La Presa di Roma e la sua importanza epocale, che va oltre l’Unità d’Italia

L’importanza storica della Presa di Roma (20 Settembre 1870) va ben oltre l’effimera e regionale Unificazione Italiana, la presa di roma segna un passaggio epocale ed è un avvenimento, che per importanza, è assimilabile alla presa della bastiglia e la presa del palazzo di inverno

L’importanza storica della Presa di Roma (20 Settembre 1870) va ben oltre l’effimera e regionale Unificazione Italiana. La presa di roma segna un passaggio epocale ed è un avvenimento, che per importanza, è assimilabile alla presa della bastiglia e la presa del palazzo di inverno.

Il 20 Settembre 1870, i manuali di storia contemporanea italiani, ci insegnano essere la data finale dell’unificazione italiana, la presa di roma è, e rappresenta, l’ultimo atto ufficiale del processo unitario, iniziato in sordina, tra moti rivoluzionari e ambizioni politiche di regni italici, nella prima metà del XIX secolo.

Ma il 20 settembre è anche altro, e la sua importanza storica viaggia ben oltre i confini nazionali, ponendosi, sul piano internazionale, alla stregua di avvenimenti come la presa della Bastiglia e la presa del palazzo d’Inverno di Pietrogrado (poi San Pietroburgo) in Russia.

Questi tre avvenimenti, insiema al congresso di vienna e i moti del 40, rappresentano a pieno, l’intero excursus del cambiamento epocale che porta l’età Moderna, caratterizzata dal sistema politico noto come Ancient Regime, ad un nuovo sistema politico, sociale e culturale, proprio dell’età contemporanea, ma andiamo con ordine.

La presa della Bastiglia, come è noto, è uno degli avvenimenti simbolici più importanti della Rivoluzione Francese, rivoluzione che segna il punto di inizio di un lungo e lento processo evolutivo che avrebbe attraversato tutta l’europa. Per quanto riguarda la bastiglia, l’assalto a questa struttura è stato spesso associato a due ragioni, la prima, più importante, di carattere politico, la seconda, meno incisiva, ma comunque importante, di carattere strategico militare.

La Bastiglia era percepito nella Francia del tempo, come uno dei simboli tangibili del dispotismo monarchico, una prigione politica, in cui erano rinchiusi per lo più oppositori del Re, oppositori della monarchia. La Bastiglia era una struttura militare fortificata, protetta da uomini armati e che ospitava, nel proprio arsenale, un discreto quantitativo di armi, munizioni e polvere da sparo, e la possibilità di mettere mano su queste risorse delinea il carattere dtrategico/militare dell’assalto alla bastiglia.

Come anticipavo, in realtà la ragione è per lo più politica, visto che era era “protetta” da circa 32 guardie svizzere, 82 soldati francesi invalidi di guerra, ed ospitava circa 30 cannoni, e il grande bottino di guerra che poteva offrire si cortituiva di circa 250 barili di polvere da sparo (contenenti circa 20.000 kg di polvere pirica) e circa 28.000 fucili che, possono sembrare tanti, ma non lo sono affatto, visto che le armi dell’epoca erano a colpo singolo e richiedevano diversi minuti per essere ricaricate prima di poter riaprire il fuoco, e questo significa che, durante un assalto, mentre un soldato sparava, un altro soldato ricaricava i fucili, ma nel frattempo, il soldato che sparava, utilizzava altri fucili, in caso di mobilità, un unità di questo tipo contava su circa 3 fucili, mentre in situazioni meno concitate e più stazionarie, ogni soldato disponeva in media di circa 10 fucili.

Tornando ai numeri della bastiglia, 28.000 fucili, potevano armare in maniera efficace, circa 3.000 uomini, o al massimo 10.000 o addirittura 28.000, dando loro, in questo caso, un’irrisoria capacità di fuoco.

Certo, va detto che la Bastiglia fu assaltata da circa 600 uomini, e quella quantità di polvere da sparo e fucili, per 600 uomini è più che sufficiente, tuttavia, 600 uomini, senza alcun addestramento militare possono avere a disposizione anche 1000 fucili cadauno, e risultare comunque poco efficaci in combattimento, ma questa è un altra storia.

