Ho appena finito di leggere “Wonderland, la cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd“, un vero e proprio capolavoro (non posso definirlo un semplice libro) di Alberto Mario Banti, docente di storia contemporanea e storia culturale all‘Università di Pisa.
Quasi sicuramente nelle prossime settimane pubblicherò una guida alla lettura, ma per ora mi limito a fare alcune considerazioni personali, che possiamo considerare una sorta di recensione, nella quale dirò, a grandi linee, cosa penso di questo libro.
Anche se forse è un discorso superfluo visto che l’ho definito un vero e proprio capolavoro. Ad ogni modo, Cosa ne penso ?
Penso che sia un libro assolutamente stupendo, da un certo punto di vista un vero e proprio capolavoro, che forse sarà un azzardo, ma possiamo considerarlo come un testo rivoluzionario ed estremamente innovativo per il suo genere.
Una delle critiche che da sempre si muovono alla storia culturale è che questa attinga sempre alle poche e solite fonti, e questa critica, non piò essere mossa nei confronti di Wonderland perché il testo del Banti non attinge alle solite fonti, e anzi, potremmo quasi dire che non attinge affatto alle tradizionali fonti, certo, il testo utilizza fonti classiche, analisi sociologiche, studi storici ecc, ma attinge anche ad una moltitudine di elementi propri della pop culture, che difficilmente incontriamo in un saggio storico, a meno che non sia un saggio dedicato esclusivamente ad un determinato elemento pop.
Ed è qui che il saggio è rivoluzionario, perché a differenza di altri, che in passato hanno sottolineato ed evidenziato l’impatto della pop culture nella società, nella cultura di massa, ancorandosi ad un singolo elemento, un singolo aspetto di quella cultura, dal quale partire per sviluppare un discorso storico analitico di stampo tradizionale, questo saggio rompe gli schemi, e racconta la civiltà contemporanea, racconta la società di massa, attraverso i gusti delle masse, attraverso i molteplici elementi, in un certo senso ludici e di intrattenimento, usa film, fumetti, sport, musica, ecc ecc ecc.
Vi sono molti altri saggi che fanno qualcosa di simile, saggi che raccontano un epoca e la società attraverso un filone musicale, attraverso una saga cinematografica, vi sono persino saggi che, ponendo un festival musicale come specchio della società, partono da quel festival per tracciare gli aspetti e gli elementi propri della società e della cultura di quel paese.
Wonderland in questo diverge, non limitandosi ad un singolo elemento della pop culture, ma attingendo a piene mani, ad una moltitudine di elementi. Attraverso questo saggio, che di fatto allarga lo sguardo dandoci una prospettiva più ampia sulla cultura di massa, scopriamo che la società contemporanea è plasmata da alcuni elementi della pop culture che quella stessa società produce, ma, allo stesso tempo, altri elementi di questa pop culture riflettono le inclinazioni della società, andando in contro ai gusti e alle tendenze, configurandosi come un vero e proprio specchio della società. Possiamo quindi dire che, mentre alcuni elementi raccontano la società, altri la influenzano.
Vi assicuro che leggere questo libro cambierà la vostra prospettiva, se vi interessa leggerlo, e vi consiglio di leggerlo, potete acquistarlo su Amazon cliccando qui di seguito.
Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd
Se proprio vogliamo trovare un qualche difetto, una qualche mancanza a questo libro, e vi assicuro che non è stata affatto facile trovarne, anche perché in realtà non è affatto un difetto, non è una mancanza, è il suo limite temporale, questo saggio infatti prende in esame un determinato arco temporaneo e questo limite esclude necessariamente alcuni elementi in un certo senso “successivi” ai Pink Floyd. Dico in un certo senso perché alcuni di quegli elementi che oggi sono importanti indicatori dei gusti della società di massa, nascevano al tempo dei Pink Floyd, ma all’epoca erano ancora in una fase embrionale che di fatto non rifletteva realmente la cultura di massa.
Va inoltre precisato che, se si considera la vastità di fonti utilizzate nel limitato arco temporale preso in esame, è facile comprendere perché il Banti si sia dato un limite temporale, ed abbia deciso di escludere quegli elementi come la prima internet ed i primi videogiochi, dall’analisi, trent’anni fa Internet non era così come siamo abituati a conoscerlo oggi, era molto più difficile da utilizzare e soprattutto non era alla portata di tutti, era uno strumento si esistente ma che di fatto non trova un riscontro nella cultura popolare, lo stesso discorso vale per le prime generazioni videoludiche, trent’anni fa erano si uno strumento di intrattenimento, certamente innovativo e tecnologicamente molto avanzato, ma che, nella cultura di massa, si rivolgeva ad un utenza molto giovane, un utenza appartenente ad alcune generazioni che, per ragioni fisiologiche in quel momento vengono escluse dal discorso sulla cultura di massa, ma che sarebbero rientrate nel discorso soltanto qualche anno più tardi.
Di casi analoghi se ne potrebbero citare anche altri, ma per il momento rimaniamo solo su questi due, su internet ed i videogiochi. Questi elementi con il tempo avrebbero ampliato il proprio bacino di utenza, includendo nuove generazioni fino a diventare elementi centrali nella cultura di massa, degli anni novanta e al ridosso degli anni duemila, per poi esplodere negli anni successivi, ma questo significa che Internet ed i Videogiochi diventano un elemento di cultura di massa molto al di la del paletto temporale fissato dall’opera.
La loro esclusione quindi non può essere considerata una mancanza, quanto un preludio ad un secondo volume e personalmente spero, con tutto il cuore, che prima o poi verrà pubblicato un secondo volume, una Wonderland due punto zero, che vada dai Pink Floyd a Fortnite.
Questo mio desiderio è alimentato dalla conoscenza e dall’ammirazione personale che nutro nei confronti del professor Banti, che ho avuto il piacere di conoscere all’Università e con il quale ho dato alcuni esami durante il mio percorso accademico, conosco il valore dei suoi studi, dei suoi saggi, conosco il valore del suo lavoro, so quanto influente sia diventato il suo nome e so che forse è uno dei pochi, se non addirittura l’unico storico italiano che potrebbe finalmente trovare una collocazione storica e storiografica ad elementi come internet, e tutte le sue componenti interne, fatte di blog, forum, social media, servizi di stremaing audio e video ecc, o ancora, di elementi come i videogiochi, e le app per smartphone, spesso osannati dalla critica e ingiustamente ritenuto la causa principale di ogni male della nostra società.
Guardare ad internet e al videogioco con prospettiva storica, mi rendo conto che non è qualcosa di facile, e probabilmente dovremmo aspettare ancora qualche anno affinché questo accada, tuttavia, non posso nasconderlo, sarei felicissimo se questi elementi entrassero nel discorso storico grazie ad uomini come Alberto Mario Banti, del resto, con Wanderland ha introdotto Topolino in un discorso storico, non vedo perché lo stesso destino non possa toccare, un giorno, anche a personaggi come Kratos, Ezio Auditore, o il ragazzo del Volt 101.