Qualche giorno fa, in seguito alla scomparsa del premio nobel per la letteratura Dario Fo, il web è stato invaso da articoli in cui si ricordava e attaccava lo scrittore per il suo “oscuro” passato tra le fila dei “repubblichini” e successivo approdo post bellico nell’antifascismo.
Un cambio di bandiera radicale per un uomo dalla tormentata vita politica, che negli anni lo ha sballottolato letteralmente a destra e sinistra.
Da questi innumerevoli articoli e post comunque è nato un interessantissimo che ripropongo qui proverò a ripercorrere brevemente. E completezza allegherò a questo articolo un articolo di Enzo Tresca, pubblicato il 08 Febbraio 1978, in cui si presenta la “spiegazione” ufficiale fornita dallo stesso Dario Fo, per spiegare il proprio arruolamento tra le fila della RSI (Repubblica sociale Italiana, nota anche come Repubblica di Salò).
Stando alle dichiarazioni dello stesso Fo, Dario si unì alla RSI come “infiltrato” del movimento antifascista. Un incarico molto delicato e soprattutto molto rischioso, se fosse stato scoperto la sua vita sarebbe finita di colpo.
All’epoca dell’istituzione della RSI nel 1943, ovvero dopo la firma dell’armistizio, Dario Fo, nato nel 1926 aveva circa 17 anni, e quali che fossero le sue motivazioni, molto probabilmente la sua “scelta” fu influenzata dall’estero.
C’è però un grande problema, dell’incarico era molto rischioso e delicato, un infiltrato oltre le linee nemiche è una risorsa preziosissima e strategicamente importante, quale folle comandante l’avrebbe affidata ad un ragazzo senza alcuna esperienza condannandolo a morte certa ? Ma soprattutto come fece Fo a sopravvivere in quegli anni senza essere scoperto ?
Stiamo comunque parlando di un giovane ragazzo abbastanza gracile, non certo di 007.
Ad ogni modo, nella RSI dal 1943 al 1945 circa vivono sostanzialmente due tipi di italiani, quelli che hanno scelto di essere lì e quelli che non avevano scelta, perché nati in quelle terre e non poterono fuggire o perché trasportati lì forzatamente durante un qualche rastrellamento nell’Italia centro settentrionale o comunque non troppo più a sud della linea Gustav tra Volturno e Pescara, ed è tra questici uomini condotti con la forza in campi di lavoro che possiamo trovare molte delle “spie” della resistenza.
Tornando alle dichiarazioni di Fo, sembrano non esserci tracce di un trasferimento forzato al Nord, e il motivo della sua presenza nella RSI sembra legato ad una scelta personale. Sembra dunque che Fo abbia scelto di seguire e sostenere il “governo leggittimo del duce” per poi diventare , a guerra finita , un acceso sostenitore del movimento antifascista.
Questa conversazione radicale avvenuta nell’ultimissima fase della guerra, desta non pochi dubbi. Tuttavia sembra non esserci alcuna prova che possa dimostrare la veridicità di una o l’altra.
Per fare chiarezza in merito bisognerebbe spulciare ciò che resta dei registri di guerra della RSI e del Reich in Italia, per scoprire come Dario Fo giunse oltre i confini della linea Gotica che segnava il confine meridionale della Repubblica Sociale Italiana, e l’area di competenza del Feldmaresciallo tedesco Albert Kesselring, tra marea di Massa-Carrara ad ovest e Pesaro sulla riviera Adriatica ad est.
Concludendo, Dal punto di vista storiografico, le numerose dichiarazioni contraddittorie dello scrittore costituiscono un interessante punto di partenza per una ricerca di questo tipo, in grado di far chiarezza su quello che fu un fenomeno potremmo dire “tipico” dell’italia e degli italiani durante il biennio di guerra civile tra il 1943 ed il 1945. Molti uomini, soprattutto i più giovani, nati e cresciuti durante gli anni del regime, erano stati indottrinati ad una visione politica di un certo tipo, che dava loro un senso di appartenenza ed unità. Con la fine della guerra tuttavia, la condanna morale imposta a quel sistema politico si tradusse in un una potenziale messa al bando di chi si fosse dichiarato in qualche modo legato agli ideali del regime.
Va precisato che il ventennio fascista aveva plasmato intere generazioni di italiani, organizzando il ritmo delle loro giornate, e ridefinendo gli aspetti propri della cultura italica oltre che i rapporti sociali. Il militarismo si era insediato in ogni aspetto della società e della vita quotidiana, e quando il fascismo cadde, quella cultura non non cadde con esso, ma sopravvisse, trascinandosi tra i fanghi della guerra civile e ancora oltre, rimanendo assopita nella quotidiana memoria degli italiani nati e divenuti adulti in quegli anni.
Quando la guerra finì, si decise di condannare il fascismo ed i fascisti per i crimini compiuti in circa vent’anni di governo, ma questa condanna non si tradusse realmente in una vera epurazione degli ex-fascisti dall’organismo dello stato, anche perché almeno fino al 1943 “tutti erano stati fascisti” . La vera epurazione arrivò non nel 1945 o nel 1948 ma iniziò quasi vent’anni dopo, con la fine degli anni sessanta e settanta, ovvero quando iniziarono ad affermarsi sulla scena politica ed intellettuale italiana, uomini e donne, nati e formatisi in età repubblicana o che comunque avevano subito poco l’influenza e l’indottrinamento del fascismo.
Non è dunque un caso se nel 1978 Dario Fo e come lui moltissimi altri uomini di rilievo si sentiranno in dovere di condannare ufficialmente l’esperienza fascista, eventualmente giustificando il loro passato tra le camice nere. Un passato che in quegli anni poteva essere problematico, soprattutto per le figure di spicco della nuova cultura italica che in quegli anni prendeva forma.
Qualcuno parla di errore giovanile, qualcuno di incoerenza, qualcuno di sopravvivenza e adattamento al cambiamento, ma quale che sia la verità, probabilmente non lo sapremo mai, poiché non conosceremo mai i veri sentimenti e pensieri di un uomo. La sola cosa che possiamo fare è continuare a studiare, cercando di interpretare al meglio i segni e le testimonianze che ci sono state lasciate, scavando sempre più a fondo nel tentativo di ricostruire il momento di quella scelta nella sua interezza, e solo così, forse, potremmo sapere perché quell’uomo fece quella determinata scelta.