani di guerra e informazioni compromettenti su l’attuale gabinetto del presidente USA.

    Tutto ha inizio l’11 marzo, quando Waltz aggiunge Goldberg ad un gruppo su Signal, un’app di messaggistica simile a Whatsapp e Telegram, che il Pentagono considera sicura.

    Il gruppo si chiama “Houthi PC Small Group” e non è un gruppo tra amici per organizzare una pizzata. A meno che per pizzata non si intenda un operazione militare nel mar rosso. In quel caso si, è il gruppo per una pizzata.
    Nel gruppo ci sono il consigliere per la sicurezza nazionale degli USA Waltz, il vicepresidente JD Vance, il segretario della difesa  Pete Hegseth, e vari altri membri di spicco del gabinetto di Trump.

    Nel gruppo si discute, come in un gruppo tra amici, c’è chi spiega le ragioni, chi dice di non essere d’accordo, chi interviene sporadicamente inviando emoji a caso, intanto il tempo passa e arrivati al 15 marzo l’operazione ha inizio e Goldberg si rende conto che in quei 4 giorni ha avuto accesso ad una miniera d’oro di informazioni classificate.

    Ha letto i dubbi di Vance, per il quale intervenire significava aiutare Europa e Cina, perché gli Houthi rallentano il traffico marittimo tra Asia ed Europa, e questo non è in linea con la politica di Trump.

    Ed ha letto le motivazioni di Heigseth, per il quale bisognava intervenire per dimostrare il fallimento di Biden, attaccare indirettamente e senza ripercussioni l’Iran, accusato di finanziare gli Houthi e in quanto ai dubbi di Vance sottolinea che gli americano neanche sanno chi o cosa sono gli Houthi. Non c’è quindi da preoccuparsi.

    Ci si chiede se sia opportuno discutere di un’operazione così delicata, in una chat di gruppo, si osserva la poca attenzione del consigliere alla sicurezza nazionale che ha aggiunto “per errore” un giornalista ad un gruppo in cui sono state condivise informazioni riservate.

    Qualche giorno dopo, il 24 marzo, Goldberg ha raccontato in un audio di 24 minuti, di come è stato invitato nel gruppo, allegando alcune screenshot delle conversazioni tra Hegseith e Vance. LA notizia fa immediatamente il giro del mondo, e subito arriva la replica di Waltz che parla di “errore” seguito da un pietoso affondo di Hegseith, ex giornalista Fox, che accusa Goldberg di essere un giornalista “disonesto”, perché ok l’errore di Waltz, ma lui avrebbe dovuto abbandonare immediatamente il gruppo e non rimanere lì a “spiarli” in silenzio.

    La responsabilità della fuga di notizia è magistralmente spostata sul giornalista che, pur avendo avuto accesso a materiale classificato dal consigliere della sicurezza nazionale, non lo ha divulgato.

    Considerazioni personali

    Voglio far presente che, se uno scandalo di questo tipo fosse scoppiato durante l’amministrazione Biden, tutte le personalità politiche presenti nel gruppo (Vance, Waltz e Hegseith) non avrebbero esitato ad attaccare duramente l’amministrazione, accusare il consigliere di tradimento, chiedere di rimuovere dall’incarico tutti i funzionari disattenti che hanno permesso una gravissima fuga di informazioni, avrebbero probabilmente elogiato il giornalista che pur avendo accesso a quel materiale non lo ha divulgato, tutelando la missione, e non è da escludersi che avrebbero chiesto l’impeachement per il presidente, colpevole di aver scelto collaboratori inaffidabili.

    Probabilmente ci sarebbero state anche ripercussioni in UE, soprattutto da parte delle destre vicine a Trump, che avrebbero certamente chiesto spiegazioni per le parole ostili spese dal Vicepresidente degli USA nei confronti dell’Europa, de facto, posta sullo stesso piano di Iran e Cina.


    Voi cosa ne pensate? Cosa succederà ora a Waltz? Verrà rimosso dall’incarico o gli verrà perdonato l’errore in buona fede?

    Ma soprattutto, la responsabilità della fuga di notizie è di Waltz, che ha aggiunto Goldberg al gruppo, o di Goldberg che non ha rivelato la propria presenza e non è uscito dal gruppo?

