La storia di Adriano II – L’uomo che disse di no. Costretto a diventare Papa

Quella di Papa Adriano II è una storia affascinante e complessa, fatta di intrighi, tradimenti, cospirazioni, rapimenti e omicidi. Il protagonista è un uomo che per due volte rinunciò ad essere papa, e la terza volta venne costretto a fare il papa, un uomo cha quando diventò Papa aveva una moglie e una figlia adolescente, che vennero rapite e uccise pochi mesi dopo la sua nomina a capo della chiesa cattolica.

Il tutto, nel vivo di una delle fasi più accese dello scontro politico tra papato ed impero, in anni in cui nacque ed è ambientata la leggenda della Papessa.

Sono anni particolarmente complessi dal punto di vista politico, anni in cui l’elezione del papa non avviene ancora attraverso il conclave e la sua nomina era fortemente influenzata da correnti politiche e dall’influenza di alcune famiglie nobiliari romane, dalla corona imperiale, ma anche e soprattutto, dall’approvazione del popolo romano.

L’elezione del papa in effetti, in questa fase, è molto simile alla procedura per l’elezione dell’Imperatore dell’Impero Romano, spesso il futuro papa era scelto dal papa morente, a cui affidava un incarico importante vicino alla curia romana, ma questo non garantiva comunque la sua elezione poiché la nomina effettiva spettava al clero e al popolo romano che lo acclamavano. La nobiltà romana non ha un ruolo attivo, almeno in apparenza, tuttavia aveva l’influenza e il potere di dirigere applausi e i fischi dei romani.

In questo contesto complesso e fumoso avviene la nomina a vescovo di Roma di Adriano II, un uomo sposato, che aveva una figlia e che fu eletto “Papa” per tre volte, ma che rifiutò l’incarico per due volte.

La prima elezione di Adriano II

Nel luglio dell’855 Papa Leone IV morì, e la curia romana fu chiamata ad eleggere un nuovo vescovo di Roma. La scelta delle correnti imperiali cadde sul cardinale di San Marcellino, che in barba ai richiami di Leone IV si era auto insediato ad Aquileia nell’853, insediamento che lo aveva portato ad un passo dalla scomunica, mentre i papisti puntarono su Adriano, membro di una nobile famiglia romana, che prima di prendere i voti era stato sposato ed aveva avuto una figlia.

Parte dei nobili romani, fedeli alle correnti imperiali, spingevano affinché Anastasio diventasse il nuovo papa, dall’altra parte, il resto della nobiltà e del clero romano, puntarono su Adriano e così Adriano divenne centoquattresimo papa della chiesa cattolica, o almeno così è che avremmo scritto se Adriano, all’epoca sessantatreenne avesse accettato. Ma così non fu e Adriano rinunciò all’incarico.

Non sappiamo se per pressioni politiche da parte degli imperiali o per altri motivi, la versione ufficiale e che rinunciò per “umiltà”.

La strada per Anastasio sembra libera da ostacoli, ma così non fu, e conto ogni pronostico, il clero romano nominò Benedetto come nuovo vescovo di Roma, lasciando la corrente imperiale con l’amaro in bocca.

Parte della nobiltà romana a quel punto acclamò comunque Anastasio come nuovo papa, ma trattandosi di un elezione abusiva, Anastasio fu sostanzialmente un antipapa sostenuto dall’impero, considerato dal clero un usurpatore del potere legittimo di Benedetto III.

La seconda elezione di Adriano II

Benedetto III governò la chiesa cattolica romana per soli tre anni, tra 855 ed 858, un triennio particolare in cui, secondo la leggenda, alla guida della chiesa ci sarebbe stata la leggendaria papessa che prese il nome pontificale di Giovanni VIII.

Noi oggi sappiamo che nella chiesa romana, ci effettivamente un papa Giovanni VIII nel nono secolo, un papa di origini longobarde la cui elezione risale al 14 dicembre 872 e fu il 107° papa della chiesa romana.

Tornando ad Adriano, alla morte di Benedetto III avvenuta nel 858, il clero e il popolo romano furono chiamati ad accogliere un nuovo papa, e anche in queste elezioni, la corsa fu tra l’antipapa Anastasio III che ambiva a diventare il legittimo papa, e Adriano, che poco più di tre anni prima aveva rinunciato alla nomina.