Come dicevo, la presa della Bastiglia, è un evento più che altro simbolico, segna lo scontro con l’autorità monarchica, segna l’apertura del conflitto reale tra popolo e aristocrazia, segna l’inizio della fine di quello che è noto come Ancient Regime.

Ad ogni modo, dalla rivoluzione francese si passa al terrore, poi all’età Napoleonica, e per oltre 30 anni, l’antico ordine politico europeo e nella fattispecie Francese, sembra sgretolarsi, almeno fino al congresso di Vienna, in cui viene passata una mano di spugna sulle trasformazioni post rivoluzionarie e napoleoniche e l’europa torna, almeno sulla carta, ad avere lo stesso aspetto che aveva nel 1789, ovvero prima dell’inizio della Rivoluzione, le antiche case reali vengono riportate sui rispettivi troni e, si introduce un concetto tanto antico quanto nuovo, si introducono il principio di legittimità e concetto di “mandato divino” ovvero, il potere monarchico, l’autorità reale e imperiale, deriva direttamente da Dio, i Re, le Regine e gli Imperatori d’europa, sono tali perché è Dio che ha voluto così, e in quanto vicario di dio sulla terra, il ponetefice è interprete della sua volontà.

Con il congresso di Vienna il papato, diventa una monarchia assoluta che estende il proprio controllo diretto su di un ampio territorio nell’italia centro settentrionale, questa monarchia prende il nome di Stato Pontificio ed esiste ufficialmente, e soprattutto politicamente, dal 1815 al 1870, più precisamente, fino al 20 settembre 1870, interrotto brevemente dall’esperienza della Repubblica Romana del 1848.

Nel 1848, le assi portanti dell’europa costruita nel congresso di vienna, vengono a mancare, in particolare il mandato divino, l’autorità monarchica concessa direttamente da Dio, non ha più alcun valore, e il principio di legittimità, che legittima le monarchie europee si trasforma, affondando le proprie radici nella volontà popolare, i re non sono più sovrani, ma semplici regnanti, governatori che possono esercitare il proprio potere solo e se, è il popolo a delegare loro quella autorità. Max Weber nel suo saggio sul potere definisce diversi metodi di legittimazione del potere, tra cui rienrano la legittimazione popolare, propria delle monarchie parlamentari e delle repubbliche, e la legittimazione tradizionale, in cui rientrano le monarchie assolute.

Questi due sistemi di legittimazione, sono in aperto contrasto tra loro, il re o è legittimato da dio o dal Popolo, e con la primavera dei popoli che si conclude nel 1848, il secondo sistema di legittimazione si sostituisce, in più o meno tutta europa, alla legittimazione tradizionale.

Restano però, ancora vincolati all’Ancient Regime, l’impero Zarista, la cui casa regnante però, non è di fede cattolica e dunque non è consacrata dal pontefice e dalla chiesa romana, e l’impero ottomano, di fede islamica e la cui casa regnante, a sua volta non è consacrata dal papa e dalla chiesa romana e in fine, ma non meno importante, lo stato pontificio, questa volta di fede romana, unica teocrazia europea, il cui Re Imperatore è il Papa. Apro una piccola parentesi a proposito del Regno unito, che, se bene sia ufficialmente di fede Anglicana e la Regina/Re (in quest ocaso la regina Vittoria) è ufficialmente a capo della chiesa anglicana, Vittoria è in un certo senso di fede cattolica, come anche suo marito il principe Alberto e la casa regnante Britannica, per quanto autonoma rispetto alla chiesa romana, tende in questo periodo storico, ad essere molto vicina alla chiesa romana e tiene in grande considerazione l’opinione papale.

Con il 1848 la storia assiste al tramonto dell’antico regime, ma come è noto, tra il tramonto e l’inizo della notte vera e propria, passa qualche ora, e in queste ore l’Ancient Regime continua ad esistere in europa attraverso le monarchie assolute dello stato pontificio, dell’impero zarista e di quello ottomano.

Mettendo da parte Russia e Impero Ottomano, lo stato Pontificio rappresenta, in europa, l’ultimo vero baluardo dell’Ancient Regime, e questo ci porta direttamente al 1870.