    Fonti :

    The Trump Administration Accidentally Texted Me Its War Plans – The Atlantic
    L’incredibile autogol dell’Amministrazione Trump. Così ha condiviso in chat i piani di guerra in Yemen (che J.D. Vance non voleva) – Open
    Trump, il clamoroso autogol dei suoi: diffusi (per sbaglio) i piani di guerra con tanto di commenti – Affaritaliani.it

    Il sogno di un Europa Unta e Universale

    L’idea di un Europa unita in un unica nazione è un qualcosa che ci accompagna fin dalla caduta dell’Impero Romano, la fine di quell’impero universale ha infatti lasciato dietro di se un vuoto che negli ultimi 2000 anni molti sovrani hanno provato a colmare, e uno degli uomini che ci è andato più vicino è stato l’Imperatore Carlo V d’Asburgo che, nel XVI secolo riuscì ad unire quasi tutte le corone d’Europa nel tentativo di diventare il monarca della cristianità universale.

    In questo contesto storico molto particolare, nel quale non voglio addentrarmi in questo articolo, vennero prodotte una serie di Xilografia molto suggestive che rappresentavano l’Europa nel corpo di una donna, e non una donna qualsiasi, ma l’Europa Regina, sposa dell’Imperatore Carlo X e in questo articolo voglio parlare proprio di una di queste Xilografie, spiegarne il significato e la simbologia.

    Xilografie dell’Europa regina

    Intorno alla metà del XV secolo, in Europa, iniziarono a circolare diverse raffigurazioni allegoriche dell’Europa, tra le più antiche di cui abbiamo traccia, una xilografia risalente al 1537 realizzata dal cartografo Johannes Bucius/Putsch, mentre la più popolare di queste, nota come Europa Regina o Europa Virgo, venne realizzata circa 40 anni dopo dal teologo tedesco Heinrich Bünting, e venne pubblicata nel testo “Itinerarium Sacrae Scripturae”, una riscrittura della bibbia in forma di libro di viaggi contenente una serie di dieci Xilografie, approssimativamente nel 1581.

    Nell’Itinerarium Sacrae Scripturae appaiono circa 10 xilografie, e una di queste è proprio Europa Regina. C’è poi un immagine del mondo rappresentato come un trifoglio con Gerusalemme al centro, e l’Asia come cavallo Pegaso, il mitico cavallo alato.

    Il significato di Europa Regina

    La Xilografia Europa Regina di Bünting, come possiamo vedere, ci mostra l’Europa nella forma di una donna, e ogni elemento di questa immagine ha un suo peso e un significato ben preciso.

    Partiamo dalla testa della donna, che coincide con la penisola iberica e su cui poggia una corona e non una corona comune, una corona ad anello carolingia, simbolo del potere imperiale e la supremazia che in quel tempo la Spagna esercitava sull’intero continente e allo stesso tempo un richiamo al Sacro Romano Impero. 

    Nella mano sinistra della regina, che coincide con la Danimarca, vi è uno scettro, simbolo di autorità e dominio, mentre nella mano destra, che coincide con l’Italia, è presente un globo, Orbe, che coincide con la Sicilia ed è tradizionalmente il simbolo del potere universale e del dominio sul mondo.
    Scettro, Orbe e Corona sono insieme insegne imperiali, simboli del Sacro Romano Impero che sottolineano la portata globale del potere europeo che si estende ben oltre i propri confini geografici.

    I simboli imperiali sono nelle mani e sulla testa dell’Europa, e il suo corpo è l’Europa stessa, ed è il corpo di una donna, la cui testa è formata dalla penisola iberica, e il suo collo coincide con i pirenei che separano la testa dal busto e dal seno, rappresentati dalla Gallia, mentre i territori della germania e austria e in generale dell’Europa Centrale, rappresentano il torso e la parte centrale del corpo.

