Ucraina: Via al ritiro delle truppe russe dal Confine. Per Mosca il Ritiro era pianificato da tempo.

Mosca ritira le truppe dal confine ucraino, continuando a parlare di isteria occidentale

Per la Russia sono finite le esercitazioni, non c’è alcun merito dell’occidente nel ritiro delle truppe dal confine con l’Ucraina e continua la retorica dell'”isteria occidentale”.

Ora, la domanda da porsi è, in cosa si stavano “esercitando” accerchiando l’Ucraina?

La risposta più ovvia a questa domanda, che non vedrà mai un ammissione da parte della Russia è che, si stavano esercitando all’invasione dell’Ucraina.

Probabilmente l’intento russo era quello di mettere pressione al paese confidando sul menefreghismo europeo e americano, facendo leva sul proprio Gas Naturale da cui l’Europa è dipendente.

Questa leva però, non ha funzionato, questa volta, grazie all’attivazione di canali alternativi che avrebbero portato Gas in Europa da altre parti del mondo.

Le esercitazioni, che nelle mire del Cremlino, servivano a sondare il terreno in vista di un occupazione su larga scala dell’Ucraina, hanno dato l’esito inverso, ed hanno portato alla Russia un messaggio chiaro, forte e deciso, la Russia, non può invadere ulteriormente e impunemente uno stato sovrano (di cui comunque controlla ancora un importante regione, la Crimea).

Ufficialmente la Russia sta ritirando le proprie truppe, ma, le sta ritirando davvero? Secondo la NATO non è proprio così, ma di questo parleremo più avanti nel post.

Ora però si apre un nuovo scenario.

In Ucraina c’è una forte presenza di militari occidentali, che, ufficialmente sono lì in difesa della sovranità dell’Ucraina su richiesta della stessa Ucraina, ma, allo stesso modo, per le correnti filorusse del paese, possono apparire ed essere raccontate come forze di occupazione.

In altri termini, possiamo aspettarci che, nei prossimi mesi, se i militari occidentali rimarranno nel paese, la Russia, inizierà a raccontare questa versione, probabilmente coadiuvata dalle varie forze filorusse di tutta l’Europa orientale, e delle varie leadership sovraniste (molto vivine a Putin).

La domanda che quindi dobbiamo porci a questo punto è, quanto gli USA rimarranno in Ucraina? e, se l’Ucraina chiederà agli USA di lasciare il paese, lo faranno senza obiettare? o la paura di un invasione russa dell’Ucraina restituirà, agli occhi di molti, l’immagine di un avvenuta invasione americana dell’Ucraina?

Quasi certamente, nei prossimi mesi, sentiremo parlare di imperialismo americano a danno della sovranità Ucraina, da parte di un paese, la Russia, che, fino a ieri, ammassava soldati, e mezzi ai confini dell’Ucraina.

Tornando alla NATO di cui sopra.

La NATO, come anticipato, non è certa dell’effettivo ritiro, o del fatto che il ritiro fosse programmato, e, l’esempio storico della recente crisi in Crimea, in seguito occupata dalla Russia, parla da solo.

Già all’epoca la Russia iniziò delle esercitazioni al confine, per poi ottenere un referendum, privo di alcun valore, in cui la minoranza Russa della regione, richiedeva l’indipendenza della Crimea dall’ucraina e l’annessione alla Russia.

Contestualmente al referendum, ricordiamo, fecero ingresso in Crimea, numerosi uomini armati e mezzi, senza bandiera, che, ufficialmente non erano legati in alcun modo alle forze armate Russe, anche se poi, finita la crisi e ottenuta l’annessione, sulle uniformi di quegli uomini sono magicamente apparse bandiere russe.

Molto probabilmente la Russia intende ripetere la stessa strategia, con una differenza sostanziale rispetto al 2014. All’epoca l’Ucraina venne abbandonata dal resto del mondo, con l’Europa che guardava dall’altra parte e gli USA che guardavano da lontano. Oggi invece, nel paese, c’è una massiccia presenza occidentale e la possibilità che il paese entri a far parte della NATO.

Ucraina nella NATO

Il possibile ingresso dell’Ucraina nella NATO è, senza troppi giri di parole, il fattore scatenante di questa crisi, la Russia, per sua stessa ammissione, non vede di buon occhio l’espansione della NATO ad oriente, e non gradisce un paese NATO ai propri confini, soprattutto se quel paese garantisce alla NATO un accesso secondario al Mar Nero, il cui ingresso è controllato da un altro paese membro dell’alleanza atlantica, la Turchia.

Se dovesse concretizzarsi l’adesione dell’Ucraina al patto atlantico, il potere di negoziazione della Turchia verrebbe meno, e, quel paese strategicamente significativo, che per la propria posizione gode di imponenti scudi diplomatici che gli garantiscono impunità ai propri crimini, si ritroverebbe costretto a dover ammorbidire le proprie posizioni.

Allo stesso tempo però, la Turchia, rappresenta una risorsa fondamentale per l’Europa, sia per quanto riguarda il controllo dei flussi migratori, poiché il paese trattiene gran parte dei migranti della rotta balcanica, sia perché il paese anatolico ospita uno dei principali oleodotti e gasdotti che trasportano gas e petrolio in europa.

La Turchia gioca quindi un ruolo chiave per l’Europa, nel frenare le pressioni Russe, permettendo in parte all’Europa di non piegarsi ai ricatti energetici di Putin, ma questo ha un prezzo, e il prezzo è che ora, la Turchia, se da un lato perde una piccola parte della propria centralità nel controll o del Mar Nero, dall’altra acquisisce centralità e importanza sul piano energetico, diventando potenzialmente uno dei principali interlocutori dell’Europa, per quanto riguarda l’afflusso di idrocarburi e gas naturale.

Trump dichiara ANTIFA un organizzazione terroristica, da non confondere con l’Antifascismo.

Washington DC erano le 18:23, (ora italiana) quando il presidente della prima democrazia al mondo, ha dichiarato che “Gli Stati Uniti d’America designeranno ANTIFA come organizzazione terroristica”, un tweet di Donald Trump che non lascia molto spazio all’immaginazione, ma che può può facilmente essere frainteso.

The United States of America will be designating ANTIFA as a Terrorist Organization.
-Donald Trump, 31 Maggio 2020…

Washington DC erano le 18:23, (ora italiana) quando il presidente della prima democrazia al mondo, ha dichiarato che “Gli Stati Uniti d’America designeranno ANTIFA come organizzazione terroristica”, un tweet di Donald Trump che non lascia molto spazio all’immaginazione, ma che può può facilmente essere frainteso.

