Baldovino IV di Gerusalemme, il Re Lebbroso

Baldovino IV di Gerusalemme, soprannominato “Il Re Lebbroso”, salì al trono nel 1174 malgrado la sua malattia. Nato nel 1161, la sua vita fu segnata da lotte politiche per la successione e conflitti con il Saladino. Baldovino IV regnò con l’ambizione di garantire il futuro del regno, affrontando sfide significative.

Nelle storie di fantasia gli eroi ed i principi sono tutti giovani, eroici e belli, sempre in buona salute, anche durante una pestilenza, ma nella realtà, le cose non sempre sono così.

Ci sono stati re, principi ed eroi di guerra che forse erano giovani, ma non erano belli o non erano in buona salute. Questo è il caso di Baldovino IV di Gerusalemme, passato alla storia come Il Re Lebbroso.

Sul perché del suo soprannome non c’è molto da dire, Baldovino era un re, ed era malato di lebbra. Su quella che invece è la sua storia, tanto è stato detto, tanto è stato scritto, e tanto ancora c’è da scoprire.

La famiglia di Baldovino VI

Baldovino IV d’Angiò, nasce a Gerusalemme nel 1161, dall’unione di Amalrico I d’Angiò, Re di Gerusalemme, e Agnese di Courtenay, della contea di Edessa, il più settentrionale degli stati crociati del XII secolo.

Baldovino appartiene a quella elite europea impegnata nella ricerca di nuove terre e la creazione di nuovi regni oltre i confini dell’europa., perché la terra in europa non bastava a soddisfare i bisogni della nobiltà europea. Questa ricerca di nuove terre si sarebbe tradotta, in quel momento, nelle varie guerre crociate, per la conquista di Gerusalemme, e l’istituzione di porti sicuri che semplificassero il commercio con l’oriente lungo la via della seta.

Baldovino d’Angiò, trascorre i propri anni giovanili a palazzo, presso la corte paterna di Gerusalemme, ed ebbe pochi contatti con la madre, contessa di Giaffa e Ascalona, a causa dell’annullamento del matrimonio, avvenuto nel 1164, quando il principe aveva appena 3 anni, appena un anno dopo l’ascesa di Almarico al trono di Gerusalemme, avvenuta nel 1163 alla morte di suo fratello Baldovino III, morto senza lasciare eredi.

L’annullamento del matrimonio del novello Re di Gerusalemme, fu voluto dalla chiesa e avallato da numerosi nobili ostili alla casa di Courtenay, il cui intento, si suppone potesse essere quello di insediarsi sul trono di Gerusalemme utilizzando come arma la consanguineità di Amalrico e Agnese. L’annullamento del matrimoniale avrebbe reso illegittimo il giovane Baldovino, che quindi sarebbe stato escluso dalla catena di successione, facendo così passare di mano la corona.
Amalrico tuttavia, grazie all’influenza della propria famiglia in Europa, riuscì ad ottenere il riconoscimento di legittimità dei suoi figli Sibilla e Baldovino.

L’educazione dell’erede al trono di Gerusalemme venne affidata a Guglielmo di Tiro, arcidiacono della città dal 167 per richiesta di Amalrico e successivamente Cancelliere del Regno di Gerusalemme dal 1174, anno della morte di Amalrico e ascesa al trono di Baldovino.

Secondo i diari dell’arcivescovo, Guglielmo di Tiro fu il primo, durante l’educazione di Baldovino, a notare che il giovane non sentiva dolore quando gli si pizzicava il braccio destro, che in seguito si sarebbe dimostrato un sintomo della malattia di cui il giovane soffriva, ma inizialmente venne scambiata per un elevata capacità di resistere al dolore. Fatti i dovuti esami e test, si scoprì che braccio destro e mano del principe, erano parzialmente paralizzati ed in seguito venne diagnosticata la lebbra.

Baldovino IV e la Lebbra

Nel terzo quarto del XII secolo la lebbra subì un forte decorso e la malattia si diffuse rapidamente nella sua forma più grave, quella di lebbra lepromatosa.

