Nella notte tra il 27 e 28 febbraio 1933, il palazzo del Reichstag a Berlino, importante edificio della democrazia tedesca dell’epoca, venne avvolto e divorato dalle fiamme. Secondo la versione ufficiale, il responsabile dell’attentato incendiario fu Marinus van der Lubbe, trovato sul posto durante le operazioni di spegnimento. La Germania era in quel tempo guidata dal neoeletto cancelliere Adolf Hitler, alla testa del partito Nazional Socialista dei lavoratori tedeschi (il partito Nazista), e il governo di Hitler trovò nell’incendio un eccellente pretesto per accusare i comunisti di cospirazione e attività sovversive, inaugurando così un epoca di forte repressione politica e sociale legittimata dal Decreto dell’Incendio del Reichstag, con cui sostanzialmente si sospendevano le libertà civili.
L’incendio del Reichstag è considerato il momento culminante della Repubblica di Weimar e l’inizio della trasformazione della Germania nel regime Nazista e ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, il dibattito storiografico sull’effettiva responsabilità dell’incendio rimane un tema caldo.
In questo articolo voglio parlare dell’incendio del Reichstag, del contesto storico in cui avvenne, delle sue implicazioni e la sua eredità.
Cos’è il Reichstag
Se parliamo dell’incendio del Reichstag, è importante capire cos’è il Reichstag. In breve, il Reichstag è un edificio che ospitava, fin dal 1894 la camera bassa del parlamento tedesco, costituito nel 1871. Il Reichstag ha accompagnato la politica sia del Deutsches Reich (l’Impero Tedesco) che della Repubblica di Weimar.
L’edificio del Reichstag è stato progettato costruito, tra il 1884 e il 1894, dall’architetto Paul Wallot, e inaugurato nel 1894 dall’imperatore Guglielmo II, che tuttavia, ne criticò l’estetica neorinascimentale, definendo l’edificio un “monumento al cattivo gusto”.
Come anticipato, tra il 1894 ed il 1933 il Reichstag ha ospitato la camera bassa del parlamento tedesco, questa camera era composta da deputati eletti tramite suffragio universale maschile. Il potere esecutivo invece, rimaneva nelle mani dell’imperatore (fino al 1918) e con l’istituzione della Repubblica di Weimar, passava nelle mani del presidente della Repubblica, che de facto sostituiva l’Imperatore.
Il contesto storico dell’incendio del Reichstag
Nel 1918, con la fine della prima guerra mondiale da cui l’Impero tedesco esce sconfitto, viene istituita la Repubblica di Weimar (1919-1933, si tratta sostanzialmente di un esperimento democratico molto fragile sorto in un epoca post bellica, di grande crisi economiche, in un paese contaminato e divorato da conflitti sociali e instabilità politica. Una serie di fattori che rendono la Repubblica di Weimar storicamente un istituzione debole. Alla base della repubblica c’era la Costituzione di Weimar, approvata nel 1919. Questa costituzione garantiva una serie di libertà civili e suffragio universale maschile, tuttavia, il sistema l’estremo militarismo prussiano e le ambizioni rivoluzionarie portarono ad una forte polarizzazione del clima politico tra estremismi di destra e di sinistra, senza troppo margine di manovra per le forze politiche più moderate.
In questo clima, partiti tradizionali come la SPD (socialdemocratici) e la DNVP (conservatori), persero progressivamente consenso, mentre il Partito Nazista (NSDAP), riuscì a crescere e imporsi rapidamente come principale forza antisistema, sfruttò soprattutto il malcontento popolare.
Nei primi anni 20 la dimensione politica del partito Nazista è marginale, tuttavia, sulla fine del decennio, grazie anche ad elementi strutturali come la crisi economica del 1929, una forte ondata inflazionistica e un tasso di disoccupazione crescente, alimentarono una forte sfiducia nei confronti delle istituzioni e, in un clima di forte sfiducia istituzionale, quelle forze politiche che si presentavano alla popolazione come paladini dell’ordine contro la barbarie bolscevica, riuscirono ad aumentare rapidamente i propri consensi.