Chiariamo una cosa quindi, Trump, non ha detto che gli USA tratteranno l’antifascismo come un organizzazione terroristica, ma ha ha scritto che gli USA tratteranno ANTIFA come un organizzazione terroristica.

Può sembrare la stessa cosa, ma non è assolutamente così, ANTIFA sta all’antifascismo come Al Qaeda sta all’Islam o come il KKK stava alla chiesa cattolica, sono cose diverse, sono cose diverse, la prima, ANTIFA, è una rete spontanea, la seconda, l’antifascismo, un Ideologia, e in quella rete spontanea, ci sono dei terroristi che, già in passato hanno compiuto attentati, così come ci sono persone con un ideale.

In ogni caso, Trump, non ha reso e non intende rendere l’antifascismo illegale, o considerare gli antifascisti dei terroristi, i soli che verranno considerati terroristi saranno coloro che, in nome dell’antifascismo, piazzeranno progetteranno o compiranno attentati.

Cerchiamo allora di mettere un po’ di ordine e capire cosa volesse dire Trump con quelle parole e perché le ha dette.

Che cos’è ANTIFA?

Qualcuno potrebbe giustamente chiedersi, cos’è ANTIFA? e la risposta più semplice è che ANTIFA, abbreviazione di anti fascist action o meglio si tratta di un movimento politico, apartitico, che quindi non si identifica in nessun partito politico, generalmente associata a valori di sinistra o anarchici, anche se tra padri del movimento vi erano numerosi uomini appartenenti anche e soprattutto ad altri ambienti politici, come la destra liberale.

L’intento di ANTIFA questo movimento di ispirazione antifascista è fondamentalmente uno, impedire, denunciare e opporsi alla nascita di movimenti di estrema destra di ispirazione fascista, che, al di la del nome del partito politico italiano degli anni venti, identifica una ben precisa ideologia politica di estrema destra sovranista e conservatrice che presenta al proprio interno alcuni elementi di socialismo nazionalista.

ANTIFA e Antifascismo

ANTIFA è un organizzazione di matrice antifascista, che quindi si ispira al manifesto politico dell’antifascismo scritto in italia nel 1925, redatto da Benedetto Croce e firmato, tra gli altri, da uomini del calibro di Giovanni Gentile.

Tuttavia, tra l’ispirazione antifascista e ciò che ANTIFA è effettivamente, c’è un intero mondo. Insomma, ANTIFA non è l’antifascismo, così come il partito comunista dell’unione sovietica non è il comunismo. All’atto pratico ANTIFA è un organizzazione spontanea, un collettivo, riconosciuto ufficialmente in alcuni paesi, come gli USA, ma che non ha un proprio organico o una propria sede ufficiale e in particolare, negli USA, già dal 2017, ANTIFA è sotto l’attenzione di diverse agenzie federali.

ANTIFA negli USA

Negli USA il movimento ANTIFA ha tratti molto radicali, e vede tra i propri militanti numerosi simpatizzanti dell’estrema sinistra ed anarchici, uomini e donne mossi da precise idee politiche antifasciste, anticapitaliste e anticlassiste che, non trovano spazio nella politica ufficiale fortemente centrista incarnata dai due grandi partiti Democratico e Repubblicano.

Negli ultimi anni, in particolare dall’elezione di Donald Trump, il movimento ANTIFA negli USA ha denunciato uno slittamento della politica nazionale, soprattutto negli ambienti repubblicani, verso l’estrema destra, slittamento incarnato dal trionfo del sovranismo di Trump e una politica federale ed estera sempre più protezionista e aggressiva. Questo spostamento ha fatto si che il movimento di ispirazione antifascista aumentasse la propria attività e il proprio attivismo, organizzando numerose manifestazioni, e in alcuni casi ricorrendo ad azioni violente, che hanno attirato l’attenzione delle agenzie federali per la sicurezza interna, in particolare l’FBI.

All’apice dei disordini partiti da Minneapolis dopo la morte dell’afroamericano George Floyd, causata da un agente di polizia, il movimento ANTIFA di Minneapolis, già noto ai federali per il proprio temperamento, si è reso protagonista delle manifestazioni, e degli scontri con le forze dell’ordine, provocando, tra le altre cose, atti vandalici e criminali, il tutto elevando una dialettica per cui la violenza della polizia contro le rappresaglie succedute all’omicidio di George Floyd, venivano associate al fascismo.

My 2 Cent

Ho voluto riassumere eventi e concetti così da gettare le basi per quelle che saranno le mie personali conclusioni.

Appena ho letto la notizia ho subito pensato “ok, Trump ha reso illegale l’antifascismo negli USA” in realtà non è proprio così, ANTIFA e Antifascismo, come specificato, sono cose diverse, anche se, spesso associate impropriamente, per intenderci, ANTIFA sta all’Antifascismo come Al Qaeda sta all’Islam e in teoria, condannare ANTIFA non significa condannare l’Antifascismo.

In teoria, all’atto pratico ANTIFA è percepito come l’incarnazione stessa dell’antifascismo e dunque, dichiarare ANTIFA un organizzazione terroristica, significa puntare il dito contro l’antifascismo in generale. Questo non significherà che chiunque si dichiarerà antifascista negli USA verrà arrestato e portato in prigioni come Guantanamo, o che si ricorrerà al Patrioct ACT per arrestare antifascisti e organizzazioni antifasciste nel paese, del resto, negli USA non si viene arrestati perché islamici, ma, e c’è un enorme ma, se a livello giuridico ANTIFA e Antifascismo sono cose separate, per l’opinione pubblica non è così, per l’opinione pubblica ANTIFA è l’Antifascismo, e questo è un grosso problema.

Apro una parentesi sul patrioct act, per chi non sapesse di cosa si tratta, è una legge speciale varata dopo l'11 settembre 2001 che attribuisce alle forze dell'ordine poteri speciali in caso di terrorismo o minacce alla sicurezza nazionale, e per poteri speciali si intende che i sospettati possono essere interrogati senza un avvocato, possono essere arrestati senza mandato, possono essere trattenuti in cella per più di 24 ore, inoltre, le forze dell'ordine non hanno limiti nell'uso della forza. 

Parlando di problemi, forse per i Democratici statunitensi è una fortuna che Bernie Sanders abbia scelto di ritirarsi dalla corsa alle presidenziali, poiché da giovane e ha lo ha ribadito di recente, Sanders si è dichiarato Antifascista, e vista l’impropria associazione tra ANTIFA e antifascismo… ma questa è un altra storia.