    Il cuore di questa donna è leggermente spostato in basso, e coincide con Austria e Boemia, in altre rappresentazioni ha la forma di un medaglione all’altezza della sua vita. Infine, dalla Boemia in giù, o meglio, ad est, si distende il resto del corpo, fino ai suoi piedi, un corpo coperto da un lungo abito che ingloba Ungheria, Polonia, Lituania, Livonia, Bulgaria, Moscovia, Macedonia e Grecia

    Mentre scandinava e Isole Britanniche sono mostrate parzialmente in forma schematica e separate dal corpo.

    Significato storico e politico 

    Questa Europa non è un europa qualsiasi, e in vero essa rappresenta la sposa dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo, la cui corona includeva la maggior parte dei territori che coincidono con il corpo dell’Europa. Carlo V regnava sul Sacro Romano Impero, i territori austriaci, le terre borgognone e il regno di Spagna e da sovrano di uno degli imperi più estesi d’Europa dai tempi di Roma, ambiva a diventare il monarca universale della Cristianità.


    Non è quindi un caso se l’orientamento della donna è verso ovest e la Spagna (Hispania) rappresenta la testa della donna o se il volto stesso della donna assomigli a quello di Isabella di Portogallo, moglie di Carlo V.

    Allo stesso tempo i territori asburgici spmp rappresentati come cuore e centro del corpo della donna, e il vestito della donna richiama gli abiti usati all’epoca presso la corte degli Asburgo.

    Storia e mito del Lago d’Averno

    Negli ultimi anni il Lago d’Averno, in provincia di Napoli, è stato teatro di un raro fenomeno naturale, estremamente affascinante e suggestivo, che si verifica in poche altre parti del mondo. Le sue acque, sul finire dell’inverno e l’inizio della primavera, hanno iniziato a tingersi si rosa. Un fenomeno che interessa anche altri laghi in veri angoli del mondo, con elementi simili tra loro.

    In questo articolo cercheremo di comprendere il fenomeno e l’importanza del lago d’averno, dal punto di vista storico e scientifico.

    Origine del Lago d’Averno

    Partiamo dal lago d’averno e le sue origini. Si tratta di un antico lago vulcanico, situato in Campania, nel cuore dei campi flegrei, un ampia area vulcanica attiva da migliaia di anni. La definizione corretta per il lago d’averno è lago di cratere, si tratta infatti di un lago che sorge all’interno del cratere di un vulcano, motivo per cui la sua forma è perfettamente circolare e d è circondato da ripide pareti in cui si aprono innumerevoli cavità sotterranee, caratteristiche tipiche di questa tipologia di laghi.

    Il suo nome è molto antico, e si ipotizza gli sia stato attribuito tra i 2700 e i 2400 anni fa, quando nella regione si insediarono i primi coloni greci. Il nome Averno deriva infatti dal termine greco “Aornos” il cui significato letterale è “senza uccelli” e il motivo per cui gli venne dato questo nome è auto esplicativo, era un lago senza uccelli, e il motivo per cui in quel lago non c’erano uccelli è legato all’attività vulcanica della regione.

    Nel primo millennio avanti cristo, e almeno fino al primo secolo avanti cristo, gran parte dell’area dei campi flegrei era ricca di fumarole, l’aria era impregnata di un odore acre e sulfureo, che la rendeva particolarmente pesante da respirare, e lo stesso valeva per le acque del lago, ricche di zolfo, dal sapore nauseabondo, e ostili alla vita, non vi erano quindi pesci e di conseguenza, non vi erano uccelli, da qui il nome “Aornos“, ad indicare un lago privo di uccelli.

    Lago d’averno tra miti e legende

    ll lago d’averno nel mondo antico era immerso in un paesaggio che oggi definiremmo infernale, e il motivo per cui oggi consideriamo infernale un ambiente inospitale, puzzolente, pieno di nebbia e fumi è legato proprio al lago d’Averno che, nel mondo greco venne associato alle antiche battaglie tra Zeus e i Titani, per poi divenire, nel mondo latino, la mitica porta di accesso all’Ade.

    La natura suggestiva del lago, spinse i primi coloni grechi ad attribuire al lago un aura di mistero e sacralità, il lago era per gli antichi coloni greci, una prova tangibile della realtà della tangibilità dei propri miti, era un autentico punto d’incontro tra il mondo umano e quello divino, e questa percezione sopravvisse ai greci, radicandosi anche nella mitologia romana.