Molti oppositori della famiglia d’Angiò, interpretarono la malattia come una piaga divina, segno della volontà di dio che Baldovino, figlio di genitori consanguinei, non ascendesse al regno “sacro” di Gerusalemme, tuttavia, gli alleati della famiglia d’Angiò sulla terra, erano abbastanza influenti e potenti, da non mettere a rischio la successione di Baldovino, anche se il suo regno e il suo governo, furono messi molto sotto pressione a causa delle sue condizioni di salute e della guerra.

Nel 1174 Amalrico di Gerusalemme morì, e il 15 luglio, il tredicenne Baldovino IV venne incoronato re di Gerusalemme, sotto la reggenza di Raimondo III di Tripoli, che, nel 1175 riuscì a stipulare un trattato di pace con il sultano Ṣalāḥ al-Dīn Yūsuf ibn Ayyūb., noto in occidente come il Saladino, e l’anno seguente, nel 1176, Raimondo, si ritirò dalla reggenza, non prima però, di aver avviato dei trattati per organizzare il matrimonio tra la principessa Sibilla, sorella di Baldovino, e Guglielmo di Monferrato, noto anche come Guglielmo Spadalunga.

Guglielmo, era, in quel momento, uno degli uomini più ambiti d’europa, in quanto figlio, se pur quintogenito, di uno dei signori feudali più potenti d’Italia ed era cugino sia dell’imperatore Federico Barbarossa che del re di Francia Luigi VII.

L’unione di Guglielmo con Sibilla, avrebbe garantito alla casa d’Angiò un erede di altissimo lignaggio, che non avrebbe avuto troppe difficoltà a regnare su Gerusalemme alla morte di Baldovino, del resto, le condizioni di salute di Baldovino non erano delle migliori, e chiunque a corte, nelle corti vicine e in europa, sospettava che il re lebbroso avrebbe potuto regnare a lungo, ragion per cui, ci fu una lunga lotta politica per assicurarsi i favori dei potenziali eredi al trono, in particolare di Sibilla e della sorellastra Isabella d’Angiò, nata nel 1172 dal secondo matrimonio di Amalrico I con Maria Comnena, figlia di Manuele I, imperatore bizantino.

La successione di Baldovino era al centro di un cero e proprio scontro politico al vertice, che coinvolgeva indirettamente l’Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, il regno di Francia, il regno di Inghilterra e l’impero bizantino, il tutto sotto la minaccia costante dell’impero islamico.

Quando Baldovino raggiunse la maggiore età (che all’epoca erano i 14 anni) il giovane re, ancora forte e apparentemente in salute, poiché non ancora logorato dalla malattia, si impegnò in una prima azione militare, compiendo alcune incursioni nel territorio di Damasco, in quel momento parte del regno del Saladino, con cui nel 1175 Gerusalemme aveva stipulato un trattato di pace. Forte delle prime vittorie in Siria, e sostenuto dall’impero Bizantino, Baldovino iniziò a progettare un attacco all’Egitto, in quel momento regione centrale del regno del Saldino.

Sconfiggere il Saladino e prendere il controllo dell’Egitto, aveva un valore strategico, oltre che politico. Prendendo l’Egitto, l’intere costa nord Africana poteva essere conquistata dalle potenze europee, e quindi assicurare all’Europa, il pieno controllo delle rotte commerciali nel mediterraneo.

Per assicurare al regno di Gerusalemme il supporto Bizantino, Baldovino inviò a Costantinopoli, Rinaldo di Chatillon, già principe di Antiochia, cugino di suo padre Amalrico. La scelta di Rinaldo non fu dettata dalla casualità. Tra il 1160 Rinaldo era stato fatto prigioniero durante uno scontro contro alcuni contadini siriani e armeni nei pressi di Marash, e la sua prigionia, durata 16 anni, era terminata nel 1176, quando, l’imperatore bizantino Manuele aveva riscattato la sua libertà, al costo di 120.000 denari d’oro.

