La guerra parallela degli italiani

Quale fu il ruolo dell’italia nella seconda guerra mondiale ? Siamo abituati a considerare l’italia uno dei principali alleati della Germania ma fino a che punto i due paesi camminarono insieme ? Esisteva una gerarchia tra Italia e Germania , così come esisteva tra la Germania e tutti i suoi satelliti o l’italia godeva di un posto privilegiato nello scacchiere europeo ? Fino al 1941 circa, l’italia sarà impegnata di fatto in quella che è nota come guerra parallela, e solo a partire 1941/1942 e fino all’agosto del 1943, l’italia sarà costretta a fare un passo indietro, abbandonando il suo progetto autonomo di trasformare il mediterraneo in un “lago italiano” per seguire le direttive del Reich.

Fonte :

D.Rodogno, Il nuovo ordine del mediterraneo 

Brexit Nucleare

Nuclear Brexit … il titolo dice tutto, ed è terrificante.

Guardiamo all’Unione Europea spesso, troppo spesso, solo in termini di accordi economici e monetari, dimenticando con troppa semplicità che l’europa è anche altro, e in questo altro vi è anche una serie di accordi bilaterali per la gestione del nucleare. Il Regno Unito è una delle sole due “potenze europee” ad aver sviluppato un proprio programma nucleare (l’altra potenza è la Francia, che ha sviluppato un programma di armamenti nucleari, inizialmente in maniera congiunta con la RFT e l’Italia, poi Italia e RFT si sono chiamate fuori).
Ad oggi soltanto Francia e Regno Unito dispongono di propri ordigni nucleari, se bene avviano entrambi aderito al Trattato di non proliferazione Nucleare e alla convenzione sul nucleare, mentre altri paesi (come l’Italia e la Germania) ospitano e controllano ordigni di proprietà della NATO. Ed è proprio su questo punto che inizia il ragionamento di Hugh Gusternson, docente di antropologia e affari internazionali alla George Washington University, esperto di cultura degli scienziati nucleari e attivisti antinucleari, che lo scorso 30 giugno ha pubblicato un’articolo sul Bollettino degli Scienziati Atomici, intitolato appunto Nuclear Brexit.
Gusterson nel suo articolo osserva che, una delle voci più forti della campagna Brexit, verteva sul desiderio di ridare alla nazione britannica un ruolo centrale nelle dinamiche planetarie, e accusava l’Unione Europea di aver , in questo senso, limitato la potenza britannica, sia in termini economici che politici e militari, “costringendo” il paese ad aderire ai trattati di non proliferazione nucleare e la convenzione sulla sicurezza nucleare del 1994, adesione “imposta” secondo i sostenitori del brexit, dalla commissione europea attraverso la decisione 1999/819/Euratom, del 16 novembre 1999.
Questi accordi impongono da un lato una limitazione nello sviluppo e nella produzione di ordigni nucleari, e dall’altro ed è ciò che sembra spaventare Gusternson, la produzione di energia nucleare e la regolamentazione delle normative di sicurezza delle centrali nucleari secondo rigidi protocolli sviluppati in seguito al disastro nucleare di Chernobyl.

Uscire dall’Unione Europea significa uscire anche dalla convenzione sulla sicurezza nucleare, con possibili e terrificanti risvolti sulle condizioni ambientali del paese. Ed in effetti, sulla stessa linea di Gusternson, si muovono diverse associazioni ambientalistiche e sindacali, che temono in questo possibile allontanamento dalle direttive europee, una possibile e probabile presa di distanza anche da quelle regole ferree che rendevano il Regno Unito, un “isola verde” riuscendo a cancellare la storica macchia grigia del fumo di londra, nei cieli britannici, che ora potrebbero ripiombare nell’oscurità divorati dal fumo di nuove mitiche ciminiere.

La paura di un Brexit Nucleare è dunque reale, e se da un lato, la stabilità del Trattato di non proliferazione per gli ordigni nucleari, non sembra essere in discussione, lo stesso non si può dire per i trattati sulla preservazione dell’ambiente e della salute dei cittadini mondiali, ne per la convenzione sull’energia nucleare.

Qualora foste interessati vi allego l’articolo originale di Hugh Gusternson, intitolato appunto Nuclear Brexit.

 

I costi dell’armatura

Cavalieri e guerrieri in armatura dominano l’immaginario collettivo e gli scenari medievali. L’armatura sembra donare a chi la indossa un aura mistica, rendendolo invincibile o comunque invulnerabile, e pure, quell’enorme e pesantissimo ammasso di metallo battuto ha un doppio effetto, da una parte protegge dall’altra imprigiona chi la indossa in una gabbia di metallo.
In un recente studio Daniel Jaquet, Alice Bonnefoy Mazure, Stéphane Armand, Caecilia Charbonnier, Jean-Luc Ziltener e Bengt Kayser hanno condotto un’interessantissima analisi sulle armature del tardo medioevo, le armature a piastre per intenderci.

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La biblioteca Laurenziana di Firenze

La Biblioteca Medicea Laurenziana un tempo nota come Libreria Laurenziana, o Biblioteca Laurenziana di Firenze è un’antica e importante raccolta di manoscritti, oggi situata nei chiostri della basilica di San Lorenzo a Firenze, disegnata da Michelangelo Buonarroti.
Il nucleo originale della biblioteca è costituito dalla collezione personale di codici manoscritti di Cosimo il Vecchio, formata da sessantatré codici destinati ad aumentare di numero nel corso del tempo. Alla morte di Cosimo i codici nelle mani della famiglia de Medici erano già più di centocinquanta, e rappresentavano una delle più ricche collezioni esistenti.