Anche questa volta il clero romano sceglierà Adriano e anche questa volta Adriano, ormai sessantacinquenne, rinuncerà all’incarico. Al suo posto venne acclamato Niccolò I.

Le informazioni su Niccolò, prima che diventasse Papa sono poche e fumose, si dibatte sull’anno della sua nascita tra 800 e 820, si ipotizza che fosse membro di una nobile famiglia romana e che suo padre fosse Teodoro, un funzionario della corte pontificia nella prima metà dell’800.

Niccolò I fu un pontefice molto carismatico che regnò in modo energico e in aperta ostilità con l’Impero, riuscendo a conquistare il titolo di “Magno” che prima di lui era stato riconosciuto solo ai papi Leone I e Gregorio I.

Niccolò regnò sulla chiesa per quasi 10 anni e il suo pontificato finisce con la sua morte nel novembre 867.

La terza elezione di Adriano, quella definitiva

Sono passati 12 anni da quando nell’855 per la prima volta il clero romano aveva nominato Adriano papa, e in questi anni la sua fama di uomo buono, giusto e caritatevole erano cresciute ulteriormente. Il popolo romano amava era molto affezionato ad Adriano, l’uomo che per due volte aveva scelto, per umiltà, di non diventare papa, e quando fu il momento di nominare un nuovo vescovo di Roma dopo la morte di Niccolò, il clero ed il popolo romano puntarono ancora una volta su Adriano, ormai 75enne.

Durante il pontificato di Niccolò I, complice anche il modo energico in cui Niccolò esercitò il proprio ministero, le tensioni e rivalità tra le varie correnti politiche interne alla chiesa si erano fortemente intensificate.

I due candidati di punta nel 867 erano Giovanni e Formoso, il primo guidava la corrente imperiale, il secondo si proponeva come continuatore della politica energica di Niccolò.

Entrambi i candidati risultavano inaccettabili all’altra fazione, si rese quindi necessario trovare un nome di compromesso che noto e apprezzato dal popolo romano, che mettesse fine alle lotte politiche e alla fine quel nome arrivò. Era il nome di Adriano, l’uomo che per due volte aveva rinunciato all’incarico. Un candidato ideale sia per l’Impero, che non potendo avere un imperiale come papa, quantomeno si accontentava di un papa che non avesse ambizioni politiche, sia per i continuatori di Niccolò, che non potendo avere come papa uno dei loro, quantomeno si accontentavano di non avere un papa imperiale.

Per la terza volta ad Adriano viene proposto di diventare Papa, ma questa volta ha le mani legate, ed è costretto ad accettare.

Succede così che nel dicembre del 867 Adriano assume il nome pontificale di Adriano II, e al suo insediamento sono presenti anche sua moglie Stefania e si ipotizza sua figlia, di cui però, non ci è pervenuto un nome.

Il pontificato di Adriano II

Adriano II fu eletto pontefice al fine di ricucire uno strappo politico interno alla chiesa, e fin dai primi giorni del proprio pontificato iniziò immediatamente a ricucire. Una delle sue prime azioni politiche fu una sorta di negoziato che portò alla revoca di condanne e scomuniche, di prelati scomunicati da Niccolò I e condannati dall’Imperatore Ludovico II.

Tra i prelati reintegrati tra le fila della chiesa ci fu anche l’Antipapa Anastasio II che venne nominato Bibliotecario della chiesa cattolica. Incarico che gli valse il nome di Anastasio il Bibliotecario.

La leggenda della papessa

Non sappiamo di preciso quando nacque il mito della papessa, sappiamo tuttavia che, nei secoli successivi, il potere temporale francese, in crescente conflitto con il potere temporale del papato, rilanciò in più occasioni questa storia.

Secondo la leggenda, per due anni, tra 855 e 857, a capo della chiesa ci sarebbe stata una donna inglese educata a Magonza, che grazie ai propri travestimenti riuscì ad ingannare sacerdoti, monaci, vescovi e persino papa Leone IV, ai quali si presentò come il monaco Johannes Anglicus, e non solo, riuscì anche a conquistare il favore della curia romana, facendosi eleggere pontefice nel 855.

