La storia del Rum, dai suoi antenati asiatici alla fortuna caraibica

Scrivere una storia completa del Rum, che tenga conto anche dei suoi illustri antenati è pressapoco impossibile, se si considera che alcuni dei suoi precursori risalgono a migliaia di anni fa.

Fin dall’antichità infatti, i popoli asiatici erano in grado di produrre una bevanda fermentata dalle canne da zucchero, questa bevanda era molto diffusa in India e nella Cina meridionale, e da lì si ritiene che si sarebbe diffusa un po ovunque, subendo negli anni alcune variazioni più o meno significative che nel XV secolo avrebbero dato vita al “nostro” Rum. Uno degli antenati orientali più “noti” al mondo occidentale è “brum”, questa bevanda dai malesi ha alle proprie spalle migliaia di anni di storia. Un altro antenato del rum giunto all’attenzione del mondo occidentale, e potrebbe essere il padre spirituale di questa bevanda, è detta “vino di zucchero” ed è descritta in un documento risalente XIV, in cui, Marco Polo parla di un “ottimo vino di zucchero” che gli venne offerto in una regione dell’attuale Iran.

Nell’Europa del XV secolo, più precisamente a Londra, sarebbe stata distillata una fermentata prodotta dallo zucchero delle colonie indiane (indie orientali), molto simile al rum, ma che ancora non era Rum così come lo conosciamo oggi, questa bevanda era una sorta di “adattamento europeo” al vino di zucchero descritto da Marco Polo. Successivamente alla scoperta delle Americhe e la colonizzazione del nuovo mondo, il vino di zucchero, sarebbe stato prodotto soprattutto utilizzando le canne da zucchero provenienti dalle “indie occidentali” dove le condizioni climatiche favorevoli e la mano d’opera a basso costo avrebbe permesso coltivazioni intensive di canne da zucchero.

In questa fase evolutiva del rum, il vino di zucchero britannico è ancora prodotto a Londra e si dovrà aspettare almeno fino al XVII secolo per avere la prima produzione di rum “americano”, così come lo conosciamo oggi, questi sarebbe stato prodotto direttamente nelle colonie caraibiche, dove gli schiavi impegnati nelle piantagioni per la coltivazione e la raffinazione dello zucchero, scoprirono che le melasse, un sotto-prodotto del processo di raffinazione, poteva fermentare in alcool.

La distillazione di questi sottoprodotti alcolici permetteva di concentrare l’alcool e rimuovere le impurità, producendo i primi veri rum e secondo la tradizione, il primo rum sarebbe stato distillato sull’Isola di Barbados.

Secondo un documento risalente al 1651

“Il maggiore intossicante prodotto sull’isola è il Rumbullion, detto anche Kill-Devil (ammazza-diavolo), ottenuto da canne da zucchero distillate, un bollente, infernale, e terribile liquore.”

La popolarità della bevanda, dalle proprietà inebrianti, molto più forte della birra, si sarebbe diffusa rapidamente nelle colonie statunitensi e per sostenere la crescente richiesta di liquore, nel 1664 sarebbe stata aperta a Staten Island la prima distilleria coloniale britannica. Non molto tempo più tardi una seconda distilleria sarebbe stata aperta anche a Boston, per poi affermarsi in florida che in breve sarebbe diventata la principale produttrice di Rum del continente americano.

La crescente domanda di Rum, implicava una crescente domanda di melassa che avrebbe viaggiato parallelamente alla crescente domanda di zucchero, molto richiesto in Europa per accompagnare bevande come il cioccolato, il tè e il caffè, e insieme la richiesta di Zucchero e di Rum avrebbe amplificato la richiesta di manodopera a basso costo, incrementando il traffico atlantico di schiavi.

 

Per produrre Rum serviva zucchero, per coltivare lo zucchero servivano schiavi e per trasportare schiavi dall’Africa alle Americhe erano necessari diversi mesi di navigazione, un periodo estremamente lungo per i marinai, che avrebbero trovato proprio nel Rum una valida e più efficace alternativa alla birra e al vino, poiché la più alta gradazione alcolica rendeva più rapido l’inebriamento e di conseguenza ai marinai era fornita una razione “minore” di rum rispetto alla birra, che sarebbe stata rapidamente sostituita dal liquore di zucchero, che era stivato in un numero minore di barili, dunque vi era più spazio per altro tipo di razioni alimentari, e questo avrebbe fatto la fortuna del rum, che si sarebbe legato in maniera indissolubile alla tradizione marinaresca nell’area caraibica.