La Storia della Laurenziana di Firenze

Quando nel 1494, in seguito alla discesa in Italia di Carlo VIII di Francia, Piero de Medici, erede di Lorenzo, e tutta la famiglia furono cacciati dalla città, la fuga costrinse i Medici a vendere gran parte dei propri beni, tra cui, l’immensa collezione di libri manoscritti che finì sotto il controllo dei monaci del monastero Domenicano di San Marco a Firenze

Con la morte di Piero la guida della famiglia passa nelle mani del cardinale Giovanni di Lorenzo, dal 1513 papa Leone X, che grazie alla sua posizione riuscì a riacquistare la collezione dai monaci domenicani, per poi portarla con se a Roma dove, le sapienti mani di Leone X accresceranno ulteriormente il volume della collezione fino a contenere circa tremila codici. La collezione libraia della famiglia de Medici resta a Roma almeno fino al 1519 quando, in seguito alla normalizzazione di Firenze, e la concreta possibilità di un ritorno della famiglia de Medici in città, Giulio de Medici, futuro papa Clemente VII decide di riportare la collezione a Firenze.

Il primo luogo designato in cui collocare la biblioteca è una struttura ecclesiastica adiacente alla Basilica di San Lorenzo, la vicinanza dell’avamposto culturale all’importante centro religioso farà si che la nuova biblioteca venga comunemente chiamata Libraria Laurenziana.

Nel 1519 la progettazione della nuova biblioteca venne affidata all’architetto Michelangelo Buonarroti che avrebbe diretto personalmente il cantiere tra il 1524 e il 1534, quando, in seguito alla morte suo padre e papa di Clemente VII, avrebbe lasciò Firenze. Nonostante la lontananza Michelangelo continua a supervisionare ai lavori, inviando costantemente disegni, modelli in scala ed istruzioni per ultimare la Biblioteca, i cui lavori si sarebbero conclusi soltanto nel 1571, anno dell’apertura al pubblico, e rappresenta una delle più importanti opere architettoniche di Michelangelo.

Oltre la collezione personale della famiglia de Medici, la biblioteca Medicea Laurenziana si è arricchita negli anni di un ampia collezione di opere classiche arrivando ad inglobare una delle principali raccolta di opere di Virgilio, Tacito, Plinio, Eschilo, Sofocle, e Quintiliano, oltre ad una delle più antiche testimonianze del Corpus Iuris Giustinianeo dell’imperatore Giustiniano, copiato appena pochi anni dopo la sua promulgazione, e ben tre raccolte complete dei dialoghi di Platone in carta bona, e alcuni autografi di Petrarca e Boccaccio, e moltissime altre opere estremamente preziose.

L’Architettura della biblioteca Laurenziana di Firenze

L’edificio della Biblioteca che ospita la collezione della libreria laurenziana, si compone fondamentalmente di quattro parti principali, queste sono il vestibolo, lo scalone, la sala di lettura e la Tribuna Elci.

Il vestibolo è l’area di ingresso della biblioteca e si presenta come uno spazio quadrato molto ampio, quasi interamente occupato dallo scalone che secondo il modello inviato da Michelangelo nel 1558, avrebbe dovuto essere realizzato in leggo di noce, tuttavia Clemente VII preferiva una scalinata in pietra serena, e quando i lavori passarono sotto la supervisione di Cosimo de Medici, questi avrebbe confermato la scelta del papa, modificando e alterando in diversi punti il progetto originario di Michelangelo, di fatto il progetto subisce numerose modifiche e lasciano incompiute alcuni elementi della struttura.

nonostante sia molto ampia e dotata di lucernari sopraelevati, si presenta come un luogo angusto e scuro a causa della poca luminosità degli ambienti determinata dalla presenza di un numero ridotto di finestre e alla presenza di un imponente scalinata, resasi necessaria per rimediare al problema del dislivello tra l’accesso e la sala di lettura. Grazie alla scala si viene quindi a creare la sensazione di elevazione nel passaggio dalle aree fredde e cupe del Vestibolo alla più luminosa, calda e accogliente sala di lettura, progettata in maniera totalmente diversa.

La sala di lettura diversamente dal Vestibolo, si presenta immediatamente più ampia ed accogliente, questa sensazione è data soprattutto dalla presenza di elementi colorati, come il soffitto in legno ed il pavimento in terracotta, in evidente contrasto con il bianco dell’ingresso, mentre la maggiore luminosità è data dalla presenza lungo tutta la navata di numerose finestre.

La parte interna della sala presenta un soffitto in legno di tiglio, decorato da Giovanni Battista del Tasso, mastro falegname che ha realizzato una serie di motivi simbolici riproposti specularmente sul pavimento in terracotta. I manoscritti erano conservati orizzontalmente sul piatto anteriore, disposti per materia ed erano liberamente consultabili al momento dell’apertura al pubblico della biblioteca e per questo incatenati agli scaffali.

In fine, l’ultima parte della biblioteca, la Tribuna Elci, è in realtà un’aggiunta postuma, essa fu edificata agli inizi del XIX secolo per ospitare la collezione donata da Angelo Maria D’Elci nel 1818. Lo stile architettonico è quello neoclassico e la sua progettazione fu affidata all’architetto Pasquale Poccianti e si presenta come una rotonda sovrastata da una cupola.

