Mattarella ha fatto il suo dovere, Salvini e Di Maio hanno pisciato sulla costituzione

Sergio Mattarella ha fatto il proprio dovere di Presidente della Repubblica, nel rispetto e nei limiti della costituzione italiana, quanto a Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Giorgia Meloni, per dirla con una metafora, molto pittoresca, hanno pisciato sulla costituzione e cagato nei corridoi del quirinale per poi puntare il dito contro Mattarella, dicendo che era già sporco di merda quando sono arrivati.

Fatta questa premessa molto forte e di impatto che ha il solo scopo di far incazzare la maggior parte dei lettori, torniamo razionali, torniamo seri e cerchiamo di contestualizzare storicamente quello che è successo negli ultimi giorni.

Stavo ragionando in merito ai più recenti avvenimenti della politica italiana quando mi si è accesa una lampadina poco incoraggiante e un pensiero trasversale mi ha portato ad associare la rinuncia di Giuseppe Conte all’abbandono della delegazione italiana alla conferenza di londra del 1920, la conferenza in cui avvenne la ripartizione tra le potenze vincitrici della prima guerra mondiale, dei possedimenti coloniali ed alcune aree territoriali delle potenze sconfitte.

In quell’occasione la delegazione Italiana chiedeva a gran voce il riconoscimento del proprio successo bellico e della concessione di alcuni territori fino a quel momento posti sotto il controllo dell’ex impero austro-ungarico, tuttavia, trovando inascoltate le proprie richieste, decise di utilizzare come strumento di pressione, la famosa politica della sedia vuota, abbandonando la conferenza nel tentativo di rafforzare la propria posizione.

Come è noto questa strategia si tradusse in un fallimento politico internazionale per l’italia che, invece di ottenere ciò che richiedeva, si ritrovò esclusa dalla ripartizione territoriale, segnando così l’inizio del moto politico della vittoria mutilata di cui il partito nazionale fascista sarebbe diventato un portavoce privilegiato e grazie al quale avrebbe rafforzato e consolidato sempre di più la propria posizione politica fino ad ottenere un sempre maggiore consenso popolare che si sarebbe tradotto, in pochi anni, nella dittatura fascista.

Ma perché la “fuga” di Conte mi ha ricordato la conferenza di Londra?

Fondamentalmente perché la rinuncia di conte è stata dettata, con molte probabilità, da una precisa strategia politica dettata da Matteo Salvini e Luigi di Maio, il cui intento potrebbe essere quello di rafforzare la propria posizione politica nel paese ed accrescere i propri consensi utilizzando una vecchia ricetta, risalente ai tempi di Giulio Cesare, sempre molto efficace per ottenere il consenso delle masse popolari.

Come già Benedetto Croce osservò agli inizi del novecento, commentando il collasso della destra storica che portò al potere la sinistra permettendo in seguito la nascita del fenomeno del trasformismo, osservò che questi, il trasformismo, era stato possibile proprio grazie al tracollo della destra che aveva portato al successo la sinistra cavalcando l’onda del dissenso, costruendo una forte campagna di opposizione alle leadership politiche preesistenti, alla troppo rigida politica fiscale imposta dalla destra per sanare il debito italiano. Croce osserva che è molto facile ottenere consensi cavalcando il dissenso, e sulla stessa linea sarebbe stata, qualche decennio più tardi, anche Hannah Arendt, con il suo Le origini del Totalitarismo, opera in cui avrebbe individuato quella che in qualche modo possiamo identificare come la ricetta perfetta per raggiungere il potere grazie all’appoggio delle masse popolari e nello specifico per la creazione di un “regime totalitario“.

Sia Depretis che i regimi totalitari descritti dalla Arendt riescono a conquistare il potere proprio cavalcando il dissenso popolare, il malcontento, facendo proprie alcune tematiche sociali in qualche modo dimenticate o mal comunicate dall’altra parte, ed individuando un nemico esterno contro cui convogliare le proprie energie. Utilizzare una minaccia esterna alla nazione, alla repubblica, per ottenere vantaggi, è sempre stato un elemento vincente, basti guardare alla nascita dell’impero galattico nella saga cinematografica di Star Wars, o se vogliamo restare con i piedi piantati nella storia reale, alla nascita del Terzo Reich, alla nascita dell’Unione Sovietica, alla nascita del primo e del secondo impero francese, alla dittatura di Oliver Cromwell ecc ecc ecc fino ad arrivare alla nascita dell’impero romano e l’impero ateniense di Pericle.

In tutti questi casi l’ordinamento repubblicano è venuto a mancare, portando al conferimento di poteri speciali ai capi politici, trasformando de facto quei sistemi politici “repubblicani” in sistemi totalitari, dal sapore monarchico, senza però assumere ufficialmente il titolo di “monarchia”, Pericle divenne “primo cittadino Ateniense“, Cesare venne proclamato dittatore a vita, Ottaviano scelse il “titolo” di Augusto, Cromwell divenne Lord Protettore, Napoleone fu proclamato Primo console (e poi imperatore), come anche Napoleone III e il cancelliere Palpatine in Star Wars, Lienin prima e Stalini poi, avevano assunto per loro le principali cariche dell’URSS ed Hitler divenne Führer, un titolo costruito ad hoc, che formalmente significava capo assoluto dello stato.

