Hitler: il prodotto di una pedagogia nera


La proiezione del vissuto infantile nella storia mondiale


Le gesta di Adolf Hitler sono note, in modo più o meno dettagliato, a tutti. Quello che c’è stato dietro quelle gesta, ciò che ha prodotto quel risultato: se lo chiedono in pochi. In molti si soffermano sulle date, sugli avvenimenti, sulle invasioni, sulle alleanze. In pochi si chiedono chi sia stato veramente A. Hitler, e ancora meno si soffermano a capire il ragionamento di un dittatore o di un folle, come alcuni lo definiscono. In molti si affrettano a dare giudizi: il nazismo un bene o un male? Hitler, bravo o cattivo? Non diamo giudizi, cerchiamo di capire.

L’Infanzia

Adolf Hitler era figlio di Kiara Polzi e Alois Hitler, entrambi austriaci, di probabile origine ebrea e quasi sicuramente consanguinei. Adolf era il quarto ed unico figlio della coppia, sopravvissuto sano fino all’età adulta. Proprio per questo motivo la madre, Kiara, si dice che lo amò profondamente. Ma se ragioniamo sul concetto di amore vero e puro, sappiamo tutti che questo corrisponde ad un’apertura e ad un’attenzione nel comprendere quelli che sono i veri bisogni di un figlio. Il comportamento di Kiara non corrisponde a questo concetto, perché in lei non c’era quest’apertura e attenzione e proprio quando manca questa disponibilità, il bambino viene viziato, vale a dire colmato di concessioni e sommerso di oggetti di cui non ha affatto bisogno, solo come surrogato per ciò che non gli si può dare a causa dei propri problemi personali. Se Adolf fosse stato davvero amato, avrebbe acquisito anch’egli la capacità di amare. Le sue relazioni con le donne, le perversioni dimostrano che non aveva ricevuto affetto da nessuno dei due genitori. Ma come Kiara poteva amare Adolf, dopo che gli erano morti tre figli? Lei visse questi decessi come uno shock, che la portarono così ad aver paura di amare. Una paura inconscia derivante dal costante timore che anche quest’ultimo figlio potesse andare incontro alla stessa sorte degli altri tre. Neanche Alois amò Adolf, al contrario lo picchiava spesso e picchiava anche la moglie. Alois rappresentava la figura dominante della famiglia, tutti dovevano essere sottomessi alla sua volontà ed alla sua eccessiva intransigenza, specialmente in pubblico. Bello, affascinante, forte, feroce: questo era il padre di Adolf Hitler.

La proiezione

Sulla scena della politica mondiale egli recitò senza rendersene conto il vero dramma della sua infanzia. La struttura della sua famiglia si può descrivere come il prototipo di un regime totalitario. Il suo unico e incontrastato signore è il padre. La moglie e i figli sono completamente sottomessi al suo volere, l’obbedienza è la loro principale regola di vita. Il regime totalitario istituito da Adolf Hitler non è quindi altro che il prodotto della pedagogia nera, ovvero di un’infanzia tragica e segnata da continue violenze ed abusi. Proprio nelle gesta di Hitler, nell’istituzione del suo regime, si vede come egli per reagire a questa pedagogia nera abbia scomposto il proprio sé reagendo con la proiezione ovvero con l’attribuire a persone o oggetti esterni i propri impulsi e desideri proibiti; l’intolleranza dell’individuo nei riguardi degli altri è accompagnata dalla severità verso sé stesso; l’effetto di questo meccanismo è la rottura del legame tra gli istinti inaccettabili e l’io. Un regime totalitario che probabilmente non sarebbe mai nato se Hitler avesse avuto un’infanzia diversa. Egli, inconsciamente, incarnò quindi il padre. Alois era rappresentato da Hitler in entrambe le sue forme: il ridicolo dittatore in uniforme, così come lo vedeva Adolf ed il grande dittatore, ammirato ed amato dalle masse, visione che invece aveva la madre Kiara di Alois. Ma se da un lato Adolf incarnò, inconsciamente, la figura del padre, sul piano conscio egli voleva vendicarsi di lui. Il sospetto che il padre fosse ebreo, fece in modo che Adolf identificò negli ebrei il nemico da estirpare e su cui consumare la propria vendetta. Egli trasferì alle masse, ovvero a se stesso e a sua madre, tale concetto. Possiamo, in conclusione, affermare che anche dietro lo scenario più folle ed abominevole della storia c’era una logica, criminale, ma neanche tanto complessa e strana. Hitler non è stato quindi un semplice dittatore, un folle, un malato, bensì il risultato di un’educazione sbagliata e del tentativo di correggere il proprio passato non gradito, attraverso la proiezione del proprio vissuto infantile in uno scenario mondiale. A farne le spese sono stati milioni di uomini e donne che hanno avuto la sfortuna di appartenere a quel target che Hitler identificò come nemico. Adolf adulto e nelle vesti del führer rappresentava il padre nel senso autoritario, le masse erano identificate come Kiara ed Hitler bambino e gli ebrei come il padre nel senso del nemico da cui Hitler bambino doveva a tutti i costi difendersi e difendere sua madre. E tutto torna, tutto ha una sua logica.