La Collezione della biblioteca Laurenziana di Firenze 

Complessivamente la Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze comprende circa 130 mila edizioni a stampa ed è dotata di un rigido regolamento riguardo l’accesso, che e possibile solo tramite l’accertamento dell’appartenenza ad istituzioni universitarie, allo stesso tempo e pero una delle poche biblioteche che, ancora oggi, continua ad ampliare il proprio patrimonio con l’acquisto di codici d’antiquariato e materiale bibliografico.
Uno dei periodi di massima espansione della collezione della biblioteca laurenziana coincide con la direzione della biblioteca ad opera del canonico Angelo Maria Bandini, sotto la cui guida, furono compilati dei monumentali cataloghi a stampa di tutti i codici presenti nella biblioteca. Strumenti ancora oggi fondamentali per lo studio e la catalogazione del materiale.
Le prime edizioni di classici latini e greci, confluiti in gran numero in epoca napoleonica, sono appositamente rilegate su modelli francesi e inglesi, con fantasie e ricchi motivi decorativi impressi in oro o a secco.
Il colore diventa un elemento importante, per distinguere le edizioni del ‘400 in rosso e quelle dei secoli successivi in verde.

Bibliografia

Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell’arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999
Franca Arduini, Biblioteca Medicea Laurenziana: come un’istituzione antica ha progettato il suo futuro, in “Biblioteche oggi”, vol. XXVIII, n. 5, giugno 2010, pp. 3–10
Franca Arduini, Fondi greci manoscritti e a stampa della Biblioteca Medicea Laurenziana, 2012 , pp 207-216
Alfredo Serrai , Breve storia delle biblioteche italiane

L’ingresso della Gran Bretagna nell’Unione Europea

Uno degli argomenti più attuali sul tema delle relazioni internazionali è sicuramente la recente decisione presa dal popolo britannico di lasciare la Comunità Europea.

Un po ovunque sul web si sta discutendo delle motivazioni della scelta e sulle possibili conseguenze della futura applicazione di questa decisione, io stesso ho realizzato una lunga diretta durata più di un’ora sull’argomento, ed ho prodotto diversi articoli e post sulla questione, e proprio in risposta ai miei interventi è emersa un’agghiacciante verità, sul web ci si riempie facilmente la bocca con parole sull’Europa, ma cosa essa sia, e come, quando e perché, si sia giunti alla comunità europea così come la conosciamo, sfugge a molti, e di fatto, in pochi e sempre meno, conoscono o si informano sulla sua storia.

In questo articolo voglio quindi ripercorrere brevemente, e senza troppe pretese, le scelte e le motivazioni che portarono la Gran Bretagna nel 1973 ad entrare ufficialmente a far parte della comunità economica europea (CEE), e sedere al tavolo delle trattative, al fianco di Francia, Italia, Germania, Belgio, Lussemburgo ecc.

Appena un anno prima di entrare a far parte della CEE, nel 1972 la Gran Bretagna lascia l’EFTA (organizzazione europea di libero scambio) nata nel 1960 come risposta alla CEE, di cui la Gran Bretagna faceva parte fin dalla sua fondazione e di cui era uno dei paesi fondatori. Successivamente entrerà a far parte della CEE, organizzazione che aveva osteggiato fino a quel momento e farà il suo ingresso supportata dalle pressioni statunitensi e “stranamente” dalle posizioni dell’Italia.

Il Regno Unito era stato ai tempi dei trattati NATO una vera e propria spina nel fianco per l’Italia, che in seguito alle vicende della seconda guerra mondiale, non era vista di buon occhio dai britannici. Le posizioni Britanniche di fatto impedirono all’Italia di sedere al tavolo delle trattative del patto atlantico, successivamente fu permesso ai rappresentanti italiani di presenziare ed osservare i negoziati, ed in fine di sottoscrivere il trattato, grazie all’appoggio Francese, senza però poter intervenire in merito.

Questo precedente diplomatico aveva portato fino a quel momento l’Italia nella sfera di influenza Francese, ed in più occasioni a scontrarsi direttamente con le posizioni Britanniche, tuttavia, quando il Regno Unito si affacciò timidamente sul palco europeo, nonostante le resistenze francesi, fu presa per mano ed accompagnata al tavolo delle trattative proprio dall’Italia. Non starò ad entrare nel merito della scelta politica Italiana, che vide, nell’ingrasso britannico in europa, una preziosa opportunità ed un importante alleato per superare la sua posizione minoritaria e porre sotto scacco la leadership Franco-Tedesca che si stava creando e che sarebbe stata messa in discussione se un paese grande ed influente come la Gran Bretagna fosse entrata in europa.

La Gran Bretagna da parte sua, decise di entrare attivamente in “Europa” come effetto e conseguenza dell’ormai inarrestabile sfaldamento del suo impero coloniale, il Regno Unito, proprio come anche la Francia e altri imperi coloniali, a partire dal secondo dopoguerra assistono e tenteranno in vano di resistere alla disgregazione degli imperi coloniali, nel 1971, col il ritiro britannico da Aden (Yemen) la Gran Bretagna si troverà di fatto fuori da gran parte dell’ex impero, ex impero che smetterà di esistere ufficialmente soltanto nel 1997, ma tra il 1976 ed il 97 la sua centralità nelle politiche internazionali e nelle dinamiche dei possedimenti ed ex possedimenti coloniali, sarà di sola facciata.

Come dicevo, l’inizio della fine dell’impero Britannico coincide con l’ingresso del paese nella comunità europea, comunità che richiedeva ai suoi partecipanti la chiusura di alcuni canali privilegiati (quali potevano essere gli scambi con le colonie) in favore di un’apertura delle frontiere nei confronti dell’europa, insomma, privilegiare gli scambi commerciali tra paesi europei invece che quelli con paesi extra europei.

Questa condizione era stata il principale “ostacolo” all’ingresso del Regno Unito in “europa” ma con l’impero in crisi, il governo intuì l’imminente fine dell’amministrazione imperiale cercando quindi un nuovo sbocco per le proprie produzioni agricole e industriali; questo nuovo sbocco fu rappresentato dalla nascente comunità europea, alla quale il Regno unito si unì nel 1973 appena un’anno dopo la fuoriuscita dall’ EFTA che nel 1972 è colpita da una forte emorragia di stati che, al seguito del Regno Unito avrebbero lasciato l’organizzazione europea di libero scambio per entrare a far parte della comunità economica europea.

