Chi attacca la Magistratura è con le Mafie!

Il Maxiprocesso contro Cosa Nostra (spesso identificato solo con il processo di primo grado) fu un operazione epocale per la giustizia italiana, sia per il numero di imputati (inizialmente 475 poi ridotti a 460 durante il processo) ed avvocati presenti (furono schierati circa 200 avvocati difensori, oltre ai numerosi magistrati), sia per le tempistiche, il processo infatti durò 8 anni, ebbe inizio il 10 febbraio 1986 (giorno di inizio del processo di primo grado) per terminare soltanto il 30 gennaio 1992 (giorno della sentenza finale, il terzo grado di giudizio, della Corte di Cassazione) il cui epilogo fu l’emissione in termini di condanne portò a 19 ergastoli e pene detentive per un totale di circa 2665 anni di reclusione.

Il duro colpo inflitto a Cosa Nostra portò ad una vera e propria guerra tra lo Stato e la “mafia” che, fino a quel momento, secondo le dichiarazioni di Tommaso Buscetta (noto come il Boss dei due mondi, per i suoi legami oltreoceano, in particolare con i Narcos di Messico e Colombia e con la criminalità organizzata negli USA), avevano “collaborato“, fin dalla seconda guerra mondiale (ricordando il ruolo di Lucky Luciano nell’organizzazione dello sbarco in Sicilia) in diverse occasioni.

Le dichiarazioni/confessioni di Buscetta non avvennero immediatamente dopo il processo, ma arrivarono circa 10 anni più tardi (Buscetta confessò nei primi anni 2000), nel frattempo però, la guerra tra stato e mafia portò ad una serie di violenti attacchi da parte di Cosa Nostra alle istituzioni e alla magistratura, attentati che costarono la vita a gran parte del pool antimafia che aveva combattuto cosa nostra, portando alla morte, tra gli altri, uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e contribuirono a segnare la “fine” dell’esperienza politica della Democrazia Cristiana, la cui leadership fu ritenuta responsabile da un lato dei passati accordi tra stato e mafia e dall’altro del “tradimento” dello Stato Italiano ai danni di Cosa Nostra che aveva permesso l’attuazione del Maxiprocesso.

Tra i motivi che permisero a Cosa Nostra di iniziare una vera e propria guerra allo stato fu il precedente storico degli anni di piombo, una parentesi oscura della nostra storia in cui le Brigate Rosse avevano messo in evidenza l’incapacità dello stato Italiano di proteggere i propri cittadini e soprattutto di poter combattere efficacemente contro le organizzazioni terroristiche, inoltre, stando alle dichiarazioni di Buscetta, proprio durante gli anni di piombo, in diverse occasioni lo stato ricorse alla collaborazione con la criminalità organizzata nel tentativo di arginare il terrorismo e fu proprio questa “presunta” collaborazione a fornire alle Mafie la capacità, le informazioni e la consapevolezza di poter iniziare in tutta sicurezza una guerra contro lo stato.  Molti sostengono addirittura un coinvolgimento della criminalità organizzata romana durante le prima fasi di ricerca dopo il sequestro di Aldo Moro nel 1978.

In risposta ai violenti attacchi delle Mafie ai danni della Magistratura, e in seguito alla grande popolarità ottenuta da alcuni magistrati in seguito alla vicenda Tangentopoli, molti magistrati, sentendosi “abbandonati” dallo stato e dalla nuova politica degli anni 90, decisero di scendere nelle piazze, abbandonando la toga e iniziando a fare politica guadagnandosi l’appellativo (negativo) di “toghe rosse”, con cui un’importante fetta politica e dell’imprenditoria italiana ha iniziato ad attaccare la magistratura e gli ex magistrati passati alla politica.

Un’intervista su Craxi e il Psi al professor Luigi Musella

 

L’intervista di oggi è al professor Luigi Musella  autore di una biografia su Craxi  ( Salerno Editrice. 2007)  e insegna Storia Contemporanea presso l’Università di Napoli «Federico II».

Craxi come politico è stato una delle figure principali della storia dell’Italia repubblicana, tuttavia  poche sono le biografie e gli studi che si sono occupati di lui:. Secondo Lei ciò a cosa è dovuto? Quanto questa mancanza di studi è influenzata dal modo in cui è terminata la vicenda politica di Craxi?

Sicuramente in Italia c’è sempre stato un legame tra politica e storiografia. In qualche modo gli storici hanno sempre ritenuto che l’oggetto della ricerca fosse rappresentativo della propria inclinazione politica. Non c’è dubbio, quindi, che Craxi ancora oggi è carico dei valori che la sua fine politica gli ha attribuito.