Parlando dell’impatto di queste dichiarazioni sull’opinione pubblica, in un momento di grande tensione come questo, in cui ANTIFA si è reso protagonista degli scontri con la polizia a Minneapolis, e numerosi movimenti antifascisti stanno guidando manifestazioni, pacifiche e non, il rischio che queste manifestazioni d’ora in avanti assumano tratti più violenti, non è da escludersi.

Cito i fatti di Minneapolis perché c’è una connessione diretta tra le cose, qualcuno potrebbe pensare che è curioso che, questa dichiarazione di Trump, cada proprio in questo momento, ma la verità è che non è un caso, guardiamo allora al quadro generale.

Mentre il popolo USA protesta contro gli abusi delle forze dell’ordine e della polizia e i manifestanti definiscono Fascisti i poliziotti USA e la polizia reprime le manifestazioni in USA quasi peggio di quanto la non stia facendo la polizia Cinese ad Hong Kong, il presidente Trump, amico dei Sovranisti dichiari di voler trattare ANTIFA come un organizzazione terroristica.

La realtà è che questa dichiarazione, all’atto pratico, non significa nulla, ci sono collettivi ANTIFA negli USA che già ora sono monitorati dall’FBI sospettati di essere terroristi e sovversivi, così come ci sono associazioni di supremachisti bianchi sotto la lente dell’FBI, ma ci sono anche collettivi ANTIFA in cui militano poliziotti, figli di poliziotti, nipoti di militari veterani della seconda guerra mondiale che il fascismo, quello vero, lo hanno combattuto.

Ciò che credo accadrà in seguito a queste dichiarazioni, ha un carattere soprattutto politico, non necessariamente negativo, ma certamente non positivo. Molto probabilmente seguiranno distorte dichiarazioni da parte di politici statunitensi e stranieri, che fingendo di non capire la differenza tra ANTIFA e Antifascismo, punteranno il dito contro l’antifascismo, e questo lo vedo molto probabile soprattutto in paesi come l’Italia. Credo ci sarà maggiore disordine sociale e credo che le manifestazioni negli USA si inaspriranno, soprattutto da parte della polizia.

Per quanto riguarda ANITFA in generale, se i suoi militanti piazzano bombe carta, distruggono e saccheggiano negozi e assaltano centrali della polizia, non serve che il presidente li dichiari pubblicamente terroristici, perché neanche negli USA il presidente è il giudice supremo dello stato, chi commette dei crimini deve essere arrestato e giudicato di fronte alla legge, e nel rispetto della legge. Non dovrebbero esistere eccezioni, o distinzioni, come le eccezioni per i terroristi o presunti tali, ne dovrebbero essere fatti dei distinguo tra le varie organizzazioni criminali di estremisti religiosi o politici.

Con questo cosa voglio dire?

Voglio dire che se un uomo, bianco, entra in una moschea e urla “make america great again” prima di aprire il fuoco e fare una strage, non può essere trattato diversamente da un uomo, di colore, che entra in una chiesa e urla “allah akbar” prima di aprire il fuoco e fare una strage, purtroppo però, queste differenze, soprattutto negli USA ci sono, il colore della pelle o l’orientamento politico, fanno la differenza tra un attentato terroristico e il gesto di un folle.

Conclusioni

In conclusione Trump non ha reso illegale l’antifascismo, ne ha dichiarato di voler rendere illegale l’antifascismo, il dito di Trump è puntato contro un organizzazione, che già ora, e da diversi anni, è sotto l’occhio delle agenzie federali, e che ha compiuto diversi attentati terroristici. ANTIFA non è un organizzazione terroristica, e Trump non ha il potere di trasformare arbitrariamente un movimento politico in un organizzazione terroristica.

Tra l’altro, la propaganda statunitense durante la seconda guerra mondiale, era di matrice antifascista, la missione degli USA era quella di liberare l’europa dal fascismo e dal nazismo, dichiarare illegale l’Antifascismo, significherebbe screditare gli eroi americani che hanno combattuto e sono caduti durante la seconda guerra mondiale e legittimare il nome di Hitler e Mussolini.

Persino Trump, nella sua follia, sa perfettamente che una cosa del genere, probabilmente gli costerebbe una condanna per tradimento.

Curdi traditi dagli USA?

Per anni, gli Stati Uniti sono stati accusati di trovarsi abusivamente in curdistan (turchia, siria, iraq, iran) e ora che vanno via, vengono criticati per essere andati via …

Curdi traditi dall’occidente, Curdi abbandonati dagli USA, gli USA si ritirano lasciando campo libero alla Turchia, ecc ecc ecc.

Questi sono, a grandi linee i titoli dei giornali nazionali e internazionali, sulla vicenda curda, la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi e la conseguente avanzata turca di occupazione di quei territori.

Oggi, intorno alla metà di ottobre del 2019 il mondo intero guarda con rabbia e punta il dito contro gli Stati Uniti, contro il presidente Trump, per aver abbandonato il popolo curdo, popolo che, durante la guerra all’ISIS è stato determinante nel conseguimento di alcuni importanti vittorie contro lo stato islamico.

Oggi la situazione è questa, i curdi vengono raccontati in questo modo, come un popolo senza stato. che è stato sfruttato durante la guerra e poi è stato abbandonato al proprio destino, gettato via come uno straccio vecchio che non serve più, dagli stati uniti.

Se però facciamo un salto in dietro nel tempo, di uno, due, tre, cinque anni, la narrazione cambia, pur non cambiando di una virgola.

La regione del Kurdistan

Per anni, durante la propria presenza nel vicino oriente, in quell’angolo di mondo diviso principalmente tra Siria, Turchia, Iraq e Iran, in cui dimora, separato da confini politici, il popolo curdo, gli Stati Uniti, sono stati accusati, rispettivamente da Siria, Turchia, Iran e Russia, di trovarsi lì’ illegalmente, di aver occupato in maniera illegittima il territorio siriano o turco.

Accuse abbastanza ridicole se lanciate dalla Russia che contemporaneamente portava avanti l'occupazione della Crimea, sottraendola con la forza all'Ucraina ed annettendola ai territori russi, dico ai territori e non allo stato perché se da un lato la Russia rivendica l'appartenenza della Crimea alla Russia, dall'altro, le persone che vivono in crimea, non godono di alcun diritto politico e civile, ma questa è un altra storia.

Per anni, gli Stati Uniti sono stati accusati, pubblicamente, sia dai leader delle singole nazioni, che dai loro rappresenanti alle Nazioni Unite, di trovarsi abusivamente nel vicino oriente, di torvarsi abusivamente in Siria e turchia e di interferire in operazioni che riguardavano esclusivamente Turchia e Siria, competenza poi estesa alla russia perché alleata della Siria e la cui presenza era legittimata dalle richieste del “legittimo” leader Siriano.

