Il Codice di Hammurabi: tra i più antichi corpus di leggi | CM

Il codice di Hammurabi, tra i più antichi codici di leggi scritti conosciuti. Risale agli inizi del secondo millenni a.c.

Conosciuto come il sesto sovrano della I dinastia di Babilonia, Hammurabi regnò all’incirca dal 1792 al 1750 a.C. (salito al trono probabilmente in età adolescenziale), portando la Babilonia dell’epoca paleo-babilonese in una condizione di assoluto successo e splendore, attraverso l’unificazione di quasi tutta la bassa Mesopotamia. Fino a quel momento infatti Babilonia aveva avuto un ruolo importante, ma non sufficientemente incisivo per determinare in modo definitivo gli equilibri del Vicino Oriente. Molto scarse e altrettanto poco chiare risultano le fonti e le informazioni in nostro possesso a proposito della sua carriera politica, economica e militare, ma soprattutto della sua vita, collocabile cronologicamente tra il 1810 e il 1750 a.C. circa, in piena media età del bronzo (periodo cronologico convenzionalmente interposto tra il 2000 e il 1500 a.C.).

Il regno di Hammurabi può tuttavia essere diviso in due periodi ben distinti, suddivisi in base alla sua attività politica, economica, sociale e militare. La prima parte del suo regno risulta infatti caratterizzata da uno scarso impegno militare, sostituito da un più attivo interesse nell’economia e nell’edilizia, che lo portò a trasformare Babilonia in una magnifica capitale ricca di statue, monumenti e giardini.

Hammurabi attuò inoltre un’intensa serie di lavori pubblici per migliorare le condizioni idriche del Paese, allo scopo di agevolare sia il commercio fluviale che quello terrestre, collegando Babilonia con il mare attraverso un canale soprannominato il “canale di Hammurabi”, utile a intensificare i rapporti con più Paesi possibili del Vicino Oriente antico. Un’ulteriore caratteristica di questa prima fase è anche rappresentata da un discreto impegno religioso, che lo portò a eleggere il dio Marduk (divinità poliade di Babilonia simboleggiata da un dragone) come principale protettore del suo regno, costringendo tutti i regni vassalli a versare tributi in suo onore.

Per quanto riguarda invece la seconda parte del suo regno, nettamente differenziata rispetto alla prima, è possibile parlare di un’energica attività militare di conquista, grazie alla quale riuscì anche abilmente a sfruttare tutta una serie di alleanze che caratterizzano la strategia bellica, politica ed economica della media età del bronzo. L’ampia conquista della Mesopotamia da parte di Hammurabi comincia proprio con la conquista dell’Elam, territorio a est di Babilonia che, come l’Assiria, si era sempre distinto come uno dei vicini più invadenti e pericolosi.

Tale vittoria diede il via a una lunga serie di successi nel Vicino Oriente, come la conquista di Yamutbal, Larsa ed Eshunna, la spedizione sul Medio Eufrate e verso l’alta Mesopotamia, e infine la distruzione di Malgium e Mari, con la conseguente sconfitta di Zimri-Lim, ultimo grande sovrano di Mari con il quale fu costretto a rompere una vantaggiosa alleanza, tradendolo.

Si è dunque soliti delineare nettamente il regno di Hammurabi in due fasi ben definite, per evidenziare come il giovane sovrano appena salito al trono e gravato da numerose responsabilità abbia in un primo momento saputo agire con estrema cautela, dedicandosi maggiormente a opere difensive nei confronti della città di Babilonia, al miglioramento della qualità della vita del suo popolo e, infine, a importanti azioni liturgiche per ingraziarsi sia le divinità che gli indovini, componente particolarmente influente nella società mesopotamica. Gli dei rappresentavano inoltre una costante presenza nella vita degli uomini del Vicino Oriente, ed era compito di ogni sovrano assicurarsi la loro benevolenza e protezione, soprattutto per tutelare l’intera città. Hammurabi stava così preparando la strada e le condizioni ideali per quello che sarebbe poi stato uno dei più grandi imperi di tutto il Vicino Oriente.

