ONU e diritto internazionale, una questione spinosa

Il diritto internazionale, in teoria, è superiore al diritto nazionale, tuttavia, il diritto internazionale non è stato redatto da legislatori eletti più o meno democraticamente, ma da funzionari nominati dagli stati, e dunque, ha un deficit democratico che lo pone al di sotto del diritto nazionale.

È in giorni come questi, di grande turbamento, ambiguità e confusione sul piano internazionale e del diritto internazionale che l’ONU mostra la stessa fallacia che fu per la Società delle Nazioni quasi un secolo fa, e diventa sempre più evidente la necessità, oltre che l’urgenza di una profonda e sincera riflessione, sul ruolo e il funzionamento di questa organizzazione, de iure un istituzione internazionale, de facto, un mero accozzaglio di politicanti e burocrati senza alcun potere o autorità reale.

L’ONU oggi non ha il potere necessario ad imporre le norme del diritto internazionale ai propri membri, poiché afflitta da un male originale, quale un profondo deficit democratico e di natura politica, che accompagna l’istituzione sin dalla propria fondazione nell’immediato dopoguerra.

All’epoca l’ONU, il cui compito principale, la cui missione fondativa, la cui ragione d’essere, è la prevenzione dei conflitti tra le nazioni e la creazione di canali diplomatici in cui confrontarsi e dialogare in cerca di soluzioni alle controversie internazionali, quando venne creata, non aveva la possibilità di diventare pienamente il luogo della risoluzione delle controversie internazionali, perché il mondo, in quegli anni, stava ancora piangendo le vittime della seconda guerra mondiale e si stava preparando ad un conflitto politico e ideologico tra i due principali vincitori del conflitto.

La divergenza di visione tra USA e URSS, non è un segreto, ha mutilato l’ONU alle sue origini, che, con la creazione di un meccanismo di salvaguardia per le due super potenze ed i vincitori della seconda guerra mondiale, ha de facto reso nulla ogni possibile risoluzione onu che partisse da principi universali, limitando l’efficacia dell’organizzazione alle sole operazioni congrue alla volontà dei cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza.

I membri permanenti del consiglio di sicurezza hanno un potere enorme nell’istituzione, che non è il potere di decidere dove intervenire, ma qualcosa di molto più importante, il potere di decidere dove e quando l’ONU non può intervenire.

Nel mio podcast “l’osservatorio” su spotify e su youtube, ho parlato diverse volte dell’onu, delle sue origini e dei suoi limiti, e in questo articolo voglio soffermarmi ancora una volta sui limiti dell’ONU.

Il motivo per cui l’organizzazione delle nazioni unite ha poteri limitati è principalmente politco, oltre che storico e intreccia insieme la volontà dei vincitori della Seconda guerra mondiale, di ritagliarsi uno spazione nel nuovo ordine mondiale, e dall’altro lato, lanecessità, di rispettare la sovranità delle singole nazioni membre delle nazioni unite, e a scanso di equivoci, questa necessità, è a sua volta frutto della seconda guerra mondiale e dell’imminente guerra fredda.

L’onu delle origini doveva trovare un modo per permettere all’ONU stessa di collocarsi nel mondo al di sopra delle nazioni, affinché potesse rappresentare, come dicevo, quel luogo di confronto, in cui risolvere le controversie internazionali, senza ricorrere all’uso delle armi, ma, allo stesso tempo, doveva configurarsi come un istituzione subordinata alla volontà politica delle singole nazioni.

Il punto di incontro tra queste due necessità venne trovato nella creazione del consiglio di sicurezza dall’altro, e nella configurazione di un assemblea generale che avesse natura nominativa e non politica.

Detto più semplicemente, l’ONU, nel 1945, ha scartato la possibilità di creare la prima forma di un ipotessi di parlamento internazionale, preferendo creare un assemblea rappresentativa degli stati i cui membri non sono cariche elettive, ma nominali, e affidando ai singoli paesi piena autonomia sui modi e i mezzi per nominare i propri rappresentanti presso le nazioni unite, creando in questo modo un interessante paradosso.