Le loro esperienze politiche e militari, sono molto diverse, e pure, presentano numerosi elementi di congiunzione, tutti loro riuscirono a trasformare l’ordinamento repubblicano, assumendo poteri straordinari a tempo indeterminato, e in tutti i casi sopracitati, questa assunzione di poteri straordinari fu determinata dalla necessità e dalla volontà popolare, di contrastare una minaccia politica/economica/militare interna o esterna, che rischiava di distruggere la pace e il benessere della repubblica. In tutti questi casi la repubblica aveva attraversato un periodo più o meno lungo di crisi istituzionale, che aveva portato ad una perdita di fiducia nelle istituzioni tradizionali.

Nel caso di Pericle, Atene era stata impegnata nelle guerre del Peloponneso, la Roma di Cesare e di Ottaviano aveva conosciuto quasi un secolo di guerra civile, con Cromwell, il regno unito aveva appena iniziato a muovere i primi passi in un sistema repubblicano, la francia di Napoleone Bonaparte e di Napoleone III aveva appena attraversato una forte e dolorosa ondata rivoluzionaria, la Russia di Lienin aveva conosciuto la rivoluzione, la caduta degli Zar e la prima guerra mondiale, e la Germania di Hitler veniva dalla sconfitta nella prima guerra mondiale e dalla fallimentare esperienza della repubblica di Weimar, l’Impero galattico, aveva conosciuto una profonda crisi finanziaria ed una colossale guerra civile durata più di vent’anni e in fine, ma non meno importante, anche se non costituì l’avvento di una dittatura, il successo elettorale di Agostino Depretis nel 1876, venne dopo quindici anni di politiche economiche e sociali che non erano riuscite a sanare la frattura sociale tra l’italia meridionale e l’italia settentrionale, e in cui, si era prodotto un progressivo inasprimento delle politiche economiche giunto al proprio culmine con la creazione di tasse altamente impopolari, come la tassa sul macinato, il tutto, agli albori della storia unitaria del neonato regno d’italia che, nel 1876 esisteva ufficialmente da soli quindici anni.

Potrei andare avanti all’infinito, di esempi ne abbiamo ancora a migliaia, ma direi che possiamo anche fermarci qui, quelli elencati ci forniscono un immagine molto nitida di questa particolare meccanica politica che, a tutti gli effetti possiamo identificare come una dinamica storica.

Non vi è miglior modo per compattare la propria base elettorale per produrre la nascita di una nazione se non quello di individuare un nemico esterno con il quale non è possibile identificarsi e a cui attribuire la responsabilità di ogni male e disfunzione della nostra società e questo lo sanno anche i bambini.

Intorno all’anno 1096 l’europa era fortemente frantuma, il potere ecclesiastico e quello imperiale erano in forte competizione, l’europa viveva a pieno le lotte per le investiture e in quel momento storico, fu adottata, ancora una volta questa ricetta, il nemico dell’europa, nello scontro tra Papato ed Impero, fu individuato nel mondo islamico, nel controllo della terra santa e fu indetta la prima crociata che, tra le mille ragioni economiche e politiche possiamo certamente indicare la necessità di spostare l’attenzione su un nemico esterno per rafforzare la politica interna.

Ci tengo a sottolineare che, non tutti gli esempi che ho citato produssero un effettivo regime totalitario e in alcuni casi ciò che venne a crearsi fu un sistema istituzionale “positivo” e magari anche democratico, basti pensare all’Atene di Pericle o all’Italia di Depretis. Ciò accomuna tutti gli esempi sopracitati (e anche quelli che non ho citato perché sarebbero troppi da citare tutti) non è la natura totalitaria del sistema politico che venne a crearsi, non sto riscrivendo le origini del totalitarismo, non sono certo Hannah Arendt, ciò che li accomuna è che è al centro di questo articolo, fu la strategia politica, comunicativa, espressiva, che venne utilizzata per il raggiungimento del potere ed è una strategia che possiamo individuare nell’attuale politica italiana di Lega e Movimento 5 Stelle.

A scanso di equivoci, con questo articolo non voglio insinuare in alcun modo che Lega e Movimento puntino a creare un regime totalitario in italia, ciò che mi interessa fare con questo articolo è  analizzare e contestualizzare storicamente la strategia politica utilizzata dalle due forze politiche che hanno monopolizzato il terreno del dissenso generale.

Come abbiamo visto fino ad ora, la linea politica scelta dai due partiti non è certo un invenzione del ventunesimo secolo, non è certo il frutto del meticoloso lavoro di un brillante e innovativo stratega politico, la strategia utilizzata è una strategia vecchia, antica, quasi ammuffita se non fosse che è una strategia efficace, funziona oggi come funzionava il secolo scorso e come funzionava duemila anni fa.

