La repubblica Weimar, lotta di uomini e ideali, Guida alla lettura

Guida alla lettura del saggio storico “La repubblica di Weimar, lotta di uomini e ideali” di Davide Bernardini, edito da Diarkos.

La Repubblica di Weimar è uno di quei capitoli particolari della storia del mondo, radicato all’interno di un ben preciso e delineato contesto storico e politico, quello della Germania post grande guerra, i cui effetti però, si riversarono sull’intera umanità e, a distanza di oltre un secolo dalla sua “fondazione” la repubblica di Weimar continua a far parlare di se, ed è sempre più presente nel mondo moderno.

Nell’immaginario comune Weimar rappresenta l’anticamera del totalitarismo tedesco ed è utilizzata da anni ormai, come esempio di una civiltà in decadenza che, con le ultime forze, prova a resistere alla barbarie che si sviluppa al proprio interno.

Nel 1993, in un Italia al che si ritrovava ad affrontare parallelamente la fine della prima repubblica e della guerra fredda, immersa in un clima globale di grande incertezza, un clima fatto di tensioni, scontri e incontri. In quel panorama politico e geopolitico dal sapore internazionale, furono in molti a parlare di “fine della storia” e in Italia qualcuno osservò con audacia, di intravedere in quel clima, orizzonti già visti altrove e in altre epoche, raccontando l’Italia all’alba della seconda repubblica come una novella Weimar.

In quel contesto Francesco Guccini, nell’album Parnassius Guccini, pubblica la canzone “Nostra signora dell’ipocrisia“, in cui racconta il dramma politico dell’epoca, citando proprio Weimar nelle primissime strofe della canzone.

Un artigiano di scoop forzati scrisse che Weimar già si scorgeva e fra biscotti sponsorizzati videro un anchorman che piangeva e poi la nebbia discese a banchi ed il barometro segnò tempesta, ci risvegliammo più vecchi e stanchi, amaro in bocca, cerchio alla testa…

F.Guccini, Nostra signora dell’Ipocrisia, Parnassius Guccini, 1993

L’anticamera del totalitarismo

La Repubblica di Weimar fu, per la storia tedesca, e non solo, una complicata e controversa esperienza politica, oltre che storica, fu una parentesi dal profumo democratico che si colloca tra la fine del secondo impero e l’istituzione del terzo reich hitleriano. Weimar fu il luogo storico e politico, in cui vennero gettate le basi del futuro regime nazista, e per certi versi fu l’anticamera di quell’oscuro e devastante regime totalitario fondato su rancore, odio, rabbia, intolleranza e finto patriottismo elitario.

La repubblica di Weimar segna il punto d’arrivo della democrazia tedesca, segna il fallimento della democrazia difronte a certe istanze e definisce il trionfo delle correnti più estreme e radicali sulle correnti più moderate, configurandosi per molti come la concretizzazione di quelle profetiche parole messe per iscritto da Platone nel libro quarto della repubblica, e noto come il brano sulla “sete di Libertà“.

Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia.

Platone, La Republica, Libro IV

Il grande laboratorio di Weimar

Weimar non fu solo il luogo in cui germogliarono i semi del nazional socialismo, ma fu anche un grande laboratorio politico, collocato nel cuore dell’Europa, in cui si sperimentò un alternativa alla rivoluzione sovietica.

In questo immenso laboratorio, rimasto in funzione, con non poche difficoltà, per circa 15 anni, dal 1918 al 1933, tanti furono gli esperimenti frutto dell’incontro, scontro, intreccio e rielaborazione delle principali idee e correnti politiche del primo novecento, e tanti furono i fallimenti.

E fu proprio per effetto di quegli esperimenti non riusciti che si consolidò l’idea di una politica più radicale fondata su idee combattenti, su idee che dovevano essere difese non solo con il dialogo, ma anche e soprattutto con la forza e le armi.