Non avendo alcuna carica elettiva (nessun membro, commissario, rappresentante ecc, dell’ONU viene eletto) l’ONU non alcun tipo di potere politico, e sul piano giuridico, se bene rappresenti in un certo senso la sede centrale del diritto internazionale, e se bene , in un ordine gerarchico teorico, il diritto internazionale si pone al di sopra del diritto nazionale, in realtà, quel diritto non ha la forza di imporsi sul diritto nazionale che, prodotto da legislatori eletti, pur trovandosi gerarchicamente più in basso rispetto al diritto internazionale, politicamente è legittimamente e paradossalmente più in alto del diritto internazionale.

Va però precisato che, i singoli stati membri delle nazioni unite, hanno accettato implicitamente di riconoscere, sottoscrivendo i vari trattati, il diritto internazionale di cui l’ONU è depositario, riconoscendolo quindi, superiore al diritto nazionale.

Detto così sembra molto caotico e confusionario, e in effetti lo è, la questione del diritto internazionale è estremamente confusa, ma può essere semplificata in questo modo.

Il diritto internazionale è superiore al diritto nazionale, nei limiti concessi dal diritto nazionale, insomma, la legge internazionale esiste, ha valore, gli stati hanno l’obbligo di rispettarla e se non viene rispettata ci possono essere delle ripercussioni, a meno che non si abbiano le spalle coperte, come ad esempio facendo parte del consiglio permanente o più ambiguamente, tenendosi ben cari amici ed alleati che fanno parte del consiglio permanente.

Circa trent’anni fa, con la fine della guerra fredda, il mondo iniziava una prima riflessione sull’ONU e paventava la possibilità oltre che la necessità di una riforma dellorganizzazione, con una svolta di natura politica che segnasse il primo passo verso la costruzione di un primo tassello di quello che un giorno sarebbe potuto diventare un governo mondiale, nel quale tutti i popoli si sarebbero uniti in un unica nazione, nel nome del diritto internazionale dal valore universale.

Negli ultimi trent’anni questa riforma non c’è stata e anzi, l’ONU negli ultimi anni ha perso molta della propria autorità, sempre più spesso messa all’angolo dalle grandi potenze mondiali che de facto, dell’ONU e del diritto internazionale, perdonate il termine tecnico, se ne sciacquano le palle.

Perché festeggiamo il primo maggio?

La rivolta di Haymarket del 1886 è spesso indicata come il punto d’origine della festa dei lavoratori e anche se si tratta di un avvenimento drammatico e molto importante, è in realtà solo uno, dei tanti, tasselli di una storia iniziata già da molto tempo e che parte almeno dalla rivoluzione industriale, o comunque dal tracollo della società feudale.

Si tratta di una storia di scontri, lotte, scioperi, morti e arresti, una storia in cui i lavoratori di tutto il mondo reclamavano maggiori diritti salariali e sociali, coordinati da sindacati e partiti di sinistra, ed erano osteggiati dai propri datori di lavoro a loro volta appoggiati dai partiti e sindacati di destra.

L’opposizione delle destre alle rivendicazioni dei lavoratori si è manifestata in vario modo, attraverso minacce di licenziamenti in massa, in un epoca in cui il lavoro era poco, i lavoratori tanti, ed essere licenziati in favore di qualcuno che costava meno, lavorava di più e non si lamentava, era all’ordine del giorno. Attraverso l’arresto, in un epoca in cui dichiarare la propria appartenenza a determinate correnti politiche, costituiva un reato, ecc ecc.

che ci piaccia o meno, il primo maggio è una “festività” , anzi, una ricorrenza di sinistra, e non si tratta di una strumentalizzazione politica, ma di un attribuzione storica.

Il primo maggio, la festa dei lavoratori, la giornata internazionale dei lavoratori, spesso oggetto di critiche politiche per il proprio legame (molto forte) con la sinistra. Un legame che ha profonde radici storiche, oltre che politiche, e forse è il caso di presentare più attenzione alla storia che si cela dietro il primo maggio che alle sue rivendicazioni politiche per capire esattamente cosa si celebra e ricorda in questa data.

Approfitto di questa giornata particolare per fare una precisazione sulla giornata internazionale dei lavoratori e comincio con il dire che al di la della politica, questa giornata “celebra” tutti i lavoratori, a prescindere quindi dal proprio orientamento politico (e religioso), ma questo non significa che possiamo ignorare oltre un secolo di storia che questa giornata si porta dietro.