La cui legittimità è più quella di un principe ereditario che di un leader democraticamente eletto in una repubblica, ma anche questa è un altra storia.

Coem dicevo, per anni, è stato richiesto agli USA, dal mondo intero, e dal diritto internazionale, di ritirarsi dal “kurdistan”, ed ora che lo hanno fatto vengono, gli USA vengono accusati di aver abbandonato i curdi.

Insomma, che gli USA fossero rimasti o fossero andati via, sarebbero stati accusati di qualcosa.

Se ne evince che, il presidente Trump, ha fatto una scelta politica, ha messo sulla bilancia le due opzioni ed ha scelto quella più conveniente per il proprio paese, ed è questo, secondo me, il punto davvero interessante dell’intera vicenda, proverò quindi a fare la stessa cosa, e comparare le due opzioni, nel tentativo di capire perché gli USA hanno preferito ritirarsi, piuttosto che rimanere lì, garantire coperture al kurdistan e assicurarsi la fedeltà di un potenziale nuovo stato, in un area del mondo particolarmente problematica e interessante.

Per rispondere a questa domanda, bisogna ampliare lo sguardo, e guardare all’intero asset geopolitico degli USA in questo dato momento storico, e facendolo osserviamo che, la presenza gli USA nel mondo è fortemente ridimensionata rispetto a qualche anno fa.

Sul piano economico gli USA non sono poiù i padroni assoluti del mondo, e devono fare i conti con la concorrenziale economia dell’Unione Europea e l’ancora più pesante e competitiva economia Cinese.

Sul piano militare i suoi “nemici” storici, sembrano essersi rifugiati tutti sotto l’ombrello della Russia che a colpi di veto nel consiglio di sicurezza dell’ONU sta garantendo protezione a chiunque provi ad opporsi agli Stati Uniti, radunando attorno a se, una serie di stati, caratterizzati da una visione del mondo, fortemente anti americana, e tendenzialmente autoritaria, per non dire totalitaria (vedi la Corea del nord, Iran, Turchia, Siria e le new entry Venezuela e Brasile).

L’attuale asset internazionale delinea una politica estera statunitense, fondamentalmente in declino, e dall’altra parte un imperialismo russo sempre più incisivo ed espansivo.

Stiamo entrando in una nuova fase storica, in cui Mosca ha iniziato ad allungare i propri tentacoli sul mondo intero, e temo che questa nuova fase, sarà molto più violenta e controversa di quella che ci stiamo lasciando alle spalle in cui i tentacoli sul mondo partivano da Washington.

Il minor peso internazionale degli USA è facilmente individuabile attraverso le sue decisioni in poplitica estera, tra ritiri forzati e imposizione di dazi doganali, ed è ancora più concreta se ci spostiamo nel luogo in cui risiede il diritto internazionale, l’ONU.

Se ci pensate, è molto curioso che, poche settimane dopo la decisione dell’ONU di “condannare” la politica estera statunitense e le sue interferenze nella politica interna del Venezuela (che ricordiamo essere un alleato della Russia), gli stati uniti abbiano deciso di ritirarsi dal kurdistan, che ricordiamo, non esistere come stato e che si tratta di una regione condivisa tra Siria, Turchia Iraq e Iran, ed è curioso osservare come Tre di questi stati, siano alleati della Russia e dichiaratamente anti americani.

Personalmente credo che le due vicende siano strettamente collegate, e questo mi preoccupa non poco, perché se la mia ipotesi dovesse risultare esatta, se gli USA si stanno ritirando dal kurdistan per le pressioni di Mosca e dei suoi alleati in seno all’ONU, allora saremmo di fronte ad un grande problema, perché ciò significherebbe che ormai siamo prossimi al declino dell’ONU, che, ormai, è sempre più spesso abusato dalla Russia (e degli USA), molto più che durante la guerra fredda.

Personalmente dubito che assisteremo a breve allo scioglimento dell’organizzazione, temo invece che non assisteremo ad una sua riorganizzazione in senso democratico e al contrario, vedremo sempre più spesso l’ONU con le mani legate di fronte alle violazioni e agli abusi compiute da alcuni popoli e nazioni.

Concludendo, il problema degli USA è che dovevano scegliere se essere criticati per aver fatto la cosa “giusta”, ma non del tutto legittima, ovvero rimanere al fianco dei Curdi e riconoscere la loro esistenza come stato, oppure fare la cosa “sbagliata” ma muoversi nella legittimità del diritto internazionale.
Personalmente avrei preferito che gli USA rimanessero al fianco dei Curdi, perché ritengo che la loro presenza lì era “illegittima” semplicemente perché la Russia abusando di uno strumento obsoleto, nelle mani dei vincitori della seconda guerra mondiale, in seno all’onu, ovvero il diritto di veto.

Carola Rackete, una donna meravigliosa, con più palle della nazionale maschile di Rugby, e la volontà di lottare e morire per i propri ideali di giustizia universale.

Carola Rackete, una donna con più Palle della nazionale maschile di Rugby, Simbolo di un mondo in cui lottare per i propri ideali è ancora possibile, simbolo di un mondo in cui cè ancora speranza di salvezza per lumanità

Paura del diverso e del contrario, di chi lotta per cambiare,
paura delle idee di gente libera, che soffre, sbaglia e spera.

Con queste parole, nel 1994 Francesco Guccini descriveva gli USA per aver arrestato “preventivamenteSilvia Baraldini, accusata di star pianificando una rapina per finanziare il terrorismo in italia.
In quella canzone Guccini evidenzia un concetto fondamentale “non è possibile rinchiudere le idee in una prigione” e soprattutto che “da sempre l’ignoranza fa paura, ed il silenzio è uguale a morte” , e direi che questi due concetti, si adattano perfettamente al caso di Carola Rackete, arrestata più per le sue idee che per le sue azioni, e portatrice di valori ed idee che al bigotto mondo ultranazionalista fanno decisamente troppa paura. E nel suo caso, il suo silenzio, inteso come un non far nulla, sarebbe costato la vita ad oltre 40 persone, persone che oggi nessuno vuole, ma che se ci piaccia o meno, se non fosse stato per l’intervento di Carola, oggi sarebbero mangime per pesci.

Questi sono i miei due centesimi per Carola Rackete, una donna che non posso fare a meno di ritenere meravigliosa e non posso non associare alla figura di Silvia Baraldini, cantata da Francesco Guccini nel brano “canzone per Silvia“, ed approfitto di questo articolo per dedicare a Carola, questa meravigliosa canzone.

