Cari lettori e care lettrici, buonasera, a gran sorpresa, vi propongo una nuova intervista a Domenico Vecchioni, diplomatico e divulgatore, già autore di numerosi saggi storici, in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro, “Storie insolite della seconda guerra mondiale” edito da Rusconi Libri.
Ho già avuto modo di intervistare Domenico Vecchioni circa un anno fa, in occasione della pubblicazione del saggio Mercenari, edito da Diarkos, del quale ho realizzato anche una guida alla lettura che trovate qui, ragion per cui non spenderò troppe parole in presentazioni, limitandomi a ripercorrere brevemente la sua carriera professionale, sia di diplomatico che di divulgatore.
Chi è Domenico Vecchioni ?
Come già anticipato, Domenico Vecchioni è un diplomatico e divulgatore italiano, autore di oltre 40 saggi storici e, secondo l’ambasciatore Stefano Baldi, “uno dei diplomatici più prolifici in ambito letterario“, secondo una classifica redatta dallo stesso Baldi infatti, Vecchioni si collocherebbe al secondo posto, secondo solo a Sergio Romano, che tra il 1985 e il 1989 fu ambasciatore italiano presso l’Unione Sovietica.
La carriera diplomatica di Vecchioni vede tra gli incarichi di maggior rilievo incarichi presso il consolato di Le Havre in Francia, l’ambasciata di Buenos Aires in argentina, e poi ancora diversi incarichi in Europa e presso la NATO.
La sua carriera da divulgatore è relativamente recente e, come osservato da Stefano Baldi, estremamente proficua, e conta la pubblicazione di oltre 40 saggi, con diversi editori e vede, come ultima fatica, la pubblicazione del saggio “Storie Insolite della seconda guerra mondiale”. Un saggio di microstoria, che affronta gli anni della seconda guerra mondiale attraverso uno sguardo su numerosi volti che furono, a vari livelli, protagonisti conflitto.
Microstoria della seconda guerra mondiale
Come anticipato, storie insolite della seconda guerra mondiale di Domenico Vecchioni è un saggio di Microstoria, ovvero una branca della storiografia molto fortunata nel panorama divulgativo, che parte dal quotidiano e dal particolare, per poi andare a delineare un contesto storico più ampio. Questa branca della storiografia moderna, nasce sul finire degli anni 50, il termine fu infatti coniato da George R. Stewart con la pubblicazione del saggio Pickett’s Charge: A Microhistory of the Final Attack on Gettysburg e vede tra i propri protagonisti, almeno nel panorama italiano contemporaneo il professor Alessandro Barbero.
Intervista a Domenico Vecchioni
Il testo che ci viene presentato, al di là della forma e dello stile, che ormai ho imparato a riconoscere e apprezzare, rispetto alle sue precedenti opere che ho avuto modo di consultare, si muove in una branca leggermente differente della storiografia, ma comunque interna alla storia sociale e culturale, si tratta di una branca a me “meno vicina”, per percorso di studi, ma comunque molto familiare, ovvero la Microstoria. Corrente che annovera tra i propri padri fondatori il nostro connazionale Carlo Ghinzburg, storico di rilevanza mondiale, che con tutta probabilità è ad oggi uno degli storici Italiani più autorevoli del 900, e che ho avuto il piacere di incontrare e intervistare qualche anno fa, ai margini di una conferenza tenuta presso la scuola Normale di Pisa.
Per i nostri lettori, ed eventuali non addetti ai lavori, ad oggi la Microstoria rappresenta una delle metodologie di narrazione storiografica più apprezzate e funzionali, soprattutto in ambito divulgativo, dove è ampiamente utilizzata da maestri della divulgazione come Alessandro Barbero. La microstoria presenta una struttura che procede dal quotidiano e dal particolare e sfrutta l’aneddotica per catturare l’attenzione del lettore, al quale poi viene fornita una serie di informazioni sempre più approfondite e puntuali, volte a delineare un quadro sempre più complesso della società in un dato momento storico. E questo è esattamente ciò che ci viene proposto nel saggio “Storie Insolite della seconda guerra mondiale” edito da Rusconi Libri, e in retrospettiva, in realtà è un elemento molto presente anche in diverse altre sue opere. Le chiedo quindi.
In che modo e che dimensione la Microstoria ha influenzato ed influenza la sua produzione letteraria?