Oggi l’EFTA esiste ancora, se pur notevolmente ridimensionata e si compone di Svizzera, Islanda, Norvegia e Liechtenstein.

Fonte :

La Cenerentola d’Europa. L’Italia e l’integrazione europea dal 1946 ad oggi – Antonio Varsori

Storia dell’integrazione europea – Bino Olivi, Roberto Santaniello

Le organizzazioni internazionali – Anna Caffarena

La crisi valutaria del 1992 || Fine dello SME

Perché l’esperienza del Sistema monetario europeo si conclude con la drammatica crisi valutaria del 1992 ?

Per rispondere a questa domanda è opportuno fare un passo in dietro e fissare alcuni paletti concettuali, spieghiamo quindi brevemente che cosa fu il Sistema Monetario Europeo.

Gli accordi dello SME (Sistema Monetario Europeo), vengono stipulati nel 1979 tra i paesi della Comunità Economica Europea, con l’obbiettivo di creare in Europa una zona di stabilità monetaria che rappresenti una risposta all’elevata inflazione e instabilità dei cambi succeduti alla fine del sistema di Bretton Woods.

Per raggiungere questo obbiettivo viene fissata una parità di cambio per i cambi bilaterali dei paesi membri, definiti attraverso una griglia di parità, con un margine di oscillazione del ±2,25%, e, nel caso questo margine fosse stato raggiunto, le banche centrali dei paesi interessati erano obbligate ad intervenire, acquistando o vendendo valuta1.

La recessione che si sviluppa a partire dal 1991 unita ad un elevato tasso di disoccupazione, destinato ad aumentare, rese particolarmente difficile la progettazione di un aumento della tassazione e tagli alle spese necessari a ridurre i deficit di bilancio verso il 3% e mantenere i tassi di inflazione entro l’1,5% da quello dei paesi con il minor tasso di inflazione, come richiesto dai trattati di Maastricht.

Con l’assorbimento da parte della Rft della debole economia della Rdt, con la sostituzione del deutsche mark all‘Ostmark, allo stesso valore, si ebbe un aumento della offerta di moneta superiore alla domanda che produsse un inflazione del 4%, che costrinse la banca centrale tedesca, la Boundsbank, ad innalzare i tassi di interesse.2

Quasi contemporaneamente una sempre più frequente serie di attacchi speculativi mette in evidenza i punti deboli del sistema monetario europeo, costringendo sempre più spesso le banche centrali ad intervenire, paesi come Italia, Francia e Gran Bretagna sono costrette a svalutare le propria monete nazionali, provocando una forte diminuzione delle riserve creando così le condizioni per per la recessione.3

Recessione e Nazionalismo rappresentano un terreno fertile per la nascita di correnti e movimenti antieuropei, i quali, per consolidare il proprio potere scelgono, di volta in volta, la via più semplice, delegando ad un ipotetico “altro” le proprie responsabilità, si viene così a creare un circolo vizioso che porta i vari paesi ad abbandonare il progetto del Sistema Monetario Europeo, ma, l’impossibilità al sopravvivere in un mondo ormai interconnesso in una maniera mai vista prima, rappresenta un freno velato che, impedisce il totale abbandono dei progetti comunitari. Italia, Francia e Gran Bretagna, se bene fuoriusciti dallo SME, sono ancora fortemente inserite nelle dinamiche comunitari, e ciò spinge “l’Europa” alla creazione di una nuova soluzione che possa garantire stabilità finanziaria, portando così nel giro di un decennio alla nascita della Comunità Monetaria Europea, con l’istituzione della moneta unica europea.

Bibliografia :

1 – La Nascita dell’economia Europea – Barry Eichengreen, Cap. 09 pp 216-223

2 – La Nascita dell’economia Europea – Barry Eichengreen, Cap. 11 pp 270-272

3 – La Nascita dell’economia Europea – Barry Eichengreen, Cap. 10 pp 242-249

L’evoluzione del sistema dei pagamenti internazionale tra gli accordi di Bretton Woods e la revoca della convertibilità del dollaro USA

Nel luglio del 1944, i delegati di 44 si riunirono nella località di Bretton Woods, negli Stati uniti, orientati alla definizione di un nuovo sistema di pagamenti internazionale che potesse evitare situazioni analoghe a quelle verificatesi negli anni trenta, mirarono alla realizzazione di un sistema che promuovesse il libero scambio, stabilizzasse i cambi e assicurasse l’autonomia delle politiche economiche nazionali in un contesto di cooperazione internazionale.

Queste linee di principio diedero vita ad un sistema basato su precise regole di comportamento per i paesi partecipanti, ed affidò la vigilanza ed il supporto di tale sistema a due nuovi organismi internazionali, sovranazionali, il Fondo monetario Internazionale (FMI) e la Banca internazionale.

Compito del FMI era quello di vigilare sul sistema di cambi fissi, stabilito durante i negoziati di Bretton Woods, che fissava le parità di cambio delle valute nei confronti del dollaro e del dollaro nei confronti dell’oro, promuovere la convertibilità delle valute e fornire finanziamenti per correggere gli squilibri delle bilance dei pagamenti, mentre la Banca Internazionale aveva il compito di assistere finanziariamente il processo di sviluppo.

Il FMI entra in funzione soltanto nel marzo del 1947, mentre la piena applicazione delle norme del sistema di Bretton Woods richiesero ancora un certo numero di anni, a causa di numerosi problemi e restrizioni legate ai pagamenti correnti e la liquidità.