    Se nella mitologia greca, il lago era un residuo delle antiche battaglie divine tra Zeus e i Titani, in epoca romana, il lago divenne la porta d’accesso al mondo sotterraneo e all’ade. A darci testimonianza di ciò, l’Eneide di Virgilio, dove il lago d’averno viene descritto come un luogo oscuro e inquietante, una “profonda grotta” che conduce al regno dei morti. Ma non solo, ci dice anche che la porta degli inferi collegava il regno dei morti a quello dei vivi con uno dei tanti fiumi infernali, l’Acheronte, un fiume spettrale, dalle cui acque rosse come il sangue si allungavano come tentacoli le braccia dei defunti che ribollivano e ed emettevano boati agghiaccianti. Una descrizione inquietante, suggestiva, e che trova perfettamente senso in un contesto ricco di fumarole, sorgenti termali e in cui in alcuni periodi dell’anno fioriscono alcune alghe dando all’acqua un colore rossastro.

    Spiegazione del fenomeno delle acque rosa

    Noi oggi sappiamo dare una spiegazione scientifica alla maggior parte dei fenomeni osservati dagli antichi e tramandati da Virgilio, e tra questi fenomeni, potrebbe esserci anche quello delle acque rosa che da qualche anno ha interessato il lago d’Averno.

    Da qualche anno infatti il Lago d’Averno ha attirato l’attenzione dei locali, della scienza e dei turisti, per un fenomeno particolare: la sua periodica colorazione rosa o rossa. Dal 2022 questo fenomeno è stato osservato e in maniera più intensa, nello specifico, tra febbraio e marzo le acque del lago hanno assunto per qualche settimana una colorazione rossa molto intensa.

    Dal punto di vista scientifico il fenomeno è noto da tempo e ampiamente documentato, il cambio di colore è infatti dovuto alla fioritura di alcune alghe e dal cianobatterio Planktothrix rubescens, un microrganismo che in determinate condizioni ambientali, può proliferare rapidamente e produrre pigmenti rossi, come la ficoeritrina, che conferiscono all’acqua una colorazione rossastra.

    Le fioriture di cianobatteri sono spesso favorite da un aumento della disponibilità di nutrienti (eutrofizzazione), dalla stabilità della colonna d’acqua, dalla disponibilità di luce e da temperature elevate elevate. E se la maggior parte delle condizioni necessarie alla fioritura sono costanti negli anni, un elemento in particolare è invece variabile, ovvero la temperatura delle acque.

    Eventuali riferimenti al fenomeno nell’antichità

    Come abbiamo visto, nel mondo antico il Lago d’Averno ha giocato un ruolo centrale nella mitologia greco romana, e nei secoli medievali, l’intera area di Pozzuoli è stata molto frequentata e che vi erano nella regione diversi siti di interesse per i viaggiatori, tutti perfettamente descritti. Ne consegue che, se il fenomeno si fosse verificato nel corso dei secoli, qualche testimonianza autorevole dovremmo averla. Soprattutto nella mitologia greco-romana, dove un fenomeno simile, in un luogo così importante per la mitologia, avrebbe avuto certamente una spiegazione mitica. E se il fenomeno si fosse ripetuto nel tempo, ne avremmo certamente un qualche legame con la tradizione, come accade in altre parti del mondo dove si registrano fenomeni analoghi.

    Ma nei campi flegrei, nonostante gli innumerevoli miti legati al Lago d’Averno, non abbiamo nulla di tutto ciò, le descrizioni antiche parlano di un lago d’averno lo descrivono con acque scure e non ci sono riferimenti o menzioni a possibili cambiamenti di colore. L’unico accenno di riferimento alle acque rosse che abbiamo è nella descrizione di alcuni fiumi infernali, che però, non sembrano una spiegazione molto forte.

    L’assenza di testimonianze antiche potrebbe suggerire che tali fenomeni erano isolati e poco frequenti, e in effetti anche ad oggi lo sono. basti considerare che, dall’inizio degli anni duemila, il Lago d’Averno si è tinto di rosa soltanto nel 2022 per poche settimane.

