Menu Chiudi

Perché i greci non inventarono la macchina a vapore ?

Non appena una civiltà raggiunge un dato livello di controllo e manipolazione del proprio ambiente si trova d’avanti un bivio, che la porterà a scegliere se continuare sulla strada del progresso e dell’innovazione, progredendo quindi verso una sempre maggiore capacità tecnica o continuare sulla strada della gerarchia, mantenere attiva l’istituzione della schiavitù rendendo così, la propria civiltà statica e limitando la propria capacità di produrre “profitto e ricchezza”.

Alla civiltà che si trova a dover compiere questa scelta, le due strade presentano sia vantaggi che svantaggi, e se da un lato i profitti legati all’istituzione dello schiavismo possono essere ridotti rispetto ai profitti legati alla produzione industriale, è anche vero che la produzione industriale necessita di macchinari costosi e difficili da implementare, e la promessa di un profitto maggiore deriva prevalentemente dalla disponibilità di una società di rischiare tutto.

L’innovazione tecnologica da questo punto di vista può spaventare, perché rappresenta un incognita, e gli esseri umani sono naturalmente spaventati da ciò che non conoscono, tuttavia, tecnica e tecnologia sono elementi fondamentali di una civiltà, senza di essi una vera civiltà è impossibile e impensabile, e non mi dilungherò sul tradizionale esempio dell’invenzione dell’aratro che permette ad un popolo di passare dal nomadismo alla vita sedentaria, iniziando così a costruire i propri villaggi e le proprie città.

Gli effetti della tecnica e della tecnologia sulla nostra civiltà sarebbero diventati particolarmente evidenti nel diciannovesimo secolo, in seguito alla rivoluzione industriale, portando con essi un crescente interesse per lo studio della storia della scienza e delle tecnologie, in questo senso gli scritti di Samuel Smiles sono un esempio più che eloquente, successivamente questo interesse sarebbe progressivamente venne meno, fino a sparire quasi del tutto agli inizi del secolo successivo.
Questa parentesi aurea nel diciannovesimo secolo ci ha permesso di comprendere meglio le dinamiche del pensiero scientifico, e soprattutto, ci ha permesso di capire perché, alcune civiltà del mondo antico, scelsero la via della gerarchia e della schiavitù, con tutti i loro vantaggi e vantaggi, frenando così la propria capacità di sviluppo tecnologico.

Nel mondo antico, più precisamente nel mondo greco e greco-romano, la tecnica era associata all’attività delle classi inferiori, più precisamente degli schiavi, ed era vista come un “arte minore”, e questo avrebbe reso la “scienza greca” particolarmente infeconda. Di fatto non ci furono “scienziati” nel mondo antico, anche perché questa istituzione sociale non sarebbe apparsa prima del diciassettesimo secolo, ma questo non significa che il mondo antico fosse totalmente alieno alla scienza e al pensiero scientifico, anzi, i greci erano convinti che tutti i fenomeni naturali fossero determinati da leggi e principi (e non dai capricci di qualche divinità, spiriti o demoni). Questa convinzione avrebbe permesso alla civiltà greca di sviluppare in modo notevole la matematica e avrebbe inventarono l’idea che, una data ipotesi per essere considerata vera, dovesse necessariamente essere certificata da una prova. Grazie alla sperimentazione, soprattutto degli intellettuali di Alessandria d’Egitto in eta tolemaica, gli intellettuali greci avrebbero dato un importante contributo alla cartografia, alla meccanica teorica e pratica, all’astronomia, alla chimica, alla medicina e all’anatomia. Ed è probabile che questi risultati fossero frutto dell’incrocio della cultura greca e quella egiziana.
Nonostante una prima promettente fase scientifica, e se bene il livello di conoscenza tecnico e tecnologico del mondo antico avrebbe permesso alla civiltà Greco-Romana di compiere un epocale balzo in avanti sul piano tecnologico, costruendo la macchina a vapore, emblema della rivoluzione industriale, la civiltà greca, giunta al bivio, non avrebbe dimostrato un interesse per la scienza maggiore rispetto a quello dimostrato da altre civiltà quali le civiltà Islamica, Indiana e Cinese, prediligendo invece le garanzie del tradizionale sistema schiavistico.
Non è un caso se il più grande lascito della civiltà greco-romana è legato all’ordinamento amministrativo e giuridico e non al mondo scientifico, e in questo senso è importante ricordare che, nessuna delle “meraviglie del mondo antico” fu opera dei romani.