La liquidità internazionale nell’immediato dopoguerra era concentrata prevalentemente negli Stati Uniti che, detenevano circa i due terzi delle riserve auree mondiali. Parallelamente i paesi europei e quelli asiatici impegnati in un processo di ricostruzione ed avevano necessità di grandi importazioni, domanda soddisfatta dalle esportazioni Statunitensi.

Gli aiuti del piano Marshall, circa 13 miliardi di dollari elargiti dagli Stati Uniti all’Europa tra il 1948 ed il 1952, equivalenti al 3% circa del reddito dei paesi beneficiari, insieme all’unione europea dei pagamenti, ebbro un ruolo fondamentale, nello smantellamento delle restrizioni che portarono alla finire degli anni cinquanta, al ristabilimento della convertibilità di parte corrente delle valute dei principali paesi europei.

Raggiunta la convertibilità, vennero a verificarsi i problemi che avrebbero successivamente portato al crollo del sistema Bretton Woods.

Questi riguardavano liquidità e fiducia nel dollaro, ed erano determinati dalla mancanza di un organismo orientato alla creazione di moneta internazionale in maniera coerente con le esigenze degli scambi e della produzione. La creazione di liquidità dipendeva prevalentemente dalle emissioni di dollari da parte degli Stati Uniti, ma l’aumento della liquidità, riduceva la copertura aurea dei dollari, e ciò minava la fiducia nella piena convertibilità in oro della valuta americana, il problema della liquidità viene risolto con l’introduzione dei DSP, un’attività di riserva la cui creazione fu affidata al FMI.

Nel 1968 fu istituito il doppio mercato dell’oro con quotazioni libere per i privati e scambi al prezzo fisso di 35 dollari l’oncia tra le autorità ufficiali, l’aumento del prezzo dell’oro sul mercato privato rese evidente la sopravvalutazione del dollaro.
Nell’agosto del 1971, temendo una massiccia conversione di dollari in oro le autorità statunitensi sospesero temporaneamente la convertibilità del dollaro, in un vano tentativo di contenimento dell’inflazione. Nel dicembre dello stesso anno i maggiori paesi industrializzati (Gruppo dei Dieci), concordarono nuove parità di cambio, procedendo con una svalutazione del dollaro nei confronti dell’oro e delle altre valute, e vennero fissati più ampi margini di fluttuazione. La nuova configurazione sopravvive fino ai primi mesi del 1973 quando i principali paesi industrializzati, in rapida successione, decisero di lasciar fluttuare le loro valute.

Bibliografia

La Nascita dell’economia Europea – Barry Eichengreen

Capitalismo Scatenato – Andrew Glyn

La morte di Aldo Moro

Il 9 maggio del 1978 com’è noto, fu ritrovato, nel bagagliaio di una Renault 4 di colore rosso, il corpo senza vita del giurista, allora segretario della Democrazia Cristiana (DC) Aldo Moro.

La morte di Moro ed il ritrovamento del cadavere rappresenta la fine di una lunga prigionia durata 55 giorni, iniziata appunto con con il rapimento di Moro, avvenuto il 16 maggio del 1978, nel quartiere Trionfale nella zona Monte Mario di Roma, non lontano dalla sede della camera dei deputati.

L’automobile su cui viaggiava Moro, una Fiat 130 fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse all’incrocio tra via Mario Fiani e via Stresa. In pochi secondi il commando eliminò la scorta, rapì Moro e si dileguò, sparendo nell’ombra.

Leggi tutto “La morte di Aldo Moro”

Il segreto della longevità dei templari ? Dieta equilibrata e vita agiata, nulla di più

La dieta dei templari era una dieta miracolosa che donava loro una grande longevità ?

Anche se dire di si ultimamente sembra andare parecchio di moda e, ovviamente, parlare di diete miracolose che allungano la vita attira decisamente tanti click e visite, ciò che ci interessa è la “verità” con tutte le implicazioni che questa parola comporta.

Iniziamo col dire che da un punto di vista prettamente statistico è vero che i templari vivevano più a lungo della maggior parte dei propri contemporanei, va però fatta una precisazione credo fondamentale, quei contemporanei che vivevano non più di quaranta o cinquant’anni, conducevano una vita al limite della povertà, con lavori sfiancanti e condizioni igieniche pressoché inesistenti. E visto che, in un indagine statistica è buona norma mantenere una cera uniformità nei campioni analizzati, trarre la conclusione che, la vita dei templari era più lunga, solo per via dell’alimentazione, potrebbe rivelarsi un errore.

La particolare dieta dei templari, non è infatti l’unico elemento di distinzione tra la “classe” elitaria degli appartenenti all’ordine dei templari e le masse popolari. La vita dei templari, ben descritta e regolamentata dal “manuale di vita dei cavalieri templari” non era delle più dure, anzi, le condizioni di vita dei templari erano assimilabili a quelle di aristocratici, nobili e alti prelati della chiesa, potevano permettersi un’alimentazione ricca di proteine, vitamine, ferro, calcio e tutto ciò di cui l’organismo ha bisogno, avevano accesso a pane fresco quasi ogni giorno, secondo il manuale, si raccomandava l’assunzione di carne (o pesce) almeno due volte a settimana, diversamente le masse popolari, avevano una dieta povera di tutto, e carne o il pesce erano riservati alle occasioni speciali, solitamente festività pubbliche o private, e questo solo per quanto riguarda l’aspetto alimentare.

