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Questioni di genere e politica nell’Atene del V secolo

Negli ultimi tempi si è parlato molto di questioni di genere, gender e teorie del genere non più solo nell’ambito della storia del femminismo (penso ai dibattiti connessi al libro di Judith Butler in cui si sostiene che il il corpo sessuato non è un dato biologico ma una costruzione culturale), ma soprattutto pensando all’educazione e alla relazione con ciò che è altro da noi, diverso.

Ma cosa si intende con genere? Perché dovrebbero esserci questioni di genere? E in che modo i risultati delle scienze sociali possono aiutarci nella comprensione delle dinamiche culturali, civiche e politiche di un’epoca? Con genere si intende una categoria sociale che prende forma in uno specifico contesto storico e istituzionale, le cui conseguenze sul piano della formazione dell’identità e delle relazioni interpersonali non sono assolute ma sempre relative al periodo cui facciamo riferimento.

Lo scopo di ogni ricerca sul genere dovrebbe essere anche questo: isolare i modi in cui si concretizza l’identità individuale per capire in che misura essa interviene nella formazione dell’identità civica e sociale. Questo ci fa capire che il problema delle questioni di genere non può che essere un momento interno al modo in cui isoliamo il genere in un preciso contesto storico.

Oggi ci pare scontato dire che cosa sia “maschile” e cosa invece “femminile”, abbiamo compreso che genere si distingue da sesso e che l’identità di genere è qualcosa che riposa non solo nella nostra costituzione biologica, ma nei nostri costrutti mentali ed interpersonali, nel modo in cui la società ci accoglie, ci riconosce o ci discrimina. Nonostante ciò, esistono ancora molte difficoltà nell’accettare ciò che non si conforma alle nostre etichette, ciò che ordinariamente – o, peggio, secondo alcuni naturalmente – dovrebbe essere maschile e femminile.

Ed è su questo terreno che l’Atene del V secolo non smette di insegnarci qualcosa; laddove infatti la distinzione tra maschile e femminile si fa più sfumata ed è socialmente accettata nella sua natura polimorfica, essa può assumere ruoli e funzioni diverse sia nel tessuto civico della polis (la città) che in quello politico. La costruzione del genere è, a tutti gli effetti, la costruzione di un modo di fare e di vivere la politica. È l’anticamera della filosofia politica in età classica.

§1- Omosessualità ed educazione alla carriera politica

Se prendiamo come esempio Plutarco notiamo subito che nelle Vite di Nicia, Alcibiade, Aristide, Temistocle, Cimone e Pericle i temi connessi a questioni di genere sono moltissimi. E non riguardano solo i rapporti omosessuali, il ruolo dell’eterosessualità e del matrimonio nella costruzione dell’immagine civica dell’individuo, ma soprattutto la definizione di uomo in quanto animale politico (la definizione è di Aristotele).

Nella Vita di Aristide Plutarco ci racconta un episodio di rivalità amorosa che ha opposto il protagonista a Temistocle; questa forma di eros era accettata e considerata lecita come momento essenziale nella formazione non tanto del semplice cittadino quanto del politico. Sono indimenticabili le pagine del Simposio di Platone in cui il giovane Alcibiade racconta della sua passione amorosa per Socrate, del gioco tra amanti in cui Socrate non manca di sottrarsi per spingere il giovane alla contemplazione del vero bene. Il valore pedagogico del rapporto omosessuale che lega un giovane a un maestro più anziano è un tratto caratteristico della paideia (o educazione) greca.

La storia di Alcibiade è una storia di sconfitte e di dissipazioni, è il fallimento della ragione, incapace da sola di modellare una vita, la vita di un uomo straordinario la cui carriera sarebbe diventata leggendaria in Atene. Eros infatti non può che essere inteso come momento interno alla conoscenza, come educazione alla filosofia e tendenza verso il bene che dai bei corpi ci spinge ad abbandonare la sfera sensibile per il bello e il bene in sé. Questo è il messaggio di Platone. La scala amoris che nel Simposio Socrate riferisce di aver sentito da Diotima tende a disinnescare il legame tra l’eros e i corpi per farne solo il momento iniziale di un percorso che, in ultima analisi, è puramente conoscitivo.

Bisogna essere temperanti nella sfera erotica come nella sfera della vita sociale e politica: il legame tra seduzione erotica omosessuale e seduzione politica è un tema caro a Platone e a Plutarco e in entrambi è presente con lo stesso obiettivo. In Platone si tratta di pensare a un insieme di virtù utili nella vita buona e nella vita politica, in Plutarco lo stesso sistema di valori a volte serve come monito, per feroci invettive o giudizi più o meno espliciti sull’operato dei singoli all’interno delle istituzioni.