L’ONU è nata come istituzione volta a risolvere le controversie internazionali senza necessità di passare per l’uso della forza e delle armi, è nato come istituzione volta a bandire la guerra, ed è per questo che l’ONU non si è mai dotata di un proprio, reale, esercito, scegliendo invece la via delle “forze di pace“, ma l’ONU per essere il luogo di risoluzione delle controversie, deve avere anche la forza e gli strumenti per risolvere le controversie, e questi strumenti al momento non li ha, e dalla sua istituzione non li ha mai avuti.

Oggi l’ONU è un luogo di dialogo e confronto, ma la cui legge, che dovrebbe essere superiore a qualsiasi altra legge è in realtà solo fumo, molto fumo, un fumo così denso che fa lacrimare gli occhi e impedisce di vedere la realtà, ma pur sempre fumo, intangibile, e può essere spazzato via agitando qualche foglio di carta, come ad esempio un decreto legge ministeriale che de facto rende illegale quello che per il diritto internazionale dovrebbe essere un dovere universale. Soccorrere chi è in difficoltà e portare in salvo chi viene recuperato in mare.

Il ruolo del diritto internazionale rispetto al diritto nazionale non è chiaro e cristallino come sembra, e nei fatti si colloca in una zona grigia molto ambigua e complessa da decifrare, e nel tentativo di fare un po’ di chiarezza ho scritto questo articolo “ONU e Diritto Internazionale, una questione spinosa”

Qui c’è il paradosso di Carola Rackete, le cui azioni sul piano del diritto nazionale italiano, si sono compiute in una zona grigia al limite della legalità, tuttavia, secondo il diritto internazionale, secondo la convenzione di ginevra e la carta dei diritti fondamentali dell’uomo, non vi erano molte altre strade percorribili e le sue azioni sono per il diritto internazionale, pienamente legittime. Ma come dicevamo, il diritto internazionale, molto spesso, come in questo caso, è solo fumo.

In ogni caso comunque, Carola ha più palle di tutti gli italiani messi insieme, e al di la di ciò che verrà deciso dalla magistratura, non posso fare a meno di provare una profonda sttima per una donna, che in nome di un ideale ha deciso di mettere a rischio se stessa, la propria vita e la propria libertà.

Paura del diverso e del contrario, di chi lotta per cambiare,
paura delle idee di gente libera, che soffre, sbaglia e spera.
Nazione di bigotti! Ora vi chiedo di lasciarla ritornare
perché non è possibile rinchiudere le idee in una galera.

Come dicevo, non riesco a non associare Carola, questa donna a mio avviso meravigliosa, alla figura di Silvia Baraldini cantata da Guccini, riascoltando la Canzone per Silvia, ogni strofa, ogni verso, ogni singola parola, sembra scritto ora ed oggi e sembra raccontare e parlare di lei, di Carola, di questa donna che di fatto, ha commesso il grande crimine di essere una donna Libera guidata da una legge morale che si trova più in alto di qualsiasi altra legge terrena.

Come cantava Guccini, non è possibbile rinchiudere le idee in una prigione, e se all’epoca Guccini immaginava Silvia con indosso una maglietta con su scritte le parole “da sempre l’ignoranza fa paura, ed il silenzio è uguale a morte” io oggi vedo quella stessa maglietta indossata con fierezza da Carola, perché oggi come allora, il silenzio è uguale a morte, e il suo silenzio avrebbe significato la morte di oltre 40 persone.

Persone che se oggi sono vive è solo grazie a lei e alla sua precisa volontà di rispondere ad una legge superiore, per la quale la vita di ogni essere umano, viene prima di qualsiasi altra cosa, indipendentemente dal luogo in cui quelle persone sono nate, dal colore della loro pelle, dalla loro religione o dal fatto che i loro organi genitali siano interni anziché esterni.

ONU e diritto internazionale, una questione spinosa

È in giorni come questi, di grande turbamento, ambiguità e confusione sul piano internazionale e del diritto internazionale che l’ONU mostra la stessa fallacia che fu per la Società delle Nazioni quasi un secolo fa, e diventa sempre più evidente la necessità, oltre che l’urgenza di una profonda e sincera riflessione, sul ruolo e il funzionamento di questa organizzazione, de iure un istituzione internazionale, de facto, un mero accozzaglio di politicanti e burocrati senza alcun potere o autorità reale.

L’ONU oggi non ha il potere necessario ad imporre le norme del diritto internazionale ai propri membri, poiché afflitta da un male originale, quale un profondo deficit democratico e di natura politica, che accompagna l’istituzione sin dalla propria fondazione nell’immediato dopoguerra.

All’epoca l’ONU, il cui compito principale, la cui missione fondativa, la cui ragione d’essere, è la prevenzione dei conflitti tra le nazioni e la creazione di canali diplomatici in cui confrontarsi e dialogare in cerca di soluzioni alle controversie internazionali, quando venne creata, non aveva la possibilità di diventare pienamente il luogo della risoluzione delle controversie internazionali, perché il mondo, in quegli anni, stava ancora piangendo le vittime della seconda guerra mondiale e si stava preparando ad un conflitto politico e ideologico tra i due principali vincitori del conflitto.

La divergenza di visione tra USA e URSS, non è un segreto, ha mutilato l’ONU alle sue origini, che, con la creazione di un meccanismo di salvaguardia per le due super potenze ed i vincitori della seconda guerra mondiale, ha de facto reso nulla ogni possibile risoluzione onu che partisse da principi universali, limitando l’efficacia dell’organizzazione alle sole operazioni congrue alla volontà dei cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza.

I membri permanenti del consiglio di sicurezza hanno un potere enorme nell’istituzione, che non è il potere di decidere dove intervenire, ma qualcosa di molto più importante, il potere di decidere dove e quando l’ONU non può intervenire.

Nel mio podcast “l’osservatorio” su spotify e su youtube, ho parlato diverse volte dell’onu, delle sue origini e dei suoi limiti, e in questo articolo voglio soffermarmi ancora una volta sui limiti dell’ONU.

Il motivo per cui l’organizzazione delle nazioni unite ha poteri limitati è principalmente politco, oltre che storico e intreccia insieme la volontà dei vincitori della Seconda guerra mondiale, di ritagliarsi uno spazione nel nuovo ordine mondiale, e dall’altro lato, lanecessità, di rispettare la sovranità delle singole nazioni membre delle nazioni unite, e a scanso di equivoci, questa necessità, è a sua volta frutto della seconda guerra mondiale e dell’imminente guerra fredda.

L’onu delle origini doveva trovare un modo per permettere all’ONU stessa di collocarsi nel mondo al di sopra delle nazioni, affinché potesse rappresentare, come dicevo, quel luogo di confronto, in cui risolvere le controversie internazionali, senza ricorrere all’uso delle armi, ma, allo stesso tempo, doveva configurarsi come un istituzione subordinata alla volontà politica delle singole nazioni.