    M, Il figlio del secolo.

    Sono finalmente riuscito a recuperare M, il figlio del secolo, la serie Sky con Luca Marinelli nei panni di Mussolini.

    E visto che più di qualcuno me l’ha chiesto, vi do il mio parere.

    Comincio col dire che la serie mi è piaciuta tantissimo è inquietante, divertente e ci mostra un Italia degli anni 20 molto attuale, diciamo pure che viviamo in un momento storico in cui tracciare un parallelismo con gli anni 20 del secolo scorso, è abbastanza “facile”.

    Il Mussolini che incontriamo nella serie è un ottimo Mussolini, ben caratterizzato e forte di discorsi e riflessioni che sono presi direttamente dai suoi scritti, sia pubblici che privati.

    Gli scritti pubblici ci mostrano un mussolini “forte”, quelli privati un mussolini più vulnerabile e la serie dosa bene questi momenti.

    Piccola nota tecnica, molte scene sono prese direttamente da un ciclo di lezioni di storia del professor Emilio Gentile, tenute circa 15 anni fa, e per chi fosse interessato, sono disponibili come podcast su Audible.

    Dico che sono prese da lì, e non da altre opere biografiche su Mussolini, perché Marinelli nella serie si rivolge direttamente allo spettatore, fa alcune considerazioni, battute e provocazioni che troviamo anche nelle lezioni di Emilio Gentile, come battute e provocazioni del professore.

    Tornando a Mussolini, sebbene sia un ottimo personaggio negativo, quello ci viene mostrato non è proprio Mussolini, e volendo essere provocatori, non è più Mussolini del Mussolini di raccontato da Indro Montanelli in “Io e il Duce”, solo che lo vediamo dal punto di vista “opposto”.

    La serie ci mostra un Mussolini surreale, scaltro e manipolatore ma anche codardo e opportunista, che sa girare a proprio vantaggio anche un evento negativo, mentre Montanelli ci fornisce un racconto molto assolutorio nei confronti del Duce, ci racconta un Mussolini vittima degli eventi, un uomo sostanzialmente buono che si circonda di cattive amicizie e commette “qualche errore” nel tentativo di inseguire il potere.

    La verità sta nel mezzo, Mussolini è entrambi i Mussolini e non è nessuno dei due.

    Mussolini nel ventennio fece un lavoro meticoloso per costruire attorno a se e alla propria figura un culto quasi religioso, una fede laica nell’uomo e, per usare proprio le parole di Emilio Gentile, divenne un autentico nume vivente, il primo e forse unico vero nume vivente della storia contemporanea… Hitler e Stalin dopo di lui lo hanno imitato, e pur facendo un ottimo lavoro, non sono riusciti a farsi “amare” quanto gli italiani amarono Mussolini.

    E questo la serie lo sa, ce lo dice, e prova a decostruire quel mito, raccontando un Mussolini più umano e “miserabile”.

    La serie strappa via quell’aura di sacralità e misticismo che da più di un secolo avvolge Mussolini e ci restituisce un uomo, che ha delle paure, che commette degli errori, e ne commette, senza che però questa sua umanizzazione lo assolva, ma anzi, diventa quasi un aggravante.

    Nel complesso la serie l’ho già detto, l’ho apprezzata molto, e il fatto che parli più dell’attualità che degli anni 20, forse è un motivo in più per guardarla.

    Mussolini e il Duce… cosa significa la parola Duce?

    Benito Mussolini, il Duce, o meglio, il Duce del fascismo, perché in realtà questo titolo che rievoca la tradizione romana, non arriva a Mussolini direttamente da Roma, ma lo eredita, in un certo senso, dalla sua precedente esperienza socialista.

    Politicamente Mussolini nasce socialista, e la sua visione del mondo, le sue battaglie, le sue idee, sono frutto di una progressiva evoluzione, contaminazione e radicalizzazione, di quel socialismo riformista, belligerante e nazionalista, di cui fu fomentatore e prodotto e che in alcune occasioni gli valse il titolo di duce. Titolo ereditò e mantenne anche durante l’esperienza fascista.

    In questo articolo non mi interessa l’uomo o il fascista, in questo articolo parleremo di un duce che divenne il duce.