Nel 1764 la corona britannica avrebbe emesso l’ Sugar Act, una legge che limitava l’importazione di zucchero caraibico nelle colonie americane, andando di fatto a limitare la produzione di Rum nelle colonie britanniche, secondo alcuni l’interruzione al commercio di zucchero causata dal Sugar Act potrebbe essere uno dei fattori preliminari che avrebbero portato alla rivoluzione americana. In ogni caso, la restrizioni all’importazione di rum dai possedimenti caraibici e la conseguente riduzione della circolazione del rum, avrebbe fatto la fortuna di un altro tipo di liquore, permettendo lo sviluppo del Whisky americano, o se preferite bourbon, la cui produzione avrebbe richiesto materie prime coltivate direttamente nelle colonie (poi ex colonie) americane causando il declino del Rum nell’area continentale del nord delle Americhe.

 

Fonte : 

Gabriella Baiguera, Il Piacere del Rum
Tasting Empire: Chocolate and the European Internalization of Mesoamerican Aesthetics

BLACK HISTORY || Quattro secoli di storia, schiavitù, razzismo e lotte per i diritti civili

La storia degli afroamericani è un percorso travagliato e sofferto, marchiato da schiavitù, segregazione e odio razziale, al punto che 400 anni dopo ancora non sono completamente scomparse le cellule del KKK. Ma nonostante tutto questo nel 2008 il sogno del Dottor Martin Luther King Jr si è realizzato, almeno in parte quando è stato eletto il primo presidente di colore della storia. Barack Obama.

Il nostro viaggio comincia intorno al 1500, nelle cuore dell’Africa sub sahariana, attraverso il fumo della guerra cadono centinaia di soldati per via delle dispute territoriali dei re i quali facevano schiavi i prigionieri di guerra, per poi venderli agli europei i quali non si facevano problemi anche a catturare cittadini liberi. Questo portò alla spaventosa tratta degli schiavi che verrà ricordata come “Maafa” nella lingua swahili, ovvero “Disastro” dove il 15% della merce moriva per disidratazione (bevevano solo mezzo litro d’acqua al giorno) o per le condizioni bestiali a cui erano ridotti.

Vista la natura debole degli indios del nuovo mondo davanti alle malattie portate dai colonialisti e dai loro fisici poco inclini al lavoro forzato, i neri si rivelarono la soluzione ideale per le piantagioni. La costa est di ciò che era ancora proprietà della corona britannica pullulavano già di neri, sopratutto nello stato dell Virgina. La merce veniva venduta in aste con prezzi che ora considereremmo ridicoli, come 100 £ (Circa 115 €), che andrebbero riconsiderati vista la qualità della vita di allora. Gli schiavi venivano esaminati dai clienti per controllare la presenza di malattie e lo stato di salute in una sorta di asta dopodiché si passava a firmare il contratto. In tutto questo i neri non capivano realmente quello che stava succedendo vista la differenza linguistica tra loro e i colonialisti.

Alcuni miti da sfatare  su quest’epoca vanno a favore degli schiavisti, ad esempio : non tutti i cittadini del sud possedevano schiavi e quelli che ne possedevano ne avevano un massimo di 5, un numero ridotto di schiavisti si contava anche tra gli indigeni nord americani, il cotone prodotto al sud serviva a soddisfare la richiesta del nord (molto più industrializzato) per fabbricare vestiti che a loro volta sarebbero tornati al sud per coprire quegli schiavi che lo hanno raccolto e la maggior parte degli schiavi rapiti erano uomini.

Il primo caso di schiavo viene registrato nel 1655, un uomo di nome Anthony Johnson (Uomo si colore, di origine angolana ed ex schiavo egli stesso) vince una causa che costringe un certo John Casor a servire legalmente per sempre il proprio padrone. Ironico come entrambi gli individui nella vicenda fossero neri.

Gran parte degli schiavi veniva spediti a lavorare nelle piantagioni di tabacco, zucchero e cotone mentre alcune donne venivano spedite nei bordelli (una prostituta su tre nel far west era una schiava) altri ancora ottenevano ruoli nella cura della casa o come compagni dei propri padroni mentre ad alcuni spettava il ruolo di sovrintendenti delle piantagioni e avevano anche il potere di picchiare altri schiavi se lo ritenevano necessario. Queste condizioni brutali servivano a “deumanizzare” e a far sentire i colonialisti più al sicuro e in pace con la loro coscienza.