Matteo Salvini e Luigi di Maio non sono altro che dei novelli Marco Antonio e Ottaviano, durante il secondo triumvirato, accomunati da un senso di rivalsa e di vendetta nei confronti dei cesaricidi, presentati al popolo romano come cospiratori che avevano attentato alle istituzioni repubblicane e ottenendo l’appoggio delle istituzioni repubblicane e del popolo romano per sconfiggere questo nemico comune.

Marco Antonio ed Ottaviano costruirono la propria campagna politica puntando sulla guerra contro i cesaricidi facendo passare l’idea che l’assassinio di cesare fosse un attentato alla repubblica e che i cesaricidi fossero dei criminali, perché in effetti Cesare ricopriva quella posizione di dittatore a vita in maniera legittima e godeva di un enorme consenso popolare, de facto assassinare cesare e soprattutto assassinare il leader supremo Cesare fu effettivamente un attacco “terroristico” ai danni della repubblica. Va però ricordato che il primo ad attentare alla repubblica fu proprio Cesare che aveva assunto per se poteri politici illimitati, e li aveva ottenuti in maniera legittima perché lui, li aveva resi legittimi, dall’altra parte i cesaricidi avevano agito al di fuori della legalità perché posti fuori dalla legalità da Cesare, ma, nei loro intenti,  ambivano alla ricostruzione della repubblica, una repubblica che da quasi un secolo, tra guerre sociali e guerre civili, aveva smesso di funzionare regolarmente.

Vi è dunque una forte ambiguità giuridica nella vicenda del cesaricidio che, a seconda della chiave interpretativa, può dare ragione ai Cesaricidi o ad Ottaviano e Marco Antonio.

Ed è proprio partendo da questa ambiguità giuridica che parte la mia associazione di Salvini e DiMaio a Marco Antonio ed Ottaviano, poiché, in seguito alla rinuncia di Conte all’incarico di presidente del consiglio dei ministri dovuto al veto posto dal presidente della repubblica Sergio Mattarella sul nome del proposto ministro dell’economia e della finanza Paolo Savona, Salvini e Di Maio, hanno gridato nelle rispettive dirette su facebook, ad un Attacco alla democrazia da parte del Presidente Mattarella, il quale, secondo i due politicanti avrebbe “abusato” dei propri poteri di capo dello stato, imponendo la sostituzione di un ministro, rivendicando così una presunta ambiguità giuridica nelle azioni di Mattarella.

In realtà nella decisione del Presidente della Repubblica non ci è alcuna ambiguità giuridica, in quanto gli articoli 87 e 92 della costituzione italiana, sono abbastanza chiari ed esplicativi, il Presidente della Repubblica nomina il presidente del consiglio e su proposta di questo i ministri. Va da se che il termine “proposta” implica la possibilità di un rifiuto di quei ministri e quindi la necessità di proporne semplicemente di nuovi.

In questo senso, non è infatti anomalo, nella storia dell’Italia repubblicana, imbattersi in Presidenti della Repubblica che, nel pieno dei propri poteri riconosciuti dalla costituzione, hanno richiesto al presidente del consiglio di sostituire alcuni nomi, basti ricordare che:

Nel 1979, il presidente Sandro Pertini, il più amato dagli italiani, bocciò il nome di Clelio Darida, proposto dal presidente del consiglio Francesco Cossiga per il ministero della difesa, la risposta di Cossiga a questo rifiuto fu la sostituzione del nome di Darida con quello di Attilio Ruffini, ma il cambio di nome sulla poltrona ministeriale non costituì un cambio della politica di Cossiga sul tema della difesa.

Nel 1994, il presidente Oscar Luigi Scalfaro, bocciò il nome di Cesare Previti, proposto da Silvio Berlusconi per il ministero della Giustizia, come Cossiga prima di lui, Berlusconi sostituì il nome di Previti con quello di Alfredo Biondi senza però modificare la politica del governo Belusconi I sul tema della giustizia.

Nel 2001, il presidente Carlo Azeglio Ciampi, bocciò, il nome di Roberto Maroni, proposto da Silvio Berlusconi, per il ministero della Giustizia, come già accaduto nel 94, Berlusconi cambiò il nome del ministro ma non la politica del suo governo sul tema della giustizia.

In fine, ma non meno importante, nel 2014, il presidente Giorgio Napolitano, bocciò il nome di Nicola Gratteri proposto da Matteo Renzi per il ministero della giustizia. Come tutti i suoi predecessori, il rifiuto del presidente della repubblica per il nome di un ministro non portò al fallimento del governo o ad un cambio di rotta del governo sul tema della giustizia, Renzi, come Berlusconi e Cossiga prima di lui, si limitò ad indicare un nuovo nome per il ministero e la sua scelta ricadde sul nome di Andrea Orlando.

Quest’ultimo nome è forse quello più interessante per l’esempio e per demistificare la teoria cospirazionista avanzata da Lega e Movimento 5 Stelle secondo cui vi sarebbe un potere occulto a Bruxelle che vuole rendere schiavo il popolo italiano e i poteri forti nazionali, incarnati dalla politica di Matteo Renzi e del Partito Democratico sarebbero al servizio di questo potere occulto, e pure, lo stesso Matteo Renzi, che secondo la teoria cospirazionista era al servizio di queste forze occulte, nel 2014, ha visto bocciare uno dei ministri che aveva proposto, Renzi non era un servo di quei poteri forti? perché Napolitano gli bocciò il nome di Gratteri? questa bocciatura rappresenta una falla di proporzioni bibliche nella teoria cospirazionista.

La bocciatura di un nome per un ministero, non è altro che una questione di formalità, in quanto, in una repubblica parlamentare, i ministri non agiscono e non possono agire in piena autonomia, ma devono rispondere alle linee guida fornite dal parlamento e dai partiti che lo compongono, de facto i ministri non dettano la direzione del ministero ma ne incarnano il volto, sono una sorta di biglietto da visita e svolgono una funzione prevalentemente di rappresentanza oltre che politico amministrativa.

In questo caso specifico, in cui lo stesso presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte avrebbe ricoperto un ruolo prevalentemente politico e le cui decisioni, tra cui la stessa rosa dei ministri, sarebbero dipese quasi totalmente dalla volontà dei due vicepresidente del consiglio proposti, Matteo Salvini e Luigi DiMaio, il nome del ministro incaricato sarebbe totalmente irrilevante e la linea d’azione di quel ministero sarebbe dipesa esclusivamente dalle direttive gialloverdi e se dai due partiti e dai due leader politici vi fosse stata una reale inclinazione democratica alla formazione di un governo, sarebbe stato sufficiente indicare un nome alternativo ed indicare Paolo Savona come sottosegretario, affidando de facto a lui il controllo formale del ministero, ma ponendo un volto differente.

Il ritiro immediato di Conte difronte alla richiesta del presidente della repubblica di proporre un nome differente per il ministero dell’economia e la netta chiusura di Matteo Salvini e Luigi DiMaio al dialogo democratico, si traduce in un reale attacco alla democrazia che in apertura ho descritto come un pisciare sulla costituzione e cagare nei corridoi del Quirinale per poi puntare il dito contro Mattarella, un uomo che ha assolto ai propri doveri in maniera encomiabile e concedendo fin troppo tempo e fiducia a due forze politiche costituenti una maggioranza estremamente fragile, e questa fragilità è emersa alla prima incertezza, alla prima indecisione, alla prima richiesta di una reale attività politica, avendo come effetto un irrazionale e sproporzionata chiusura alle istituzioni. Sergio Mattarella ha concesso a Salvini e DiMaio tempo e fiducia, ha affidato loro il futuro del nostro paese ed in cambio ha chiesto un dialogo che gli è stato negato ed ha ottenuto come risultato insulti e minacce ingiustificabili ed estremamente gravi, i cui autori, per quanto mi riguarda, dovrebbero essere condotti dinanzi alla giustizia dalle autorità competenti.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono INCOMPATIBILI con la costituzione

In molti mi avete chiesto di parlare di quello che è successo a Torino tra il leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e il direttore del museo Egittologico di Torino Chrustian Greco. E delle recenti dichiarazioni del leader della Lega Matteo Salvini secondo cui l’Islam sarebbe incompatibile con la nostra costituzione.
Volevo realizzare un video per dire la mia a riguardo, ma non sapevo esattamente come impostare il discorso e non avevo voglia di mettere su luci, microfono e telecamera, così alla fine ho optato per un ennesimo post di opinione personale.

Cominciamo col dire che da circa 70 anni, ovvero dal primo gennaio del 1948, l’Italia è uno stato laico. Forse Matteo Salvini e Giorgia Meloni erano troppo impegnati a non portare a termine gli studi e si sono persi quel passaggio storico in cui il vecchio statuto Albertino veniva sostituito dalla nostra attuale carta costituzionale o forse, più semplicemente non hanno mai avuto modo di leggere tutta la costituzione, in fondo hanno iniziato la loro attività politica da giovanissimi e l’articolo 3 della costituzione non è proprio il primo articolo, ed è preceduto da almeno mezza pagina piena di parole complicate, quindi è perfettamente comprensibile che dei leader politici, appartenenti ad una delle principali coalizioni politiche del paese, non sappiano dell’esistenza di un articolo della costituzione che definisce l’Italia uno stato laico in cui ogni culto religioso e confessione religiosa, possono essere professati liberamente, ovviamente nei limiti concessi dalla legge.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Articolo 3 della costituzione Italiana.

Ma forse la loro ignoranza non è così genuina, personalmente non credo che Matteo Salvini ne tantomeno Giorgia Meloni siano realmente così stupidi e ignoranti, e questo forse è ancora più grave, perché posso capire chi non conosce qualcosa, io per primo sono assolutamente ignorante in tantissimi campi, ma non accetto che si finge ignoranza, poiché fingendo di non conoscere e di non comprendere la differenza abissale che esiste tra una lingua, una nazione, una cultura e una religione, questi individui alimentano ignoranza e intolleranza, e come saprete se mi seguite da un po di tempo, reputo questi elementi il piatto preferito del terrorismo, quello vero, non quello sognato e forse desiderato da questi abominevoli personaggi politici.

La lotta all’ignoranza, la promozione della cultura e della storia sono ovviamente qualcosa che mi coinvolge e mi riguarda da vicino, non dedicherei così tanto tempo ed energie a fare divulgazione storica e culturale in maniera totalmente gratuita e questo desiderio di diffondere la cultura è qualcosa che ho in comune con il direttore del Museo Egittologico di Torini, questo desiderio è una delle ragioni principali che hanno spinto il direttore Chrustian Greco a promuovere un iniziativa che a mio avviso è assolutamente lodevole, promuovendo una mostra gratuita per chiunque fosse di lingua madre arabo. Io faccio video e scrivo articoli gratuiti per chiunque abbia accesso ad internet, e questo, ci tengo a precisarlo, non significa discriminare chi non ha accesso ad internet.

L’iniziativa di Greco si propone almeno tre obbiettivi.

  1. Avvicinare al museo e dunque alla cultura egizia, un pubblico che normalmente non entrerebbe al museo, abbiamo quindi una promozione della cultura e della storia, sul piano sociale questa iniziativa ha lo scopo di nobilitare un passato ed una storia che il terrorismo internazionale e ancora di più dal terrorismo politico, tendono ad oscurare e discriminare.
  2. Avvicinare alla storia e alla cultura egizia chi viene da una cultura affine a quella egizia e che, per questa sua appartenenza culturale viene quotidianamente discriminato e messo all’angolo, perché non prendiamoci in giro, al giorno d’oggi essere di cultura “araba” significa essere discriminati e questa discriminazione di massa è dovuta alle azioni sconsiderate di pochi individui privi di scrupoli e che ambiscono al potere personale.
  3. Mostrare agli italiani che gli “arabi” non sono tutti terroristi e criminali e che hanno una lunga e ricca storia alle spalle che nulla ha da invidiare alla storia europea, anzi.

Tutto questo è stato preso dalla Meloni, stuprato, calpestato, ricoperto di merda e distorto per fini politici che a mio avviso hanno del vergognoso, perché fanno apparire questa iniziativa che ha il fine ultimo di Includere, come un iniziativa che vuole Escludere qualcuno, e questo asserendo la folle e delirante teoria che agevolare qualcuno significhi discriminare qualcun altro, in questo caso secondo Giorgia Meloni, si discriminerebbero gli italiani.

A questo punto mi rivolgo direttamente a alla signora Meloni.

“Cara Giorgia, nessuno ti vieta di entrare al museo egittologico di torino (anche se, a questo punto, se fossi io il direttore, affiggerei un bel un cartello all’ingresso del museo con la tua faccia e la scritta “io qui non posso entrare” , almeno così potresti dire con ragione di causa di essere discriminata) e nessuno vieta agli italiani di fare visita regolarmente al museo, chiunque può entrare liberamente e normalmente, ma forse tu volevi solo risparmiare i soldi del biglietto e se ti fossi informata un minimo, sapresti che ci sono almeno 12 giornate all’anno in cui chiunque può entrare gratis al museo Egittologico di Torino, inoltre, in tutto l’anno ci sono numerose giornate speciali che permettono a varie categorie di entrare gratis, senza poi considerare tutti i giorni in cui il costo del biglietto è ridotto o puramente puramente simbolico e tutte le categorie, come gli studenti ad esempio, che godono di numerose agevolazioni.
Se dare l’ingresso gratuito, per un periodo limitato di 3 mesi, a chi parla arabo significa discriminare chiunque non parli arabo, allora anche dare l’ingresso gratuito ad i genitori alla festa del papà o alla festa della mamma, significa discriminare chi non ha figli,dare l’accesso gratuito alle coppie il giorno di san Valentino significa discriminano i single (in realtà chiunque vada lì da solo, perché per coppia si intendono letteralmente due persone) ecc, ecc, ecc, o ancora, il biglietto ridotto per gli studenti o per i minori di una certa età e sopra una certa età significa discriminare chi non è studente e chi ha un età nel mezzo tra i 18 ed i 65 anni circa, e ovviamente non è proprio così.
Cara Giorgia, probabilmente avrai notato che non ho scritto “gli italiani” ma ho elencato alcune categorie di persone, e l’ho fatto per una ragione, forse tu non lo sai, ma parlare arabo non significa avere una determinata nazionalità, praticare una determinata religione o appartenere ad una specifica etnia, la lingua non definisce nulla di tutto ciò, la lingua è solo uno dei tantissimi tratti culturali di cui disponiamo e ridurre tutta questa varietà culturale ad un mero aspetto linguistico, per quanto mi riguarda è terribilmente imbarazzante e profondamente ingiusto.