La leggenda della papessa però non si ferma qui, secondo il mito infatti, la donna non era solita praticare l’astinenza e anzi, si narra che avesse molteplici rapporti sessuali, rimanendo incinta. Secondo la leggenda alla papessa si ruppero le acque durante la processione di pasqua a Laterano, poco dopo la messa celebrata in San Pietro.

Scoperto il segreto della papessa, la folla romana fece trascinare la donna, legata per i piedi ad un cavallo, tra le strade di Roma e in fine lapidata a morte nei pressi di Ripa Grande e in seguito sepolta tra San Giovanni Laterano e San Pietro in Vaticano, all’incirca nel luogo in cui la folla romana aveva scoperto essere una donna.

Sebbene questa sia la versione più diffusa, probabilmente per via dell’epilogo violento, vi sono anche altre versioni della leggenda, in una delle più note, riportata nelle cronache di Martino Polono, la papessa morì di parte, secondo altre versioni, una volta scoperta venne rinchiusa in un convento di clausura.

La figlia del papa

Adriano II assume il titolo di vescovo di Roma e capo della chiesa romana, diventando il 106° papa della chiesa cattolica. All’epoca, per il diritto canonico, non vi era nessuna norma che impedisse ad un uomo sposato di prendere i voti, a condizione che, una volta fatto si praticasse l’astinenza (che poi venisse praticata o meno lo sa “solo dio”).

Adriano prende i voti in età avanzata, da uomo sposato e, secondo alcune fonti, da padre di una bambina che, si dice fosse ancora viva quando divenne papa. Sappiamo per certo che sua moglie Stefania fu presente al momento dell’insediamento e si ipotizza lo fosse anche sua figlia, ma di questo non vi è traccia.

A differenza di altri papi che ebbero figli e figlie illegittime, frutto di rapporti clandestini consumati dopo l’iniziazione sacerdotale o da pontefici, la figlia di Adriano è una figlia legittima del papa, poiché nata prima che questi prendesse i voti sacerdotali.

La figlia di Adriano è protagonista di una curiosa vicenda che si verificò nel 868, pochi mesi dopo la sua elezione.

Nel marzo del 868 Eleuterio, nipote di Arsenio vescovo di Orte, follemente innamorato della figlia di Adriano, la rapì e con lei rapì anche Stefania, sua madre e moglie di Adriano.

Il papa, che a differenza dei suoi predecessori, stava ricostruendo i rapporti di amicizia tra papato ed impero, chiese immediatamente aiuto all’Imperatore e proprio grazie ai messi imperiali, Eleuterio venne catturato, ma purtroppo era già troppo tardi. Vedendosi perduto e senza speranze, e ossessionato dalla donna, Eleuterio uccise sia la figlia che la moglie del papa.

Secondo alcune teorie, Eleuterio fu istigato da Anastasio e mandante del rapimento e assassinio delle due donne, teoria che tuttavia ha come unico supporto, le dicerie sulle losche amicizie dell’ex antipapa, e il suo profondo odio e rancore nei confronti di Adriano che non solo gli aveva “rubato” il titolo di papa, ma era stato anche il fautore del suo reintegro nella comunità cristiana e nei ranghi della chiesa cattolica.

Qualunque sia la verità dietro il rapimento, aver ucciso moglie e figlia del papa, una volta trovato, Eleuterio fu scomunicato e giustiziato “senza appello” per tramite decapitazione, ma immagino siano cose che capitano quando rapisci moglie e figlia del papa e fai infuriare anche l’imperatore perché le uccidi prima di essere catturato.

Fonti e consigliati:

Claudio Rendina I papi. Storia e segreti
Benedetto III
Niccolo I
Adriano II
Storia medievale
Gesta sanctae ac universalis octavae synodi quae Constantinopoli congregata est Anastasio bibliothecario interprete – C. Leonardi – A. Placanica – Libro – Sismel – Ediz. nazionale dei testi mediolatini | IBS
The Cardinals of the Holy Roman Church – Biographical Dictionary – Cardinals first documented in the Roman Council of 853

Il Conclave – L’elezione del Papa

Immersa nel cuore di Roma e separata dai sette colli di Roma dal Tevere, sorge Città del Vaticano, un’anomalia politica, culturale e filosofica unica al mondo. Il Vaticano è infatti l’unica monarchia assoluta elettiva al mondo, il cui capo dello stato, un sovrano assoluto, è eletto in una cerimonia segreta e ricca di mistero, che risale al XIII secolo, ovvero il Conclave.