Nonostante le atroci sofferenze, la popolazione oppressa si ribellerà più di una volta con estrema rabbia e con ferocia incontrollata. La sommossa più importante fu quella guidata da Nat Turner. Turner era uno predicatore religioso ed uno dei pochi neri a saper leggere (illegale a quei tempi), guidato dalla rabbia passò casa per casa ammazzando tutti i bianchi (donne e bambini compresi) e liberando gli schiavi fino a raggiungere un totale 70 neri liberati e 60 persone uccise, finché la ribellione non fu fermata dalla milizia. Dopo la sua ribellione le condizioni di vita degli schiavi divennero ancora peggiori, per questo molti schiavi non si ribellarono ma combatterono l’oppressione in un altro modo, ovvero rifiutando la disumanizzazione e formando famiglie. Piccoli nuclei famigliari in cui sentirsi al sicuro e fieri, ma anche quelle venivano divise con la vendita dei bambini o dei genitori ad altre piantagioni.

In questa epoca di schiavitù che durerà dal 1641 con la prima legge che permette la proprietà sui neri a Boston fino al 1865 con la dichiarazione di emancipazione post guerra civile. Vivranno personaggi memorabili da entrambe le parti, per citarne alcuni:

Robert E. Lee : Una delle figure chiave della guerra civile americana. Artista della guerra senza precedente e indubbiamente il miglior generale che gli stati confederati abbiano mai visto. La sua figura è diventata leggendaria nel sud degli States ed è apprezzata universalmente da tutti i cittadini i quali dedicano alla memoria del Generale: strade, scuole, statue, canzoni, monumenti ecc.

 

Frederick Douglass : Senza dubbio una delle persone più importanti della storia afroamericana. Dotato di una forza di volontà disarmante, imparò a ridere quasi completamente da solo e fuggì dalla sua condizione di schiavo raggiungendo il nord dove grazie alla sua parlantina convinse ancora di più gli abolizionisti. Il Leone di Anacostia (suo soprannome) riuscì addirittura a candidarsi come vicepresidente e a discutere con Lincoln.

 

Thomas Jefferson : Scienziato, architetto, inventore e terzo presidente degli USA. Illuminista convinto e pensatore brillante, scrisse di suo pugno la dichiarazione d’indipendenza americana guadagnandosi il suo posto tra i padri fondatori e il suo volto scolpito sul monte Rushmore assieme a Roosvelt, Washington e Lincoln. Nonostante questo, continuò a sostenere senza la superiorità dell’uomo caucasico sul “negro” e lotto contro ogni legge abolizionista.

 

Solom Northup : Nato uomo libero, venne ingannato e rapito per essere venduto come schiavo al sud dopo essere picchiato e umiliato fino a rompere la sua volontà, in realtà la sopì mantenendo la sua volontà e il suo spirito di uomo civile finché nel gennaio del 1853 dopo 13 anni come schiavo venne liberato dopo aver mandato di nascosto lettere a sua moglie nel nord. Denunciò i rapitori ma visto che le testimonianze dei neri non contavano se messe contro uomini bianchi quindi rimase senza giustizia.

Gli Stati Uniti erano divisi a causa della questione schiavitù, la tensione raggiunse il picco con la nascita degli Stati Confederati d’America il 1861 dichiararono la secessione dall’Unione e diedero così alla Guerra Civile America. Il conflitto si rivelerà essere il più sanguinoso della storia americana, portando alla morte di 620’000 persone, un numero irraggiungibile neanche unendo i morti sui fronti della prima, seconda guerra mondiale e del Vietnam. La superiorità militare e logistica dell’Unione avrà la meglio e con il passaggio del “tredicesimo emendamento” da parte di Lincoln la schiavitù fu finalmente abolita, ma il sentiero per l’uguaglianza era ancora lunga.

Nel post-guerra la situazione al sud era catastrofica. La povertà era dilagante, la popolazione era demotivata e le città erano ridotte a rovine. In questo macello assurdo gli schiavi appena liberati erano finalmente persone libere ma prive di qualsiasi sostentamento lavorativo, nessuno avrebbe voluto assumere un uomo di colore e trattarlo come un essere umano, e vivevano nel costante terrore del KKK, un neonato movimento dedicato al terrorismo degli ex schiavi. Una pratica diffusa in quell’epoca era il linciaggio pubblico, usando una scusa qualsiasi la popolazione portava la pena di morte ad ogni cittadino afroamericano per poi picchiarlo e impiccarlo, facendosi a volte pure fotografare con il cadavere. Queste immagini raccapriccianti ispireranno Billie Holiday a scrivere “Strange Fruit“, una canzone estremamente controversa che parla di questi strani frutti che penzolano nella brezza del sud.