L’accesso al museo Egittologico, nell’iniziativa di Greco è gratuito per chiunque parli Arabo, ma cosa significa questo e dov’è l’errore o forse è meglio dire la malafede di Giorgia Meloni in tutto questo ?
Bisogna fare una premessa per me scontata ma a quanto pare, non lo è per tutti, se da una parte infatti parlare la lingua araba sia una conditio sine qua non per poter la fese islamica, poiché il vero Corano è scritto solo in arabo e questo perché tradurlo significherebbe modificare l’essenza del messaggio, non a caso molti dei problemi legati all’interpretazione del Corano sono derivati proprio dalla sua traduzione, comunque, un islamico deve necessariamente saper leggere, scrivere e parlare la lingua araba per poter prendere parte alla vita religiosa, tuttavia, parlare arabo non rende automaticamente islamici, vi sono de facto, nei paesi islamici o a maggioranza islamica come l’Egitto, numerose minoranze religiose non islamiche che però parlano arabo, in Egitto abbiamo una delle più grandi comunità copte del pianeta ed i copti sono cristiani se bene non di fede romana, sono comunque cristiani e quindi non serve che lo dica, non sono islamici, e pure la loro lingua è l’arabo, e il fatto che parlino arabo, nel caso specifico del museo Egittologico di Torino in questo momento, da loro diritto all’accesso agevolato al museo.

Agevolare qualcuno in qualcosa, per un periodo più o meno limitato di tempo, non significa e non può significare discriminare qualcun altro, perché se così fosse, l’esistenza delle categorie protette sarebbe una discriminazione per chi non appartiene a quelle categorie e non vi sarebbe più alcun dubbio sul fatto che le famose “quote rosa” di cui la signora Meloni è stata ed è una grande sostenitrice e promotrice, siano una terribile discriminazione nei confronti degli italiani di sesso maschile. E in effetti, grazie alle quote rosa una persona dalla dubbia competenza quale la signora Giorgia Meloni, ha potuto costruire gran parte della sua carriera politica, cosa che in un sistema meritocratico probabilmente non sarebbe mai stata possibile.

A questo punto mi sembra evidente che tra Chrustian Greco e Giorgia Meloni e le rispettive ragioni, esista un abisso culturale insormontabile, da una parte abbiamo un direttore museale che ha costruito la propria carriera sui propri studi e le proprie capacità ed ha come obbiettivo unico quello di promuovere la cultura. Dall’altra parte abbiamo un politico dalle dubbie competenze e capacità che ha costruito la propria carriera sfruttando le agevolazioni di cui godeva in quanto donna, ed ha come obbiettivo ultimo, creare una devastante e distruttiva spaccatura culturale, un obbiettivo che a quanto pare condivide con Matteo Salvini, probabilmente il peggior terrorista che abbiamo in Italia.
Personalmente credo che questi due esseri condividano un genuino desiderio di caos istituzionale e politico, credo che uomini e donne come loro nutrano un odio profondo nei confronti dell’italia e del suo popolo, della sua storia e della sua cultura millenaria, una storia fatta di incontri e scontri di civiltà che per millenni hanno plasmato la morfologia di uno dei popoli più variegati culturalmente dell’intero globo. Ma tutto questo a loro sfugge o peggio, fingono di non vederlo, rifugiandosi in un mitico passato che forse non è mai realmente esistito e rievocando gli spettri di anni oscuri, tra i più cupi che questo paese, questo continente e anzi, questo pianeta, abbiano mai vissuto.

Personalmente, da italiano, spero di non dover pagare per l’ignoranza, l’arroganza e l’incompetenza di uomini e donne come Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

 

Vittorio Emanuele III, il Re Ignavo

In questi giorni il nome Savoia è particolarmente legato alla cronaca, soprattutto per quanto riguarda Vittorio Emanuele III e la richiesta dei suoi eredi affinché l’antenato venga sepolto al Pantheon, dove giacciono altri suoi più illustri antenati e numerosi “patrioti” italiani.

Sono apparsi numerosi articoli biografici su Vittorio Emanuele III e sui Savoia in generale e penso sarebbe superfluo riproporre questi stessi contenuti anche qui, ma allo stesso tempo, da storico dell’età contemporanea, non posso esimermi dal parlarne e anzi, approfitto della vicenda per consigliarvi un libro. I Savoia di Gianni Oliva.

