Trump chiede a 3 milioni di dipendenti federali, di dimettersi ed essere pagati fino a settembre

Trump chiede a 3 milioni di dipendenti federali, di dimettersi ed essere pagati fino a settembre

Il taglio della spesa pubblica, attraverso il licenziamento del 60% della forza lavoro federale, era non programma elettorale di Donald Trump, non c’è quindi da sorprendersi se il presidente ha mosso i primi passi in quella direzione, ciò che invece lascia sconvolti è la modalità con cui quel primo passo è stato fatto, si perché a quanto apprendiamo dalla stampa internazionale, Trump inviato una mail ai dipendenti federali, chiedendo loro di dimettersi, in cambio di una buona uscita di 8 mesi e un grazie da parte dell’amministrazione.

Per dimettersi i dipendenti devono semplicemente rispondere alla mail con “Resign”. Facile no?.

Nella mail si parla di nuovi standard di idoneità e condotta, di affidabilità e soprattutto, di lealtà, non all’America, quella la si dimostra “dimettendosi”, ma Trump. In altri termini, puoi lavorare per il governo se sei leale a Donald Trump, altrimenti via, e ti conviene dimetterti, così almeno ottieni una buona uscita di 8 mesi di stipendio, altrimenti, se non risulterai idoneo, avendo condiviso sui social critiche al presidente, non essendo iscritto a Truth, avendo sostenuto Kamala Harris, verrai cacciato.

Ok, questo non è detto esplicitamente, nella mail si parla soltanto di nuovi standard di lealtà e merito, ma è anche vero che da anni Trump sta attaccando il “deep-state”, uffici e dipendenti pubblici, di cospirare contro di lui, ed è quindi abbastanza evidente che in questi nuovi standard di cui non si conoscono ancora i dettagli, vi sarà quasi certamente un riferimento al presidente eletto più che al partito del presidente.

Ma Trump può davvero licenziare in massa 2/3 dei dipendenti federali?

In realtà no, non può farlo, o meglio, può, muovendosi all’interno di determinati limiti, standard e regole che però, potrebbero portare al licenziamento di numerosi fedeli trumpisti. Può infatti provare a mischiare le carte in tavola, con un ordine esecutivo, ma quell’ordine esecutivo, esattamente come quello relativo allo Ius Soli, verrebbe quasi certamente bloccato dalla corte suprema, per via di una serie di leggi che trascendono i poteri del presidente.

Di queste, la prima, forse più importante, è il Civil Service Reform Act (CSRA) del 1978, che già nel 2020 Trump ha provato ad aggirare con l’OE 13957 (ci torneremo più in avanti). Questa legge, molto brevemente, istituisce il principio di “merito” nel servizio pubblico, principio che sostanzialmente vieta i licenziamenti basati su motivi politici, discriminazioni o azioni arbitrarie. Perché si, prima del 1978 e della presidenza Carter si poteva licenziare, anche a livello federale, qualcuno perché nero, messicano, italiano, repubblicano o democratico, a seconda della presidenza. Solo con la presidenza Carter questo enorme problema viene superato, anche se solo parzialmente, perché il CSRA è comunque una legge e non un emendamento della costituzione, e quindi in realtà, il presidente può, con un ordine esecutivo, provare a sospendere, abrogare o più semplicemente modificare i limiti del CSRA, che è quello che ha fatto nel 2020.

Il CSRA non si limita a questo, la legge infatti prevede che sia un agenzia indipendente ed esterna, a valutare caso per caso eventuali licenziamenti pubblici. Questo significa che tecnicamente, il DOGE guidato da Elon Musk, in quanto agenzia/dipartimento, voluto dall’amministrazione Trump e legato all’amministrazione Trump, non dovrebbe avere l’autorità per indicare chi dovrà essere licenziato e chi no.

