L’italia non è stata unificata, ma, è stata conquistata dai piemontesi, interessati soltanto all’oro di Napoli per coprire i propri debiti. Ma è davvero questa la verità? Il piccolo e indebitato regno di Piemonte e Sardegna è davvero riuscito a conquistare il grande, ricco e prospero Regno delle due Sicilie? O forse c’è qualcosa che i “Neoborbonici” non raccontano?
Ne parliamo in questo episodio della nuova serie su Youtube, Miti Neoborbonici , ma non preoccupatevi, perché qualche informazione ve la metterò anche per iscritto in questo articolo.
Partiamo dall’Inizio, partiamo dal Regno delle Due Sicilie, quel regno che, secondo la narrativa neoborbonica era, nel XIX secolo un moderno e ricco regno italico, le cui casse erano traboccanti d’oro e vi era tanta ricchezza e tanto benessere da fare invidia a tutto il resto d’italia, ma soprattutto, da poter acquistare e liquidare l’enorme debito pubblico piemontese, e dunque “unificare l’italia” senza spargimento alcuno di sangue.
Questa narrazione molto romantica parte dal volume d’oro effettivamente presente nelle casse delle Banche di Napoli e Palermo, si parla del 65/70 % circa dell’oro che sarebbe confluito nelle casse della banca d’italia dopo l’unificazione. Nel 1861, dopo l’unificazione, 213 tonnellate ca. in lingotti d’oro, su 330 tonnellate ca. che secondo l’archivio storico della Banca d’Italia, erano presenti nelle casse della banca, presentavano il marchio del Regno delle due Sicilie ed il restante 35/30 % presentava il marchio degli altri banchi, tra cui quello del regno di Piemonte, confluiti nella nascente banca d’Italia.
L’oro di Napoli però, non era un reale indicatore di ricchezza, e anzi, era solo un deposito stantio che, stando ai registri del banco di Napoli, non aveva subito quasi alcun tipo di variazione dai tempi della corona Spagnola. L’oro di Napoli era oro dell’Ex corona spagnola che che si trovava a napoli e palermo prima della nascita del regno delle due Sicilie, e che dopo, aveva semplicemente fatto da garanzia per i prestiti volti a coprire principalmente le spese della casa reale.
Napoli prima dell’unificazione Italiana era una città enorme, una delle più grandi città al mondo, per numero di abitanti seconda in europa soltanto a Londra e Parigi, ma, questa grande presenza di uomini a napoli, non era sinonimo di una città florida, in crescita ed espansione economica, e questo perché il regno delle due sicilie non investiva in infrastrutture, non investiva in ammodernamenti, non rinnovava le opere pubbliche e non spingeva verso la rivoluzione industriale, a napoli, la corona si preoccupava soltanto di avere i granai pieni, così da dare il pane al popolo, perché nella visione estremamente feudale del regno delle de sicilie, se il popolo aveva il pane, il popolo non insorgeva e tanto bastava ai regnanti per non avere problemi.
Il regno delle due sicilie, prima dell’unificazione italiana, aveva tanto oro, ma non era ricco, era invece estremamente povero e fuori dalle città, dove per città si intende Napoli, Palermo e pochissimi altri centri urbani, c’era il nulla più assoluto, tutta la terra, tutte le terre erano nelle mani di pochi aristocratici che vivevano nel lusso in Città, mentre le campagne erano popolate da contadini analfabeti e totalmente ignari di ciò che accadeva nel mondo esterno. Vi era il grande latifondo e vi erano i “coloni” poco più che antichi servi della gleba, uomini che coltivavano una terra che non era loro, seguendo il ritmo del sole e delle stagioni, uomini che passavano la vita nei campi e donne che passavano la vita nei cortili ad allevare il bestiame, e cercare il modo di conservare il più a lungo possibile i prodotti della terra, i pochi prodotti che rimanevano alla famiglia una volta che i proprietari, lo stato e la chiesa, avevano riscosso la propria fetta.
Quando in queste campagne, passa Garibaldi, seguito non da soldati ma da uomini e volontari, quando arriva in quelle terre un uomo che promette al popolo che la terra che coltivano sarebbe diventata loro se avessero seguito la causa dell’unificazione, questi contadini si ritrovano a dover scegliere tra la povertà più assoluta in cui avevano sempre vissuto, e la possibilità di vivere in condizioni decisamente più agiate o comunque, di non soffrire più la fame, e non hanno dubbi, la maggior parte dei coloni, dei contadini, dei pescatori, le “masse popolari” che dimoravano nelle campagne e sulle coste, si uniscono a Garibaldi e accrescono le fila dei Mille.
Mentre Garibaldi avanzava con il favore delle masse contadine, l’aristocrazia e le proprie milizie mercenarie provarono a resistere, senza troppi successi, ma, il loro rango, una volta unificata l’italia, fu preservato e quelle terre che Garibaldi aveva sottratto ai signori locali, vennero affidate dalla corona italica, ai vecchi signori affinché questi, nel nome del re, amministrassero quei territori.
Chi aveva seguito Garibaldi e aveva combattuto per quelle terre che erano tornate ai vecchi padroni si sentì tradito e la risposta a questo tradimento si divise in due grandi fenomeni.
Da una parte alcuni contadini si organizzarono in milizie private, scontrandosi con gli aristocratici, diventando così briganti, gruppi esterni allo stato che controllavano in maniera ufficiosa le terre, la cui evoluzione nel novecento avrebbe dato vita alle cosche mafiose, dall’altra parte, molti gli uomini del mezzogiorno d’italia, cavalcarono l’onda del dissenso ed utilizzarono la forte insoddisfazione popolare per iniziare e rafforzare la propria carriera politica.
Nel nome della promessa infranta e del popolo, molti uomini del mezzogiorno, più densamente popolato del settentrione in quegli anni, grazie al voto dei contadini e l’appoggio dei briganti, riuscirono ad ottenere abbastanza voti da poter entrare a far parte del neonato parlamento del regno d’Italia, e se si guarda ai membri del parlamento italiano nei primi anni di storia unitaria, prima della costituzione delle regioni che quindi distribuiva in maniera più “uniforme” il numero dei parlamentari su tutta la penisola, si può osservare che, la maggior parte degli eletti al parlamento italiano, erano meridionali, ma questa è un altra storia.
Come abbiamo visto, con l’unità d’italia, non c’è stata una conquista, anzi, le masse contadine dell’italia meridionale hanno scelto volontariamente di seguire Garibaldi e rovesciare la corona, de facto, producendo una sorta di rivoluzione contadina, volta a rinnovare la classe dirigente del mezzogiorno che, per ragioni politiche, non si è compiuta.