Fonti:

I Meccanismi di Difesa secondo A. Freud (http://www.igorvitale.org/2015/01/27/9-meccanismi-di-difesa-secondo-anna-freud/)

Psicopatologia di Hitler (http://www.igorvitale.org/2016/06/04/psicopatologia-di-hitler/)

Il profilo psicologico di un criminale (http://www.igorvitale.org/2016/07/05/psicologia-di-hitler-profilo-psicologico-criminale/)
L’ascesa al potere di Adolf Hitler (http://www.raistoria.rai.it/articoli/l%E2%80%99ascesa-di-hitler/32524/default.aspx)

 

Crociata e jihad a confronto

Crociata e jihād due termini spesso confusi tra loro ed usati come sinonimi. Entrambi i termini possono essere collegati sotto la categoria della “guerra santa”, ma da essa, come tra di loro, esistono delle differenze sostanziali.  Prima di mostrare le differenze che intercorrono tra la crociata e il jihād, farò una piccola digressione descrivendo brevemente la loro origine e i precetti cardine su cui si sostengono.

La crociata venne invocata per la prima volta dal papa Urbano II – vicario di Cristo dal 1088 al 1099 − nel suo discorso di Clermont nel 1095, che aveva come obiettivo la riconquista del luogo più sacro della cristianità: Gerusalemme. Delle guerre sante di rioccupazione dei territori cristiani perduti erano già state intraprese nel passato come sarebbero state combattute nel futuro, ma nessuna di esse raggiunge la sacralità della ripresa di Gerusalemme e del santo sepolcro di Cristo. Il papa, per tale scopo, si rivolse a tutta la cristianità scavalcando l’autorità di re e principi e pregando ogni credente di imbracciare le armi, promettendo anche ricompense ultraterrene, per recuperare l’eredità del figlio di Dio. I toni poi presero anche una piega apocalittica e profetica poiché le sacre scritture descrivevano la presa di Gerusalemme come il prologo per l’Armageddon. Tuttavia, prima di andare a Gerusalemme, l’ultimo imperatore dei tempi doveva convertire gli ebrei, per cui le successive stragi perpetrate contro il popolo ebraico sono il risultato del loro rifiuto a convertirsi al cristianesimo. Con la conquista di Gerusalemme, infine, si sarebbe aperta una nuova via sicura per la città santa. Via che secondo alcuni cronisti dell’epoca era minacciata dalla presenza degli infedeli. La crociata era la guerra santa per eccellenza, volta alla liberazione di Gerusalemme.

 

Il jihād ha come scopo la conquista dei territori non ancora sottomessi all’Islam. Alcuni studiosi del Corano ritengono che questa lotta sia interiore, piuttosto che fisica; una lotta spirituale tra bene e male. È indubbio che al principio il jihād venne inteso nel senso guerriero, infatti lo stesso Maometto combatté le tribù arabe e promise il paradiso per coloro che sarebbero morti in nome di Allah. Tuttavia non necessariamente predicò la conquista oltre l’Arabia, come fecero i suoi successori nei secoli successivi alla sua morte. Il Profeta prevedeva inoltre una certa tolleranza nei confronti degli ebrei e dei cristiani perché riconosceva un origine, un’illuminazione comune. Illuminazione che, per i musulmani, era completata dal Corano. Perciò gli ebrei e i cristiani che vivevano nel mondo musulmano erano ‘protetti’ – dhimmi – e relativamente poco disturbati. Si parla di differenza davanti alla giustizia e al fisco, distinzioni nell’abbigliamento e un generale disprezzo da parte dei musulmani. Gli ebrei e i cristiani erano però liberi di praticare i loro riti liberamente, pur tuttavia senza cercare e formare nuovi seguaci, nel pieno rispetto delle leggi e dell’autorità musulmana.

 

È da questo ultimo aspetto del mondo musulmano che si nota la prima differenza con quello cristiano. Gli ebrei e i cristiani venivano ‘protetti’ dai musulmani, che riconoscevano loro un’origine comune. Così però non era, se non in parte, per i fedeli di Cristo. Infatti gli ebrei ricoprivano quella carica di ‘protetti’. Erano visti come dei fedeli incompleti e godevano, anche se in minor misura, della stessa ‘tolleranza’. I musulmani invece erano visti come un’aberrazione, un’eresia, un castigo divino. Altra differenza è la predicazione del jihād, il quale è volto a riconquistare i territori profondamente cristianizzati come il vicino Oriente, l’Africa, la Spagna e altre regioni. Questo aspetto ha conferito un’ulteriore aura di sacralità per i cristiani che avevano visti invasi, conquistati e saccheggiati i propri luoghi sacri: Roma era stata saccheggiata nell’846 d.C.; Santiago de Compostela veniva distrutta nel 997, e Gerusalemme era una meta di pellegrinaggio da tempo in mano agli infedeli. L’impegno per la riconquista dei territori perduti e dei luoghi sacri avrebbe indotto Dio a placare la sua furia e a ristabilire lo status quo ante. Infine il jihād è originario nella fede musulmana, sia che lo si intenda come una lotta armata sia come una spirituale. Esso è voluto dai fedeli per estendere il ‘territorio della fede’. Invece la crociata, e in generale la guerra santa, è un frutto dell’evoluzione socio-politica di circa mille anni. Essa è una guerra che volta le spalle alla dottrina della prima Chiesa e dei precetti evangelici.

 

In conclusione il jihād è una forma di guerra santa prevista dalla religione musulmana e reclamata dai fedeli per la conquista, o riconquista, di territori della fede. La crociata è la più santa tra le guerre sante, ha come obiettivo la riconquista di Gerusalemme e della tomba di Cristo, volta le spalle ai precetti evangelici ed è invocata e voluta dal papa.

 

Bibliografia

La guerra santa di Flori Jean

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