Nel 1870 lo stato pontificio cade, viene completamente cancellato e i suoi territori vengono annessi al Regno d’Italia. Questo avvenimento è sì, l’atto finale dell’unificazione italiana, come ci è stato insegnato a scuola, ma come dicevo, è molto di più, prché è anche l’atto finale del potere politico del Papa in Europa (e fuori dall’europa), è il vero atto conclusivo dell’Ancient Regime.

Nel 1870 l’Italia, perché nel 1870 l’italia esisteva ormai politicamente da circa un decennio, può permettersi di dichiarare guerra allo stato Pontificio, può permettersi di attaccare Roma, fare breccia tra le sue mura e persino mettere in fuga il Papa, senza alcuna ripercussione.

Già in passato il Papa e la curia romana erano stati attaccati e messi in fuga ma, diversamente dal 1848 e dall’esperienza della repubblica romana durata meno di un anno perché Luigi Napoleone Bonaparte, meglio noto come Napoleone III, presidente della repubblica francese e fondatore del secondo impero, era intervenuto al fianco del Papa per liberare la città e, andando ancora più all’indietro e spingendoci fino al medioevo, quando un papa era sotto attacco, era minacciato da forze e correnti politiche sempre interne alla chiesa cattolica che vedevano in altri uomini la “vera” leadership papale. Insomma, in passato il papa era stato attaccato da alti prelati che ambivano a sostituirlo con altri pontefici, in questo caso invece, con la presa di roma del 1870, il papa viene semplicemente messo all’angolo, gli viene chiesto gentilmente di accomodarsi fuori dalla città degli imperatori, da quella città che un tempo era stata la capitale del mondo intero.

Qualcuno a questo punto potrebbe chiedersi:

Perché prendere roma nel 1870 e non prima, perché non attaccare Roma nel 1860 e far proseguire l’armata garibaldina ben oltre Teano?

Il motivo è politico, ma anche militare ed economico, insomma, è complicato.

Nel 1860, il papa, anche se molto depotenziato rispetto al passato, (depotenziamento iniziato in seguito al 1848 e conclusosi sul finire degli anni 60 del diciannovesimo secolo) era ancora molto influente e soprattutto, aveva molti alleati ed erano alleati del papa, sia alleati che i nemici di casa Savoia. Roma nel 1860 era alleata dell’Austria, con cui i Savoia erano in guerra, ma era anche alleata con la Spagna, con la Francia di Napoleone III e con l’Impero Britannico, e se da un lato il conflitto tra i Savoia e l’Austria-Ungheria era percepito all’estero come qualcosa di poco più grande di una banale disputa territoriale e, sulla base di quanto emerso dalla Guerra di Crimea, in cui ricordiamo che il Regno di Piemonte aveva partecipato al fianco di Francia e Regno Unito, Il Regno di Piemonte era legittimato a reclamare quei territori “occupati” dall’Austria, e dunque Francia e Regno Unito, non sarebbero intervenuti, o almeno non al fianco dell’Austria, va inoltre detto che, per quello che stava avvenendo in europa e nel mediterraneo, Francia e Regno Unito in primis, erano in un certo senso favorevoli all’idea di depotenziare ulteriormente l’impero Asburgico.

Diversamente però, fare guerra allo stato pontificio, era molto più complicato, non era più una disputa territoriale in cui il Regno di Piemonte era legittimato a rivendicare dei territori occupati da una potenza straniera, e questo perché, diversamente dall’Austria, lo stato pontificio godeva della stessa legittimità storica, culturale, politica e tradizionale del regno di Piemonte, nell’esercitare il proprio controllo sulla penisola italica e sull’Italia, dunque, i principi emersi dalla guerra di Crimea, che impedivano a Francia e Regno Unito di intromettersi nella guerra tra Italia e Austria, non erano validi in un ipotetico scontro tra Italia e Stato Pontificio. Va inoltre detto che la regina Vittoria a Londra e Napoleone III a Parigi, erano in ottimi rapporti con il pontefice e senza troppe licenze, avevano avvertito casa Savoia di un loro possibile intervento al fianco del pontefice, se l’Italia, nel suo processo unitario avesse inglobato militarmente lo stato pontificio. Specifico Militarmente perché un annessione politica e pacifica, che avrebbe portato ad un Italia Federale composta da due o tre stati, era invece ben vista sia dalla Francia che dal Regno Unito.