Il punto di incontro tra queste due necessità venne trovato nella creazione del consiglio di sicurezza dall’altro, e nella configurazione di un assemblea generale che avesse natura nominativa e non politica.

Detto più semplicemente, l’ONU, nel 1945, ha scartato la possibilità di creare la prima forma di un ipotessi di parlamento internazionale, preferendo creare un assemblea rappresentativa degli stati i cui membri non sono cariche elettive, ma nominali, e affidando ai singoli paesi piena autonomia sui modi e i mezzi per nominare i propri rappresentanti presso le nazioni unite, creando in questo modo un interessante paradosso.

Non avendo alcuna carica elettiva (nessun membro, commissario, rappresentante ecc, dell’ONU viene eletto) l’ONU non alcun tipo di potere politico, e sul piano giuridico, se bene rappresenti in un certo senso la sede centrale del diritto internazionale, e se bene , in un ordine gerarchico teorico, il diritto internazionale si pone al di sopra del diritto nazionale, in realtà, quel diritto non ha la forza di imporsi sul diritto nazionale che, prodotto da legislatori eletti, pur trovandosi gerarchicamente più in basso rispetto al diritto internazionale, politicamente è legittimamente e paradossalmente più in alto del diritto internazionale.

Va però precisato che, i singoli stati membri delle nazioni unite, hanno accettato implicitamente di riconoscere, sottoscrivendo i vari trattati, il diritto internazionale di cui l’ONU è depositario, riconoscendolo quindi, superiore al diritto nazionale.

Detto così sembra molto caotico e confusionario, e in effetti lo è, la questione del diritto internazionale è estremamente confusa, ma può essere semplificata in questo modo.

Il diritto internazionale è superiore al diritto nazionale, nei limiti concessi dal diritto nazionale, insomma, la legge internazionale esiste, ha valore, gli stati hanno l’obbligo di rispettarla e se non viene rispettata ci possono essere delle ripercussioni, a meno che non si abbiano le spalle coperte, come ad esempio facendo parte del consiglio permanente o più ambiguamente, tenendosi ben cari amici ed alleati che fanno parte del consiglio permanente.

Circa trent’anni fa, con la fine della guerra fredda, il mondo iniziava una prima riflessione sull’ONU e paventava la possibilità oltre che la necessità di una riforma dellorganizzazione, con una svolta di natura politica che segnasse il primo passo verso la costruzione di un primo tassello di quello che un giorno sarebbe potuto diventare un governo mondiale, nel quale tutti i popoli si sarebbero uniti in un unica nazione, nel nome del diritto internazionale dal valore universale.

Negli ultimi trent’anni questa riforma non c’è stata e anzi, l’ONU negli ultimi anni ha perso molta della propria autorità, sempre più spesso messa all’angolo dalle grandi potenze mondiali che de facto, dell’ONU e del diritto internazionale, perdonate il termine tecnico, se ne sciacquano le palle.

Si rafforza l’asse Pechino-Riad

Il principe Mohammed Bin Salman approva la costruzione di campi di rieducazioni per musulmani in cina

SUPPORTA L’OSSERVATORIO E MANTIENILO LIBERO DA PUBBLICITA’ AL COSTO DI UN CAFFE’ SU PATREON

Il principe saudita Mohammed Bin Salman, durante la sua visita a Beijing (Pechino), si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni con cui ha difeso la costruzione di campi di rieducazione per musulmani in Cina.

Stando alle parole del principe, andate in onda in diretta sulla TV cinese La Cina ha il diritto di svolgere attività antiterrorismo e de-estremizzazione per la sua sicurezza nazionale“.

Parole che faranno sicuramente piacere ad alcuni leader europeei fortemente antiislamici, la cui carriera politica è stata costruita sulla lotta al terrorismo e la difesa (apparente) della sicurezza. Ma il non detto in questa dichiarazione di Mohammed Bin Salman è forse più importante delle parole dette in diretta televisiva, poiché queste parole rivelano e in un certo senso, mettono in evidenza quello che ormai, da tempo, era sotto gli occhi del mondo, la nascita ed il consolidamento di un “asse Pechino-Riad“.

Stiamo assistendo alla nascita di un “asse” Pechino-Riad, che, alimentata soprattutto dal commercio petrolifero verso la Cina (che per chi non lo sapesse, la cina è attualmente il principale acquirente di petrolio Saudita al mondo), permette alla Cina di compiere un ulteriore passo verso il consolidamento della propria posizione come potenza egemone mondiale, in quasi ogni campo.

La Cina sta consolidando il proprio potere globale, sta adunando attorno a se vecchi e nuovi alleati, sta costruendo nuove rotte commerciali, stipulando nuovi trattati e accordi internazionali con paesi un tempo insospettabili come l’Arabia Saudita e l’India.

Il rafforzamento della posizione della Cina come grande potenza mondiale, è importante sottolinearlo, si lega in maniera molto forte al destino e il ruolo che gli USA stanno giocando in questo dato momento storico. Gli USA, che per decenni si sono presentati al mondo come “lo sceriffo autoproclamato, che manteneva l’ordine globale, negli ultimi anni hanno dichiarato, in più occasioni, soprattutto sotto la presidenza di Donald Trump, il proprio interesse a ritirarsi da molti dei teatri bellici e belligeranti del pianeta, gli USA un po’ per scelta, un po’ per necessità stanno arretrando, e nel farlo, stanno lasciando alle proprie spalle un enorme vuoto nelle dinamiche e negli equilibri planetari.

Un vuoto che dovrebbe essere riempito dall’ONU, ma l’ONU, come sappiamo, a causa dei propri limiti strutturali, non è in grado di colmare e assolvere appieno alla propria missione istitutiva, garantire pace e ordine nel mondo.
Questo vuoto ha alimentato e sta alimentando, una crescente corsa al potere, corsa che sotto certi aspetti è iniziata già sul finire degli anni ottanta, con il declino dell’Unione Sovietica e la fine del vecchio sistema bipolare del mondo, e che all’epoca avrebbe dovuto vedere, nelle mire di molte, l’irruzione dell’Europa, come nuova potenza egemone del mondo, in grado di controbilanciare il potere statunitense.

Questo però, non è accaduto, l’Unione Europea ha preferito rintanarsi nel proprio paradiso perduto, costruendo un isola felice e in un certo senso isolandosi dal resto del mondo. Questo isolamento europeo ha permesso, nei successivi trent’anni circa, alla Russia di acquistare molta dell’antica potenza dell’Unione Sovietica, ma ha anche permesso la nascita di nuove potenze globali come la Cina, che oggi, è rappresenta la principale rivale del mondo “occidentale”.

