Quando si parla comunemente di marcia su Roma si intende quella particolare spedizione militare avvenuta negli ultimi giorni dell’ottobre del 1922 con la quale i fascisti mossero verso la capitale. In realtà, l’espressione marcia su Roma può riguardare un avvenimento molto più ampio, di preparazione alla fase finale che si concluse il 28 ottobre.
Le vicende dell’ottobre 1922 ci sono note solo nei loro tratti principali, ma appena si cerca di approfondire emerge una complessità molto ampia di cui si possono notare due problemicentrali: il ruolo giocato dalla Corona e quello del Governo. Questa situazione fu molto complessa tanto che ancora oggi le stesse istituzioni, i giornali, i partiti non conoscono le proporzioni, i caratteri, le finalità complessive del movimento.
In quel periodo si era definitivamente manifestata, a partire dai primi mesi del 1922 la crisi dello Stato liberale, infatti i due Governi che si succeddettero nel 1922, il Governoguidato da Ivanoe Bonomi e quelli guidati da Luigi Facta erano Governi estremamente deboli che si basavano su una maggioranza eterogenea composta dal Partito Liberale Italiano, Partito Popolare Italiano, Partito Democratico Sociale Italiano, Partito Socialista Riformista Italiano e Partito Agrario.
Il succedersi dei fatti è abbastanza conosciuto; Mussolini prepara la marcia su Roma, il Governo risponde con un mezzo non raro nella storia dell’Italia liberale, proclamando lo stato di assedio che consente l’impiego dell’esercito.Il re inizialmente accetta la scelta del Governo, ma il 28 ottobre, quando si tratta di passare ai fatti, si rimangia la parola e si rifiuta di avviare l’azione repressiva da parte dell’esercitodel Governo. Il Presidente del Consiglio presenta le dimissioni, seguendo la consuetudine che fa capire come ancora nel 1920 la fiducia del sovrano sul Governofosse ancora importante, il re accetta immediatamente. Questa è in estrema sintesi quello che è successo in quei giorni, ma gli svolgimenti e le implicazioni disegnano un quadro più complesso fin dall’organizzazione della marcia su Roma.
Per tutto il 1922 c’erano state già quelle che da molti storici sono consideratedelle prove generali delle anticipazioni della marcia su Roma con l’occupazione di Bolzano, Trento, Bologna e altri centri minori che rinforzavano il ruolo politico militare del fascismo nel Paese.Il 26 settembre 1922 Mussolini si recò a Cremona tra l’entusiasmo delle camicie nere; dopo il consueto discorso introduttivo di Farinacci, parlò il leader del fascscismo: “È dalle rive del Piave che noi abbiamo iniziato una marcia che non può fermarsi fino a quando non abbiamo raggiunto la meta suprema: Roma”.Il 24 ottobre ci furono ulteriori prove generali con il grande concentramento di Napoli, il piano ormai consolidato era quello di conquistare prima la periferia come era stato su scala minore, ma questa volta l’obbiettivo era la capitale. Lo squadrismo voleva quindi forzare la mano a quella parte politica liberal-moderata monarchica, sostenuta dalla Confindustria che guardava con simpatia al fascismo, ma che avrebbe concesso in un Governo di centro-destra solo qualche ministero al fascismo. Divisa l’Italia in dodici territori, Mussolini e i quadrunviri lasciarono la grande manifestazione di Napoli, tutti avevano dei compiti precisi che dovevano svolgere in poco tempo tra il 25 e il 27 ottobre;inoltre il piano insurrezionale era stabilito in cinque tempi come ha scritto lo storico Renzo De Felice:
1-Occupazione degli uffici pubblici delle principali città del Regno;
2-Concentramento delle camicie nere a Santa Marinella, Perugia, Tivoli, Monterotondo, Volturno;
3- Ultimatum al Governo di Facta per la cessione generale dei poteri dello stato;
4-Entrata a Roma e presa di possesso ad ogni costo dei ministeri. In caso di sconfitta le milizie fasciste avrebbero dovuto ripiegare verso l’Italia centrale, protette dalle riserve ammassate nell’Umbria;
5- Costituzione di un Governo fascista in una città dell’Italia centrale. Radunata rapida delle camicie nere della Vallata Padana e ripresa dell’azione su Roma fino alla vittoria ed al possesso.
Nel doloroso caso di un investimento bellico, la colonna Bottai (Tivoli e Valmontone) accerchierà il quartiere di S. Lorenzo entrando dalla Porta Triburtina e da Porta Maggiore. La colonna Igliori con Fara (Monterotondo) premerà da porta Salaria e da Porta Pia e la colonna Perrone (Santa Marinella) da Trastevere.
Apartire dal 26 ottobre le squadre occuparono molte città dell’Italia settentrionale e centrale prendendo il possesso dei centri strategici come le prefetture per poi muovere verso Roma. Le autorità dello Stato nelle diverse città non avevano disposizioni precise su come contrastare queste iniziative ed erano troppo abituate a lasciarcorrere gran parte cedettero pacificamente ovennero sopraffatte. L’azione vera e propria iniziò nella notte tra il 27 e il 28 ottobre. Alcuni dei comandanti di zona diedero le disposizioni attraverso delle apposite staffette ai comandanti locali e altri le diedero in treno.L’ordine di mobilitazione comandava che questa avvenisse tra il 27-28 di notte, l’orario dipendeva dalla distanza dei vari luoghi dal capoluogo di provincia. Gli squadristi dovevano avere la tessera, dei viveri a secco per tre giorni ed essere in assetto da guerra.
Il comportamento del re e del Governo in questa situazione mutò rapidamente infatti se all’inizio sembrò a favore della proclamazione dello stato d’assedio e dette l’impressione di sollecitare Facta, in giro di breve tempo, come sostiene Renzo de Felice, rifiutò la firma del decreto. Questo cambiamento non è da ricercare in una preventiva intesa con Mussolini e si può escludere che i fascisti nella notte tra il 27 e il 28 ottobre abbiano fatto pressioni sul Re. La motivazione reale di questo cambiamento secondo Renzo de Felice bisogna ricercarla negli ambienti vicini a lui e sui quali riponeva fiducia tanto da influenzarlo, dato che Il re era solo parzialmente a favore di Mussolini: inizialmente la sua idea era di non firmare lo stato d’assedio e di dare il governo a Salandra; è quindi ipotizzabile che avesse accettato solo metà della proposta suggeritagli.
Si arrivò quindi alla marcia su Roma con il Sovrano e il Governo senza una linea comune e questo creò solo confusione.
Francesco Sunil Sbalchiero
Bibliografia
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R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, vol. III, Il Mulino, Bologna 2012