Weimar, lotta di uomini e ideali

Il saggio storico di David Bernardini intitolato La Repubblica di Weimar, Lotta di uomini e ideali, edito da Diarkos si pone l’obbiettivo di ripensare, a distanza di un secolo dalla propria nascita, la Repubblica di Weimar. Ripensare non significa revisionare, il saggio va precisato, non ha un carattere revisionista e il suo obbiettivo è quello di scavare a fondo nella storia di Weimar, nel tentativo di comprendere quali sono stati gli errori che hanno portato al tracollo quell’esperienza democratica, permettendo la nascita e l’affermazione del regime nazista.

Il saggio si struttura in due grandi parti, e racconta la storia e le idee che fecero la Repubblica di Weimar, in maniera non lineare, ma seguendo temi e tematiche.

Weimar, lotta di uomini e ideali si sviluppa in un articolata e non troppo semplice rete di punti e concetti, che, nel complesso, forniscono un panorama ampio e completo su tutta l’esperienza di Weimar.

Parte prima

La prima parte del libro ha un carattere fortemente divulgativo, e permette di inquadrare a pieno tutti gli aspetti e gli elementi che andarono a comporre la struttura di Weimar, chi furono i suoi protagonisti, quali furono le idee che definirono l’esperienza politica di Weimar e quali furono i momenti salienti dell’intera esperienza politica iniziata nel 1918 e terminata nel 1933.

I vari capitoli del libro, sia della prima che della seconda parte, come anticipato, sono sviluppati su temi e concetti consequenziali, e, se bene scollegati tra loro, sono strutturati su un percorso cronologico che rende non troppo semplice ed efficace una lettura asincrona, almeno non alla prima lettura.

Nella prima parte infatti ogni capitolo e propedeutico, per ragioni cronologiche, ai capitoli successivi. Inoltre, l’intera prima parte costituisce la base concettuale ed evenemenziale, su cui è costruita la seconda parte.

Questo discorso ovviamente decade per eventuali letture successive alla prima.

Parte seconda

Se i temi ed argomenti trattati che compongono la prima parte del saggio sono trattati in modo netto e puntuale, volti a ricostruire la storia della Repubblica di Weimar, i temi trattati nella seconda parte, hanno un carattere più trasversale ed hanno il fine di favorire l’immersione del lettore in quell’esperienza storica.

Diversamente dai capitoli della prima parte, quelli della seconda parte possono essere letti in maniera asincrona, poiché non consequenziali, di conseguenza le informazioni contenute in un capitolo, non sono propedeutiche per la lettura e comprensione dei capitoli successivi.

Conclusioni

Anche se di carattere generalmente divulgativo, i vari temi trattati, per essere compresi a pieno, soprattutto nella seconda parte, richiedono alcune conoscenze preliminari, senza le quali, purtroppo, non è possibile cogliere completamente tutte le sfumature del saggio.

La divisione del saggio in due parti permette in parte di ovviare ad una preliminare carenza di informazioni di base, la prima parte infatti, ha una struttura più manualistica con cui, l’autore, oltre a fornire una narrazione ampia e completa dell’esperienza storica della repubblica di Weimar, getta le basi per la seconda parte, di carattere più avanzato.

In definitiva, La repubblica di Weimar, Lotta di uomini e ideali, non è un libro adatto a chiunque. Il saggio si rivolge prevalentemente a chi vuole conoscere e approfondire meglio la storia della Germania degli anni venti. Il lettore ideale ha già una conoscenza basilare degli avvenimenti di quel periodo oltre che del contesto e delle idee politiche dell’epoca.

Chi è Davide Bernardini?

Davide Bernardini è un giovane storico italiano, classe 1988, laureato presso l’università di Teramo e attualmente docente a contratto presso l’Università degli studi di Milano, è inoltre socio del SISSCO può vantare numerose recensioni in collaborazione con la Rivista storica del socialismo ed Giornale di storia contemporanea, oltre a diversi articoli di ricerca e alcuni saggi, tra cui Nazionalbolscevismo. Piccola storia del rossobrunismo in Europa edito da ShaKe.