Il Conclave è un momento decisivo non solo per le sorti del Vaticano, ma anche per la cristianità, esso infatti elegge il capo della chiesa cristiana, che è anche il monarca assoluto a capo dello stato Vaticano. Tale figura, se epurata del suo significato spirituale, può essere visto come una sorta “re-filosofo” platonico, che incarna l’ideale classico di un governante illuminato che guida non solo con il potere, ma soprattutto con saggezza, virtù e visione etica, che nel caso del Papa è una visione “cristiana”.

Secondo il filosofo greco, il migliore dei governanti è colui che possiede una profonda conoscenza della verità e del bene, ed è capace di orientare la società verso il bene comune.

In questa chiave di lettura, nella figura odierna del Papa, coesistono due istituzioni, la prima è il capo politico di uno stato di modestissime dimensioni, appena 44 ettari, la seconda, in quanto capo di una confessione religiosa tra le più diffuse al mondo, esercita un’influenza globale sull’intero mondo cattolico, e una parte significativa del più ampio mondo cristiano. Nel complesso, come anticipato, si configura come una sorta di “filosofo-re” che, almeno su carta, non governa per ambizione personale, ma per servizio del bene comune, impegnandosi a promuovere valori universali come giustizia, pace e solidarietà (ovviamente con un interpretazione cattolica).

L’elezione del Papa

L’elezione del Papa avviene attraverso una cerimonia elettiva a porte chiuse nota come Conclave, ad oggi regolato dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, promulgata da Giovanni Paolo II nel 1996.

Secondo il Codice di Diritto Canonico, il conclave può essere convocato dopo un periodo di Sede Vacante, al seguito della morte o delle dimissioni del pontefice precedente, non prima di 15 e i 20 giorni successivi all’inizio della vacanza papale. Questo arco temporale è fondamentale per consentire ai cardinali elettori, di raggiungere Roma e partecipare alle Congregazioni Generali. Si tratta di incontri preliminari di carattere politico, volti a discutere lo stato della Chiesa e prepararsi spiritualmente al voto.

I cardinali elettori sono membri del Collegio Cardinalizio, l’organo elettivo del Vaticano, e si compone di tutti i cardinali che, alla data di inizio della sede vacante, avevano meno di 80 anni. Questa soglia anagrafica è stata introdotta nel 1970 da papa Paolo VI con la Costituzione Apostolica Ingravescentem Aetatem. È importante precisare che I cardinali ultraottantenni, pur non potendo partecipare al voto, possono prendere parte alle cerimonie liturgiche e alle Congregazioni Generali, fungendo da consulenti informali.

Durante il Conclave, tutti i partecipanti sono tenuti a osservare il giuramento di segretezza, pena sanzioni canoniche severe in caso di violazione.

La segretezza è un elemento fondamentale per l’elezione del papa, per questo motivo, le votazioni si svolgono presso la Cappella Sistina e prima dell’inizio del Conclave, la cappella viene sottoposta a rigorosi controlli tecnici e bonifica da dispositivi elettronici o sistemi di comunicazione. Lo stesso per gli ambienti residenziali dove alloggeranno i cardinali durante il periodo elettorale, la Domus Sanctae Marthae, e gli stessi cardinali. Non è infatti consentito utilizzare o disporre di qualsivoglia dispositivo di comunicazione con l’esterno. In altri termini i cardinali sono completamente isolati dal mondo esterno.

La votazione segue un protocollo rigoroso: ogni cardinale scrive il nome del candidato prescelto su una scheda anonima, utilizzando la formula latina “Eligo in Summum Pontificem” (“Eleggo come Sommo Pontefice”). Le schede vengono quindi piegate e inserite in un’urna d’argento. Per essere eletto, un candidato deve ottenere una maggioranza qualificata di due terzi nei primi scrutini. Se, dopo 33 votazioni infruttuose, nessun candidato raggiunge tale soglia, si procede a una votazione a maggioranza semplice tra i due candidati più votati.