La giornata internazionale del lavoratore è nata in un contesto storico e politico ben definito, è nata in un epoca in cui “la lotta di classe” invocata dai comunisti era qualcosa di molto sentito da operai e contadini e le differenti condizioni sociali dei lavoratori dipendenti, identificati come proletari, rispetto a quella che in genere era identificata come la borghesia, e non necessariamente alta borghesia, ma anche la piccola e media borghesia, erano enormi e si riflettevano sulle condizioni, la qualità, e la speranza di vita.

Il quel preciso contesto storico, nella seconda metà del XIX secolo, il socialismo internazionale prima, ed il comunismo internazionale poi, hanno dato fiato a quel disagio sociale, hanno dato fiato alle richieste dei lavoratori, che, attraverso scioperi e manifestazioni hanno visto un (se pur lieve) miglioramento delle proprie condizioni lavorative e sociali, ed hanno visto riconoscere il proprio ruolo fondamentale nella società, con la nascita della giornata internazionale del lavoratore.

La “sinistra” non ha fatto propria questa giornata, la sinistra internazionale, l’ha creata dal nulla, l’ha costruita mattone dopo mattone, al costo di enormi sacrifici (dei lavoratori) che durante le manifestazioni e scioperi hanno rinunciato ad ore di lavoro retribuite e in alcuni casi hanno messo a rischio il proprio lavoro, la propria dignità, la propria libertà e la propria vita. Manifestare la propria ideologia politica orientata “troppo” a sinistra poteva portare al licenziamento o addirittura all’arresto, scioperare significava rischiare di perdere il lavoro, quando si era fortunati, in alcuni casi (come ad esempio l’italia fascista), scioperare comportava l’arresto, se si scioperava per motivi non graditi al governo o ai suoi “sostenitori e finanziatori”.

I sacrifici di questi uomini, coordinati da partiti e sindacati di sinistra ha costituito la pietra angolare su cui sarebbe stata costruita la giornata internazionale dei lavoratori.

Questa giornata è stata concepita e voluta dal socialismo internazionale, e riconoscere ad esso la paternità di questa celebrazione, non è una questione politica, ma di correttezza storica, e questo perché nell’ultimo secolo e mezzo, mentre i sindacati (di sinistra) coordinavano i lavoratori nei loro scioperi, dall’altra parte, i sindacati (di destra) appoggiati dai partiti politici dello stesso orientamento, nell’interesse dei datori di lavoro, li osteggiavano apertamente.

Quando parliamo del primo maggio non dobbiamo limitarci a pensare alla giornata in cui ci sono concerti in piazza, braciate e sventolano bandiere del PSI, ma dobbiamo tenere presente la storia che c’è dietro questa giornata, e anche se oggi a qualcuno vedere quelle bandiere con la rosa nel pugno può dar fastidio e vorrebbe una festa dei lavoratori senza appartenenze politiche, forse è il caso che ripassi un po’ di storia del XX secolo.

Per oltre un secolo il primo maggio non è stato un giorno di festa, in quella data, per decenni ci sono stati scioperi e manifestazioni di massa, dei lavoratori dipendenti, operai e contadini, coordinati da sindacati e sezioni locali del partito socialista, che richiedevano e reclamavano maggiori diritti sociali, attenuazione delle ore di lavoro, aumenti di salario, assistenza e tutele sul lavoro. tutte richieste che, per essere esaudite, avrebbero incrementato i “costi” dell’azienda e di conseguenza, ridotto i profitti dei proprietari e azionisti.

Per oltre un secolo, i “sindacati” di destra, nell’interesse dei datori di lavoro (che per semplicità chiameremo borghesia), che non volevano rinunciare alla propria posizione di privilegio sociale, appoggiati dai partiti di orientamento a destra a loro volta finanziati dalla stessa borghesia di cui tutelavano gli interessi, si sono opposti con forza e fermezza a questi scioperi e manifestazioni, minacciando licenziamenti in massa e arresti degli scioperanti, in fondo, in anni in cui il lavoro era poco, e i lavoratori tanti, alle imprese non sarebbe servito troppo tempo prima di trovare un rimpiazzo ai lavoratori licenziati che, pur di avere il lavoro, avrebbero accettato condizioni lavorative più sfavorevoli e salari più bassi.