Matrimonio di Sibilla e la Questione della Successione

Nel 1177 Rinaldo tornò a Gerusalemme, forte di un accordo con l’impero Bizantino, che garantiva al regno di Gerusalemme il supporto navale bizantino durante l’attacco all’Egitto, e per questo, Baldovino gli offrì in sposa Stefania di Milly erede dei feudi di Kerak e dell’Oltregiordano, grazie ai quali Rinaldo aveva accesso al Mar Rosso. Questo matrimonio aveva ragioni strategiche significative nell’ottica di un imminente guerra all’Egitto e, già nel novembre del 1177, fu affidato, proprio a Rinaldo, il comando di un esercito che, partendo da Gerusalemme, si scontrò contro il Saladino, nella battaglia di Montgisard avvenuta il 25 novembre.

Negli anni successivi Gerusalemme fu perennemente in guerra e Baldovino, non mancò ai suoi doveri di regnante, combattendo da crociato, insieme ai propri soldati. Nel 1179 subì alcune sconfitte e rischiò di essere ucciso per mano di un nipote del Saladino.

Mentre gli eserciti crociati di Gerusalemme combattevano gli eserciti del Saladino, e la malattia iniziava a mostrare i primi segni e la successione di Baldovino diventava sempre più complicata a causa di nuovi “pretendenti” che iniziavano a rivendicare i propri diritti di successione.

Nell’agosto del 1777 Filippo di Fiandra, cugino di Baldovino, giunse a Gerusalemme come crociato e rivendicò immediatamente la propria parentela con il sovrano e in qualità di parente più prossimo, poiché figlio di Folco d’Angiò, fratello di Amalrico, ciò lo rendeva cugino di primo grado del Re di Gerusalemme, mentre, l’erede designato era soltanto un cugino di secondo grado.

Nel 1180 Sibilla d’Angiò, sorella di Baldovino e vedova di Guglielmo Spadalunga, si risposò con Guido di Lusignano. Questo secondo matrimonio di Sibilla è oggetto ancora oggi di molteplici discussioni storiografiche, ad ogni modo, il secondo marito di Sibilla aveva un pedigree di alto lignaggio, al pari del primo marito, in quanto Guido era legato sia a Filippo II che ad Enrico II, rispettivamente re di Francia e di Inghilterra.

Gli anni della reggenza di Gerusalemme

Nel 1182 Baldovino nominò suo cognato, Guido di Lusognano, reggente del regno ma nel 1183, in seguito ad alcune tensioni con Guido, che nel frattempo si era rivelato fin troppo ambizioso e disobbediente, per i gusti di Baldovino, il sovrano di Gerusalemme cercò, senza riuscirci, di far annullare il matrimonio tra sua sorella, in quel momento prima in linea di successione per il trono di Gerusalemme e Guido.

Secondo i cronisti contemporanei, Baldovino era preoccupato che dopo la sua morte, Guido avrebbe potuto far assassinare Sibilla e Baldovino V di Monferrato,ottenendo così il trono di Gerusalemme per se e la propria discendenza, decise così, insieme all’Alta Corte di Gerusalemme, di modificare la linea di successione, ponendo così Baldovino V come erede al trono di Gerusalemme. Tra il 1183 ed il 1185 venne istituito un periodo di co-regno, in cui Baldovino IV e Baldovino V, nato ne l 1177, ufficialmente, regnarono insieme, e alla morte di Baldovino IV, Raimondo III di Tripoli, già reggente di Baldovino IV, e Boemondo III di Antiochia, divennero reggenti con la potestà di Joscelin III di Edessa.

La loro reggenza però ebbe vita breve perché nel 1186 Baldovino V morì e il trono passò a sua madre, Sibilla d’Angiò, mentre Guido di Lusignano venne nominato Re Consorte di Gerusalemme.

Fonti

R.Bordone, G.Sergi, Dieci secoli di Medioevo(manuale)
G.Hindley, Saladino Eroe dell’Islam
F.Cardini, Il grande racconto delle crociate
J.R.Smith, Storia delle Crociate, dalla predicazione di papa Urbano II alla caduta di Costantinopoli
I.Pagani, Baldovino IV di Gerusalemme, il re lebbroso

Chi era Giulio Cesare?