Il “codice” di Hammurabi: re e legislatore

Nonostante venga ampiamente ricordato per una ricca e intensa serie di conquiste militari e alleanze politiche, oltre che per varie attività pubbliche e cittadine come precedentemente citato, ciò che maggiormente ha reso Hammurabi celebre e degno di nota è soprattutto la promulgazione di una fitta raccolta di leggi, oggi nota come il “codice” di Hammurabi, che gli conferì anche l’illustre titolo e la nomea di “sovrano legislatore” (titolo non comune tra i sovrani mesopotamici). Alcuni storici ritengono persino che si tratti del primo vero grande legislatore della Terra, ma questo rappresenta un tema ancora oggi molto dibattuto. La questione del “codice” di Hammurabi rappresenta infatti un elemento estremamente complesso e articolato, sul quale rimangono attualmente molti interrogativi.

Bisogna innanzitutto sottolineare come il termine “codice” rappresenti in realtà un’espressione anacronistica non del tutto corretta, in quanto non si tratterebbe di un vero e proprio codice di leggi, bensì di una raccolta di norme, poichè diversamente dai nostri codici di diritto, non è stato concepito in maniera sistematica al fine di disciplinare organicamente delle “materie” determinate (come penale, civile, tributario, ecc.).

Tali norme rappresenterebbero invece una serie/raccolta di modelli esemplari, senza la precisa ambizione di dover obbligatoriamente disciplinare tutti i possibili casi legislativi. Allo stesso tempo il “codice” contribuirebbe anche direttamente a celebrare l’immagine del sovrano a fini propagandistici come principale garante della giustizia per mandato divino (la stessa carica regia era frutto di un “dono”, per volere degli dei).

Come precedentemente menzionato, le norme esposte all’interno del “codice” di Hammurabi non si figuravano come vere e proprie leggi, bensì come esempi e modelli presentati sotto forma di periodi ipotetici (elemento caratteristico di quasi tutte le raccolte di leggi rivenute a proposito della Mesopotamia, così come la raccolta di Ur-Namma, sovrano sumero del periodo di Ur III). Tuttavia, talvolta le norme rappresentano anche la prassi documentata dai documenti legali dell’epoca, come atti di processi, sentenze, contratti, ecc., sebbene questi ultimi non citino mai il “codice” come fonte della norma applicata. Risulta dunque estremamente probabile che la raccolta racconti la “legge” che veniva già esercitata dalle autorità locali, suddivisa sulla base degli argomenti e della gravità dei fatti.

La struttura del “codice”

Conosciuto come uno tra i primi e più antichi codici legislativi rinvenuti nella storia mesopotamica, la fitta iscrizione in lingua accadica (paleobabilonese) del “codice” di Hammurabi risulta essere incisa su un’alta stele in basalto (225 cm x 79 cm x 47 cm).

Si tratta di un imponente monolite di più di due metri, oggi esposto al museo del Louvre, rinvenuto in uno scavo di Susa, in Persia, nel 1902 (anni di ricche scoperte archeologiche in tutto il Vicino Oriente), dove potrebbe esservi giunto come uno tra i numerosi bottini di guerra in seguito a svariati saccheggi per opera del sovrano elamita Shutruk-Nakhunte, intorno al 1155 a.C. circa. Caratteristica principale della stele è l’ottimo stato di conservazione, che ha permesso una quasi totale decrifrazione dell’intero “codice”.

Tale “codice” tuttavia risulta essere inoltre molto conosciuto anche grazie a numerosi manoscritti contemporanei o di epoca successiva alla data della sua incisione; era infatti un processo molto comune nel Vicino Oriente quello di copiare e ricopiare per secoli testi considerati dei “classici” (così come fecero secoli più avanti i monaci amanuensi medievali) per la cultura del Vicino Oriente, in quanto divenuti testi tipici della tradizione mesopotamica. Lo stesso processo fu certamente subito dal “codice” di Hammurabi, il quale, pur avendo con gli anni perduto ogni valore giuridico e legislativo, riuscì ugualmente a mantenere una forte valenza sul piano culturale e sociale, fatto che lo rese protagonista di una lunga e celebre tradizione del mondo scribale.

Per quanto riguarda la struttura del “codice” in questione, ci troviamo di fronte a un testo estremamente articolato e ben organizzato. Strutturato secondo la tipica formulazione casuistica (articolazione per periodi ipotetici), il testo del “codice” di Hammurabi è articolato secondo una triplice distinzione in un prologo di apertura delle leggi, il testo vero e proprio con tutte le 282 norme, e infine un epilogo finale per concludere il tutto. Prologo ed epilogo, sebbene non rappresentino direttamente norme o leggi come dovrebbe invece fare il “codice”, sono essenziali in quanto si occupano di presentare la figura del sovrano come devoto agli dei e come un grande conquistatore; il ruolo della giustizia appare dunque estremamente marginale in un quadro complessivo dove è invece Hammurabi l’indiscusso protagonista attento al benessere della popolazione per volere divino (scopo propagandistico).

Norme e iconografia del codice di Hammurabi

Come citato in precedenza, il “codice” di Hammurabi non rappresenta un vero e proprio codice legislativo, bensì un insieme di norme suddivise e organizzate per tematiche e reati, associati alle relative procedure da seguire in caso di crimini. Erano infatti classificabili più come modelli che come vere e proprie leggi, e la distinzione delle pene avveniva sulla base di una triplice classificazione sociale: i signori (awilum), dotati dei massimi privilegi, i cittadini comuni (mushkenum), e infine gli schiavi (wardum), considerati alla stregua di un oggetto o di una proprietà privata, e dunque esentati da ogni possibile tipologia di tutela. La pena risultava pertanto proporzionata al valore della persona che commetteva il crimine o che veniva in qualche modo danneggiata da esso.

Per quanto riguarda invece le punizioni, esse erano molto numerose e variavano in base al crimine commesso e alla persona che l’aveva commesso o ricevuto. La pena capitale era piuttosto rara e veniva applicata quasi esclusivamente in caso di omicidio o tradimento, c’erano poi svariate pene corporali attuate soprattutto sulla base della legge del taglione, molto in voga nel mondo mesopotamico così come in quello biblico, le pene pecuniarie erano invece molto frequenti e venivano inflitte multe di diversa portata in base ai reati commessi; infine, un’altra pena applicata piuttosto raramente era l’esilio. L’accertamento della verità di un crimine era poi un altro fatto molto importante da considerare, poichè, in mancanza della flagranza del reato, poteva avvenire tramite documenti scritti, testimoni, giuramenti e tramite la prova dell’ordalia (ancora utilizzata in epoca medievale e moderna).

Infine, un ultimo considerevole fattore che caratterizza la stele del “codice” di Hammurabi è rappresentato da un elaborato elemento iconografico posto sulla sommità del monolite. Si tratta di un piccolo bassorilievo finemente lavorato rappresentante il sovrano Hammurabi di fronte a Shamash, un’importante divinità del pantheon mesopotamico relativa al Sole e, appunto, alla giustizia, poichè trattandosi di un dio solare/celeste, può vedere e sapere tutto in qualsiasi momento. Hammurabi è inoltre rappresentato in un tipico atteggiamento di grande devozione nei confronti del dio, ponendo il braccio sinistro conserto e la mano destra davanti alla bocca. Tale iconografia viene rinvenuta spesso in sigilli e statue del Vicino Oriente per simboleggiare la vicinanza e il rispetto del sovrano nei confronti delle divinità.

In conclusione, sebbene il “codice” di Hammurabi rappresenti più un testo di carattere celebrativo e propagandistico nei confronti del sovrano, piuttosto che un codice dai tratti legislativi e giudiziari, esso risulta essere essenziale per tratteggiare non solo la figura di Hammurabi, ma anche l’antica concezione mesopotamica che vigeva nei riguardi della giurisdizione. Il “codice” ha inoltre consentito di analizzare una complessa stratificazione gerarchica e sociale della popolazione, oltre che un articolato sistema politico, economico e militare operato da Hammurabi durante il suo regno; si tratta di temi non indifferenti se si considera che, in seguito alla morte del sovrano, tutto ciò che era stato da lui duramente costruito entrerà in crisi, non essendo i suoi successori più in grado di controllare stabilmente un impero esteso dal Golfo Persico fino all’alta Mesopotamia. Il “codice” risulterebbe dunque essere una diretta testimonianza di una delle più grandi fasi a cui abbia assistito l’impero babilonese.

Consigli di lettura

Hartmut Schmokel – Hammurabi di Babibonia. Dalla politica espansionistica alla riforma giuridica

I Sumeri – il popolo che inventò la ruota e la scrittura

Il popolo dei Sumeri fu uno dei primi popoli nella storia ad utilizzare la scrittura, e sa quel che ne sappiamo furono il primo popolo in assoluto ad inventare la scrittura, segnando così la fine della preistoria e l’inizio della “Storia”.