Altro elemento discordante tra le masse popolari e le élite si presentava nelle condizioni igienico abitative e nelle condizioni e gli orari di lavoro, senza scomodare il signor G, mentre le élite vivevano “in appartamenti con dodici stanze”, le masse vivevano “in dodici in una stanza”, e mai come in questo caso, l’ordine delle parole fa la differenza. Restando nell’ambiente domestico, le condizioni igieniche di élite e masse popolari, non sono neanche lontanamente paragonabili, e persino l’acqua “potabile” se per le élite era sempre fresca e pura, per le masse popolari, questa era raccolta in barili in cui dimoravano anguille nutrite dai vari parassiti e insetti che potevano deporre le proprie uova in quell’acqua.

Anche il ritmo delle giornate seguiva tempi differenti, là dove le élite variavano le proprie abitudini, alternando momenti di lavoro a momenti di preghiera e di svago, per le masse popolari questo non sempre era possibile.

In conclusione, le élite, tra cui i cavalieri templari, non solo seguivano una dieta diversa, ma vivevano in un modo totalmente diverso da quello delle masse popolari, spesso afflitte da lavori sfiancanti ed esposti alle più disparate malattie, dall’influenza alla peste e, presa nota di questa discrepanza, volendo procedere in un’analisi statistica coerente e di ispirazione scientifica, se si confronta la longevità dei templari alla longevità di pari status, scopriremo senza alcun stupore che non vi è alcuna discrepanza, i templari, vivevano come qualsiasi altro membro delle élite dell’europa medievale, la cui aspettativa di vita, se si esclude la morte in battaglia o per febbre, si assestava generalmente intorno agli ottant’anni, proprio come per i templari.

L’insegnamento, probabilmente ovvio e banale,che possiamo trarre da questa vicenda e che l’aspettativa di vita è direttamente connessa alle condizioni di vita, migliori saranno le condizioni di vita, maggiore sarà l’aspettativa di vita, poiché minori saranno i rischi per l’integrità di un individuo. La longevità dei templari era frutto di una vita sana e agiata, con una dieta certamente equilibrata, ma per nulla miracolosa.

Fonte :

Il segreto dei Templari? L’alimentazione. “Ecco perché vivevano il doppio rispetto ai contemporanei” – Repubblica , 16 Marzo 2016

La società feudale – Bloch Marc

Come riavviare i negoziati sul Nucleare tra USA e Russia ?

Dall’inizio del suo mandato, il presidente Barack Obama ha fatto della riduzione degli armamenti nucleari su scala globale, una priorità, in tale proposito ha tenuto a Praga, nel 2009, un discorso con cui si impegnava nella realizzazione di un mondo privo di armi nucleari. I suoi sforzi iniziali hanno prodotto un accordo bilaterale con la Russia, datato 2010 per il controllo e la riduzione del numero di armi nucleari schierate a non più di 1.550 entro il 2018. Leggi tutto “Come riavviare i negoziati sul Nucleare tra USA e Russia ?”

Una Corea del Sud nucleare sarebbe un errore ?

L’articolo che segue è una traduzione dell’analisi pubblicata da Jungmin Kang, scienziato presso il Natural Resources Defense Council, in Washington, DC, in data 1 Aprile 2016, sul sito del Bulletin of the Atomic Scientist, il titolo originale dell’articolo è “A nuclear South Korea would be a mistake” in cui fornisce un’analisi storica e geopolitica della recente richiesta da parte della Corea del Sud di utilizzare il plutonio prodotto dai propri reattori nucleari, nella produzione di un arsenale nucleare che possa rappresentare un’efficace deterrente nei confronti della vicina Corea del Nord che di recente ha effettuato il lancio di un vettore a lunga gittata, ufficialmente per la messa in orbita di un satellite, che potrebbe essere utilizzato militarmente per la realizzazione di ordigni nucleari a lunga gittata. Secondo le informazioni disponibili la Corea del nord dispone infatti di ingenti quantità di Uranio arricchito e di Plutonio utilizzabili per la produzione di numerosi ordigni nucleari.

Osserva Jungmin Kang nel suo articolo che, allo stato attuale, con il background storico della Corea del Sud, la quale, già in passato ha condotto numerosi esperimenti nucleari, non comunicati all’AIEA e in piena violazione dei trattati di non proliferazione nucleari di cui era firmataria, la presenza in Corea del Sud di un arsenale nucleare, sia pure come deterrente, innescherebbe inevitabilmente una corsa agli armamenti nella regione, coinvolgendo conseguentemente anche Cina e Giappone, e questa potenziale escalation negli armamenti, sarebbe estremamente difficile da arrestare, se non in tempi molto lunghi, ragion per cui, sostiene Junmin Jang, per la sicurezza della Corea del Sud è necessario che questa mantenga invariata la situazione attuale, protetta dall’ombrello nucleare fornito da Washington, e non cerchi, in alcun modo di produrre un proprio arsenale nucleare.

Segue la traduzione dell’articolo di Jungmin Kang , e in fondo alla pagina il link all’articolo originale qualora la mia traduzione non fosse ritenuta completa.

Dal momento che la Corea del Nord ha condotto il suo quarto test nucleare sotterraneo il 6 gennaio 2016, un certo numero di importanti voci in Corea del Sud, tra cui alcuni all’interno della leadership del partito di governo e quelle di un importante quotidiano, hanno richiesto che la nazione acquisisse armi nucleari così da bilanciare gli equilibri con il vicino regime di Kim in Korea del Nord. Politici e gli esperti hanno inoltre rinnovato le richieste affinché la Corea del Sud sia autorizzata ad utilizzare il plutonio dei propri reattori, come ha già fatto anche il Giappone, affinché la Corea del Sud sia in grado di produrre armi nucleari più rapidamente del proprio vicino, diventando così uno stato dotato di armi nucleari. (La pratica è attualmente oggetto di un veto da parte degli Stati Uniti d’Americano.) Il primo ministro Hwang Kyo-Ahn ha dichiarato che il paese è intenzionato alla de-nuclearizzazione di tutta la penisola, nonostante tali proposte però, un recente sondaggio ha mostrato che almeno due terzi dei sudcoreani sia a favore di un deterrente nucleare contro il Nord. Purtroppo, anche se gli sforzi per ridurre il programma nucleare di Pyongyang sembrano non dare esiti positivi, la possibilità di una Corea del Sud dotarsi di un un arsenale nucleare, potrebbe solo peggiorare la situazione.