Così, Hitler e la NSDAP, impostarono una forte campagna propagandistica di matrice antisocialista e anticomunista. I comunisti (KPD) ed i movimenti socialisti vennero accusati di minare l’unità nazionale, di cospirare intenzionalmente contro la nazione ed i tedeschi. La strategia propagandistica è un successo al punto che la propaganda antisocialista e anticomunista divenne una delle colonne portanti della strategia politica nazista.
In un primo momento le tensioni politiche crebbero a dismisura, sfociando in un clima di guerra civile latente, con attentati e scioperi, gli scontri di piazza, amplificati dalla violenza delle SA (squadrismo nazista) divennero una routine. In questo clima di disordine sociale il governo di Heinrich Brüning (1930-1932) fece ricorso ad una serie di decreti d’emergenza, con cui scavalcò sistematicamente il Reichstag, accelerando in questo modo l’erosione della già flebile democrazia tedesca dei primi anni 30.
Alle elezioni del 1932, i nazisti divennero il primo partito del Reichstag, senza però ottenere la maggioranza assoluta, tuttavia, grazie ad una serie di fruttuose e prolifiche alleanze tra élite conservatrici e radicali di destra, nel gennaio del 1933, Adolf Hitler riuscì ad ottenere la nomina di Cancelliere della repubblica di Weimar.
La nomina di un cancelliere come Adolf Hitler, portò ad un ulteriore deterioramento del clima politico e sociale, già devastato da un contesto di crisi e forte polarizzazione e per molti segnò l’inizio della fine per la Repubblica di Weimar.
La notte dell’incendio del Reichstag
A poche settimane dalla nomina di Hitler come nuovo cancelliere tedesco, nella serata del 27 febbraio 1933, alle 21:14, un violento incendio divampò all’interno del palazzo del Reichstag di Berlino. L’incendio divorò in pochi minuti l’aula della plenaria e parte dell’edificio. Stando alle cronache dell’epoca, la presenza nell’edificio di materiali altamente infiammabili come tendaggi e documenti, alimentarono rapidamente le fiamme rendendo l’incendio incontrollabile nonostante l’arrivo repentino e quasi immediato dei pompieri sul posto.
Nelle ore seguenti all’incendio i pompieri impegnati nelle operazioni di spegnimento dell’incendio, ritrovarono all’interno dell’edificio Marinus van der Lubbe, un giovane olandese, con simpatie comuniste, che secondo la versione ufficiale indossava indumenti bruciacchiati e portava con se attrezzi da lavoro. Lubbe era sopravvissuto all’incendio e venne immediatamente arrestato con l’accusa di aver appiccato il fuoco per conto del Partito Comunista Tedesco (KPD). Da quel che sappiamo, Lubbe dichiarò di aver agito da solo, tuttavia, per la propaganda Nazista Lubbe operava per conto del KPD e l’evento venne raccontato come una prova evidente di un complotto comunista che innescò una reazione a catena di responsabilità ed accuse politiche culminate nella fine della democrazia di Weimar e la nascita del terzo Reich.
Non troppo tempo dopo l’identificazione di van der Lubbe giunsero sul posto anche Adolf Hitler ed Hermann Göring e fu quest’ultimo a dichiarare, dopo aver appreso delle simpatie del giovane olandese per il comunismo, che l’incendio era stato orchestrato dai comunisti.
Il Decreto dell’Incendio del Reichstag (28 febbraio 1933)
Il vero momento di svolta per la democrazia tedesca fu il giorno successivo all’incendio del Reichstag, il 28 febbraio 1933. In quella data il presidente della repubblica di Weimar, Paul von Hindenburg firmò un decreto d’emergenza, detto “Reichstagsbrandverordnung” proposto da Hitler e i Nazisti, con cui si sospendeva parte della Costituzione di Weimar, in altri termini, numerose libertà civili garantite dalla costituzione vennero sospese.