La discrepanza tecnologica tra il mondo antico e quello moderno è enorme ed è facilmente spiegabile se si accetta la verità che i romani non fossero degli ingegneri di prim’ordine, ma che semplicemente si limitarono ad imitare e “copiare” le innovazioni tecnologiche dei popoli con cui entravano in contatto e che invece l’età medievale fu un epoca particolarmente prolifera a livello tecnico, e non fu solo un periodo in cui su “abbandonò” e si trascurarono gli acquedotti e le strade romane.
Sorvolando sulle grandi città, sulle cattedrali, sulle fortezze ed i castelli che nulla avevano da invidiare, a livello tecnico e ingegneristico, alle ville romane e ali acquedotti. Durante il medioevo si sarebbero prodotte una serie di innovazioni tecniche che ancora oggi sono alla base della nostra civiltà.
Un confronto tra il sapere tecnico del medioevo e il mondo antico, la superiorità del sapere medievale appare immensamente superiore. I grandi motori della tecnica medievale non risiedono in Europa, ma nel mondo cinese, indiano e arabico, i quali furono i mediatori privilegiati in grado di condurre in Europa e nel mediterraneo il sapere scientifico proveniente dall’Asia.
Il mondo arabo aveva ereditato le basi del proprio sapere matematico, filosofico e astronomico dal mondo greco, e a questi avrebbe aggiunto un nuovo sapere proveniente dall’Asia e grazie ad esso avrebbero dato un ulteriore importante contributo alla medicina, soprattutto ottica ed olfattica, avrebbero sviluppato lo studio della chimica e prodotto una serie di innovazioni tecniche ad essa connesse.

Lo sviluppo tecnico dell’Europa medievale, se bene fosse una reazione e un imitazione dello sviluppo tecnico della prima civiltà islamica, denota comunque un importante livello di apertura culturale che avrebbe gettato le basi per uno sviluppo proprio europeo nei secoli successivi.
Un esempio più recente di una dinamica analoga possiamo incontrarlo nell’estremo oriente contemporaneo, in particolare in Cina, Korea e Giappone. Questi popoli sono spesso etichettati, sul piano tecnologico, come dei copiatori, degli imitatori della tecnologia Europea o Americana, ma la loro imitazione (a differenza di quella romana) non è statica, ed ha prodotto una propria identità tecnologica.

Un elemento indispensabile per lo sviluppo tecnologico di una civiltà è senza ombra di dubbio la sua capacità e disponibilità di imparare. Introdurre tecnologie di popoli stranieri per certi versi è anche piu’ importante dello sviluppo di tecnologie proprie, un esempio in questo senso ci arriva dalla Cina che ha alle proprie spalle una lunga storia di invenzioni e scoperte interne, ma che, difficilmente, negli secoli scorsi, ha permesso l’ingresso di tecniche e tecnologie straniere nel proprio paese, andando incontro ad un inevitabile inaridimento della propria tecnologia.
Nell’Europa medievale invece, la dinamica è totalmente invertita, le scoperte e le invenzioni interne sono relativamente poche, ma c’è una grande disponibilità ad imparare e introdurre nuove tecniche, così gli artigiani medievali avrebbero potuto sviluppare ed aggiornare continuamente le proprie tecniche finché non sarebbero stati in grado di sviluppare nuove e originali tecniche e tecnologie.

Fonti:
D.S.L. Cardwell, Tecnologia, scienze, storia, Il Mulino, Bologna 1976

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi