Quale destino per il Medio Oriente Post Americano?

L’era post americana sta sorgendo all’orizzonte, e come ogni grande impero in declino, anche quello americano si lascia alle spalle morte, pestilenza, guerre e miseria.

Riassunto delle puntate precedenti, per gran parte dell’opinione pubblica mondiale, gli USA devono lasciare il Medi Oriente perché la loro presenza lì è espressione di una politica estera imperialista, e sempre per un importante fetta dell’opinione pubblica mondiale, gli USA non devono interferire nella politica interna delle altre nazioni, e si, stiamo parlando della Siria.

Però, per quella stessa fetta dell’opinione pubblica mondiale, se gli USA si ritirano dal Medio Oriente (stiamo ancora parlando della Siria), sono dei traditori che hanno abbandonato i loro alleati, di conseguenza, gli USA sono responsabili della crisi che consegue al loro ritiro e devono quindi prendere una posizione contro la Turchia di Erdogan, senza però intervenire direttamente in medio oriente, con azioni militari dirette o con sanzioni tardive e soprattutto, senza interferire con la politica interna della Siria, perché, se lo facessero, tornerebbero alla politica imperialista.

Il Medio Oriente si sa, è una polveriera, un posto instabile e complicato, così come sono complicate le operazioni internazionali, e in questo caso, la posizione della superpotenza americana non è mai stata tanto controversa, poiché la scelta che si trovano a dover fare, porta con se, da un lato, una serie di critiche all’imperialismo americano, e dall’altro, una serie di critiche all’imperialismo americano. Va da se, che la scelta più semplice è probabilmente la non scelta, che si manifesta in un banale “ma chi ce lo fa fare, in fondo, non sono problemi nostri, tra gli USA e il Medio oriente c’è un intero oceano ed un continente”, meglio definibile come una politica nazionalista, protezionista e isolazionista, fortemente orientata a destra.

Anche se gli USA per molto tempo si sono convinti di essere i garanti della sicurezza globale, e si sono improvvisati sceriffo autoproclamato del mondo, in realtà, il mondo dispone di un organizzazione che ha il compito di promuovere la pace e la sicurezza globale e di difendere i più deboli, e questa organizzazione internazionale, è l’ONU.

ONU che in teoria è l’unico ente internazionale legittimato ad intervenire in medio oriente, ma non può, non può intervenire per un veto esercitato della Russia, Russia che all’inizio di questa vicenda, ha coperto le spalle alla Turchia di Erdogan e prima ancora alla Siria e che ora, sembra essersi schierata dalla parte della Siria facendo da mediatore tra il governo di Bashar al Assad e i rappresentanti del popolo Curdo contro cui sta muovendo le proprie truppe Erdogan.

Lo sapevamo, lo abbiamo detto ed è giusto ripeterlo, il medio oriente è una polveriera e qualunque cosa accada in quell’angolo di mondo, è molto più complessa e controversa di quanto noi figli dell’europa, della pace, della libertà e del benessere, possiamo immaginare.

Cosa impariamo da questa vicenda? Impariamo almeno tre lezioni.

La prima lezione che impariamo è che qualunque cosa facciano gli Stati Uniti d’America, che intervengano, che non intervengano, che sanzionino o finanzino, per l’una fetta importante dell’opinione pubblica mondiale, gli USA sono in errore e sbagliano, perché in fondo, c’è sempre una buona ragione per criticare le scelte degli USA e la loro politica imperialista, anche quando non lo è.

La seconda lezione che impariamo è che l’ONU, il cui compito primario è promuovere la cooperazione tra le nazioni e garantire della pace globale, nel rispetto dei popoli e delle minoranze, in questo momento è sotto scacco da parte russa. Non c’è nulla di anomalo o di nuovo in questo, Russia, anzi URSS e Stati Uniti hanno tenuto sotto scacco l’ONU per più di quarant’anni durante la guerra fredda, ed il ruolo di membro permanente del consiglio di sicurezza dell’ONU in fondo, è stato creato proprio per questo.

Tuttavia, vi è una profonda differenza tra oggi e gli anni della cortina di ferro, poiché all’epoca USA e URSS presentavano al mondo due facce della stessa medaglia, utilizzando le stesse armi e gli stessi strumenti per ottenere fondamentalmente la stessa cosa, cambiava solo il soggetto e la visione che questi aveva del mondo. Oggi invece, non vediamo più contrapposti i valori e gli ideali del sogno americano ai valori e gli ideali del mondo sovietico, vediamo invece contrapposti il mondo del diritto e della legittimità, espresso dall’ONU ad un mondo autoritario e totalitario, guerrafondaio e avverso alla democrazia, espresso dalla politica di Putin in Russia.

Il mondo in cui viviamo oggi, è un mondo in cui l’ONU che dovrebbe garantire la pace nel mondo ha le mani legate e la Russia, che sembra avere tutto l’interesse a promuovere scontri, conflitti e guerre nel mondo, non trova alcun ostacolo degno di nota sulla propria strada. Praticamente la politica estera della Russia, promotrice dell’annessione della Crimea alla Russia in violazione dello statuto delle Nazioni Unite, che ha venduto armi illegali alla Siria, armi illegali che poi sono state utilizzate sui civili dalla stessa Siria, garantito poi impunità ad Assad, salvandolo dal giudizio di una corte internazionale, che ha garantito intoccabilità ad Erdogan, utilizzando il proprio diritto di veto, quando l’ONU ha provato a sanzionarlo per i crimini di guerra e contro l’umanità compiuti in Siria a danno della popolazione civile, e in fine, armando e promuovendo la controffensiva Siriana nelle aree colpire dalle forze turche al confine con la Turchia.

Scontri che si sarebbero potuti evitare se gli USA non avessero abbandonato i Curdi, ma anche se la Russia non avesse coperto le spalle ad Erdogan e avesse invece permesso all’ONU di sanzionare la Turchia, ponendo il paese sotto embargo totale, come previsto dall’articolo 41 dello statuto delle Nazioni Unite.

La Russia è responsabile di quanto sta accadendo al confine tra Siria e Turchia, molto più di quanto non siano gli USA, ma per motivi ancora ignoti, ci rifiutiamo di vedere l’imperialismo Russo e continuiamo a portare l’attenzione sull’imperialismo Americano ormai sulla via del tramonto.

La terza lezione che impariamo è che, in tutto questo, l’Europa ha passato decisamente troppo tempo isolata nel proprio paradiso perduto, decisamente troppo lontana dal mondo reale, e ormai completamente incapace di rendersi conto che appena fuori dalle porte dell’europa ci sono i barbari selvaggi, che danno fuoco alle città, che sterminano i bambini e calpestano (volevo dire si puliscono il culo, ma non voglio essere volgare) quotidianamente tutto ciò che l’europa dovrebbe rappresentare.

Dovevamo essere l’avanguardia del nuovo “nuovo mondo” , dovevamo essere i figli prediletti dell’illuminismo, della ragione, della libertà e della democrazia, ma evidentemente abbiamo perso la via di casa, e ormai non siamo più in grado di distinguere cosa è giusto e cosa è sbagliato.

L’europa doveva rappresentare il modello su cui costruire una società internazionale, preludio ad un autentica unificazione dei popoli del mondo sotto la bandiera del diritto internazionale, dell’uguaglianza e del rispetto tra tutti i popoli, l’Europa doveva essere un esempio di pace, doveva portare l’equilibrio nel mondo, ma purtroppo, anche l’Europa ha ceduto al lato oscuro ed ha edificato il proprio paradiso, perduto, sulle spalle e sul sangue dei poveri disgraziati lasciati a morire ad un passo dall’Europa.

Palestina, Ruanda, Bosnia, Kosovo, Iraq, Nigeria, Somalia, Suda, Mali, Africa Centrale, Egitto, Mozambico, Congo, Libia, Siria, Turchia … solo per citare alcuni dei più recenti teatri bellici che, nell’ultimo quarto di secolo, sono stati tacitamente alimentati ed ignorati dall’Europa.

L’era post americana sta sorgendo all’orizzonte, e come ogni grande impero in declino, anche quello americano si lascia alle spalle morte, pestilenza, guerre e miseria.

Quella volta che i Curdi ci hanno salvato dai Nazisti

Di recente, il presidente Trump ha dichiarato che gli USA non aiuteranno Curdi, perché loro (i Curdi) non hanno aiutato gli USA contro i Nazisti durante la seconda guerra mondiale e lo sbarco in normandia.

Facciamo finta per un attimo che, tra il “Kurdistan” e la Normandia, non ci siano centinaia e centinaia di kilometri, e facciamo anche finta che, tra la Normandia (nord della Francia) e il Kurdistan (medio oriente) non ci siano la Grecia, i Balcani, l’Austria, la Germania ovvero quello che durante la seconda guerra mondiale era il Terzo Reich e soffermiamoci solo (per modo di dire) sulla seconda guerra mondiale.

In questo conflitto (mondiale) che non si è combattuto solo in europa, ma anche in asia, africa, america e oceania, i curdi ovviamente non erano presenti ovunque, in ogni teatro bellico, anche perché all’epoca erano poco più che tribù nomadi, con qualche cavallo, qualche cammello e qualche residuato bellico risalente alla prima guerra mondiale, e proprio per questo, la loro partecipazione alla guerra va circoscritta alla sola regione in cui potevano muoversi, ovvero quello stato immaginario condiviso tra Turchia, Siria, Iraq e Iran chiamato Curdistan, quella regione che aveva questo nome quando era parte dell’impero ottomano e che successivamente è stata smembrata (tradendo la promessa di indipendenza fatta da Francesi e Britannici durante la Grande Guerra) e suddivisa tra le naonate nazioni/protettorati nate dalle ceneri dell’Impero ottomano e sottoposte al controllo indiretto di Francia e Regno Unito.

Nonostante questo, durante la seconda guerra mondiale, i curdi hanno imbracciato nuovamente le armi ed hanno combattuto al fianco degli alleati (prima ancora che questi assumessero il nome di Nazioni Unite) contro i Nazisti. In questa seconda fase della grande guerra del novecento, meglio nota come seconda guerra mondiale, va detto che Turchia, e dunque tutte le popolazioni che si trovavano entro i confini turchi, curdi compresi, erano simbolicamente dalla parte degli alleati, praticamente erano neutrali e anzi, vi sono anche alcuni casi di collaborazionismo tra turchia e terzo reich, soprattutto nella zona più occidentale del paese, ad ogni modo, fingiamo che la Turchia fosse davvero neutrale e dunque, poniamo i Curdi Turchi sono fuori dai giochi.

Restano nell’equazione i Curdi Siriani, i Curdi Iraqueni e i Curdi Iraniani, che invece, come vedremo in questo post, si sono dati parecchio da fare contro i nazisti.

Faccio una premessa, quei curdi che hanno combattuto nella seconda guerra mondiale, sono i nonni e i bisnonni degli attuali curdi e che quindi dire che “non ci hanno aiutati” ehm, eh? cosa? è una grandissima stronzata, se ragioniamo in questi termini allora neanche Trump, che oggi è il presidente degli USA, ha aiutato, visto che lui è nato nel 1946, quando la guerra era finita. Ma comunque, fingiamo che, eventi di oltre settant’anni fa, che coinvolgono nel migliroe dei casi la generazione dei nostri padri, nel peggiore quella dei nostri bisnonni, possano avere un qualche legame diretto, di causa ed effetto, negli eventi odierni.

La domanda che dobbiamo porci è :

è vero che i Curdi non hanno aiutato gli alleati nella seconda guerra mondiale?

La risposta a questa domanda è NO.

I curdi hanno aiutato, e se lo sono preso nel cu… come era già successo nella prima guerra mondiale.
(mi viene da pensare che sono coglioni loro allora, visto che puntualmente hanno aiutato gli “noi” occidentali che, nel momento del bisogno gli “abbiamo” promesso autonomia e indipendenza, e poi finita la guerra “ci siamo” rimangiati tutto.

Ogni riferimento a Francia, Regno Unito, Russia, e USA è puramente voluto.

Nel 1936 la Siria e il Libano erano “protettorati” francesi e in quanto tali, godevano di una certa autonomia, almeno per quanto riguarda la politica interna (quella estera no, quella estera dipendeva da Parigi), questi protettorati erano stati creati sulle ceneri dell’impero ottomano, in un processo di ripartizione territoriale tra i vincitori della guerra, che aveva visto un parziale mantenimento delle promesse fatte da Francia e Regno Unito agli alleati mediorientali, dando così ad alcune tribù (e a discapito di altre tribù) no stato più o meno autonomo in cui vivere, e, all’interno dei confini di questi stati, erano stati inglobati territori e regioni abitati da altre popolazioni, e, una delle popolazioni cha aveva visto smembrare la propria regione, per vederla poi inglobare in altre realtà statali, erano proprio i Curdi, la cui regione di origine venne inglobata in Siria, Iraq e Iran.

Con la caduta di Parigi nel 1940 e l’annessione, chiamiamola così, della Francia al Terzo Reich, con l’istituzione del governo di Vichy, queste regioni autonome, diventarono decisamente meno autonome, e sempre più vicine, per non dire piegate, alla volontà tedesca. Detto in soldoni, Siria e Libano, un tempo protettorati autonomi francesi, dal 1940 diventano avamposti mediorientali del terzo reich.

Parallelamente, la germania stava cercando di assumere il controllo, indiretto, anche dell’Iraq e dell’Iran, protettorati britannici, e per farlo, già a partire dal 1939, la germania aveva appoggiò una serie di insurrezioni, armato milizie locali di gruppi nazionalistici antisemiti e finanziato un tentato colpo di colpo di stato in Iraq.