Gaio Giulio Cesare fu un personaggio chiave nella storia romana, proprio grazie alla sua dittatura ci fu un primo avvicinamento alla monarchia, inoltre fu un grande condottiero che guidò i suoi eserciti alla conquista della Germania, Britannia, Gallia, Grecia, Egitto e Ponto.

Gaio Giulio Cesare fu un personaggio chiave nella storia romana, proprio grazie alla sua dittatura ci fu un primo avvicinamento alla monarchia, inoltre fu un grande condottiero che guidò i suoi eserciti alla conquista della Germania, Britannia, Gallia, Grecia, Egitto e Ponto.

Formò il primo triumvirato con Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso.

Dopo la morte di Crasso iniziò la sua salita al potere, nel 49 a.C. risalì il Rubicone con le sue legioni e con la frase “alea acta est” diede inizio alla guerra civile che vinse definitivamente del 48 a.C. diventando dittatore.

Della sua dittatura due sono i gesti estremamente forti attraverso i quali viene ricordato, il primo episodio si svolse in una mattinata, qualcuno aveva posto ai piedi della statua di Cesare un diadema, simbolo della regalità romana, due tribuni della plebe lo accusarono di volersi proclamare re di Roma, Cesare convocò immediatamente il senato e accusò i due tribuni di aver messo loro il diadema per incastrarlo e creare scompiglio nel popolo, per punizione gli tolsero la carica di tribuni.
Il secondo episodio, il più importante, è ricordato come l’episodio dei Lupercali, durante questa festa romana, alla quale cesare assisteva dai rostri, Licino gli depose un diadema d’oro sui piedi, il popolo esortò Lepido di incoronare Cesare, quest’ultimo esitò, allora Cassio gli pose il diadema sulle ginocchia senza il consenso di Cesare, Antonio infine lo mise sulla testa del dittatore salutandolo come re, Cesare lanciò via il diadema e disse al popolo che il suo nome era Cesare e non Re e ordinò che fosse posto sul capo della statua di Giove.

Nel 44 a.C. Cesare nominò console Marco Antonio, questo gesto provocò rancore in cassio che iniziò a cercare tutti i nemici che Cesare si era fatto durante la sua dittatura, con le altre persone che volevano Cesare morto iniziò ad organizzare un omicidio che si consumò il 15 marzo del 44 a.C., nel giorno delle Idi di marzo.

Si racconta che prima dell’assassinio si Cesare ci furono vari segni, si udirono rumori strani nella notte, durante un sacrificio Cesare non riuscì a trovare il cuore della bestia che stava uccidendo, segno di malaugurio. la tradizione vuole che la notte prima dell’omicidio la moglie di Cesare avesse sognato di tenere fra le braccia il marito morto, lo stesso Cesare sognò di stare con Giove nel cielo, avvolto dalle nuvole.

Ma il segno più impressionante fu l’iscrizione sulla tomba del fondatore di Capua Capi che recitava: “Quando verranno scoperte le ossa di Capi, un discendente di Iulo verrà assassinato per mano dei suoi consanguinei, e subito sarà vendicato con grandi stragi e lutti per l’Italia. Questo discendente fu Cesare.

Chi era Galileo Galilei?

L’uomo che Inventò la scienza moderna.

Galileo Galilei, l’uomo che inventò il metodo scientifico e il telescopio, intuì l’esistenza della forza di gravità e della costante di accelerazione gravitazionale (pur non riuscendo a calcolarla), mettendo così in discussione la teoria geocentrica e per questo fu perseguitato dalla santa inquisizione. Un accademico, un matematico, un ingegnere militare, un uomo che oggi definiremmo un visionario e un luminare, la cui intelligenza, come spesso accade, fu spesso vissuta come un peso, un genio di quelli che nascono raramente.