L’Unione Europea negli anni novanta aveva in mano tutte le carte giuste per potersi imporre come potenza egemone nel mondo, ma ha preferito restare in disparte a guardare, ha preferito delegare ad altri (gli stati uniti) il compito di “tutelare” la “pace e l’ordine” per conto delle Nazioni Unite, e mentre l’Europa guardava, la Cina cresceva in potenza, ed oggi si trova nella condizione di poter scardinare il vecchio sistema globale, che per secoli ha visto l’europa e il mondo occidentale porsi all’apice delle civiltà umane, proponendo il proprio sistema mondo.

La Cina oggi è ad un passo dal diventare una superpotenza pari, o forse superiore, alle Superpotenze della Guerra Fredda, la Cina oggi è ad un passo da sostituirsi agli USA e al mondo occidentale.

Un nuovo sceriffo è in città e la sua presenza, desta timore e stupore, e mentre al saloon l’europa serve da bere a buoni e cattivi, i due sceriffi si preparano a scontrarsi in un duello di quelli che solo Sergio Leone sapeva raccontare. Ma chi sarà più veloce a sparare, chi colpirà per primo, chi cadrà, chi sarà il nuovo sceriffo, questo è ancora presto per dirlo, nel frattempo banditi e onesti lavoratori fanno il tifo per l’uno o l’altro sceriffo, qualcuno scappa, qualcuno gioca la sua ultima mano al tavolo mentre sorseggia un boccale di birra ghiacciata appena versato nel saloon “la vecchia europa”.

Flussi Migratori, un fenomeno globale che non è facile arrestare.

Viviamo in un momento storico al limite del paradosso, in cui, chi cerca di assecondare il cambiamento è visto/percepito come “conservatore” che vuole mantenere lo status quo, e chi invece vuole porre fine al cambiamento globale, è percepito come promotore di un cambiamento che non è altro che un ritorno ad equilibri “arcaici” per non dire obsoleti.

Leggi tutto “Flussi Migratori, un fenomeno globale che non è facile arrestare.”

Trump non ha vinto le elezioni, è la Clinton ad aver perso.

Questa infografica è molto interessante, mostra i risultati delle elezioni presidenziali nei USA, dal 2008 ad oggi.

Il primo dato interessante a mio avviso è quello legato al numero di elettori Repubblicani, numero che nel 2008 sfiorava i 60 milioni, nel 2012 li superava appena è nel 2016 torna a sfiorarli.
Insomma un dato espressivo di continuità e coerenza potremmo dire da parte dell’elettorato che resta fedele al partito e agli ideali di partito , indipendentemente dal candidato.
Guardiamo ora il dato degli elettori Democratici, nel 2008 si sfiorano i 70 milioni, nel 2008 superano di poco i 65 milioni e nel 2016 sfiorano i 60 milioni.

Questo dato è molto significativo perché mostra una iniziale fiducia, potremmo dire, in Obama, che è andata diminuendo nel tempo, per via della crisi economica/finanziaria , per la politica estera e tanti altri fattori che non staremo qui ad elencare.
Obama, nel 2008 era un volto abbastanza nuovo, certo, aveva una lunga e brillante carriera politica alle spalle, ma di fatto era in uomo nuovo, che con lavoro, impegno e dedizione era giunto ai vertici del potere USA. Una storia personale completamente diversa invece è quella di Hilary Clinton, nome più che noto all’elettorato statunitense. Questa notorietà comporta una problematica inevitabile. Gli americani, e soprattutto gli elettori democratici, conoscevano o comunque credevano di conoscere, molto bene, quella che sarebbe stata, nell’atto pratico e al di là delle promesse elettorali, la linea d’azione di un eventuale presidenza della Clinton.

Queto elemento è estremamente importante ed è il principale fattore di distinzione tra lei e Obama nel 2008.
Come già detto, n 2008 otto Obama era un “volto nuovo“, nel 2012 era un volto noto, e questa notorietà, unita al precedente mandato ha comportato una perdita sostanziosa dei propri elettori, che molto probabilmente hanno preferito esimersi dal voto, notiamo infatti che, nel 2012, se da una parte gli elettori Democratici sono in calo rispetto al 2008, i Repubblicani restano pressoché invariati, non vi è quindi un anomalo cambio di fede politica. Questo calo dell’elettorato democratico continua ulteriormente nel 2016 scendendo a 60milioni circa, un numero sicuramente importante ed elevato, che di fatto regala alla Clinton un centinaio di migliaia di voti in più rispetto al suo avversario Trump ma che nella realtà politica statunitense, non hanno il peso necessario per la conquista di uno stato e dunque ininfluenti al fine delle nomina presidenziale.


Cosme possiamo dedurre da questi dati ?

Questi risultati lasciano alla politica statunitense e soprattutto al partito Democratico un importante lezione. Innovazione, rinnovazione e cambiamento sono elementi fondamentali per la sopravvivenza degli USA e del partito Democratico, senza questi elementi, inseguendo una politica statica di tipo tradizionale, proponendo le solide idee che poi non verranno messe in pratica, proponendo i soliti volti e nomi, la sfiducia continuerà a crescere portando ad una sempre maggiore astensione dei propri elettori.

Tra il Barack Obama del 2008 e Hilary Clinton nel 2016 ci sono 10 milioni di voti. 10 milioni di Americani che non hanno votato perché , molto probabilmente non si sentivano abbastanza rappresentati na l’uno o l’altro candidato (metto in mezzo anche Trump).

Lo stesso discorso può essere applicato anche al partito Repubblicano, dove però, la fede di partito e non nell’uomo (o la donna) sembra essere notevolmente più radicata.
In conclusione, Donald Trump ha vinto queste elezioni quasi a tavolino, conquistando la base elettorale del partito Repubblicano, circa 60 milioni di elettori, ma no uno di più. Dall’altra parte, Hilary Clinton ha faticato nel conquistare anche la sola base “storica” del partito Democratico, e non so fino a che punto ci sia effettivamente riuscita.
Un ultimo dato da tenere in considerazione, il popolo americano conta circa 317 milioni di persone, di cui circa 2/3 in età per votare. L’elettorato complessivo degli stati uniti si aggira appena al di sotto dei 200 milioni.
N 2008 , la più sentita e partecipata delle elezioni degli ultimi 10 anni, hanno votato circa 130 milioni di Americani, nel 2016, dieci milioni (di democratici?) in meno, ovvero, 120 milioni, e questo ovviamente è molto significativo.