Non si hanno molte informazioni sulle origini del popolo sumero, ma secondo alcune ipotesi molto accreditate, è probabile che intorno quarto millennio avanti cristo lasciarono le proprie terre d’origine da qualche parte tra i monti del’odierna Turchia e l’Iran, per insediarsi in Mesopotamia, una vasta e fertile pianura, ricca d’acqua e vegetazione, in medio oriente tra i fiumi Tigri ed Eufrate, il cui territorio coincide in parte con l’odierno Iraq. La grande fertilità della terra rendeva estremamente semplice l’agricoltura e l’allevamento, inoltre la presenza dei due fiumi che fungevano da frontiere naturali rendevano la vita in quell’area particolarmente sicura e i villaggi poi città poterono svilupparsi senza particolare timore di eventuali invasioni o aggressioni straniere.

La civiltà sumera è considerata, insieme alla civiltà egizia, una delle prime civiltà urbane, i singoli villaggi crescendo divennero imponenti città, al cui centro solitamente si ergeva un tempio detto Ziqqurat, alla cui sommità si ergeva un sacello, il tempio vero e proprio, accessibile attraverso una scalinata esterna che simboleggiavano la comunicazione tra il cielo e la terra e tra l’uomo e le divinità. La civiltà Sumera è generalmente divisa in varie epoche, la prima delle quali detta Periodo di ‘Ubaid, in questa prima fase non si hanno molte informazioni, ciò che sappiamo però è che in quest’epoca la città stato di Ubaid avrebbe goduto di una certa centralità nella rete di città stato sumeriche. L’epoca Ubaid è solitamente divisa in due fasi dette Antico Ubaid e Tardo Ubaid, l’ultima delle quali sarebbe terminata intorno alla metà del quarto millennio con l’ascesa della città di Uruk.

Secondo alcuni teorici l’ascesa di Uruk segna l’inizio effettivo della civiltà sumera, mentre secondo altri già l’età di Ubaid rientrerebbe nella “storia sumera”. In questo stesso periodo è datata anche l’invenzione della ruota, che, sembrerebbe essere stata la chiave del potere di Uruk nel soppiantare Ubaid, tuttavia questa ipotesi non è mai stata dimostrata.

All’età di Uruk segue un breve periodo tra la fine del quarto millennio e l’inizio del terzo millennio, (3100 – 2900 circa ) in cui si sarebbe assistito all’ascesa della città di Gemdet Nasr, cui avrebbe fatto seguito un epoca detta “proto dinastico” , diviso a sua volta in quattro fasi governate da re sacerdoti che secondo la mitologia sarebbero stati diretti discendenti delle divinità.

L’età proto dinastica si conclude intorno al 2350 a.c. quando Sargon di Akkad avrebbe creato un vero e proprio impero, cancellando l’autonomia e l’indipendenza delle città stato sumere e riconducendo tutte le città sotto un unico vessillo imperiale.

Alla dinastia accadica avrebbe fatto seguito intorno al 2200 l’ascesa del popolo dei Gutei e successivamente, intorno al 2120 si sarebbe affermata la dinastia di Ur, instaurata da Ur III della città di Ur.

Dopo la dinastia di Ur la civiltà sumera sarebbe caduta in declino per via delle numerose interferenze provocate dall’arrivo in Mesopotamia di Assiri e Babilonesi, due popolazioni di origine Accadica-Semitica.

Intorno al 1900 avanti cristo i babilonesi, guidati da Sumu-abum avrebbero instaurato una dinastia regia nell’area meridionale della regione, facendo di Babilonia la propria capitale e tra i suoi discendenti, circa un secolo più tardi, intorno al 1792, sarebbe salito al potere Hammurabi, che avrebbe messo per iscritto le leggi cittadine creando il “Codice di Hammurabi“, una delle più antiche raccolte di leggi scritte che ci sia pervenuta.

Contemporaneamente all’ascesa babilonese e la conquista della Mesopotamia meridionale di Sumar-abum, Sargon I re di Assiria avrebbe esteso il proprio potere dal’area settentrionale della Mesopotamia fino all’Armenia meridionale.

 

Exit mobile version