Nuclear Brexit … il titolo dice tutto, ed è terrificante.
Guardiamo all’Unione Europea spesso, troppo spesso, solo in termini di accordi economici e monetari, dimenticando con troppa semplicità che l’europa è anche altro, e in questo altro vi è anche una serie di accordi bilaterali per la gestione del nucleare. Il Regno Unito è una delle sole due “potenze europee” ad aver sviluppato un proprio programma nucleare (l’altra potenza è la Francia, che ha sviluppato un programma di armamenti nucleari, inizialmente in maniera congiunta con la RFT e l’Italia, poi Italia e RFT si sono chiamate fuori).
Ad oggi soltanto Francia e Regno Unito dispongono di propri ordigni nucleari, se bene avviano entrambi aderito al Trattato di non proliferazione Nucleare e alla convenzione sul nucleare, mentre altri paesi (come l’Italia e la Germania) ospitano e controllano ordigni di proprietà della NATO. Ed è proprio su questo punto che inizia il ragionamento di Hugh Gusternson, docente di antropologia e affari internazionali alla George Washington University, esperto di cultura degli scienziati nucleari e attivisti antinucleari, che lo scorso 30 giugno ha pubblicato un’articolo sul Bollettino degli Scienziati Atomici, intitolato appunto Nuclear Brexit.
Gusterson nel suo articolo osserva che, una delle voci più forti della campagna Brexit, verteva sul desiderio di ridare alla nazione britannica un ruolo centrale nelle dinamiche planetarie, e accusava l’Unione Europea di aver , in questo senso, limitato la potenza britannica, sia in termini economici che politici e militari, “costringendo” il paese ad aderire ai trattati di non proliferazione nucleare e la convenzione sulla sicurezza nucleare del 1994, adesione “imposta” secondo i sostenitori del brexit, dalla commissione europea attraverso la decisione 1999/819/Euratom, del 16 novembre 1999.
Questi accordi impongono da un lato una limitazione nello sviluppo e nella produzione di ordigni nucleari, e dall’altro ed è ciò che sembra spaventare Gusternson, la produzione di energia nucleare e la regolamentazione delle normative di sicurezza delle centrali nucleari secondo rigidi protocolli sviluppati in seguito al disastro nucleare di Chernobyl.
Uscire dall’Unione Europea significa uscire anche dalla convenzione sulla sicurezza nucleare, con possibili e terrificanti risvolti sulle condizioni ambientali del paese. Ed in effetti, sulla stessa linea di Gusternson, si muovono diverse associazioni ambientalistiche e sindacali, che temono in questo possibile allontanamento dalle direttive europee, una possibile e probabile presa di distanza anche da quelle regole ferree che rendevano il Regno Unito, un “isola verde” riuscendo a cancellare la storica macchia grigia del fumo di londra, nei cieli britannici, che ora potrebbero ripiombare nell’oscurità divorati dal fumo di nuove mitiche ciminiere.
La paura di un Brexit Nucleare è dunque reale, e se da un lato, la stabilità del Trattato di non proliferazione per gli ordigni nucleari, non sembra essere in discussione, lo stesso non si può dire per i trattati sulla preservazione dell’ambiente e della salute dei cittadini mondiali, ne per la convenzione sull’energia nucleare.
Qualora foste interessati vi allego l’articolo originale di Hugh Gusternson, intitolato appunto Nuclear Brexit.