Galilei vine spesso preso a modello, come esempio da chi sostiene teorie stravaganti che non incontrano il consenso generale, ma ridurre Galilei ed il suo genio a questo, è estremamente riduttivo, oltre che falso.

Galileo Galilei non era un provocatore, non era un uomo che seguiva teorie stravaganti per il proprio gusto, ne era un ricercatore indipendente che lavorava a chissà quale misteriosa invenzione, in penombra nella propria cantina. al contrario, no, Galilei non era nulla di tutto questo. Era invece un rinomato accademico del proprio tempo, un uomo che godeva di grande rispetto e ammirazione nei salotti aristocratici e nei circolo colti, un uomo che lavorò a stretto contatto con importanti realtà politiche dell’epoca.

Lavorò a lungo all’Università di Pisa e all’Università di Padova, occupando la cattedra di matematica, lavorò a lungo e continuativamente (tra il 1592 ed 1610) per il Doge di Venezia, anzi, con i Dogi, Pasquale Cicogna (1585–1595), Marino Grimani (1595–1605) e Leonardo Donà(1536-1612). Il Doge non era un’uomo qualsiasi, era l’uomo più potente di quella che sul finire del XIV secolo e i primissimi anni del XV secolo, era forse la più potente e influente delle repubbliche marinare, e delle più grandi e influenti potenze marittime del mediterraneo, il Doge era un uomo la cui posizione di comando gli permetteva di muovere guerra a realtà potenti come l’Impero Ottomano e Roma, la sede del papato.

Questi uomini, (Cicogna, Grimani, Donà) affidarono a Galilei le sorti, ed il futuro, della propria città, incaricando il matematico pisano di sviluppare cannoni più efficaci, con una maggiore potenza e gittata, rispetto a quelli all’epoca in circolazione, elementi (potenza e gittata) che, in uno scontro navale, avrebbero fatto la differenza tra vittoria e sconfitta, ed essendo la serenissima un’importante realtà marittima, una delle maggiori potenze navali del mediterraneo, questo significava consolidare la posizione di potere di Venezia.

Questo incarico impegnò Galilei per quasi due decenni, nel corso dei quali frequentò assiduamente l’arsenale militare di Venezia, facendo test, esperimenti ed in quel contesto di ricerca applicata rifinì quello sarebbe stato consacrato come metodo scientifico.

Galilei studiò diverse miscele di polvere da pirica, nel tentativo di sviluppare l’esplosione più veloce, quindi più potenti, confrontò cannoni di diverso calibro e lunghezza, nel tentativo di individuare la combinazione più efficace, confrontò le diverse angolazioni dei cannoni, al fine di determinare l’angolo ideale per la migliore gittata.

Contestualmente a questi esperimenti e alla propria posizione accademica, strinse numerose amicizie nei salotti veneziani e padovani, il tutto consentito dal positivo e florido clima di tolleranza che attraversava la Serenissima. Tra queste amicizie vi erano filosofi, astronomi e matematici, ma anche nobili ed uomini di cultura, dediti al sapere e alla ricerca, e nelle lunghe giornate trascorse a confrontare idee e teorie con uomini come Paolo Sarpi, Andrea Morosini, Cesare Cremonini e Giovanfrancesco Sagredo (futuro protagonista del Dialogo sopra i massimi sistemi), Galilei ottenne alcune delle sue più importanti scoperte e conquiste in campo scientifico.

Già prima di raggiungere Venezia Galilei aveva dimostrato il proprio valore, come dimostra la docenza di Matematica, svolta per conto dell’università di Pisa, tra il 1589 ed il 1592, e le ricerche che svolse in quegli anni, ricerche che, secondo la leggenda, lo avrebbero portato a compiere il famoso esperimento di caduta dei gravi dalla Torre di Pisa stabili, esperimento che volto a dimostrare che oggetti di peso differente cadono alla stessa velocità, in obiezione alle teorie Aristoteliche, e proprio grazie a queste dimostrazioni, Galilei venne convocato a Venezia.