Cosa è cambiato nel 1870?

Nel 1870 è cambiato tutto, sono cambiati gli equilibri, sono cambiate le alleanze, è cambiata la percezione della chiesa, è cambiato il peso di Roma fuori dalla penisola italica ma soprattutto, è cambiato il ruolo dell’Italia nell’asset globale.

L’Italia durante l’età moderna ha visto un suo progressivo decentramento, in conseguenza dello slittamento delle vie commerciali dal mediterraneo al nord atlantico, l’Italia era bloccata nel mediterraneo, un mare chiuso, isolato dal resto del mondo.

Nel 1870 non era più così perché nell’anno precedente, nel 1869 era stati completati i lavori di costruzione del Canale di Suez, finanziato da Francia e Regno Unito, e la sua innaugurazione era la cosa migliore che potesse capitare all’Italia, perché regalava dava all’Italia una nuova e rinnovata centralità nel commercio internazionale e se da un lato Suez e Gibilterra erano diventati improvvisamente , da un giorno all’altro dei passaggi obbligati per chiunque volesse attraversare il Mediterraneo, e andare dall’Europa all’Asia, senza circumnavigare dell’Africa ed evitando il passaggio terrestre del medio e vicino oriente, dall’altro lato, l’Italia, con la sua centralità nel mediterraneo, rappresentava un importante snodo commerciale che avrebbe semplificato l’afflusso di merci in Europa, risparmiando giorni e settimane di navigazione, ma perché questo accadesse era necessario che l’Italia non fosse più divisa in due stati e che, lo stato pontificio che spaccava in due il Regno d’Italia, poteva essere inglobato nel regno d’Italia.

In questo contesto storico, ormai privo di coperture politiche e militari, il papa si trova da solo contro il regno d’Italia, che può quindi attaccarlo su due fronti e in poco, pochissimo tempo, riescire a fare breccia tra le mura capitoline e prendere Roma, completando ufficialmente quel processo unitario iniziato più di 20 anni prima, per assurdo, proprio a Roma, in quella città in cui si erano manifestate le prime istanze unitarie e dove per la prima volta, durante la fallimentare esperienza repubblicana del 48, si era parlato, per la prima volta nell’età contemporanea, di Italia come nazione.

Bibliografia
M.Borgogni, La gloria effimera. Forze armate e volontari dalla prima guerra d'indipendenza alla breccia di Porta Pia (1848-1870)
G.Darby, The Unification of Italy by Mr Graham Darby
A.M.Banti, Il risorgimento Italiano
G.Pécout, Il lungo Risorgimento. La nascita dell'Italia contemporanea
G.Calchi Novati, Il canale della discordia. Suez e la politica estera italiana
E.Hobsbawm, Il trionfo della Borghesia
A.M.Banti, L'età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche all'imperialismo

Legge Acerbo | Tutto quello che devi sapere sulla legge Acerbo

La legge Acerbo del La legge Acerbo (18 dicembre 1923) assegnava un premio di maggioranza del 60% al primo partito italiano, ecco come si è giunti a questa legge elettorale.

La legge Acerbo (legge 18 dicembre 1923, n. 2444), dal nome dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giacomo Acerbo, è stata una legge elettorale del regno d’Italia, ed aveva il compito di garantire al paese (Italia), quello che oggi definiremmo un governo stabile, assegnando quindi una maggioranza parlamentare al primo partito italiano, per numero di voti ottenuti alle elezioni.

La Legge Acerbo, così come tutte le leggi del regno d’italia, precedenti l’avvento del fascismo, segue un preciso iter burocratico e parlamentare, che va dalla presentazione del Disegno di Legge, avvenuta per mano di Giacomo Acerbo, allora sottosegretario alla presidenza del consiglio, al consiglio dei ministri che la approvò il 4 giugno 1923, successivamente, il 9 giugno venne presa in carica dalla camera e sottoposta alla verifica di una commissione parlamentare, che da prassi era nominata dal presidente della Camera, all’epoca Enrico de Nicola, futuro presidente dell’assemblea costituente e successivamente presidente provvisorio della repubblica.