In qualche modo la Microstoria, o meglio la divulgazione storica, è un po’ il leit-motiv di tutta la mia
produzione letteraria. Ho, in effetti, sempre avuto il gusto di “raccontare” la Storia, cioè – come
giustamente dice lei – partendo da un fatto particolare, da un evento minore, persino da un aneddoto,
risalire gradualmente alla “Grande Storia”, allo scopo di mantenere costante l’interesse del lettore. Il
piacere insomma di condividere le stesse sensazioni di stupore e curiosità che provo quando
m’imbatto in qualche evento speciale, o in situazioni storiche poco note o comunque tramandate
male. Questa è la vera divulgazione storica: nella cornice di presupposti storici accertati, descrivere
gli eventi come in un racconto letterario per viaggiare insieme al lettore, esserne insomma complice e
non infliggergli una lezione di Storia. Del resto i testi della grande divulgazione storica costituiscono
le mie letture preferite, insieme alle biografie, per le quali vale lo stesso ragionamento. Scrivo come
leggo, potrei dire…In questo mi ritrovo moltissimo in una battuta di Benjamin Disraeli, il famoso
primo ministro britannico, che era anche un autore molto prolifico e apprezzato. A chi gli chiedeva
ragione di tanto impegno nella scrittura, pur avendo sulle spalle pesanti responsabilità politiche, egli
rispondeva “quando ho voglia di leggere un libro, me ne scrivo uno!”. Nel mio caso appunto, lettore
e autore di divulgazione storica.
Rimanendo in tema di microstoria e riallacciandomi ad una domanda che le ho posto nella precedente intervista, legata al libro sui Mercenari, ovvero il suo legame con la storiografia francese, le pongo una domanda leggermente più tecnica (e in parte provocatoria).
La storiografia francese ha un forte legame con la scuola degli annales, nata dalla rivista “Annales d’histoire économique et sociale” fondata da Marc Bloch e Lucien Febvre. Bloch è considerato uno degli storici più autorevoli e iconici del 900, oltre che uno dei più citati, la cui storia personale è fortemente legata alla seconda guerra mondiale, soprattutto per la sua tragica morte avvenuta per fucilazione il 16 giugno 1944 a seguito dell’arresto da parte della Gestapo dell’8 marzo 1944.
Il suo libro è un opera di microstoria che ci racconta la seconda guerra mondiale e in questo contesto, Bloch è il grande assente, di conseguenza, non posso che chiedere, il perché di questa assenza, si tratta di una scelta voluta o una mera casualità?
No, nessuna esclusione, ci mancherebbe. Mi sono semplicemente interessato a determinati episodi
che per vari motivi hanno attirato la mia attenzione, e soprattutto la mia curiosità. Il tutto abbastanza
causalmente Quindi anche la bibliografia è limitata ai testi che ho effettivamente letto e studiato. A
dire la verità, a me non piacciono troppo le bibliografie lunghe tre o quattro pagine. Oggi, nell’era
internet, sono diventate inutili. Nessuno le legge più. Si possono avere informazioni più precise e più
rapide consultando i siti giusti on line. E’ preferibile quindi limitarsi a citare i libri ai quali ci si è
ispirati e che potranno essere di riferimento per il lettore che vuole approfondire determinati aspetti
della storia raccontata. Devo dire che amazon, in questa prospettiva, fornisce un ausilio prezioso. Ti
indica istantaneamente quanti libri sono stati scritti (nelle diverse lingue) su uno stesso argomento,
dove sono reperibili, quante pagine, quanto costano ecc…Testi magari introvabili nelle librerie
perché non più in commercio. Per non parlare delle biblioteche che ti permettono la consultazione on
line.
La seconda guerra mondiale è stato un fenomeno storico estremamente complesso, che ha coinvolto una quantità infinita di luoghi e individui, e leggendo il suo libro si ha modo di affacciarsi a quegli anni attraverso una serie di spaccati di vita quotidiana, che vanno da grandi protagonisti della storia come il generale e futuro presidente Dwight Eisenhower, ai meno noti protagonisti dello spionaggio bellico e le loro operazioni segrete.
Fin dalle prime pagine appare evidente che, a monte dell’opera, sia stata effettuata una meticolosa selezione. Le pongo a tale proposito due domande interconnesse.
Quanto è stato difficile scegliere quali storie tenere, e quali storie lasciarsi alle spalle (o da parte per un secondo volume)? E ancora, se ci sono storie che per questioni di spazio e tempo ha dovuto, a malincuore, mettere da parte? Può eventualmente darci un assaggio di una di quelle storie che non troveremo in questo volume?
Di “storie insolite” della Seconda guerra mondiale da raccontare ce ne sono a centinaia. Ci
vorrebbero sicuramente più volumi. Del resto io ne ho già raccontate diverse in precedenti libri. Si
può facilmente immaginare come durante i lunghi 6 anni di durata, il Secondo conflitto mondiale
abbia generato eventi singolari, personaggi fuori del comune, forme di spionaggio fino ad allora
inedite, situazioni paradossali ecc. Non è quindi detto che non ci sarà un seguito a Storie insolite n
1… Alcune storie trattate in precedenti pubblicazioni? Le donne di Hitler, lo strano destino del
nipote inglese di Hitler, spionaggio al Salon Kitty, la “fuga delle beffe” del tenente Giovanni Corsini,
il Centro di torture di Londra , the London Cage ecc…
Scorrendo tra le varie storie che ci vengono servite, abbiamo modo di svelare un sentito legame tra quest’opera e le precedenti, mi riferisco al mondo dello spionaggio, tema estremamente affascinante, che nella seconda guerra mondiale e nei decenni successivi, avrebbe visto la sua massima espressione. In quest’opera ci vengono raccontate diverse storie di spionaggio, e posso notare, dalla bibliografia indicata, diversi testi non sempre semplici da reperire, almeno non in Italia, come “La guerre Secrète” di Anthony Cave Brown, Pymalion Editore, Parigi 1981, e “Historie de l’Espionnage mondial”. Tomi I e II, di Genovefa Etienne, edito da Kiron/Editions du Félin, Parigi 2000. Elemento quest’ultimo cha da al saggio un certo spessore, ed evidenzia la passione e l’impegno messi nella ricerca bibliografica. In effetti sulla bibliografia di quest’opera si potrebbe aprire un intera discussione e strutturare tante interviste quante sono le opere citate e questo mi porta in qualche modo verso la chiusura dell’intervista.