Il colpo di stato in Iraq portò inizialmente alla deposizione del reggente iraqueno filo-brigtannico ‘Abd al-Ilah e del suo primo ministro Nuri al-Said, insediando al loro posto, Rashid Ali al-Gaylani come nuovo primo ministro del nuovo governo, questa volta filo-tedesco. Con il colpo di stato in Iraq si apre una parentesi durata circa quaranta giorni e nota come “quarto d’oro”.

Il governo del quarto d’oro non fu semplice, e la transizione non fu pacifica, anzi, le insurrezioni continuarono, i combattimenti continuarono e gli Iracheni “filobritannici” fedeli al legittimo re, armati dai britannici e con l’aiuto delle numerose tribù indigene (tra cui i curdi) riuscirono a sottrarre nuovamente il paese al controllo dell’asse e riportarlo al fianco degli “alleati“.

Questo colpo di stato fallito, grazie anche e soprattutto al ruolo giocato dalle tribù locali armate dai britannici, è più che sufficiente a dirci che non è affatto vero quanto asserito da Trump, ovvero che i Curdi non hanno aiutato gli alleati nella seconda guerra mondiale. Ma, visto che in questo momento non c’era ancora stata l’operazione Barbarossa e che questi eventi precedono di almeno due anni la conferenza di Teheran, probabilmente per Trump non sono rilevanti, anche perché poi diciamolo, in questa vicenda, gli USA non sono intervenuti.

Torniamo allora in Siria, abbiamo visto che questa, dopo il 1940 è passata sotto il controllo di Vichy e del Terzo Reich, sempre nel 1941, gli “alleati” , ancora una volta Britannici, con al seguito quello che rimaneva delle milizie francesi che avevano deciso di non piegarsi alla germania, ma anche l’india britannica e l’Australia, diedero supporto alle tribù indigene della Siria settentrionale, da cui, tra giugno e luglio del 1941, partì l’offensiva verso Damasco e la conseguente occupazione della regione.

Gli scontri tra le tribù armate dagli alleati e le forze governative armate dall’asse ebbe come esito, ancora una votla, una vittoria “alleata” ma, anche questa volta, evidentemente, il fatto che gli USA non fossero coinvolti negli sconti e che questi siano avvenuti prima della conferenza di Teheran, evidentemente per Trump è da considerarsi una vicenda irrilevante o comunque poco significativa, del resto, cosa vuoi che sia la liberazione del medio oriente dalla presenza nazifascista.

Rimangono nell’equazione i curdi turchi, ma come già detto, sulla carta la turchia era alleata degli alleati, e i curdi Iraniani.

Vediamo allora come si sono comportati i curdi in Iran.

In Iran, come in Iraq e Siria, si combatte sempre nel 1941 e, come avvenuto in Siria e Iraq, anche in Iran, gli alleati (sempre i britannici), combatterono con l’aiuto delle tribù indigene, e come avvenuto in Siria e Iraq, ebbero ragione sulle milizie nazionaliste filo germaniche e antisemite nella regione.

Detto molto brevemente quindi, ogni volta che in “Kurdistan” si è combattuto, durante la seconda guerra mondiale, i Kurdi hanno imbracciato le armi e le uniformi degli alleati, hanno combattuto al fianco dei Britannici contro i Nazisti e le tribù armate dai nazisti, hanno aperto il fuoco, mettendo a rischio e sacrificando la propria vita per combattere il terzo reich.

I Curdi, e cito loro per citare tutte le tribù indigene che hanno combattuto contro il terzo reich, hanno giocato un ruolo decisivo nella regione, assicurando agli alleati una vittoria altrimenti impossibile da raggiungere, e dire che, i Curdi non hanno aiutato gli alleati durante la seconda guerra mondiale, perché non sono sbarcati in normandia è una bugia grossa come l’america.

Una colossale bugia, detta (a mio avviso) da Trump, sapendo di mentire, ignorando Storia (e anche un po’ di geografia) pur di non ammettere che gli USA si sono piegati alla volontà Russa e che ormagli l’Impero Americano, non è più il garante dell’ordine e della sicurezza globale, ruolo che gli USA avevano rivendicato per se, dopo la guerra fredda, appuntandosi da soli, la stella dello sceriffo sul petto.

Curdi traditi dagli USA?

Per anni, gli Stati Uniti sono stati accusati di trovarsi abusivamente in curdistan (turchia, siria, iraq, iran) e ora che vanno via, vengono criticati per essere andati via …

Curdi traditi dall’occidente, Curdi abbandonati dagli USA, gli USA si ritirano lasciando campo libero alla Turchia, ecc ecc ecc.