Spero di non avervi annoiato troppo con queste osservazioni, se il post è stato interessante vi invito a condividere e lasciare un pollice in su, se avete domande invece, usate pure i commenti

Schiavi del Cioccolato

La tratta tratta atlantica degli schiavi è uno dei capitoli più oscuri della storia del mondo occidentale, il cui funzionamento e la cui esistenza si basavano sul commercio di esseri umani e lo sfruttamento di manodopera a bassissimo costo. Va detto che la schiavitù, in quanto istituzione non è un’invenzione dell’era moderna, essa era già conosciuta e adoperata da tutte le popolazioni coinvolte nella tratta atlantica, che fossero essi produttori, proprietari di piantagioni, mercanti, commercianti o schiavi.

Per quel che riguarda la schiavitù ci limiteremo a dire che essa figura nei primi codici scritti della Mesopotamia, dell’Egitto e nelle leggi Greche e Romane, su cui si sarebbero basati i vari codici dell’Europa medievale e moderna. L’istituzione della schiavitù aveva un carattere educativo e correttivo, l’adattamento forzato ad un determinato codice di comportamento come strumento di istruzione necessario per l’inserimento dello straniero all’interno della società, ed una volta corretto la differenza culturale, almeno fino al XV secolo era possibile che uno schiavo diventasse un libero cittadino.

In epoca romana lo schiavo era considerato una preziosa risorsa per i proprietari la cui vita e salute andavano tutelate in quanto, a differenza dei lavoratori salariati, che se malati o feriti non avrebbero ricevuto alcun compenso, il padrone era costretto a provvedere alla sussistenza di uno schiavo anche quando questo non fosse stato propriamente in grado di lavorare.

Quando in età moderna i coloni europei giunsero nelle Americhe ed entrarono in contatto con le popolazioni autoctone, presso le quali, se bene con alcune differenze, esisteva ed era praticata l’istituzione della schiavitù, gli europei adottarono quei sistemi per un inserimento forzato delle popolazioni precolombiane nelle ottiche europee.

Il nuovo mondo però non era solo un enorme distesa di terra in cui esportare i propri modelli sociali e culturali, ma essa rappresentava anche un nuovo continente ricco di piante, frutti e creature molto rare o addirittura sconosciute in Europa. Una di queste piante era quella del cacao, dalle cui bacche era possibile, produrre delle polveri che unite ad altri ingredienti quali zucchero e diluite nel latte, permettevano la realizzazione di una bevanda estremamente aromatica e gustosa, nota oggi come Cioccolato, dall’unione di cacao e latte.

Questo tipo di bacca era estremamente difficile da coltivare in altre aree del pianeta, e questa sua particolarità la rendeva una risorsa estremamente rara e di conseguenza preziosa, ed intuendone il potenziale economico e commerciale, i coloni spagnoli e portoghesi importarono questa risorsa in Europa. L’arrivo in Europa del cacao spalancò le porte ai mercati paralleli di caffè e di tè, che proprio come il cacao era possibile produrre solo in alcune aree specifiche del pianeta. Parallelamente ai mercati del cacao, del caffè e del tè si svilupperanno altri mercati altamente redditizi, come il mercato delle ceramiche dall’oriente e dello zucchero dalle Americhe e dall’Africa, dando origine ad un sistema economico di portata globale che collegava insieme prodotti provenienti dai più remoti angoli del pianeta. Bere del cioccolato, del tè o del caffè in Europa di fatto significa miscelare polveri provenienti dalle Americhe, dall’Africa o dall’oriente, utilizzando magari porcellane e ceramiche orientali, simbolo di ricchezza e raffinatezza.

Questo colossale sistema economico poteva funzionare grazie all’integrazione di risorse dal valore differente, e che costituivano fette di mercato complementari. Da una parte le preziose e rare bacche di cacao, le foglie del tè ed i semi di caffè, rappresentavano risorse rare e necessarie alla preparazione di gustose e ricercate bevande, tuttavia a rendere particolarmente saporite queste bevande era l’aggiunta di zucchero , una risorsa relativamente facile da produrre in grande quantità, il cui costo doveva necessariamente restare basso.

Grazie all’arrivo in Europa del cacao dunque si gettano le basi per il primo grande sistema economico di portata globale, capace di produrre profitti “milionari” che avrebbero determinato l’evolversi delle economie e delle politiche mondiali nei secoli successivi. L’insediamento coloniale delle aree in cui era possibile produrre determinate risorse strategiche o preziose è il primo passo, a cui si aggiungeranno con l’aumentare della domanda, la necessità di forza lavoro a bassissimo costo.

Come abbiamo visto ad inizio articolo, la schiavitù rappresentava un istituzione universalmente riconosciuta se pure con alcune differenze, che ben si sposava con la richiesta di un elevato numero di braccianti e quindi di manodopera a bassissimo costo. La crescente domanda di zucchero genera una crescente richiesta di manodopera che non può essere più soddisfatta solo dalle popolazioni indigene, si rende quindi necessaria l’importazione, a partire dalla metà del XVI secolo, di manodopera proveniente dall’Africa. L’Africa aveva un passato ed una storia che se pur indirettamente si legavano alla storia europea e mediterranea, questo rendeva gli schiavi africani più resistenti alle malattie europee, e il fatto che le popolazioni africane fossero considerate prive di un’anima, unito all’esistenza di un oceano di distanza tra la loro terra natale ed il luogo di prigionia, li rendeva soggetti ideali per il lavoro forzato nelle piantagioni.

I primi ad importare schiavi dall’Africa furono gli Olandesi, grandi produttori di canna da zucchero, cui si uniranno spagnoli, portoghesi, francesi e britannici, i quali ricorreranno all’utilizzo di schiavi nelle piantagioni di cacao, zucchero, frutta, cotone, grano ecc ecc ecc.

L’arrivo del cacao in Europa ha quindi innescato un processo economico sempre più ampio, dando origine ad una mastodontica rete commerciale che legava insieme le Americhe, l’Africa, l’Europa, e l’oriente Asiatico. Elemento centrale di questo mercato era l’aumento di domanda di determinati prodotti dalla borghesia e delle aristocrazie europee, che illuminati da un profondo senso di superiorità nei confronti delle più primitive popolazioni esotiche, proponendosi loro come portatori di civiltà iniziarono ad inserirsi in maniera sempre più consistente nei sistemi di amministrazione, produzione e commercio di tutto il mondo, dando il via ad una massiccia espansione coloniale che avrebbe reso il mondo schiavo del cioccolato.

Tasting Empire: Chocolate and the European Internalization of Mesoamerican AestheticsThe American Historical Review (2006) 111 (3): 660-691. doi: 10.1086/ahr.111.3.660

Il commercio degli schiavi, Lisa A. Lindsay, il mulino, 2011

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