La seconda Weimar Italiana – Storia Leggera

Nostra signora dell’ipocrisia di Francesco Guccini è una canzone che pesa come un macigno, soprattutto in questo periodo, è una canzone vecchia di un quarto di secolo ma sembra scritta l’altro ieri, non so se per via dell’ambientazione pasquale o per il fortissimo parallelismo tra la politica italiana odierna e quella dei primi anni novanta e diventa un brano agghiacciante, quasi un campanello d’allarme se si considera il preesistente parallelismo tra la politica italiana dei primi anni novanta e la politica tedesca della repubblica di Weimar.

Forse pubblicare il primo articolo di una nuova rubrica il lunedì di pasquetta non è stata la mia idea migliore, ma alle conseguenze di questa sconsiderata scelta penserò in un altro momento, per ora, voglio approfittare della particolarità di questa giornata, dell’atmosfera pasquale che permea l’aria, per iniziare col botto, per iniziare con una canzone che è un colpo di cannone sparato nello, sparato nell’addome quasi come se fossimo degli artisti circensi, ma l’addome che questa palla di cannone va a colpire non è un addome forte è tonico, quasi scultoreo, è invece un addome rigonfio dalla quantità abnorme di cibo consumato nel pranzo di pasqua e che indomito non teme i fiumi di vino e le montagne di carne che come in un rito di passaggio si appresta a consumare in questa giornata di festa, preludio al quasi religioso digiuno serale, un digiuno che quasi come da tradizione è avvolto da uno strano silenzio occasionalmente interrotto dal lento e inesorabile grugnito di qualcuno che forse ha mangiato e bevuto troppo.

Le immagini proposte da nostra signora dell’ipocrisie, queste immagini pittoresche e al limite del grottesco, fortemente contrastanti tra loro, ad un primo sguardo possono far sorridere o impallidire, soprattutto se non si va a rompere l’illusoria bolla che le avvolge e nasconde ogni cosa. Ma se la bolla esplode, se la maschera di un ormai lontano carnevale viene sollevata, allora possiamo riuscire ad intravedere la realtà, possiamo dare uno sguardo al vero volto di questa canzone, del mondo e del tempo che va a raccontare. Ciò che vediamo sollevando la maschera è una matassa caotica e indistricabile, metafora del temibile caos politico che nei primi anni novanta, come un boa constrictor stava schiacciando l’Italia tra le sue spire letali e riportava nell’aria lo spettro di un altro mondo e di un altro tempo, riportando nell’aria i pensieri, le angosce, le ansie e le paure di un passato oscuro e dimenticato forse troppo in fretta. Tra le spire del serpente lo spettro di Weimar cavalcava sull’Italia.

All’inizio degli anni novanta, l’Italia e più in generale l’intera umanità, stava entrando in una nuova epoca globale che succedeva ad un lungo conflitto psicologico, una guerra combattuta indirettamente e che per oltre quarant’anni aveva contrapposto due mondi, due modi di vivere e di pensare, delineando un preciso ordine internazionale in cui i confini tra l’uno e l’altro mondo erano netti e ben visibili, in alcuni casi, come a Berlino erano materiali, tangibili, erano veri e propri muri invalicabili. Ma la fine della guerra fredda aveva cambiato ogni cosa, aveva abbattuto quei muri e il mondo intero doveva affrettarsi a riorganizzarsi per trovare e definire un nuovo ordine internazionale che potesse sostituire il precedente. Per queste ed innumerevoli altre ragioni, tantissimi altri storici dell’epoca indicato il 1991 come un punto di rottura tra due diverse epoche storiche, Eric Hobsbawm in particolare contribuì forse più di tutti a creare l’immagine di un secolo breve che iniziava con la prima guerra mondiale e terminava con la dissoluzione dell’unione sovietica, e ciò che c’era dopo, era soltanto un futuro misterioso e incerto. Un futuro che ad un primo e superficiale sguardo mostrava la fine della guerra fredda e la dissoluzione dell’Unione Sovietica come il punto di partenza di un mondo libero da guerre e conflitti, qualcuno addirittura osava ipotizzare la fine della storia e della geografia mentre sognava la nascita di un governo mondiale, qualcun altro, forse più realista, forse con i piedi troppo saldi in una storia umana fatta di incontri e scontri di civiltà, prestava più attenzione ai nuovi e più delicati equilibri internazionali che si stavano formando, osservando che quel positivismo epocale sarebbe presto sfumato lasciandosi alle spalle molti delusi a causa della natura precaria ed incerta di quegli stessi equilibri.