Come detto prima la strada per l’uguaglianza era ancora lontana, infatti pur essendo riconosciuti come cittadini vi era il problema della segregazione razziale che separava i bianchi dai neri in ogni spazio della vita quotidiana. Bagni, pullman, scuole, chiese. Anche nel nord la segregazione separava la società in due colori. Questo ultimo ostacolo non impedirà alla popolazione nera di ribellarsi formando diversi movimenti per i propri diritti come il NAACP (National Association for the Advancement of Colored People) nel 1909 e il SCLC (Southern Christian Leadership Conference) del dottor Martin Luther King nel 1957.

Il percorso fu bagnata più volte dal sangue, e i martiri furono anche troppi ma alla fine le marce e i boicottaggi ebbero successo con la firma dell’allora presidente Lyndon Johnson sul Voting Right Act i neri ebbero finalmente davvero accesso alle urne. Certo, l’odio rimaneva covato da certe persone, ma quello è inevitabile. Con il passare degli anni la tensione scese e l’idea di uguaglianza inizio a stabilirsi nelle teste di tutti anche grazie a grandi successi come “Indovina chi viene a cena?” che portano per la prima volta un matrimonio inter-razziale sul grande schermo, e a persone come Tommie Smith e John Carlos i quali, una volta ottenuta la medaglia di bronzo e la medaglia d’oro alle Olimpiadi alzarono il pugno (simbolo dell’orgoglio nero) sul podio.

Oggi con l’elezione di un presidente afroamericano la situazione sembra aver raggiunto una fine ma con i recenti atti di Ferguson e la controversa brutalità della polizia nei confronti della gioventù nera sembra fare un passo indietro a questa lunga marcia. Ci sarà mai eguaglianza ? Per quanto tempo “la libertà suonerà” ?

 

Bibliografia e Fonti :

  1.  Lisa A. Lindsay, Il commercio degli schiavi, Il Mulino, 2011 2.
  2. Stefano Luconi, Gli afro-americani. Quattro secoli di storia, CLUEP, 2015 
  3. W.E.B. Dubois, Sulla linea del colore. Razza e democrazia negli Stati Uniti e nel mondo, Il Mulino, 2010

Schiavi del Cioccolato

La tratta tratta atlantica degli schiavi è uno dei capitoli più oscuri della storia del mondo occidentale, il cui funzionamento e la cui esistenza si basavano sul commercio di esseri umani e lo sfruttamento di manodopera a bassissimo costo. Va detto che la schiavitù, in quanto istituzione non è un’invenzione dell’era moderna, essa era già conosciuta e adoperata da tutte le popolazioni coinvolte nella tratta atlantica, che fossero essi produttori, proprietari di piantagioni, mercanti, commercianti o schiavi.

Per quel che riguarda la schiavitù ci limiteremo a dire che essa figura nei primi codici scritti della Mesopotamia, dell’Egitto e nelle leggi Greche e Romane, su cui si sarebbero basati i vari codici dell’Europa medievale e moderna. L’istituzione della schiavitù aveva un carattere educativo e correttivo, l’adattamento forzato ad un determinato codice di comportamento come strumento di istruzione necessario per l’inserimento dello straniero all’interno della società, ed una volta corretto la differenza culturale, almeno fino al XV secolo era possibile che uno schiavo diventasse un libero cittadino.

In epoca romana lo schiavo era considerato una preziosa risorsa per i proprietari la cui vita e salute andavano tutelate in quanto, a differenza dei lavoratori salariati, che se malati o feriti non avrebbero ricevuto alcun compenso, il padrone era costretto a provvedere alla sussistenza di uno schiavo anche quando questo non fosse stato propriamente in grado di lavorare.

Quando in età moderna i coloni europei giunsero nelle Americhe ed entrarono in contatto con le popolazioni autoctone, presso le quali, se bene con alcune differenze, esisteva ed era praticata l’istituzione della schiavitù, gli europei adottarono quei sistemi per un inserimento forzato delle popolazioni precolombiane nelle ottiche europee.

Il nuovo mondo però non era solo un enorme distesa di terra in cui esportare i propri modelli sociali e culturali, ma essa rappresentava anche un nuovo continente ricco di piante, frutti e creature molto rare o addirittura sconosciute in Europa. Una di queste piante era quella del cacao, dalle cui bacche era possibile, produrre delle polveri che unite ad altri ingredienti quali zucchero e diluite nel latte, permettevano la realizzazione di una bevanda estremamente aromatica e gustosa, nota oggi come Cioccolato, dall’unione di cacao e latte.