La commissione parlamentare che ha lavorato alla legge acerbo

La commissione parlamentare che lavorò alla realizzazione della Legge Acerbo, nota come commissione dei diciotto, era costituita da diciotto parlamentari, selezionati in base al principio di rappresentanza dei gruppi, questo significa che vennero inseriti nella commissione un certo numero di parlamentari per ogni gruppo/partito presente in parlamento, proporzionale al numero di seggi totali di cui ogni partito disponeva e il partito con meno seggi in parlamento ottenne un solo rappresentante in commissione.
A presiedere la commissione fu Giovanni Giolitti, in rappresentanza della lista dei Blocchi Nazionali (futuro Partito Nazionale Fascista), con cui Giolitti era stato eletto in parlamento, e in quel momento era il principale partito di governo poiché la carica di capo del governo era stata assegnata a Benito Mussolini che aveva assunto il controllo dei Blocchi Nazionali.

Giovanni Giolitti era stato in passato una figura centrale nella politica italiana, ricoprendo la carica di capo del governo per quasi vent’anni e la sua influenza fu tale che quel periodo avrebbe preso il nome di “età giolittiana”. Se vuoi approfondire l’argomento, ho dedicato un video video all’età giolittiana.

Altri membri di rilievo della commissione acerbo furono, gli ex primi ministri, Vittorio Emanuele Orlando, Antonio Salandra e Ivonne Bonomi, va inoltre segnalata la presenza in commissione di un relativamente giovane Alcide de Gasperi, all’epoca quarantenne, che, insieme ad Enrico De Nicola, avrebbe rappresentato il volto della prima repubblica, diventando nel 1945 il primo presidente del consiglio dell’italia repubblicana.

Una volta ottenuta l’approvazione della camera e passata al voto del senato, la “legge” Acerbo divenne effettivamente legge il 18 dicembre 1923. La legge n.2444 del 18 novembre 1923 è universalmente nota come Legge Acerbo e come è facile intuire, prende il nome dal proprio ideatore originale, l’allora sottosegretario alla presidenza del consiglio Giacomo Acerbo della lista dei Blocchi Nazionali.

Cosa prevede la legge Acerbo?

Questa legge prevedeva l’adozione del sistema maggioritario plurinominale all’interno di un collegio unico nazionale. Detto più semplicemente, questo significa che con la legge acerbo, il parlamento italiano era eletto su base nazionale ed i seggi parlamentari erano assegnati in proporzione ai voti totali ottenuti dalle varie liste su scala nazionale.

Ogni lista poteva presentare (al massimo) un numero di candidati pari ai due terzi dei seggi totali del parlamento, questo perché inizialmente il premio di maggioranza era fissato ai 2/3 del parlamento e successivamente, durante le operazioni di revisione della commissione, questo numero fu ridotto dal 66% (due terzi del parlamento) al 60%, rimase però invariato il numero di parlamentari che potevano essere inseriti nelle liste. Il restante 40% del parlamento, secondo questa legge elettorale, stato distribuito, in maniera proporzionale, tra tutti i restanti partiti eletti. Questo però significa anche che, indipendentemente dall’effettivo risultato elettorale, la ripartizione dei seggi parlamentari dipendeva esclusivamente dal premio di maggioranza riconosciuto alla lista vincitrice.

Detto il più semplicemente possibile, alla lista che alle elezioni avesse ottenuto più voti, e con più voti si intendeva anche un solo voto in più rispetto alla seconda lista, ed avesse superato un margine di sbarramento posto al 25% dei voti totali, sarebbero stati assegnati, grazie alla suddetta legge, il 60% dei seggi totali del Parlamento italiano, mentre il restante 40% sarebbe stato distribuito, in maniera proporzionale tra tutte le altre liste e che possiamo identificare con i principali partiti politici dell’epoca.

In questo modo, anche nel caso estremo in cui tutte le forze di minoranza si fossero alleate tra di loro, nel tentativo di ostacolare l’operato del governo, questi non avrebbero avuto abbastanza voti a disposizione, per poter impedire al governo di lavorare, poiché il governo era rappresentanza del primo partito e questi, in ogni caso, poteva contare sul 60% del parlamento.