Una volta eletto, il cardinale che ha assunto l’incarico di decano ha il compito di chiedere al cardinale eletto se accetta l’incarico e quale nome desidera assumere come pontefice. Se il cardinale accetta, questi viene fatto vestito con gli abiti papali e successivamente si procede con la comunicazione al mondo esterno.

Le schede “elettorali” vengono bruciate in una stufa collegata a un camino visibile dall’esterno. Se il voto non produce un vincitore, viene aggiunta una sostanza chimica che genera del fumo nero (fumata nera), se invece è stato eletto un papa, la fumata è bianca.

A questo punto, il cardinale protodiacono annuncia pubblicamente l’elezione dal balcone della Basilica di San Pietro, pronunciando la frase rituale: “Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam!” (“Vi annuncio una grande gioia: abbiamo un Papa!”).

Questa cerimonia è mutata ed evoluta nel corso del tempo e, secondo la tradizione, ha origine da un evento molto particolare datato 1270.

Il primo Conclave

Il primo Conclave, inteso come elezione papale con i cardinali riuniti in clausura risale al 1198, mentre la formalizzazione ufficiale della procedura che prevede la messa sotto chiave dei cardinali durante l’elezione del pontefice, risale al 1274 con il Concilio di Lione e la Costituzione Apostolica Ubi Periculum di Papa Gregorio X, con cui si istituiva il “conclave” per impedire ritardi nelle elezioni e interferenze politiche esterne.

Siamo in anni in cui l’elezione del papa significa eleggere uno degli uomini più potenti d’Europa, il potere del papa non è solo spirituale, ma anche temporale, ma soprattutto, siamo nel vivo degli scontri tra papato ed impero. Eleggere il papa è una questione economica, politica e geopolitica, determinante per le sorti d’Europa, in pochi possono permettersi di sfidare il potere del papa e in molti vogliono assicurarsi l’amicizia del papa, spingendo quindi per l’elezione di un papa “di famiglia” o comunque “amico”.

In questo contesto, l’elezione di papa Gregorio X fu una delle più complesse della storia pontificia. Gregorio X viene incoronato papa il 1 settembre 1271, e succede alla morte di papa Clemente IV, avvenuta 19 mesi prima, il 29 novembre 1268. Per questa elezione i cardinali si erano riuniti a Viterbo, presso il palazzo papale, ma per interessi politici e influenze e interferenze esterne, non riuscivano a trovare un accordo. Fu così che, secondo la tradizione , la città di Viterbo in un certo senso insorse, mise letteralmente sotto chiave i cardinali, chiudendoli nel palazzo, li mise a pane e acqua, (soprattutto tolse loro il vino), e scoperchiò il tetto. La pressione cui furono sottoposti fu tale che, in pochi giorni riuscirono ad eleggere il nuovo pontefice.

Questo racconto ci è arrivato attraverso varie fonti, attribuisce l’iniziativa a diversi individui, ciò che è certo è che nel 1274, tre anni dopo la propria traumatica elezione, Gregorio X convocò il secondo concilio di Lione, e il 16 luglio 1274 venne promulgata la costituzione apostolica Ubi Periculum, con cui si introduce e istituisce il Conclave, dal latino “cum clave” che deriva appunto dalla locuzione “clausura cum clave“.

Papa Formoso: il pontefice “cadaverico” | CM

Inizi della carriera ecclesiastica

Nato a Roma in pieno Alto Medioevo, all’incirca nell’anno 816, da padre Leone e madre sconosciuta, Formoso intraprese fin da subito una formazione strettamente legata al mondo ecclesiastico nel luogo dove nacque e visse per tutta la sua vita. Sappiamo con certezza, grazie all’attestazione di vari documenti, che intorno all’846 fu canonico regolare, e più precisamente venne consacrato vescovo di Porto dal pontefice del tempo, Niccolò I Magno, per poi ricevere la nomina cardinalizia. Il suo stile di vita intransigente e rigoroso gli garantì fin dai primi anni della sua carriera ecclesiastica l’approvazione sia di Niccolò I che di Adriano II, suo successore nella carica pontificia. Era inoltre una figura ammirata e di spicco nel mondo ecclesiastico per le sue numerose doti intellettuali; essendo infatti un grande studioso conosceva sia il greco che il latino.

Noto anche per le sue numerose missioni diplomatiche, Formoso viene ricordato soprattutto per aver persuaso Carlo il Calvo a farsi incoronare sovrano di Francia dal papa tra l’869 e l’872; inoltre il re Boris I fu talmente soddisfatto dell’intervento ecclesiastico di Formoso in Bulgaria tra l’866 e l’867 da richiedere a ben due papi, Niccolò I e Adriano II poi, di nominarlo arcivescovo metropolita della Bulgaria, cosa che entrambi i papi non poterono fare essendo proibito il trasferimento di un vescovo in una sede diversa dalla propria. Tale negazione da parte dei pontefici inasprì notevolmente i rapporti apostolici con la Chiesa bulgara, spingendo Boris I a riportarla sotto l’autorità del Patriarca di Costantinopoli, com’era in passato, distruggendo così tutto l’impegno e il duro lavoro di Formoso per riavvicinare la Chiesa bulgara a quella romana.

Il pontificato

Già parecchi anni prima la sua elezione pontificia ufficiale, Formoso era stato candidato per il soglio pontificio al seguito della morte di Adriano II nell’872; sebbene i suoi sostenitori fossero molteplici, si preferì però optare per l’arcidiacono Giovanni VIII, uno dei massimi esponenti della corrente “filo-francese” e dunque favorevole ai Carolingi occidentali (tra cui Carlo il Calvo e Carlo il Grosso). Formoso rappresentava invece l’opposizione, ovvero il partito “filo-germanico” (a favore dei Carolingi orientali), che gli costò l’accusa di congiura contro lo Stato costringendolo alla fuga da Roma con alcuni sostenitori nell’876. Tuttavia poco dopo Giovanni convocò un concilio nel Pantheon, obbligando Formoso al ritorno nella capitale con la minaccia di scomunica, che fu attuata solo più avanti in un secondo concilio contro di lui e contro tutti coloro che erano con lui. Fu solamente grazie al successore di Giovanni, Marino I, pontefice dall’animo pacificatore e anch’egli “filo-germanico”, che la scomunica venne sciolta a Formoso e a tutti i membri accusati con lui della congiura. Gli venne inoltre riconfermata anche la carica di vescovo di Porto nell’883.

Alla morte del suo predecessore papa Stefano V, protagonista del forte disagio politico che si generò a causa della deposizione di Carlo il Grosso aprendo così la strada al dominio delle grandi famiglie patrizie su Roma, avvenuta nell’891 per cause naturali, poco tempo dopo (precisamente il 6 Ottobre) Formoso venne eletto come 111° papa della Chiesa di Roma all’unanimità del clero. A favorire tale elezione non partecipò solo la clemenza di Marino I, ma anche la fede “filo-germanica” dei suoi subitanei successori, Adriano III e Stefano V. Ciononostante il sostegno non venne solo dalla fazione ecclesiastica; anche Arnolfo di Carinzia, sovrano della parte orientale dei franchi (germanica), e il suo protetto Berengario, marchese del Friuli, appoggiavano Formoso ed erano anche in ottimi rapporti epistolari con lui.

Tuttavia stiamo parlando di un’epoca molto travagliata, in cui l’elezione papale non rappresentava esclusivamente un “rituale” tra cardinali, bensì andava a incarnare una vera e propria battaglia per la spartizione del territorio della Chiesa nello Stato Vaticano. Pertanto tutti coloro che avevano l’appoggio del papa, che stava ormai acquisendo e consolidando con costanza l’universalità dei suoi poteri su tutti i sovrani d’Europa grazie a un lungo e graduale processo (che durerà ancora secoli), potevano contare sull’enorme sostegno morale e spirituale dalla parte ecclesiastica, oltre che su un grande appoggio bellico e politico insieme a una consistente forza di persuasione che egli poteva esercitare su tutti i propri nemici. Tutto questo era possibile solo grazie all’immenso potere che il pontefice stava consolidando mediante un capillare sistema di tassazione, concessioni imperiali, privilegi e diritti territoriali su cui rivendicava un’autorità indiscussa.