Il nucleare del Nord. L’Accordo di Ginevra del 1994 tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord è stato progettato per mettere fine al programma di armamento nucleare della Corea del Nord. Pyongyang si impegnava a congelare e infine smantellare i suoi impianti nucleare di Yongbyon e, in cambio, Washington si impegnava a fornire due reattori ad acqua leggera e vari altri premi economici e diplomatici. Il piano però è fallito. La sua attuazione ha iniziato a vacillare nell’ottobre 2002, quando è stato intercettato un carico di uranio, destinato probabilmente ad un programma clandestino di arricchimento dell’uranio, e con la successiva espulsione dalla Corea del Nord degli ispettori dell’AIEAdal complesso nucleare di Youngbyon, nel dicembre del 2002 e nel gennaio del 2003. I negoziati tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord sono continuati attraverso altri sei colloqui, l’ultimo dei quali, si  tenuto nel dicembre 2008. Gli sforzi internazionali per de-nuclearize la Corea del Nord per ora non hanno dato esiti positivi, mentre, dall’altra parte, il programma di Pyongyang ha continuato ad avanzare.

A differenza del Sud, la Corea del Nord ha l’infrastruttura nucleare per produrre razzi di grandi dimensioni altamente arricchiti con uranio e plutonio per uso militare. David Albright dell’Istituto di Washington per la Scienza e la Sicurezza Internazionale, ha stimato che, il Nord ha prodotto, negli ultimi anni, centinaia di chilogrammi di uranio arricchito con diverse migliaia di centrifughe, in oltre, sarebbe in possesso di circa 30 chilogrammi di plutonio. Una quantità più che sufficiente per la creazione di un’arma nucleare.

Il programma di arricchimento dell’uranio della Corea del Nord è stato rivelato a Siegfried S. Hecker della Stanford University durante una visita a Yongbyon nel novembre 2010. E ‘ancora incerto il numero di centrifughe che la Corea del Nord ha costruito, o quanto l’uranio abbiano prodotto, ma Hecker ha stimato che, a partire dal 2010, l’impianto di Yongbyon possa essere stato ampliato con altre 2.000 centrifughe, con una capacità di produzione annua di circa 40 chilogrammi di uranio arricchito, utilizzabile per armi nucleari. Questo impianto sembra essere raddoppiato dalla visita di Hecker.

Secondo la Albright, alla fine del 2014, dopo i primi tre test nucleari (effettuati nel 2006, 2009 e 2013), la Corea del Nord era ancora in possesso di circa 30-34 chilogrammi di plutonio per uso militare. Immagini satellitari hanno mostrato il reattore di 20 megawatt opertivo in modo intermittente dalla metà del 2014; se fatto funzionare a piena potenza per un anno, potrebbe produrre 5-6 chilogrammi di plutonio dal suo combustibile esaurito, la stessa quantità utilizzata nella bomba di Nagasaki. Nel 2010 in Corea del Nord è stato anche costruito un reattore sperimentale ad acqua leggera sperimentale, vicino al 20 megawatt, ma non per il momento non sembra essere ancora produttivo.

Dopo aver condotto il test sotterraneo nel mese di gennaio, la Corea del Nord ha dichiarato di aver fatto esplodere con successo una bomba all’idrogeno miniaturizzata. Le Registrazioni sismiche suggeriscono che l’esplosione ha avuto un rendimento nella gamma di 10 chilotoni, più o meno come il precedente test effettuato della Corea del Nord. Secondo certo numero di analisti, questi risultati potrebbero essere la prova dell’esistenza di un’arma fissione miniaturizzato cui rendimento di fissione era stato “potenziato” utilizzando neutroni dalla fusione e di pochi grammi di gas trizio-deuterio. Tale dispositivo potrebbe servire da carica principale utilizzata per accendere una capsula secondaria contenente combustibile fissile e termonucleare, che lo rende una vera arma termonucleare. Un’arma a fissione potenziata compatta potrebbe anche servire come una testata leggera sul di un missile balistico a lunga gittata come quello testato dalla corea del nord nel mese di febbraio, utilizzato ufficialmente per il lanciato di un satellite un satellite.

La situazione nella Corea del Sud. La Corea del Sud, prima di dedicarsi alla separazione del plutonio, o il ritrattamento del combustibile esaurito, sul finire degli anni sessanta, ha scatenato dalle preoccupazioni globali da parte della Commissione per l’energia Atomica degli Stati Uniti, per via della proposta di sviluppare più efficienti reattori ad uranio-plutonio. Nel 1970, con la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti ha cominciato a ridurre in modo significativo le proprie forze di occupazione militare in Corea del Sud. Questa trasformazione ha scosso il governo di Seul, che ha immediatamente istituito due nuove agenzie di difesa, l’Agenzia per lo Sviluppo della Difesa e il Comitato di sfruttamento armi. Quest’ultimo ha votato all’unanimità nei primi anni del 1970 per procedere con lo sviluppo di armi nucleari.