    Il termine “duce” tra etimologia

    Incontriamo la prima volta la parola Duce, nel lessico politico italiano, nel XIX secolo, nel contesto del dibattito politico interno al partito socialista italiano. Questo termine, come ben riporta la tradizione, deriva dal latino dux che letteralmente significa «capo» o «guida».

    La parola dux è di uso comune in epoca romana, la troviamo in tantissimi documenti e monumenti, e generalmente indica comandanti militari o leader politici di alto rango, o più in generale, figure molto carismatiche. Viene ad esempio, utilizzato in alcuni contesti, per riferirsi a Giulio Cesare.

    Tra il medioevo e l’età moderna, il termine mantiene un aura di prestigio, ma è usata sempre meno, è uno degli innumerevoli termini latini che si conoscono, ma sono usati molto raramente fino a sparire quasi del tutto dal lessico comune.

    Il duce socialista

    Nel XIX secolo tuttavia, la riscoperta del mondo classico ad una riscoperta del termine, che nel frattempo è mutato e a tratti frainteso, e diventa un termine abbastanza generico, e privo di prestigio, per indicare leader politici o militari. Per dirla tutta, nell’Europa sul finire del XIX secolo e inizio del XX secolo, il termine duce, non ha alcuna connotazioni ideologica o politica, indica semplicemente un ruolo, e sarà solo in Italia, tramite Mussolini, che il significato di questo termine muterà nuovamente, ma a questo arriveremo a breve.

    Tornando all’Italia di fine ottocento, il movimento socialista italiano, utilizza occasionalmente il termine duce, quasi sempre in contesti informali, per descrivere figure carismatiche all’interno del Partito Socialista Italiano (PSI), questo utilizzo permane anche agli inizi del novecento e viene utilizzato anche per descrivere personaggi di spicco del partito come un giovane Benito Mussolini.

    Mussolini è un socialista rivoluzionario, molto carismatico, e soprattutto molto informale nel suo modo d’essere. Mussolini è un “uomo nuovo” della politica, non viene da una grande famiglia e questo termine gli calza a pennello, soprattutto negli anni della militanza rivoluzionaria.

    Come abbiamo detto, il termine duce all’epoca è un termine informale, e rimane circoscritto a contesti locali e correnti interne del partito. In sostanza, non rappresenta un titolo ufficiale e Mussolini è uno dei tanti Duce del partito socialista italiano, anzi, romagnolo.

    Il duce del fascismo

    La fuoriuscita di Mussolini dal PSI e la costituzione del fascismo nel 1919, sono due momenti importanti tanto per mussolini quanto per il termine Duce. Da questo momento in poi, Mussolini inizia a costruire la propria immagine di leader carismatico, e, sebbene il termine duce sia ancora usato dai socialisti, inizia ad essere usato anche dai primi fascisti, in riferimento proprio a Mussolini.

    A partire dal 1923 per volontà di Mussolini, il termine duce smette di essere un termine generico e informale, senza colore politico e diventa un vero e proprio titolo. Mussolini non è più uno dei tanti duce socialisti o di altre forze politiche rivoluzionarie o reazionarie, Mussolini non è più il duce del fascismo, Mussolini è il Duce. Questo momento segna la trasformazione del termine in un titolo esclusivo e onnipresente, diventa un simbolo di quel culto della persona, ripreso successivamente da altri leader carismatici, da Stalin a Trump, che cercheranno, e in alcuni casi riusciranno ad emulare la trasformazione di Mussolini in un autentico “Nume Vivente”, per usare le parole di Emilio Gentile.

    La trasformazione del termine avviene attraverso la propaganda, gli slogan e l’arte di regime. Il fascismo riuscì nell’impresa epocale di elevare il Duce ad un entità quasi metafisica, legittimata dalla retorica della “romanità” e della “rivoluzione fascista”.

    Inutile dire che l’adozione ufficiale del titolo di Duce da parte di Benito Mussolini, in un contesto di enorme polarizzazione politica, portò al totale abbandono di tale termine nell’universo socialista italiano ed europeo, contribuendo a renderlo un titolo esclusivo del fascismo.