La precaria situazione italiana

Fu proprio all’interno degli eventi burrascosi di questo tumultuoso periodo storico che rimase coinvolto anche lo stesso papa Formoso. L’Impero era infatti “spaccato” tra i “filo-germanici” e i “filo-francesi”, e questi ultimi, nonostante fossero stati messi in disparte grazie alla maggioranza “filo-germanica” che sosteneva il pontefice, non avevano intenzione di arrendersi tollerando la fazione vincitrice al potere. Tuttavia le condizioni della Chiesa di Roma erano assai precarie e instabili, poiché per la lontananza dal territorio romano del sovrano Arnolfo e del suo protetto Berengario (che si trovavano in Germania), massimi sostenitori del papa, Formoso fu costretto ad affidare tutta la sua sicurezza esclusivamente nelle mani del duca di Spoleto. La situazione degenerò quando, all’incirca nell’893, il pontefice si ritrovò costretto a rinnovare l’incoronazione imperiale di Guido II di Spoleto. Tale evento fu drammatico per i territori della Chiesa poiché Guido, ormai possessore assoluto del potere imperiale, sfruttava la sua autorità in modo eccessivo, razziando e saccheggiando impunito i territori ecclesiastici.

Roma era così caduta in un quadro d’incertezza, e la guerra civile era inevitabilmente alle porte poiché tali disordini non sarebbero stati tollerati ancora a lungo. Formoso, costretto a ricorrere a misure estreme pur d’intervenire, verso la fine dell’893 mandò dei messaggeri alla corte di Arnolfo supplicandolo, in quanto solo e unico imperatore legittimo, di liberare l’Italia dai cosiddetti “cattivi cristiani” che la stavano distruggendo. Neanche un anno dopo, all’inizio dell’894, Arnolfo varcò le Alpi e, sebbene sembrasse pronto per un attacco diretto contro gli spoletini, la sua fu solo una grande “entrata in scena” (una sorte di “azione dimostrativa”) per guadagnarsi il rispettoso e sottomesso omaggio dei principi dell’Italia centro-settentrionale. Convinto che tutto ciò potesse essere sufficiente a sedare le rivolte, Arnolfo fece allora ritorno in patria, lasciando così che Guido tornasse a compiere tutte le ingiustizie che aveva cominciato.

Tuttavia, verso la fine dell’anno 894, Guido morì colpito da un malessere improvviso, lasciando il figlio Lamberto II solo con la madre Ageltrude, acerrima nemica della fazione “filo-germanica”. Ovviamente Lamberto reclamò subito la corona imperiale del padre, e volle essere incoronato imperatore a Roma con i massimi onori. Nonostante i numerosi tentativi di papa Formoso per prendere più tempo possibile ed evitare così l’inevitabile evento, alla fine si ritrovò costretto dalle circostanze e procedette all’incoronazione. Pochi mesi dopo però, nell’895, Arnolfo varcò nuovamente le Alpi, questa volta deciso a riprendersi il suo legittimo titolo di re d’Italia, spingendo così gli spoletini a giurare odio eterno al papa per il suo tradimento, e incarcerandolo a Castel Sant’Angelo dopo aver strategicamente aizzato la plebe romana contro il pontefice.

In un insostenibile clima di rivolta Lamberto si barricò a Spoleto pronto a combattere, nell’attesa dell’imminente arrivo di Arnolfo, mentre la madre Ageltrude continuava a fomentare il popolo e soprattutto gli spoletini verso la rivolta ormai prossima. Ella si ritrovò però costretta alla resa, poiché le truppe di Arnolfo ebbero la meglio, e dovette tornare a Spoleto per nascondersi. Papa Formoso venne così liberato grazie ad Arnolfo, che iniziò subito una decisa marcia verso Spoleto, pronto ad affrontare Lamberto e la madre nello scontro decisivo. Tuttavia il suo viaggio fu breve; Arnolfo, poco dopo essere stato incoronato nuovamente imperatore da Formoso, venne colpito da una grave paralisi che lo costrinse a un rapido ritorno in Germania, dove morì poco dopo (nell’899) lasciando “campo libero” al suo avversario Lamberto per solo un anno, quando anch’egli morì improvvisamente rompendosi il collo per una brutta caduta da cavallo durante una battuta di caccia.