Va precisato che, negli anni immediatamente precedenti alla Legge Acerbo, il sistema partitico del regno d’italia era leggermente diverso da quello che siamo abituati a conoscere oggi, e allo stesso tempo era profondamente diverso dal sistema partitico ottocentesco in cui, i singoli parlamentari erano eletti direttamente in parlamento, su base locale e regionale, senza passare per liste o partiti, ed soltanto successivamente, una volta prestato giuramento al regno di italia e preso posto in parlamento, questi si organizzavano in gruppi politici. Per farla breve, nei primi anni ’20 le modalità con cui si costituiva il parlamento, erano una sorta di via di mezzo tra il vecchio sistema ottocentesco e quello odierno.

Conclusioni

Qualche breve considerazione finale e in un certo senso personale, anche se in misure diverse, tutti i partiti presenti in parlamento nel 1923 contribuirono a realizzare questa legge elettorale, di fatto ci fu relativamente poca, pochissima, opposizione e la legge proposta dai Blocchi Nazionali subì pochissime modifiche durante i vari passaggi in commissione. Questo significa che se da una parte è assolutamente vero che questa legge consegnò definitivamente il paese italia nelle mani di Benito Mussolini e del fascismo, perché i Blocchi Nazionali furono identificati come gli ideatori reali di questa legge che avrebbe dato stabilità al paese, va sottolineato e non va assolutamente dimenticato che la responsabilità finale, dell’approvazione della legge, e delle sue conseguenze, fu di tutte le forze politiche che diedero la propria approvazione alla realizzazione di una legge elettorale che de facto assegnava il 60% del parlamento ad un singolo partito, rendendo assolutamente irrilevanti le opposizioni.

Fonti e libri per approfondire

Portale Storico della Camera dei deputati della repubblica – sistema premio di maggioranza 1924
E.Gentile, Fascismo. Storia e interpretazioneE.Gentile, Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925)
E.Gentile, Il fascismo in tre capitoli
R.De Felice, Le Interpretazioni del Fascismo
R.De Felice, Intervista sul Fascismo
R.De Felice, Breve Storia del Fascismo
B.Mussolini, Dottrina del fascissmo

Colonialismo Italiano – Politiche coloniali nel Regno d’Italia.

Oggi è uscito il secondo video sulla storia dell’italia contemporanea, e il tema di questo video è il “colonialismo nel regno d’italia” parliamo quindi della Campagna d’etiopia del 1895, Campagna di libia o guerra italo turca del 1911, campagna di etiopia del 1935 e occupazione italiana dei Balcani durante la seconda guerra mondiale.

Sulla campagna di Etipoia del 35 e l’italia nei Balcani torneremo nei prossimi video.

Faccio una precisazione, nel video, quando parlo della guerra in Libia dico che “è percepita come un successo”, questo non significa che la guerra in libia del 1011 sia stata un successo, ma significa che, la guerra in Libia del 1911, che era stata comunicata come una guerra di civilizzazione, una volta conclusa anche se l’Italia non aveva assunto il controllo territoriale e politico della Libia, e quindi dal punto di vista prettamente militare fu un fallimento (se vai a conquistare qualcosa e non riesci a conquistare nulla, è un fallimento), poiché la guerra aveva assunto, fin dalle prime istanze, una vocazione civilizzatrice e di emancipazione del popolo libico, la guerra fu percepita dalla popolazione italiana come un successo, perché almeno ufficialmente, l’intento primario della guerra in libia, non era tanto quello di conquistare (cioè, si, l’italia era andata lì per conquistare), ma piuttosto quello di portare la civiltà (vi ricorda qualcosa? a me sì) in quei luoghi primitivi e arretrati, e di conseguenza, anche se non avevano conquistato la libia, per molti fu un successo.

Ma vabbè, parliamo di italia e italiani nel primo novecento, è la stessa gente che percepì come un successo la prima guerra mondiale LoL

Video sul colonialismo del regno d’italia, Campagna di Etiopia !895, Libia 1911, Etiopia 1935. Libia 2 e politiche di occupazione fascista del mediterraneo durante la seconda guerra mondiale.
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