La storia del primo maggio, è una storia di sinistra, in cui i lavoratori dipendenti sono stati impegnati in una lotta sociale contro i datori di lavoro più avidi e senza scrupoli, ed è una storia di scontro politico tra la sinistra, dalla parte dei lavoratori e la destra, dalla parte dei datori di lavoro, in anni in cui le manifestazioni potevano facilmente degenerare in insurrezioni, rivolte e scontri armati, molti dei quali sono stati sedati nel sangue e così è stato per oltre un secolo, a partire dagli anni della rivoluzione industriale, anche se la giornata dei lavoratori è stata “istituita soltanto” nel 1889, (1890 in italia).

E a proposito dell’italia, ricordiamo che in Italia, durante gli anni del regime fascista, questa giornata internazionale venne sospesa e sostituita da una giornata “analoga” ideata dal partito fascista che cadeva il 21 aprile e non il 1 maggio come invece accadeva nel resto del mondo.

E le cose andarono in questo modo almeno fino al 1945, quando, con la nascita delle Nazioni Unite, il primo maggio divenne ufficialmente la giornata internazionale dei lavoratori.

La storia di questa giornata è una storia di rivendicazioni, scioperi e manifestazioni, indette dai sindacati e partiti di sinistra, ed osteggiata dai sindacati e partiti di destra, scioperi e manifestazioni in cui molti uomini persero la vita o la libertà, ed è una storia che non possiamo ignorare per opportunismo politico.

La giornata dei lavoratori è, nell’atto pratico, la “festa” di tutti i lavoratori, a prescindere dal loro orientamento politico e religioso, ma è anche una ricorrenza voluta e creata dalla sinistra socialista, che ha compiuto un enorme sforzo di “democrazia” creando una manifestazione universale che avesse valore non soltanto dai propri sostenitori, ma anche per tutti gli altri, ma da qui al negare il legame tangibile e storico tra la giornata dei lavoratori e la sinistra e fingere che questa giornata non sia nata per i diritti di lavoratori, operai e contadini, il passo è lungo, e se fatto, comporta un’enorme e pericolosa mancanza di rispetto per la storia.
Fingere che la giornata dei lavoratori non sia stata creata dalla sinistra, significa cancellare un pezzo della nostra storia, nel tentativo di distorcerla e piegarla ad interessi politici ben definiti.

Detto questo, buona storia e buon primo maggio a tutti.

Hitler: il prodotto di una pedagogia nera


La proiezione del vissuto infantile nella storia mondiale


Le gesta di Adolf Hitler sono note, in modo più o meno dettagliato, a tutti. Quello che c’è stato dietro quelle gesta, ciò che ha prodotto quel risultato: se lo chiedono in pochi. In molti si soffermano sulle date, sugli avvenimenti, sulle invasioni, sulle alleanze. In pochi si chiedono chi sia stato veramente A. Hitler, e ancora meno si soffermano a capire il ragionamento di un dittatore o di un folle, come alcuni lo definiscono. In molti si affrettano a dare giudizi: il nazismo un bene o un male? Hitler, bravo o cattivo? Non diamo giudizi, cerchiamo di capire.

L’Infanzia

Adolf Hitler era figlio di Kiara Polzi e Alois Hitler, entrambi austriaci, di probabile origine ebrea e quasi sicuramente consanguinei. Adolf era il quarto ed unico figlio della coppia, sopravvissuto sano fino all’età adulta. Proprio per questo motivo la madre, Kiara, si dice che lo amò profondamente. Ma se ragioniamo sul concetto di amore vero e puro, sappiamo tutti che questo corrisponde ad un’apertura e ad un’attenzione nel comprendere quelli che sono i veri bisogni di un figlio. Il comportamento di Kiara non corrisponde a questo concetto, perché in lei non c’era quest’apertura e attenzione e proprio quando manca questa disponibilità, il bambino viene viziato, vale a dire colmato di concessioni e sommerso di oggetti di cui non ha affatto bisogno, solo come surrogato per ciò che non gli si può dare a causa dei propri problemi personali. Se Adolf fosse stato davvero amato, avrebbe acquisito anch’egli la capacità di amare. Le sue relazioni con le donne, le perversioni dimostrano che non aveva ricevuto affetto da nessuno dei due genitori. Ma come Kiara poteva amare Adolf, dopo che gli erano morti tre figli? Lei visse questi decessi come uno shock, che la portarono così ad aver paura di amare. Una paura inconscia derivante dal costante timore che anche quest’ultimo figlio potesse andare incontro alla stessa sorte degli altri tre. Neanche Alois amò Adolf, al contrario lo picchiava spesso e picchiava anche la moglie. Alois rappresentava la figura dominante della famiglia, tutti dovevano essere sottomessi alla sua volontà ed alla sua eccessiva intransigenza, specialmente in pubblico. Bello, affascinante, forte, feroce: questo era il padre di Adolf Hitler.