L’intuizione della forza di gravità, questa misteriosa forza d’attrazione che ci tiene incollati al terreno e ci impedisce di librarci nel cielo,
la cui costante di accelerazione venne calcolata non molto tempo dopo da Isaac Newton, aveva importanti applicazioni militari, una su tutte, la possibilità concreta di migliorare la gittata dei cannoni delle navi. Questa possibile applicazione militare fu sufficiente a convincere il Doge Pasquale Cicogna ad invitare Galilei a Venezia, dando inizio ad un sodalizio che sarebbe durato quasi un ventennio.

Studiare la gittata dei cannoni, e soprattutto aumentarne la gittata, significava compiere numerose misurazioni tra un colpo esploso ed il successivo, era infatti necessario sapere esattamente quanta distanza aveva percorso ogni singola palla di cannone esplosa, e questo significava numerosi assistenti ed aiutanti che correvano avanti e in dietro tra il cannone e il punto di impatto delle palla di cannone.

Questo procedimento era molto lento e rallentava tantissimo la raccolta dei dati, che spesso si limitava ad una dozzina di colpi al giorni. Per ovviare a questo problema, Galilei cercò un modo più rapido per avere informazioni, il più possibile accurate, e nel minor tempo possibile, sulla distanza percorsa dalle palle di cannone. Ideò quindi un sistema di griglie che contrassegnavano il campo durante i test balistici, dopo di che, si procurò uno strumento che gli permettesse di guardare più lontano di quanto i suoi occhi non riuscissero a vedere, posizionò delle lenti levigate alle estremità di un cilindro creando la prima versione di quello che sarebbe diventato il suo famoso cannocchiale.

Il cannocchiale, da cui sarebbe poi scaturito il telescopio, strumento con cui Galilei avrebbe scrutato i cieli notturni della sua Pisa, osservando stelle e pianeti e raccolto i primi dati sul moto astrale, dati che avrebbero successivamente portato allo sviluppo della teoria eliocentrica e messo in discussione la teoria geocentrica, portando così Galileo Galilei a scontrarsi, sul piano intellettuale, con i dogmi della chiesa romana e conseguentemente, dovette affrontare i tribunali della santa inquisizione.

Quella che è forse la più grande conquista scientifica di Galileo Galilei non fu ottenuta per la vocazione di un visionario, ma per l’ostinatezza e la determinazione di un uomo a cui era stato affidato un incarico ben preciso. Fu la necessità di migliorare la gittata dei cannoni veneziani che permise a Galilei di creare quello strumento di osservazione che gli avrebbe portato gloria postuma ed enormi problemi in vita.

Va però detto che Galilei fu molto fortunato nella propria sfortuna, perché un qualsiasi altro uomo, con quelle teorie, in quel momento storico, non sarebbe sopravvissuto alle torture dell’inquisizione. Ma Galilei non era un uomo comune, non era un mugnaio friulano come Domenico Scandella, detto Menocchio, che credeva la vita sulla terra fosse scaturita come dei vermi sul formaggio, Galilei aveva frequentato e frequentava salotti importanti, godeva dell’amicizia, della stima e del rispetto di uomini potenti e molto influenti, certo, non così potenti da impedire i processi, ma abbastanza da impedire che Galilei venisse condannato a morte per eresia, permettendogli di continuare a vivere, compiere le proprie proprie ricerche e sviluppare le proprie teorie per molti anni.

Letture consigliate per approfondire

B.Brecht, Vita di Galilei, https://amzn.to/2V1fODv
M.Camerota, Galileo Galilei. Antologia di testi, https://amzn.to/2GuFt4o
A.Zorzi, La repubblica del leone, Storia di Venezia, https://amzn.to/2EeoEIp
G.Minchella, Frontiere aperte. Musulmani, ebrei e cristiani nella Repubblica di Venezia, https://amzn.to/2GuObzI
M.Sangalli, Cultura, politica e religione nella Repubblica di Venezia tra Cinque e Seicento. Gesuiti e somaschi a Venezia, https://amzn.to/2EdX0LG

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