La morte e il “sinodo del cadavere”

Formoso, ormai ultraottantenne, morì pochi anni prima della fine di tali eventi bellici che colpirono l’Italia in quel periodo, il 4 Aprile dell’896. Appare dunque quasi scontato affermare che la morte lo salvò dalle altrimenti inevitabili rappresaglie dei suoi avversari. Non sappiamo però se si tratti di una morte naturale, probabilmente dovuta all’età avanzata, o di un avvelenamento premeditato da parte dei suoi numerosi nemici. Venne infine sepolto nel recinto del Vaticano, dove vi rimase per neanche un anno (solamente 9 mesi) prima che venisse riesumato e sottoposto a un duro processo post-mortem.

Quello che accadde dopo al cadavere di papa Formoso ha dell’incredibile; circa un anno dopo la sua morte, nell’897, la casata spoletina, che continuava a fomentare un fortissimo odio verso il pontefice per essere stata rinnegata dal papa e per aver chiamato in Italia un sovrano straniero con tutto il suo esercito al seguito, impose al nuovo pontefice da loro eletto, Stefano VI (ovviamente non “filo-germanico”), di istituire un elaborato processo post-mortem verso Formoso, affinché tutti i membri ecclesiastici romani lo condannassero come unico traditore della patria. Tale processo prenderà il nome di “sinodo del cadavere” o “concilio cadaverico”.

Pertanto il cadavere di Formoso venne riesumato dalla sua tomba in Vaticano, vestito e adornato con tutti i tipici ornamenti pontifici e posto sul regale trono papale nella Basilica Lateranense. Il processo poi si svolse come si sarebbe svolto un qualsiasi processo dell’epoca, e vennero mosse varie accuse contro l’ormai defunto pontefice, il quale avrebbe dovuto rispondere all’attuale papa Stefano che svolgeva il ruolo di accusatore. In difesa di Formoso venne anche posto un diacono, assai spaventato dall’occasione e con una funzione inutile all’interno del processo ormai già prestabilito. Non potendo ovviamente Formoso rispondere alle accuse, alcune delle quali risalivano addirittura a quelle mosse anni e anni prima da Giovanni VIII, tale processo si rivelò essere più un “macabro teatrino” che un concreto atto giudiziario. Il verdetto finale stabilì infine che il defunto papa fosse stato indegno di rivestire la carica pontificia, e pertanto venne deposto secondo l’usanza ufficiale che si sarebbe usata per qualcuno in vita; inoltre, tutto ciò che aveva legiferato in vita e tutti i suoi atti ed emendamenti furono dichiarati nulli e invalidi.

“Perché, uomo ambizioso, hai tu usurpato la cattedra apostolica di Roma, tu che eri già vescovo di Porto?”

Stefano V al cadavere di papa Formoso durante il “concilio cadaverico”

L’unicità di Formoso

Il cadavere non venne mai riseppellito, gli vennero strappati di dosso tutti i paramenti tipici, gli furono recise le tre dita che usava per compiere le benedizioni e tra le grida generali di una folla in preda al puro delirio, il cadavere venne gettato nel Tevere, dove vi rimase per circa tre giorni prima di arenarsi nei pressi di Ostia, dove fu trovato da un monaco e nascosto fino a quando Stefano VI fu vivo e in carica. Venne poi riconsegnato al nuovo pontefice, Romano, verso la fine dell’897, e posto tra le tombe degli apostoli con l’accompagnamento di una grande e solenne cerimonia in suo onore. Il processo contro di lui venne infine annullato e tutte le decisioni prese da Formoso in vita vennero nuovamente poste in vigore.

Quello di Formoso è un caso unico in tutta la storia medievale e, sebbene si volle applicare lo stesso trattamento anche al cadavere di papa Bonifacio VIII, a causa della sua pessima condotta, il suo resta il solo e unico evento documentato di un vero e proprio “concilio cadaverico”. Nonostante la validità del processo sia ovviamente da classificarsi come nulla, esso ebbe comunque un grande impatto sugli eventi dell’epoca, soprattutto per coloro che scelsero di compierlo e organizzarlo. Le reazioni verso tale episodio furono comunque assai contrastanti, poiché se da una parte molti erano a favore proclamando un forte odio verso Formoso, un’altra buona parte provò un grande orrore nei confronti di questa lugubre esecuzione. In conclusione, possiamo dunque dire che questo fu un “processo horror” in pieno Alto Medioevo, e una vera e propria vendetta compiuta in Vaticano.

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