In teoria questa è una buona notizia per i dipendenti pubblici statunitensi che non hanno votato Trump o che si sono sbilanciati contro il presidente, in pratica, non lo so, perché in realtà nulla impedisce a Musk o qualsiasi altro imprenditore vicino a Trump, di fondare un agenzia di valutazione privata, e a Trump di assegnare a quell’agenzia di comodo, il compito di valutare e indicare chi licenziare.

L’altra legge che tutela, in parte, i lavoratori pubblici statunitensi è il Pendleton Act, del 1883, che sostanzialmente, mette fine allo spoils system e introduce nuovi criteri per assumere e licenziare i dipendenti federali, stabilendo che, gli unici dipendenti federali che possono essere assunti e rimossi dai propri incarichi, in maniera arbitraria, sono i dipendenti che ricoprono posizioni politiche, i membri del gabinetto, eventuali consiglieri presidenziali e dipendenti in posizioni “confidenziali” ovvero direttori e vicedirettori di agenzie governative.

Anche se la costituzione USA non prevede il caso specifico di licenziamenti di massa, il quinto emendamento, del 1791, che abbiamo imparato a conoscere da film e serie tv, lo stesso emendamento che sancisce il diritto a non autoincriminarsi, prevede anche che il governo possa privare una persona della proprietà senza un giusto processo, e questo diritto, grazie alla sentenza della corte suprema del 1985 (Cleveland Board of Education v. Loudermill) si estende anche al lavoro. In altri termini, per licenziare un dipendente federale è necessario, oltre al preavviso, garantire a questi la possibilità di contestare le accuse.

Il caso dei tagli strutturali

Lo scenario in cui si trova l’America in questo momento, riguarda una riorganizzazione delle risorse, in altri termini, entrano in gioco le normative in termini di tagli strutturali e riduzione del personale.

Come anticipato, già nell’ottobre 2020, sul finire del primo mandato e a pochi giorni dalle elezioni, Donald Trump ha provato ad aggirare le normative sul ridimensionamento e licenziamento dei dipendenti pubblici, emanando l’Ordine Esecutivo 13957 con cui eliminava lo “Schedule F” e riclassificando alcuni ruoli tecnici come posizioni politiche che, come abbiamo visto in precedenza, per effetto del Pendleton Act, possono essere nominati e revocati, assunti e licenziati, a discrezione del presidente. L’ordine Esecutivo 13957 è stato revocato nel 2021 dal neoeletto Joe Biden, tuttavia l’intervento di Biden si è limitato ad annullare il precedente ordine esecutivo e non è invece stato prodotto alcun atto normativo che impedisse di convertire determinate categorie di dipendenti pubblici in posizioni politiche, pertanto, Trump potrebbe tirare fuori dal cassetto il suo vecchio OE e riproporlo in chiave moderna, in questo modo renderebbe politiche alcune categorie di dipendenti ottenendo così il potere di licenziare in maniera arbitraria.

Potere che, come già detto, e ci tengo a ripeterlo, ad eccezione di ruoli politici e confidenziali, il presidente non ha. Significa quindi che il presidente non può licenziare in massa e in maniera discrezionale, circa 2/3 del personale federale, come promesso in campagna elettorale e comunicato via mail a 3 milioni di dipendenti pubblici.

I nuovi standard di merito e lealtà di cui si parla nella mail, prima di diventare realtà, dovranno essere approvati dal congresso e non possono essere imposti con un ordine esecutivo.

Può però richiedere un ridimensionamento dei pubblici uffici, e ottenere così la creazione di apposite commissioni che dovranno decidere al congresso, in che misura tagliare personale federale, rimanendo però all’interno delle normative vigenti, e questo significa che potenzialmente verrebbero licenziati più democratici che repubblicani, almeno secondo le stime del Cooperative Congressional Election Study del 2020, che ha rilevato che, circa il 60% dei dipendenti federali si identificano con il Partito Democratico, contro il 30% che si identifica con il partito repubblicano.

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