Questi sono, a grandi linee i titoli dei giornali nazionali e internazionali, sulla vicenda curda, la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi e la conseguente avanzata turca di occupazione di quei territori.

Oggi, intorno alla metà di ottobre del 2019 il mondo intero guarda con rabbia e punta il dito contro gli Stati Uniti, contro il presidente Trump, per aver abbandonato il popolo curdo, popolo che, durante la guerra all’ISIS è stato determinante nel conseguimento di alcuni importanti vittorie contro lo stato islamico.

Oggi la situazione è questa, i curdi vengono raccontati in questo modo, come un popolo senza stato. che è stato sfruttato durante la guerra e poi è stato abbandonato al proprio destino, gettato via come uno straccio vecchio che non serve più, dagli stati uniti.

Se però facciamo un salto in dietro nel tempo, di uno, due, tre, cinque anni, la narrazione cambia, pur non cambiando di una virgola.

La regione del Kurdistan

Per anni, durante la propria presenza nel vicino oriente, in quell’angolo di mondo diviso principalmente tra Siria, Turchia, Iraq e Iran, in cui dimora, separato da confini politici, il popolo curdo, gli Stati Uniti, sono stati accusati, rispettivamente da Siria, Turchia, Iran e Russia, di trovarsi lì’ illegalmente, di aver occupato in maniera illegittima il territorio siriano o turco.

Accuse abbastanza ridicole se lanciate dalla Russia che contemporaneamente portava avanti l'occupazione della Crimea, sottraendola con la forza all'Ucraina ed annettendola ai territori russi, dico ai territori e non allo stato perché se da un lato la Russia rivendica l'appartenenza della Crimea alla Russia, dall'altro, le persone che vivono in crimea, non godono di alcun diritto politico e civile, ma questa è un altra storia.

Per anni, gli Stati Uniti sono stati accusati, pubblicamente, sia dai leader delle singole nazioni, che dai loro rappresenanti alle Nazioni Unite, di trovarsi abusivamente nel vicino oriente, di torvarsi abusivamente in Siria e turchia e di interferire in operazioni che riguardavano esclusivamente Turchia e Siria, competenza poi estesa alla russia perché alleata della Siria e la cui presenza era legittimata dalle richieste del “legittimo” leader Siriano.

La cui legittimità è più quella di un principe ereditario che di un leader democraticamente eletto in una repubblica, ma anche questa è un altra storia.

Coem dicevo, per anni, è stato richiesto agli USA, dal mondo intero, e dal diritto internazionale, di ritirarsi dal “kurdistan”, ed ora che lo hanno fatto vengono, gli USA vengono accusati di aver abbandonato i curdi.

Insomma, che gli USA fossero rimasti o fossero andati via, sarebbero stati accusati di qualcosa.

Se ne evince che, il presidente Trump, ha fatto una scelta politica, ha messo sulla bilancia le due opzioni ed ha scelto quella più conveniente per il proprio paese, ed è questo, secondo me, il punto davvero interessante dell’intera vicenda, proverò quindi a fare la stessa cosa, e comparare le due opzioni, nel tentativo di capire perché gli USA hanno preferito ritirarsi, piuttosto che rimanere lì, garantire coperture al kurdistan e assicurarsi la fedeltà di un potenziale nuovo stato, in un area del mondo particolarmente problematica e interessante.

Per rispondere a questa domanda, bisogna ampliare lo sguardo, e guardare all’intero asset geopolitico degli USA in questo dato momento storico, e facendolo osserviamo che, la presenza gli USA nel mondo è fortemente ridimensionata rispetto a qualche anno fa.

Sul piano economico gli USA non sono poiù i padroni assoluti del mondo, e devono fare i conti con la concorrenziale economia dell’Unione Europea e l’ancora più pesante e competitiva economia Cinese.

Sul piano militare i suoi “nemici” storici, sembrano essersi rifugiati tutti sotto l’ombrello della Russia che a colpi di veto nel consiglio di sicurezza dell’ONU sta garantendo protezione a chiunque provi ad opporsi agli Stati Uniti, radunando attorno a se, una serie di stati, caratterizzati da una visione del mondo, fortemente anti americana, e tendenzialmente autoritaria, per non dire totalitaria (vedi la Corea del nord, Iran, Turchia, Siria e le new entry Venezuela e Brasile).

L’attuale asset internazionale delinea una politica estera statunitense, fondamentalmente in declino, e dall’altra parte un imperialismo russo sempre più incisivo ed espansivo.

Stiamo entrando in una nuova fase storica, in cui Mosca ha iniziato ad allungare i propri tentacoli sul mondo intero, e temo che questa nuova fase, sarà molto più violenta e controversa di quella che ci stiamo lasciando alle spalle in cui i tentacoli sul mondo partivano da Washington.