Le testimonianze antiche ricordate, ad esempio, negli studi di Pauline Schmitt Pantel sembrano mostrare che l’omosessualità in Grecia era un momento essenziale dell’esperienza sociale ed educativa dell’individuo, in quanto parte integrante della costruzione dell’identità del maschio, adulto, depositario dei diritti civici. Ora, cosa resta del matrimonio e delle relazioni eterosessuali?

§2- Eterosessualità ed ordine civico

Plutarco ci racconta che molti uomini illustri in Atene avevano un debole per le donne. Cimone, Temistocle, Alcibiade e Pericle. Le donne descritte appartengono a qualunque status sociale: sono libere, etère, prostitute e spose.

Le strategie matrimoniali erano spesso decise sulla base di considerazioni economiche e di alleanze politiche, ed esisteva una discreta libertà anche per le donne di risposarsi, sempre in accordo con i rispettivi tutori: alle donne era concesso divorziare e prendere nuovamente marito a patto che il kyrios (colui che esercitava l’autorità su di lei) pronunci l’engye e le dia una dote. Il matrimonio era infatti simbolo di ordine, era un istituto in grado di arginare i rischi derivanti dalla promiscuità, e permetteva di mettere al mondo figli legittimi ed era la base per la definizione di cittadinanza. Solo con il matrimonio la polis è potuta diventare un organismo politico, il che è facilmente intuibile se si tiene presente che sfera pubblica e privata non erano ancora nettamente distinte, dunque la vita pubblica da cittadino non doveva stridere con la vita privata e il ruolo di marito. Ma esisteva una forma di eros molto potente, consumata fuori dai vincoli del matrimonio e dalla sicurezza del focolare domestico.

L’amore come agapè, come attaccamento tra Pericle e Aspasia è solo in apparenza un elemento di disordine sociale e civico. Amica dei filosofi, dotata di eccezionale intelligenza, Aspasia di Mileto influenzò in modo determinante le scelte di Pericle (l’affare di Samo e il decreto di Megara, solo per citare gli esempi più noti) e molti ateniesi, compreso Socrate, la frequentavano per imparare le tecniche dell’oratoria e per parlare di filosofia.

Cosa possiamo concludere da questa rapida carrellata? Il genere o la teoria del genere nell’Atene del V secolo era una delle declinazioni possibili della (filosofia) politica. Le relazioni omosessuali, connesse con la definizione del maschile, hanno un ruolo pedagogico e politico determinante nel periodo classico. I rapporti eterossessuali all’interno del matrimonio hanno una funzione sociale rilevante nel mantenere l’ordine e la distribuzione delle ricchezze (spesso nei testamenti si suggerivano possibili pretendenti per le nubili al fine di conservare il più possibile il patrimonio di famiglia). Il femminile ha una collocazione determinante nell’equilibrio e nell’ordine sociale: laddove la donna è moglie, essa agisce nel contesto famigliare, laddove è amante (e l’elemento sessuale prende il sopravvento), essa può fare le veci del maschio sul piano dell’educazione politica. Il ruolo di moglie, di domina della famiglia e spesso degli interessi economici legati a proprietà e schiavi, automaticamente esclude la donna dal ruolo pedagogico in politica.

Aspasia, che educa i giovani come i sofisti, è al tempo stesso una straniera, una concubina, una etèra, una madre, una donna degna dell’amore di un uomo come Pericle appunto perché possiede la saggezza. E in quanto insegnante di retorica è perfettamente in grado di governare la città, è alla pari di qualunque uomo dotato delle medesime capacità. Qui ho tracciato solo una rapida panoramica su un argomento che meriterebbe un’analisi più approfondita. Alla luce degli esempi e della documentazione analizzata nei testi indicati in bibliografia, non posso fare altro che abbracciare la tesi di Pauline Schmitt Pantel: in Atene la costruzione di genere finisce sempre con l’avere a che fare con la politica, soprattutto quando i confini tra maschile e femminile si fanno più sfumati.

Bibliografia:

(1) Violaine Sebillotte Cuchet e Nathalie Ernoult, (cur.), Problèmes du genre en Grèce ancienne, Paris, 2007.

(2) Pauline Schmitt Pantel, Aithra et Pandora. Femmes, Genre et Cité dans la Grèce Classique, Paris, L’Harmattan, Bibliothèque du féminisme, 2009.

(3) Pauline Schmitt Pantel, I migliori di Atene. La vita dei potenti nella Grecia Antica, Laterza, 2009 ► http://amzn.to/2fgDkIa

(4) Werner Jaeger, Paideia. La formazione dell’uomo greco, Bompiani, 2003 ► http://amzn.to/2dykBqO

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