Cominciamo col dire che Gianni Oliva è uno storico italiano di origini torinesi, molto legato alla sua città e questo legame lo ha reso in qualche modo uno dei principali interpreti del novecento italiano, soprattutto per questioni riguardanti casa Savoia, questo libro in particolare ripercorre la storia di questa famiglia che, nel bene e nel male, ha giocato un ruolo centrale nella più recente storia italiana.
Nel libro Oliva racconta i Savoia sin dalle loro origini, ovvero quando non erano ancora una delle grandi famiglie della nobiltà europee, tuttavia, già dalla presentazione scopriamo che la storia dei Savoia è una storia molto antica, iniziata nella Borgogna del X secolo, quando la famiglia amministrava un i territori della Contea di Savoia nel regno di Borgogna. Circa cinque secoli più tardi, nel XV secolo quegli stessi territori furono elevati allo status di Ducato e continuarono ad essere amministrati dalla famiglia Savoia che di conseguenza fu elevata al titolo di Duca. Nei secoli successivi i membri di casa Savoia riescono a sopravvivere alle grandi turbolenze che in europa hanno portato alla capitolazione di molte teste coronate, in particolare la rivoluzione francese e campagne napoleoniche. In fine, nel XVIII secolo, sfruttando a proprio vantaggio alcune correnti e interessi politici di altre nazioni, riuscirono ad elevare il proprio ducato alla dignità di regno dando inizio a quello che sarebbe poi diventato il regno d’Italia e questo avrebbe permesso alla famiglia Savoia, di giocare finalmente un ruolo centrale sul grande scacchiere europeo, diventando a tutti gli effetti una casa reale degna di tale nome.

L’unificazione italiana è vista da alcuni storici come l’apice del potere di casa Savoia, secondo altri invece essa rappresenta solo l’inizio di una fase espansionistica. Questa seconda scuola di pensiero osserva che, non passò molto tempo dalla compiuta unificazione prima che l’italia si trasformasse in una “potenza coloniale” in grado di garantire ai propri regnanti il titolo e la dignità di Imperatore.
In questi termini qualcuno potrebbe obiettare, dicendo che l’Impero d’Italia è probabilmente uno dei più piccoli, brevi e peggio organizzati imperi della storia occidentale e non farebbe una piega, queste critiche sono assolutamente legittime e innegabili, l’Impero d’Italia ebbe un estensione minima, per non dire ridicola se confrontata ad altri imperi contemporanei, durò effettivamente pochi decenni, per non dire anni, ma nonostante tutto, fu comunque un impero.  Non sono infatti le dimensioni a fare un impero, ma la varietà dei popoli che lo abitano. C’è un video sul mio canale youtube dove spiego che cos’è un impero, qui mi limiterà a dare la definizione da “dizionario”.

Un impero è convenzionalmente un’entità statale costituita da un esteso insieme di territori e popoli, a volte anche molto diversi e lontani, sottoposti ad un’unica autorità, generalmente impersonificata dalla figura dell’imperatore (ma non necessariamente).

Se da una parte nel XIX secolo il regno d’italia vide la sua massima estensione territoriale, fino a diventare un impero, dall’altra, in quello stesso secolo, vide anche il suo declino, un declino che è legato soprattutto ad una serie di scelte politiche sbagliate e azioni sconsiderate che portarono il regno di Italia nella prima e soprattutto nella seconda guerra mondiale, una guerra dalla quale il regno sarebbe uscito sconfitto e distrutto, ma dalle cui ceneri non va dimenticato, sarebbe nata la Repubblica italiana.

E proprio la fine della seconda guerra mondiale e la nascita della repubblica Italiana rappresentano la chiave di lettura di questo mio personalissimo intervento.

Quando nel 1946 gli italiani furono chiamati a votare in un referendum per scegliere tra monarchia e repubblica, una vasta schiera di elettori (circa il 46%) confermò la propria fiducia alla monarchia e a casa Savoia votando in favore della Monarchia, tuttavia questo non fu sufficiente in quanto più del 53% degli italiani sfiduciò la monarchia scegliendo la Repubblica.

 

Come sappiamo la vittoria repubblicana non fu un trionfo, fu più una vittoria di fortuna e la differenza di appena 2 milioni voti tra Repubblica e Monarchia fu estremamente lieve,  e fu proprio la massiccia presenza dei Monarchici italiani, soprattutto nell’Italia meridionale, che spinse la nascente Repubblica Italiana a bandire ed esiliare i Savoia dal territorio italiano.
I padri costituenti sapevano che la presenza in italia dei Savoia avrebbe avuto un peso politico enorme, un peso che non poteva essere ignorato e che avrebbe permesso loro di influenzare le decisioni politiche, estremamente delicate, che avrebbero accompagnato i primi anni del dopoguerra. Per queste ed innumerevoli altre ragioni, si decise allora di allontanare i Savoia.

Allontanare i Savoia all’epoca sembrò una scelta necessaria per poter affrontare l’impegnativa sfida di creare e costituire uno stato repubblicano e allo stesso tempo per poter prendere le distanze dai numerosi crimini commessi dall’Italia Fascista e nel nome del Re, nel corso del ventennio appena trascorso.
Senza girarci troppo intorno, a distanza di oltre settant’anni possiamo dire che i Savoia e la dittatura furono usati come capro espiatorio per provare a ripulire le coscienze, coscienze che si erano compromesse con una politica dalla quale bisognava prendere le distanze, almeno  finché i loro cuori non sarebbero stati abbastanza maturi per poter affrontare il proprio passato e riconoscere le proprie responsabilità. Nel passato dell’italia e degli italiani c’è stato un ventennio particolarmente oscuro e doloroso, un ventennio con nel bene e nel male (soprattutto nel male) ha rappresentato un capitolo importantissimo della storia italiana.