Nell’ambito dello stesso programma di armamento nucleare, il governo della Corea del Sud ha avviato trattative per l’acquisto di un impianto di ritrattamento dalla Francia, e nel 1973, il Korean Atomic Energy Research Institute(KAERI) , finanziato dal governo, ha iniziato a negoziare con il Canada per l’acquisto di un copia di un reattore di ricerca NRX, originariamente progettato per produrre plutonio per il programma di armi nucleari degli stati Uniti. L’istituto ha inoltre avviato i negoziati con il Belgio per l’acquisto di un impianto di fabbricazione del combustibile, richiesto da un programma civile di riciclo del plutonio. Successivamente l’India ha usato un’altra copia del reattore dell’NRX per produrre il plutonio utilizzato nel suo primo test nucleare nell’aprile del 1974, tuttavia, il governo canadese ha interrotto i negoziati con la Corea del Sud, e nel gennaio 1976, sotto le forti pressioni di Washington, Seoul ha concluso le trattative per l’impianto di ritrattamento francese. I negoziati con il Belgio si sono conclusi nel novembre 1977, ancora una volta a causa di un intervento degli Stati Uniti. Mentre il programma di armamento nucleare clandestino a sembra essersi concluso dopo l’assassinio del Presidente Park Chung-hee nell’ottobre 1979.

Nell’agosto 2004, tuttavia, il governo della Corea del Sud, ha rivelato pubblicamente al KAERI tra il 1979-1981, erano stati condotti  segretamente degli esperimenti per l’arricchimento dell’uranio, con la separazione nel 1982 di piccole quantità di plutonio, e sono stati condotti esperimenti per l’arricchimento dell’uranio mediante l’utilizzo di nel 2000, mentre tra il 1983 ed il 1987 sono state prodotte munizioni all’uranio impoverito. Nessuna di queste attività è stata tuttavia dichiarata dalla Corea del Sud all’AIEA, violando in questo modo il proprio accordo di salvaguardia nucleare e il trattato di non proliferazione.

Nel giugno 2015, gli Stati Uniti e Corea del Sud hanno firmato un accordo nucleare civile conosciuto come un accordo di 123 sugli usi pacifici dell’energia nucleare, in sostituzione di quello stabilito nel 1974. Come il vecchio accordo, il nuovo accordo ha dato a Washington un veto sulla sperimentazione della Corea del Sud e sul riutilizzo del combustibile. Tuttavia una commissione congiunta tra Strati Uniti e Corea, potrebbe consentire quest’ultima opzione.  L’accordo 123 consente inoltre di riutilizzare il combustibile esaurito della Corea del Sud per il ritrattamento oltremare molto probabilmente in Francia, ma senza ritorno di plutonio separato. Ma per quanto ne sappiamo, il governo né della Corea del Sud, né il suo stabilimento nucleare sono interessati a questa opzione. Il nuovo accordo 123 apre anche la possibilità per la Corea del Sud di procedere all’arricchimento dell’uranio, ma solo per essere utilizzato come combustibile in potenza e di ricerca per i reattori, e solo, ancora una volta, dopo una revisione da parte di una Commissione bilaterale.

Una pericolosa tentazione. In seguito alla notizia degli esperimenti non dichiarati condotti dagli scienziati del KAERI nell’autunno del 2004, la Corea del Sud sta cercando di aumentare la trasparenza comunicando tutta l’attività di ricerca e sviluppo di energia nucleare. Nel 2009 gli Emirati Arabi Uniti sono entrati in contatto con la Corea del Sud per la costruzione id quattro reattori nucleari, e nel 2012 la Corea del Sud ha ospitato il Secondo Vertice sulla Sicurezza nucleare. Permettendo così al paese di emergere come giocatore nel settore nucleare su scala globale.

Purtroppo, in Corea del Sud si continua pericolosamente a parlare del’acquisizione di armi nucleari. Due figure di spicco nel campo dell’ingegneria nucleare sostengono che il paese potrebbe costruire un gran numero di armi nucleari nei prossimi 18 mesi, utilizzando il plutonio separato dal combustibile esaurito, scaricato dai suoi reattori Candu. Essi sostengono che il ritrattamento questo combustibile non richiederebbe il consenso degli Stati Uniti ma quello canadese.

Essendo un paese da guinnes dei primati in quanto programmi nucleari segreti, la Corea del Sud dovrebbe capire che occorre molto tempo per costruire una certa credibilità, e che questa può essere persa molto facilmente. Se il Sud avesse acquisito armi nucleari, una nuova corsa agli armamenti nucleari sarebbe inevitabilmente tra Cina, Giappone e le due Coree, sarebbe inevitabile e quasi impossibile da invertire. Inoltre danneggerebbe gli accordi di sicurezza bilaterali tra la Corea del Sud e gli Stati Uniti. Un simile scenario farebbe aumentare la probabilità di una guerra nucleare nella regione, finendo così per lasciare la Corea del Sud in una situazione peggiore se fosse in possesso di armi nucleari che senza di esse.

La scelta migliore per il governo di Seoul, sarebbe quella di continuare con la sua politica attuale, al riparo sotto l ‘ “ombrello” nucleare fornito da Washington, durante il lavoro verso una penisola coreana denuclearizzato, nonché preservare un Giappone libero da armi nucleari. Con la stabilità della regione e la credibilità di un programma nucleare pacifico, denunciando eventuali proposte di un deterrente nucleare per la Corea del Sud che, andrebbe solo a peggiorare la già rischiosa situazione della regione.

Fonte: Jungmin Kang, A nuclear South Korea would be a mistake, The Bulletin of the Atomic Scientist, 1 April 2016
http://thebulletin.org/nuclear-south-korea-would-be-mistake9301

 

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Ella Harper è nata in Tennesse a Sumner County, nel 1870, e soffriva di una rara malattia congenita chiamata “Genu recurvatum” una deformazione del ginocchio che lo fa piegare all’indietro, provocando un forte dolore al ginocchio.

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