Il minor peso internazionale degli USA è facilmente individuabile attraverso le sue decisioni in poplitica estera, tra ritiri forzati e imposizione di dazi doganali, ed è ancora più concreta se ci spostiamo nel luogo in cui risiede il diritto internazionale, l’ONU.

Se ci pensate, è molto curioso che, poche settimane dopo la decisione dell’ONU di “condannare” la politica estera statunitense e le sue interferenze nella politica interna del Venezuela (che ricordiamo essere un alleato della Russia), gli stati uniti abbiano deciso di ritirarsi dal kurdistan, che ricordiamo, non esistere come stato e che si tratta di una regione condivisa tra Siria, Turchia Iraq e Iran, ed è curioso osservare come Tre di questi stati, siano alleati della Russia e dichiaratamente anti americani.

Personalmente credo che le due vicende siano strettamente collegate, e questo mi preoccupa non poco, perché se la mia ipotesi dovesse risultare esatta, se gli USA si stanno ritirando dal kurdistan per le pressioni di Mosca e dei suoi alleati in seno all’ONU, allora saremmo di fronte ad un grande problema, perché ciò significherebbe che ormai siamo prossimi al declino dell’ONU, che, ormai, è sempre più spesso abusato dalla Russia (e degli USA), molto più che durante la guerra fredda.

Personalmente dubito che assisteremo a breve allo scioglimento dell’organizzazione, temo invece che non assisteremo ad una sua riorganizzazione in senso democratico e al contrario, vedremo sempre più spesso l’ONU con le mani legate di fronte alle violazioni e agli abusi compiute da alcuni popoli e nazioni.

Concludendo, il problema degli USA è che dovevano scegliere se essere criticati per aver fatto la cosa “giusta”, ma non del tutto legittima, ovvero rimanere al fianco dei Curdi e riconoscere la loro esistenza come stato, oppure fare la cosa “sbagliata” ma muoversi nella legittimità del diritto internazionale.
Personalmente avrei preferito che gli USA rimanessero al fianco dei Curdi, perché ritengo che la loro presenza lì era “illegittima” semplicemente perché la Russia abusando di uno strumento obsoleto, nelle mani dei vincitori della seconda guerra mondiale, in seno all’onu, ovvero il diritto di veto.

Siria, una Guerra Giusta ?

Queste sono le due diverse chiavi interpretative di ciò che sta succedendo in queste ore.

“Trump ha “smesso di fare l’idiota” ed ha deciso di intervenire in Siria.”
“L’intervento in Siria è un azione unilaterale di USA, UK e Francia.”

Il dibattito in corso su scala globale sulla legittimità e la giustizia di un intervento militare in Siria è qualcosa che mi tocca da vicino, in quanto il mio percorso di studi storici si è concluso con una tesi di laurea sul dibattito italiano sulla guerra giusta, nei conflitti del golfo e dei Balcani avvenuti negli anni novanta, e ciò che sto leggendo e sentendo in questi giorni sa di già visto, di già sentito, poiché le ragioni di chi è favorevole ad un intervento e chi si oppone ad esso sono le medesime utilizzate negli anni novanta.

Per quanto riguarda la legittimità dell’intervento è indubbio che, sul piano giuridico questa guerra non sia una guerra giusta, ma anzi, sia un operazione illegittima che non rispetta la volontà delle nazioni unite, ma andiamo con ordine.

Sul piano “giuridico” questo intervento non può considerarsi legittimo poiché mancando l’autorizzazione dell’ONU, di conseguenza questo intervento è da considerarsi “illegittimo” ed è illegittimo perché la carta delle nazioni unite vieta ogni intervento militare internazionale non approvato dal consiglio di sicurezza dell’ONU, e perché un intervento militare internazionale venga approvato è necessario che prima si cerchi una soluzione diplomatica, se questa non avviene, l’ONU prevede l’utilizzo di strumenti di pressione diplomatici e non violenti, come Embargo, blocchi navali e l’allontanamento dalla comunità internazionale con la chiusura dei rapporti diplomatici. In fine, e solo in fine, l’articolo 42 riconosce che, nell’eventualità in cui siano state tentate tutte le possibili soluzioni non violente e questi tentativi diplomatici non abbiano dato risultati, allora, e solo allora, il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite può autorizzare la formazione di una coalizione internazionale, che faccia rapporto allo stesso CDS.

C’è però da considerare anche altri fattori, uno su tutti è la conformazione del Consiglio di Sicurezza delle nazioni unite e in particolare i suoi membri permanenti ed il loro diritto di veto.