Questo tipo di bacca era estremamente difficile da coltivare in altre aree del pianeta, e questa sua particolarità la rendeva una risorsa estremamente rara e di conseguenza preziosa, ed intuendone il potenziale economico e commerciale, i coloni spagnoli e portoghesi importarono questa risorsa in Europa. L’arrivo in Europa del cacao spalancò le porte ai mercati paralleli di caffè e di tè, che proprio come il cacao era possibile produrre solo in alcune aree specifiche del pianeta. Parallelamente ai mercati del cacao, del caffè e del tè si svilupperanno altri mercati altamente redditizi, come il mercato delle ceramiche dall’oriente e dello zucchero dalle Americhe e dall’Africa, dando origine ad un sistema economico di portata globale che collegava insieme prodotti provenienti dai più remoti angoli del pianeta. Bere del cioccolato, del tè o del caffè in Europa di fatto significa miscelare polveri provenienti dalle Americhe, dall’Africa o dall’oriente, utilizzando magari porcellane e ceramiche orientali, simbolo di ricchezza e raffinatezza.

Questo colossale sistema economico poteva funzionare grazie all’integrazione di risorse dal valore differente, e che costituivano fette di mercato complementari. Da una parte le preziose e rare bacche di cacao, le foglie del tè ed i semi di caffè, rappresentavano risorse rare e necessarie alla preparazione di gustose e ricercate bevande, tuttavia a rendere particolarmente saporite queste bevande era l’aggiunta di zucchero , una risorsa relativamente facile da produrre in grande quantità, il cui costo doveva necessariamente restare basso.

Grazie all’arrivo in Europa del cacao dunque si gettano le basi per il primo grande sistema economico di portata globale, capace di produrre profitti “milionari” che avrebbero determinato l’evolversi delle economie e delle politiche mondiali nei secoli successivi. L’insediamento coloniale delle aree in cui era possibile produrre determinate risorse strategiche o preziose è il primo passo, a cui si aggiungeranno con l’aumentare della domanda, la necessità di forza lavoro a bassissimo costo.

Come abbiamo visto ad inizio articolo, la schiavitù rappresentava un istituzione universalmente riconosciuta se pure con alcune differenze, che ben si sposava con la richiesta di un elevato numero di braccianti e quindi di manodopera a bassissimo costo. La crescente domanda di zucchero genera una crescente richiesta di manodopera che non può essere più soddisfatta solo dalle popolazioni indigene, si rende quindi necessaria l’importazione, a partire dalla metà del XVI secolo, di manodopera proveniente dall’Africa. L’Africa aveva un passato ed una storia che se pur indirettamente si legavano alla storia europea e mediterranea, questo rendeva gli schiavi africani più resistenti alle malattie europee, e il fatto che le popolazioni africane fossero considerate prive di un’anima, unito all’esistenza di un oceano di distanza tra la loro terra natale ed il luogo di prigionia, li rendeva soggetti ideali per il lavoro forzato nelle piantagioni.

I primi ad importare schiavi dall’Africa furono gli Olandesi, grandi produttori di canna da zucchero, cui si uniranno spagnoli, portoghesi, francesi e britannici, i quali ricorreranno all’utilizzo di schiavi nelle piantagioni di cacao, zucchero, frutta, cotone, grano ecc ecc ecc.

L’arrivo del cacao in Europa ha quindi innescato un processo economico sempre più ampio, dando origine ad una mastodontica rete commerciale che legava insieme le Americhe, l’Africa, l’Europa, e l’oriente Asiatico. Elemento centrale di questo mercato era l’aumento di domanda di determinati prodotti dalla borghesia e delle aristocrazie europee, che illuminati da un profondo senso di superiorità nei confronti delle più primitive popolazioni esotiche, proponendosi loro come portatori di civiltà iniziarono ad inserirsi in maniera sempre più consistente nei sistemi di amministrazione, produzione e commercio di tutto il mondo, dando il via ad una massiccia espansione coloniale che avrebbe reso il mondo schiavo del cioccolato.

Tasting Empire: Chocolate and the European Internalization of Mesoamerican AestheticsThe American Historical Review (2006) 111 (3): 660-691. doi: 10.1086/ahr.111.3.660

Il commercio degli schiavi, Lisa A. Lindsay, il mulino, 2011

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