L’Italia di quegli anni, l’Italia dei primi anni novanta, non è ovviamente estranea a questi cambiamenti epocali, soprattutto perché per ragioni geografiche e politiche aveva giocato un ruolo quasi centrale nelle dinamiche della guerra fredda e tra i tanti, era forse il paese che più di chiunque altro era riuscito a trarre un vantaggio reale e dalla rivalità che contrapponeva USA ed URSS. L’economia italiana per oltre 40 anni era si aveva approfittato, in larghissima misura, delle dinamiche dalla guerra fredda e la sua fine comportava la perdita di enormi introiti economici e finanziari per il paese. Introiti e finanziamenti non sempre totalmente cristallini o leciti, ma la cui presenza aveva giocato un ruolo certamente importante nel definire l’assetto economico del paese.
Va da se che la situazione del bel paese all’indomani dello scioglimento dell’Unione Sovietica è molto cupa ed incerta inoltre i forti scossoni che la politica interna aveva subito negli ultimi anni, tra stragi di mafia e scandali legati al finanziamento illecito dei partiti, si erano abbattuti sulla vecchia politica italiana come una tempesta e la vecchia classe dirigente del paese si era ritrovava in una posizione non ottimale, l’atmosfera politica dell’Italia era confusa, era cupa e le folle chiedevano un rinnovamento della stessa classe, così, giorno dopo giorno, domenica dopo domenica, tra le elezioni del 1992 e quelle del 1994 l’Italia visse una lunga quaresima, fatta di digiuni, confessioni, esili volontari, stelle cadenti e nuove stelle nascenti che in quegli anni costruirono la propria carriera politica in maniera minacciosa, puntando il dito ed attribuendo alla vecchia politica la responsabilità di qualsiasi cosa, guerra puniche comprese. Così, quando furono chiamati a scegliere tra Gesù e Barabba, chi per un motivo, chi per un altro, gli italiani scelsero Barabba.

In questo biblico caos istituzionale qualche artigiano di notizie riusciva ad intravedere i tasselli di un drammatico passato che non apparteneva al nostro paese, ma che presentava numerose assonanze alla realtà politica che si stava vivendo in quegli anni. Il caos e l’instabilità politica dell’Italia nei primi anni novanta ricordava forse troppo sfacciatamente il caos e l’instabilità politica vissute dalla Germania all’indomani della prima guerra mondiale, nel periodo compreso tra il 1919 ed il 1933 e col senno di poi, qualcuno sbarrava gli occhi scorgendo, temendo e ricordando il drammatico epilogo della repubblica di Weimar.

Tra il 1992 ed il 1994, nasceva una versione tutta italiana della repubblica di Weimar e questa esperienza avrebbe traghettato il paese per un quarto di secolo, verso una nuova e analoga situazione di caos istituzionale e politico, in cui la “nuova classe dirigente” del 1994 era diventata l’immagine della vecchia politica, i vecchi nuovi astri nascenti erano le nuove stelle cadenti e nuove stelle nascenti iniziavano a costruire la propria carriera politica, in maniera minacciosa e puntando il dito attribuendo alla vecchia politica la responsabilità di qualsiasi cosa, guerra puniche comprese, facendo proprio il vecchio slogan per cui il responsabile era sempre e soltanto di qualcun’altro.

Il futuro di questa nuova ondata di caos e instabilità politica, tutt’ora in evoluzione non è stato ancora dipanato, speriamo soltanto che nostra signora dell’ipocrisia non ci conduca ad una nuova “domenica delle salme”.

Exit mobile version