La proiezione

Sulla scena della politica mondiale egli recitò senza rendersene conto il vero dramma della sua infanzia. La struttura della sua famiglia si può descrivere come il prototipo di un regime totalitario. Il suo unico e incontrastato signore è il padre. La moglie e i figli sono completamente sottomessi al suo volere, l’obbedienza è la loro principale regola di vita. Il regime totalitario istituito da Adolf Hitler non è quindi altro che il prodotto della pedagogia nera, ovvero di un’infanzia tragica e segnata da continue violenze ed abusi. Proprio nelle gesta di Hitler, nell’istituzione del suo regime, si vede come egli per reagire a questa pedagogia nera abbia scomposto il proprio sé reagendo con la proiezione ovvero con l’attribuire a persone o oggetti esterni i propri impulsi e desideri proibiti; l’intolleranza dell’individuo nei riguardi degli altri è accompagnata dalla severità verso sé stesso; l’effetto di questo meccanismo è la rottura del legame tra gli istinti inaccettabili e l’io. Un regime totalitario che probabilmente non sarebbe mai nato se Hitler avesse avuto un’infanzia diversa. Egli, inconsciamente, incarnò quindi il padre. Alois era rappresentato da Hitler in entrambe le sue forme: il ridicolo dittatore in uniforme, così come lo vedeva Adolf ed il grande dittatore, ammirato ed amato dalle masse, visione che invece aveva la madre Kiara di Alois. Ma se da un lato Adolf incarnò, inconsciamente, la figura del padre, sul piano conscio egli voleva vendicarsi di lui. Il sospetto che il padre fosse ebreo, fece in modo che Adolf identificò negli ebrei il nemico da estirpare e su cui consumare la propria vendetta. Egli trasferì alle masse, ovvero a se stesso e a sua madre, tale concetto. Possiamo, in conclusione, affermare che anche dietro lo scenario più folle ed abominevole della storia c’era una logica, criminale, ma neanche tanto complessa e strana. Hitler non è stato quindi un semplice dittatore, un folle, un malato, bensì il risultato di un’educazione sbagliata e del tentativo di correggere il proprio passato non gradito, attraverso la proiezione del proprio vissuto infantile in uno scenario mondiale. A farne le spese sono stati milioni di uomini e donne che hanno avuto la sfortuna di appartenere a quel target che Hitler identificò come nemico. Adolf adulto e nelle vesti del führer rappresentava il padre nel senso autoritario, le masse erano identificate come Kiara ed Hitler bambino e gli ebrei come il padre nel senso del nemico da cui Hitler bambino doveva a tutti i costi difendersi e difendere sua madre. E tutto torna, tutto ha una sua logica.

Fonti:

I Meccanismi di Difesa secondo A. Freud (http://www.igorvitale.org/2015/01/27/9-meccanismi-di-difesa-secondo-anna-freud/)

Psicopatologia di Hitler (http://www.igorvitale.org/2016/06/04/psicopatologia-di-hitler/)

Il profilo psicologico di un criminale (http://www.igorvitale.org/2016/07/05/psicologia-di-hitler-profilo-psicologico-criminale/)
L’ascesa al potere di Adolf Hitler (http://www.raistoria.rai.it/articoli/l%E2%80%99ascesa-di-hitler/32524/default.aspx)

 

Chi ha inventato gli Occhiali ?

Dare una risposta secca non è facile, gli occhiali un po come la maggior parte delle “invenzioni” non hanno un unico padre, e la loro storia si perde in secoli, forse millenni di evoluzione e trasformazione.

L’invenzione degli occhiali è per certi aspetti “anonima” ma questo non significa che non abbiano una loro storia e ripercorrerne le tappe forse non darà un nome al loro inventore, ma ci permetterà di conoscerne le varie sfaccettature. Leggi tutto “Chi ha inventato gli Occhiali ?”

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