In questo momento, così come è accaduto durante tutta la guerra fredda, il CDS dell’ONU è bloccata dal veto di uno dei membri permanenti del CDS, ovvero la Russia, il cui diritto di veto, da diversi anni, sta ostacolando ogni tentativo di l’intervento diplomatico della comunità internazionale nella risoluzione della questione siriana, di fatto bocciando ogni risoluzione proposta dall’ONU nella gestione della crisi. Alla base di questo ostruzionismo non ci sono certamente ragioni umanitarie, o giuridiche, vi sono invece diversi interessi di carattere economico, strategico e geopolitico, rafforzati da una grande amicizia che lega il governo di Mosca al governo di Damasco, oltre ad un amicizia personale tra Putin ed Assad.

Nella vicenda siriana la Russia di Putin non si è certamente comportata “in maniera responsabile”, ostacolando ripetutamente l’operato delle nazioni unite, arrivando a minacciare, in alcuni casi, interventi militari in risposta alle domande e le richieste dalla stessa ONU e questo atteggiamento bellicoso e violento della Russia di Putin ha, come già detto, bloccato totalmente le azioni legittime del consiglio di sicurezza, spianando la strada ad un intervento internazionale “illegittimo” poiché non autorizzato dall’ONU.

Da questa vicenda emerge l’impossibilità di agire dell’ONU, il cui operato può essere ostacolato dalle decisioni individuali dei singoli membri permanenti del consiglio di sicurezza. De facto, al momento è sufficiente che una sola di queste cinque nazioni, ovvero Cina, Francia, Russia, UK e USA, abbia un qualsiasi interesse personale per rendere illegittima una qualsiasi operazione internazionale e bloccare ogni risoluzione dell’ONU, compreso il semplice invio di osservatori internazionali e tutto questo a discapito delle popolazioni civili che vivono in quella regione e stanno affrontando una determinata crisi umanitaria da non si sa quanti anni.

Nel caso specifico della crisi siriana, l’ostruzionismo della Russia ha reso impossibile l’accertamento dei presunti crimini di guerra attribuiti al governo di Damasco, ed ha reso impossibile l’intervento internazionale anche quando c’erano prove più che evidenti di azioni illegali compiute dal governo a discapito della popolazione civile, come ad esempio l’utilizzo di armi chimiche e il coinvolgimento della popolazione civile nei bombardamenti.

Questa vicenda, mette in luce la necessità di un aggiornamento dello statuto dell’ONU, mette in evidenza la necessità di rinnovare la carta delle nazioni unite, questo aggiornamento era già necessario e da molti anche richiesto quasi 30 anni fa, quando, finita la guerra fredda e superata un iniziale collaborazione tra USA e Russia, il sistema dei veti incrociati era tornato a bloccare l’operato del CDS e di conseguenza dell’ONU, vedi Jugoslavia, vedi Ruanda, vedi crisi del Kosovo ecc.

L’attuale conformazione del CDS è solo un retaggio della seconda guerra mondiale e della sua conclusione, un eredità lasciata dai vincitori della guerra in cui, era riconosciuto il diritto di veto alle potenze vincitrici della guerra e questo diritto dava loro il potere di di decidere non dove intervenire, ma dove non era possibile intervenire, in questo modo Cina, Francia, Russia, UK e USA potevano tutelare i propri imperi coloniali e le rispettive reti di alleanze.

Sono passati più di settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale e ancora le sue dinamiche postbelliche riescono ad influenzare il mondo, ancora oggi i vincitori della seconda guerra mondiale hanno il potere di decidere dove non è possibile intervenire, per tutelare i propri interessi personale e se da una parte Francia ed UK nel frattempo hanno perso i propri imperi coloniali, USA e Russia hanno, nel frattempo, ampliato o rielaborato la propria rete di alleanze.

Settant’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale l’ONU dovrebbe evolvere e diventare ciò per cui è nato, dovrebbe riuscire a superare il veto e solo così potrà finalmente assolvere alla sua finzione primaria di garante della pace e della sicurezza globale, poiché finché esisterà il diritto di veto, le cinque potenze vincitrici della seconda guerra mondiale potranno rendere illegittimo ogni tentativo internazionale di porre fine ad una crisi regionale che in qualche modo, direttamente o indirettamente, garantisce loro un qualche tipo di vantaggio o la cui risoluzione porterebbe un potenziale vantaggio ad una potenza rivale.