Con la promulgazione del “Decreto per la protezione del Popolo e dello Stato” il governo ottenne il potere di limitare la libertà di stampa, di espressione e di riunione, inoltre poté legalizzare perquisizioni domiciliari e arresti arbitrari. Grazie a questo decreto, fu possibile avviare un imponente campagna repressiva ai danni di comunisti e socialdemocratici, accusati da Hermann Göring di aver attentato al Reichstag. In pochi giorni ci furono migliaia di arrestati e molti intellettuali, sindacalisti, giornalisti e politici furono costretti alla clandestinità.
Non è tutto, con questo decreto, in nome della sicurezza del popolo e lo stato, si conferivano al cancelliere tedesco, in quel momento Adolf Hitler, una serie di poteri straordinari, che rendevano superfluo il parlamento tedesco accelerando la trasformazione della Germania in uno stato autoritario e totalitario. Il Reichstagsbrandverordnung, prodotto come decreto d’emergenza, rimase in vigore per tutta la durata del Terzo Reich.
Teorie e dibattiti storiografici
Come abbiamo visto, secondo la versione ufficiale, sostenuta dalle autorità naziste, l’incendio del Reichstag fu un attentato di matrice comunista per destabilizzare il governo e di tale attentato uno degli esecutori materiali fu il giovane olandese Marinus van der Lubbe, il quale ha sempre dichiarato di aver agito da solo.
Questa versione della storia tuttavia non sembra convincere del tutto, e nel tempo ci sono state varie revisioni da parte di numerosi storici che mettono in discussione alcuni punti della narrazione. Uno degli aspetti maggiormente criticati della versione ufficiale è il ruolo di Lubbe nell’intera vicenda, secondo diversi autori infatti, la velocità e la portata dell’incendio non sembrano compatibili con la possibilità che un giovane abbia agito da solo. Molti ipotizzano che l’incendio possa essere stato organizzato e attuato dagli stessi Nazisti e che van der Lubbe non sia altro che un capro espiatorio finalizzato alla repressione politica.
A sostegno di questa tesi, l’estrema rapidità con cui è stato scritto, presentato e approvato il Decreto per la protezione del Popolo e dello Stato. Secondo alcuni storici, un altra prova a sostegno di questa tesi, sono testimonianze di chi assistette all’incendio. Molti infatti hanno sostenuto la presenza di squadre delle SA (le milizie naziste) all’interno del Reichstag prima dell’incendio, e alcuni sostengono l’esistenza di documenti mostrerebbero una pianificazione preventiva di misure repressive. Tali documenti tuttavia potrebbero non avere alcun legame diretto con l’attentato e potrebbero essere scollegati da un articolato piano eversivo e limitarsi ad una mera strategia repressiva da attuare in caso di ascesa al potere.
Conseguenze politiche e ascesa della dittatura
Il 5 marzo 1933 si tennero nuove elezioni parlamentari, quelle che ad oggi sono ufficialmente le ultime elezioni della Repubblica di Weimar. Quelle elezioni furono profondamente influenzate dall’incendio del Reichstag e dalla successiva repressione nazista che costò al Partito Comunista Tedesco oltre il 4,6% dei consensi rispetto alle elezioni di Novembre, mentre il Partito Nazionalsocialista di Hitler guadagnò oltre il 10%, conquistando il 43,9% dei consensi, imponendosi nuovamente come primo partito, senza però ottenere, ancora una volta, la maggioranza assoluta di seggi (288/647).
Pur non avendo la maggioranza assoluta, Hitler riuscì ad ottenere l’incarico di cancelliere, sostenuto dai conservatori del DNVP e il 23 marzo 1933, il Reichstag approvò la Ermächtigungsgesetz, una legge che conferì al cancelliere il potere di emanare leggi senza il consenso del parlamento, una legge che sostanzialmente conferiva ad Hitler pieni poteri, segnando de facto la fine della democrazia tedesca.