-In che contesto si  è formato il giovane Craxi  e che ruolo ebbe il padre nella sua formazione?

Craxi si è formato in un clima politico che all’ideologia attribuiva molto peso. La vicenda del padre ha influito molto, soprattutto per i suoi rapporti con il Pci, ritenuto un partito poco democratico e oppressivo nei confronti del Psi. E’ chiaro, inoltre, che la sua iscrizione al Psi s’inseriva in una forte tradizione familiare.

-L’ascesa di Craxi alla segreteria del PSI avvenne in un momento particolare cioè quando era finita la formula di governo del centro-sinistra e nella fase in cui si iniziava a parlare di compromesso storico. Quale era la situazione interna al PSI quando Craxi diventò Segretario del  partito?

 

Il Psi usciva da una pesante sconfitta elettorale. Era poi finito un ciclo politico che imponeva un ricambio generazionale. De Martino e Mancini erano, in qualche modo, alla fine della loro leadership nazionale. Craxi sembrò a molti una soluzione transitoria. Si sottovalutò il carattere del leader, che lottò non poco negli anni successivi per affermare il suo dominio.

 

-In che modo Craxi cercò di dialogare con la DC evitando un ritorno all’esperienza del centro-sinistra?

In realtà Craxi cercò di affermare un ruolo nuovo per il Psi. Tra Dc e Pci ritenne che il Psi dovesse far valere la propria centralità e necessità per la formazione di una maggioranza. Quindi, nonostante il piccolo peso elettorale, i socialisti avrebbero dovuto puntare alla propria indispensabilità. Il centro-sinistra, secondo Craxi, aveva finito solo per esaurire i socialisti, utilizzati strumentalmente dalla Dc.

 

-Durante il sequestro di Aldo Moro, Craxi prima sostenne la linea della fermezza, successivamente la linea della trattativa,quali furono le motivazioni che portarono a questo cambiamento?

Craxi fu più un abile tattico che uno stratega. La sua scelta su Moro servì a esaltare il Psi in una posizione un po’ solitaria, ma che lo potesse ripagare sul piano del consenso.

 

-Nella parte finale del suo libro scrive di un rapporto molto stretto tra Craxi e Cossiga, questo rapporto era già presente anche quando i due ricoprivano incarichi istituzionali?

Si.

 

-Un aspetto importante per capire Craxi e la sua esperienza politica è quella del suo anticomunismo, in che contesto politico e culturale maturò questo suo anticomunismo che caratterizzerà tutta la sua vicenda politica?

L’anticomunismo di Craxi fu deciso fin dalle sue prime esperienze a Sesto S. Giovanni. Poi ci furono i viaggi giovanili nei paesi dell’est. Riteneva il Pci un partito antidemocratico al suo interno e un partito che voleva imporre la dittatura al paese. Poi, memore dell’esperienza politica paterna, non credeva assolutamente in una alleanza tra Pci e Psi. I comunisti, secondo lui, volevano solo egemonizzare gli altri partiti di sinistra.

 

-Uno degli episodi più studiati dell’esperienza politica di Craxi è quello che successe a Sigonella. In che contesto internazionle si sviluppò questa vicenda?

Craxi ha sempre creduto che l’Italia dovesse avere un ruolo nevralgico nel Mediterraneo e ha sempre avuto un buon rapporto con i paesi del Mediterraneo. E’ nota la sua sintonia con Arafat. Anche se questa sua politica trovò spesso una sponda favorevole in molti democristiani. Sigonella fu la riaffermazione dell’autonomia dell’Italia soprattutto nei confronti degli Stati Uniti.

 

La crisi del Psi e l’ascesa alla segreteria del partito di Craxi

La morte di Aldo Moro

Il 9 maggio del 1978 com’è noto, fu ritrovato, nel bagagliaio di una Renault 4 di colore rosso, il corpo senza vita del giurista, allora segretario della Democrazia Cristiana (DC) Aldo Moro.

La morte di Moro ed il ritrovamento del cadavere rappresenta la fine di una lunga prigionia durata 55 giorni, iniziata appunto con con il rapimento di Moro, avvenuto il 16 maggio del 1978, nel quartiere Trionfale nella zona Monte Mario di Roma, non lontano dalla sede della camera dei deputati.

L’automobile su cui viaggiava Moro, una Fiat 130 fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse all’incrocio tra via Mario Fiani e via Stresa. In pochi secondi il commando eliminò la scorta, rapì Moro e si dileguò, sparendo nell’ombra.

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