Una conclusione che potrebbe apparire troncata, poiché di domande per lei ne avrei ancora molte, forse troppe, ma se le ponessi tutte correremmo probabilmente il rischio di risultare tediosi per i nostri lettori, le pongo quindi, un’ultima domanda, forse la più personale.
C’è in questo libro una storia che, quando l’ha scoperta, qualcosa dentro di lei si è attivato e l’ha spinta a dire “devo raccontarla”, o, più semplicemente, quale tra le tante storie raccontate nella rassegna, l’ha colpita di più? Per quanto riguarda me, mi permetto di rispondere anche io alla stessa domanda, l’insolita storia di Roosvelt è quella che più mi ha affascinato, divertito, e stupito allo stesso tempo.
Quale storia preferita? Non saprei dire. Sono così diverse tra di loro, ma tutte egualmente
interessanti. Sono però rimasto colpito da una delle storie che ha a che vedere con la guerra solo
indirettamente: la tragedia Balvano (la più grande catastrofe ferroviaria della storia italiana, 600
morti). Mi sono, infatti, immaginato la scena che deve essere apparsa ai primi soccorritori nella
galleria maledetta: “i vagoni sono ancora illuminati. All’interno i passeggeri appaiono tranquilli.
Danno l’impressione di dormire. Ma di un sonno strano, insolito, un sonno senza respiro, un sonno
senza sogni, un sonno di morte. Sono, in effetti, tutti deceduti! La morte li ha colti all’improvviso e
nelle posizioni che occupavano per il viaggio e probabilmente non hanno avuto nemmeno il tempo di
capire cosa stesse succedendo.” Questa scena, agghiacciante, l’ho visualizzata nella mia ente come
se fosse un film. E ho subito scelto di raccontare la storia della “galleria della morte”.
Con questa descrizione agghiacciante, che ci fornisce un assaggio di una delle storie insolite raccontate nel saggio, senza mediazione, ma con lo stile narrativo ed espressivo di Domenico Vecchioni, l’intervista può dirsi conclusa. Il saggio nel suo complesso offre al lettore uno spaccato della seconda guerra mondiale, da una prospettiva insolita, a volte buffa, altre volte drammatica, altre volte ancora “romantica” e, a mio avviso, esattamente ciò che un saggio di carattere divulgativo dovrebbe fare, spinge il lettore ad andare oltre, a non fermarsi alla narrazione, e spalanca infinite porte su quel drammatico conflitto, di cui, purtroppo sappiamo tanto e sempre troppo poco, di cui sappiamo molto e mai abbastanza e di cui, nella violenza drammatica delle vicende che l’hanno caratterizzato, sorprende, stupisce e lascia sconcertati ad ogni dettaglio rivelato.
A chi si rivolge l’opera ?
Come osservato dallo stesso autore, il saggio si rivolge ad un pubblico di appassionati e curiosi di storia, non necessariamente addetti ai lavori, ma desiderosi di scavare e sapere di più. Non sono però esclusi gli addetti ai lavori, io stesso che ho dedicato alla divulgazione storica gli ultimi 10 anni della mia vita, e nel fare ciò, mi sono ritrovato per forza di cose ad immergere le mani nella storia, alla ricerca di “storie” note e insolite da raccontare al mio pubblico e, nonostante ciò, durante la lettura ho avuto modo di sorprendermi, stupirmi e scoprire qualcosa di nuovo ad ogni pagina di questo libro.
La scrittura fluida e accattivante di Domenico Vecchioni e l’organizzazione delle storie, in sezioni e capitoli dedicati, rendono il testo adatto a chiunque, dal lettore occasionale a quello più regolare. Inoltre, trattandosi di una rassegna di storie indipendenti, per lo più scollegate l’una dall’altra ma allo stesso tempo, tenute insieme da un contesto storico ben definito, la seconda guerra mondiale, il libro può essere scomposto e letto in ordine sparso. Senza necessità di partire dalla prima pagina e finire all’ultima. Io ad esempio, scorrendo l’indice, ho individuato alcuni saggi che mi sono sembrati più accattivanti e sono partito da quelli, per poi divorare il resto del libro nelle successive ore.
In conclusione quindi, Storie insolite della seconda guerra mondiale, a mio avviso, può essere un ottima lettura e anche un buon regalo di natale, se avete amici o familiari appassionati e affamati di storia e di storie.