Nel 2018 è inaccettabile che con un organismo internazionale come l’ONU, il cui compito primario è quello di garantire la pace e la sicurezza internazionale si debba ancora fare ricorso alle azioni individuali delle nazioni e ci si debba affidare ad un gruppo di cowboy solitari, chiamati ad intervenire fuori dalla legalità e che prima sparano e poi fanno domande, per risolvere una crisi che invece l’ONU potrebbe risolvere utilizzando strumenti di pressione non violenti e senza ricorrere all’uso della forza.

Personalmente non approvo interventi internazionali non approvati dalle Nazioni Unite e vorrei sempre che l’iter previsto dalla carta delle nazioni nel capitolo VII, in cui gli articoli dal 39 al 51 vanno a definire proprio l’ “Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione” venisse rispettato. Purtroppo, l’esistenza stessa del diritto di veto, riconosciuto esclusivamente ai vincitori della seconda guerra mondiale, il più delle volte rende impossibile l’attuazione dell’iter previsto dall’ONU e nella maggior parte dei casi rappresenta il più grande ostacolo alla corretta esecuzione di queste procedure.

Nel caso specifico della crisi Siriana, finché la Russia di Putin avrà diritto di veto ed utilizzerà questo suo privilegio per proteggere i propri interessi nella regione, l’ONU non potrà utilizzare i propri strumenti diplomatici per porre fine alla crisi e di conseguenza le opzioni che restano alla comunità internazionale sono soltanto due.

  • la mobilitazione internazionale senza l’autorizzazione delle Nazioni Unite.
  • fingere che ciò che succede in quella regione non riguardi l’intera umanità e dunque lasciare che la guerra continui a spese di milioni di civili.

La mobilitazione dell’ONU è auspicabile ma in questa particolare circostanza è impossibile poiché la Russia ha il diritto ed il potere di bloccare ogni risoluzione del consiglio di sicurezza e come si è visto negli ultimi anni, proprio nella crisi siriana, la Russia esercita sistematicamente questo suo diritto per bloccare le risoluzioni del CDS che possono minacciare i propri interessi esteri.

Dall’altra parte, vista l’impossibilità di un intervento legittimo e la mancata volontà di restare in disparte a guardare silenziosamente milioni di vite spazzate via, ciò che resta è un intervento, non autorizzato dall’ONU che, oltre ad avere una natura illegittima, almeno sul piano giuridico, presenta un ulteriore problema di fondo, poiché, diversamente da un intervento autorizzato dall’ONU che porrebbe come obbiettivo dell’intervento la sola pacificazione della Siria e la fine della guerra civile, impedendo così alla coalizione internazionale che verrebbe a formarsi di superare questo limite dettato dal rispetto della carta delle nazioni, per conseguire altri obbiettivi quali ad esempio la riorganizzazione dello stato siriano. Purtroppo senza l’autorizzazione dell’ONU per la coalizione internazionale non ci sarà alcun limite imposto dall’ONU, verrà a mancare l’obbligo di rispettare la sovranità nazionale siriana e di conseguenza, lo scenario più probabile è che il fine ultimo dell’intervento, oltre alla pacificazione della Siria e la fine della guerra civile, molto probabilmente prevederà anche la deposizione e l’arresto di Bashar al Assade che, nel migliore e più auspicabile dei casi, verrà condotto di fronte ad una corte internazionale per rispondere dei crimini di guerra compiuti dal governo siriano durante la crisi.

Per quanto riguarda le posizioni dell’Europa, temo che l’Unione Europea abbia sprecato un importante occasione di mostrarsi unita, forte e compatta nell’affrontare una questione internazionale, piegandosi ancora una volta all’influenza, le pressioni e le minacce della Russia di Putin che, tuttavia, nella vicenda può vantare la piena legittimità delle proprie azioni, in quanto la Russia ha agito nel pieno dei propri diritti internazionali di potenza alleata della Siria e di membro permanente del CDS.

È una situazione al limite del paradossale, in cui la legittimità e la legalità viene utilizzata per insabbiare abusi e probabili crimini di guerra e dall’altra, un intervento apparentemente umanitario è di fatto un intervento illegittimo, perché illegale, in quanto non autorizzato dalle nazioni unite ed è reso illegale dall’opposizione della Russia. Un opposizione giuridicamente legittima ma dettata da ragioni non del tutto chiare trasparenti.

Il Tempio di El Khasneh a Petra

Il Tempio di al-Khazīna al-Firaʿūn, o se preferite El Khasneh.

Si tratta probabilmente del più spettacolare (o uno dei più spettacolari) monumenti realizzati dalla civiltà Nabatea a Petra, nel sud della Giordania, situata nel deserto arabo-siriano. Nella sola città di Petra sono stati classificati più di 800 edifici e almeno 500 tombe. Leggi tutto “Il Tempio di El Khasneh a Petra”

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