Il Medioevo non è stata di certo l’epoca che ha definitivamente creato quel distacco temporale tra epoca classica e moderna.
Come tutti sappiamo in quest’epoca sono stati raccolte e copiate le più grandi opere classiche degli autori latini, merito degli scriptorium, i luoghi dei monasteri in cui i monaci amanuensi si dedicavano alla copiatura a mano dei testi classici, per evitare che andassero perdute.
Beh, in realtà dire che le opere classiche andassero proprio perdute non è esatto da una parte.
Nel Medioevo solamente la classe ecclesiastica conosceva il latino, e di conseguenza le opere copiate venivano conservate senza essere diffuse, e diventavano accessibili a pochi.
La maggior parte delle opere classiche era conservata, puta caso, nei monasteri tedeschi, e li sarebbero rimaste se non fosse arrivato Poggio Bracciolini, umanista e storico italiano, nato a Guccio e vissuto tra il 1380 e il 1459, svolgendo l’attività di copista e segretario a Roma prima dell’Antipapa Giovanni XXIII, e in seguito al Concilio di Costanza (1414 – 1418), a cui prese parte, dopo un periodo di esilio in Inghilterra, ospitato dal vescovo di Winchester, Enrico Beaufort, fu reintegrato nella Curia da papa Martino V.
Lavorò anche per i suoi due successori Eugenio IV e Nicolò V fino al 1453, quando si trasferì a Firenze per lavorare come segretario della famiglia De Medici, i Signori di Firenze.
Proprio durante il periodo del Concilio di Costanza, a seguito dei suoi viaggi in Germania e Francia, ebbe modo di girare per vari scriptoria, soprattutto dei monasteri vicino Costanza (San Gallo, Reichenau, Cluny), riscoprendo le opere classiche di quegli autori considerati sconosciuti, tra cui Quintiliano, Vitruvio, Lucrezio e Marcellino e alcuni frammenti delle varie opere di Cicerone, che fino ad ora nessuno aveva ricopiato e diffuso, come riporta nella sua opera “La liberazione dei classici dagli ergastoli dei Germani”
Grazie alla diffusione di queste opere classiche Poggio è stato uno di quelli che ha rivoluzionato la cultura dell’epoca. In particolare l’opera di Vitruvio, “De Architettura” fu preso come riferimento per l’architettura rinascimentale, mentre con la riscoperta di Cicerone fu riscoperta la retorica, di cui Poggio cercò di imitarne lo stile.
Da buon copista e letterato rivoluzionò il campo della scrittura, reintroducendo la “minuscola carolina”, ormai in disuso, sostituita dalla pesante e complicata scrittura “gotica” e l’introduzione della maiuscola nello stile carolino, prendendo spunto dalle epigrafi romane.
Ancora una volta grazie all’umanesimo la cultura diventa universale.
Fonti:
Giovanni Fiesoli, Nella biblioteca di Poggio Bracciolini: un percorso storico e documentario tra codici ed epistole, in Memorie Valdarnesi s. IX, a. 179° (2013), pp. 81-15
Stephen Greenblatt, Il manoscritto, Milano, Rizzoli, 2012.
R.V. Manekin, Analisi del contenuto come metodo di ricerca sulla storia del pensiero (Poggio Bracciolini). Ricerche sulla scienza delle fonti storiche, Gazzetta dell’Università di Mosca. Serie 8. Storia. 1991. N 6, pag. 72-82.
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