Oggi Vittorio Emanuele III è noto come il re che ha appoggiato il fascismo, il sovrano d’italia che permise a Mussolini di conquistare il potere, il re che ha affidato il paese nelle mani di un dittatore particolarmente violento, ed è vero, è assolutamente vero e nessuno può negarlo, nessuno può negare il fatto che Vittorio Emanuele III si piegò alle pressioni di Mussolini e che lo nominò primo ministro, nessuno può negare il fatto che Vittorio Emanuele III avesse il potere di sollevare Mussolini dalla guida del paese e che, se bene avesse questo potere, non lo fece ma “restò impassibile a guardare il proprio paese che sprofondava”, ma è anche vero che Vittorio Emanuele III non è diventato re nel 1926, anzi, il suo regno è stato molto probabilmente uno dei più lunghi (nella breve storia del Regno d’Italia), fu incoronato re nell’estate del 1900 e regnò senza governare per più di 45 anni, ovvero fino al 1946 anno in cui abdicò in favore di suo figlio Umberto II, che a differenza del padre ebbe il regno più breve della storia italiana (circa un mese).

Durante il regno di Vittorio Emanuele si sono susseguiti numerosi governi che hanno letteralmente guidato il paese attraverso un passaggio epocale.
Il suo regno è iniziato negli anni conclusivi di una durissima crisi agraria ed economica per la quale il mondo, non solo l’Italia, non era preparato. In quasi mezzo secolo di regno, Vittorio Emanuele III ha assistito alla prima crisi agraria tipo moderno e dovette affrontare due delle più dure crisi economiche del secolo, ha assistito all’ascesa e il declino dello Stato liberale e successivamente all’ascesa e al declino del Fascismo crollato sotto i colpi della Resistenza antifascista. Ha visto la trasformazione dell’Italia, una nazione politicamente molto giovane, in una nazione di primo piano a livello internazionale, i cui modelli politici, per quanto estremi e pericolosi, furono esportati in gran parte dell’europa e visti con ammirazione quasi ovunque nel mondo “occidentale” almeno fino agli anni trenta e dovette affrontare non una, ma ben due guerre mondiali, inoltre vide l’introduzione del suffragio universale prima maschile e poi femminile.

Vittorio Emanuele III non era un santo e non era certamente un demone, un moderno Dante Alighieri probabilmente collocherebbe Vittorio Emanuele III nell’antiinferno insieme agli Ignavi e di fatto possiamo considerare Vittorio Emanuele III un re Ignavo, che non si è prodigato per il bene o per il male e che non ha mai osato, un re che ha limitato la propria autorità adeguandosi alla volontà dei più forti, prima i Liberali, poi i Fascisti e in fine agli Alleati.

I Savoia avrebbero pagato questa inadeguatezza dovendo accettare un profondo sacrificio, dovendo rinunciare alla monarchia, ma allo stesso tempo, proprio questo sacrificio avrebbe dato ad un paese letteralmente distrutto, la forza di ricominciare. L’Italia ha potuto affrontare il secondo dopoguerra con lo spirito di una nazione nuova, una nazione che si era lasciata alle spalle un enorme fardello, una nazione che era disposta a dimenticare e perdonare le responsabilità e le colpe di molti, alcuni dei quali forse con più responsabilità dello stesso re. Per molti ex fascisti l’italia del dopoguerra decise di chiudere un occhio e di perdonare per poter ricominciare, per poter dare inizio ad un nuovo capitolo della propria storia sotto l’emblema della repubblica.

Non sono un Fan di casa Savoia ne della monarchia, personalmente credo profondamente nella democrazia e nelle istituzioni repubblicane ma sono profondamente convinto che se oltre settant’anni fa l’Italia poté affrontare il cammino della ricostruzione e della rinascita, fu anche perché il re Vittorio Emanuele III si fece carico delle colpe e responsabilità di un intera nazione. Di certo questo non basta per cancellare quello che è stato e di certo non ridarà la vita ai milioni di uomini, donne e bambini, che persero la vita durante le guerre in Libia ed Etiopia, ne alle vittime del fascismo e della seconda guerra mondiale, ma, per quanto mi riguarda, credo sia sufficiente a garantire all’ex re d’italia, un posto d’onore nella nostra storia perché, per quanto Vittorio Emanuele III non sia stato un re molto presente nella vita politica del paese, ci ha lasciato un grande insegnamento. Non si può restare a guardare mentre un paese cade lentamente nelle mani di un movimento politico estremista, xenofobo e violento. Vittorio Emanuele III ha pagato con l’esilio e la vita di milioni di Italiani questa indifferenza.

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