Orsini: “Ucraini come i partigiani? Allora anche i talebani.” e in effetti…

Durante un intervento nella trasmissione Cartabianca di Rai Tre, il professor Alessandro Orsini ha dichiarato che

“Se paragoniamo la resistenza ucraina a quella dei partigiani in Italia, servono motivazioni molto forti affinché io non debba paragonare ai partigiani”

Ha poi aggiunto

“Se il principio è che tutti coloro che resistono rispetto ad un invasore straniero sono come i partigiani italiani, allora anche i talebani che resistevano all’invasione americana sono come i partigiani”.

Incredibile ma vero, anche se non era sua intenzione il professor Orsini ha finalmente detto qualcosa di sensato e perfettamente in linea con la “teoria del partigiano” espressa da Carl Schmitt nel saggio “Theorie des Partisanen. Zwischenbemerkung zum Begriff des Politischen” del 1963.

Ora, Orsini dice ciò in modo provocatorio, il suo intento è quello di fare un esempio per assurdo, tracciare un analogia sul negativo e associare i combattenti ucraini ai talebani afgani che, nella retorica occidentale sono dei terroristi e non dei partigiani.

Tuttavia, sul piano teorico e concettuale fallisce, sul paino comunicativo e narrativo purtroppo il discorso è più complesso, ecco perché ho deciso di scrivere questo intervento e sintetizzare alcuni concetti e analisi già espresse qualche anno fa in un articolo pubblicato su notiziegeopolitiche, intitolato Combattenti irregolari: Terorristi, partigiani e rivoluzionari a confronto.

Talebani, terroristi o partigiani?

In breve, anche se siamo abituati all’analogia “Talebani = Terroristi” questa analogia è fondamentalmente errata ed è frutto esclusivo della propaganda occidentale, o per meglio dire, statunitense.

De facto, i Talebani, finché sono Afgani che combattono in Afghanistan contro un invasore straniero (di qualunque nazionalità), in questo caso Stati Uniti e prima di loro URSS, che hanno deciso, in maniera arbitraria e unilaterale di imporre in Afganistan il proprio modello culturale, sono, per quello che è il concetto di Partigiano, dei Partigiani, senza se e senza ma.

Per essere più precisi, durante il conflitto, sono de facto combattenti irregolari, senza un particolare inquadramento, nel senso che sono contemporaneamente, terroristi e partigiani.

Lo sono perché durante il conflitto la differenza sostanziale tra civili in armi che combattono con mezzi e strumenti irregolari e in modo asimmetrico contro un nemico meglio armato, è solo ed esclusivamente lo schieramento. Se dei civili in Afghanistan o in Ucraina, combattono più o meno direttamente con l’Afghanistan o l’Ucraina contro l’aggressore straniero, sono per l’Afghanistan o l’Ucraina dei partigiani, ma per l’aggressore sono terroristi.

Carl Schmitt, nella teoria del partigiano ci dice che il concetto di partigiano è un concetto estremamente aleatorio, proprio come il concetto di “rivoluzionario” (non apro questa parentesi o l’articolo non finirà più) esso si definisce pienamente solo alla fine del conflitto e in base all’esito del conflitto, ma, durante il conflitto, tutti i combattenti irregolari, sono, da una parte e dall’altra, rispettivamente partigiani/rivoluzionari o criminali/terroristi.

Per fare un esempio pratico, i nostri partigiani, coloro che dal 43 al 45 combatterono contro le forze di occupazione nazifasciste, oggi sono considerati partigiani e non terroristi, ma questo perché banalmente sono loro che hanno “vinto” la guerra civile italiana, se le cose fossero andate diversamente e in Italia avesse trionfato la Repubblica Sociale Italiana, i nostri partigiani sarebbero considerati dei terroristi, perché all’epoca erano considerati dei terroristi dal Terzo Reich e dalla RSI, mentre i membri della RSI sarebbero i nostri partigiani.

In altri termini, durante un conflitto, i combattenti irregolari sono considerati terroristi da una parte o dall’altra e allo stesso modo sono considerati partigiani, da una parte o dall’altra.

Nel caso specifico dell’Ucraina e del Donbass, i combattenti filorussi del Donbass sono considerati terroristi dal governo Ucraino e Partigiani dal governo Russo, mentre i combattenti ucraini (come ad esempio i membri del battaglione Azov) sono considerati partigiani dall’Ucraina e terroristi dalla Russia e in questo preciso momento storico sono entrambi entrambe le cose. Ma cosa effettivamente solo o meglio, come effettivamente verranno ricordati dalla storia, potrà definirlo soltanto la fine della guerra e la collocazione geopolitica della regione. In altri termini, se il conflitto si chiuderà con una vittoria russa e il passaggio del Donbass sotto la protezione di mosca, i membri del battaglione Azov, per rimanere sull’esempio, saranno considerati, in quella regione, terroristi, e probabilmente nel resto del mondo degli eroi dell’Ucraina, diversamente, se la guerra si concluderà con un trionfo ucraino che manterrà il controllo dell’area del Donbass, verranno considerati partigiani nella regione e terroristi in Russia.

Che cos’è un partigiano ?

Il concetto di partigiano combe abbiamo visto è estremamente aleatorio e soprattutto, soggetto a cambiamenti politici, quelli che oggi sono partigiani, con un cambio di regime possono diventare terroristi e quelli che oggi sono terroristi, con un cambio di regime possono diventare patrioti o partigiani. Basti guardare all’Afganistan dove i Talebani sono passati da liberatori dell’Afghanistan a terroristi ed ora che sono nuovamente al governo sono di nuovo dei “patrioti”.

In ogni caso, per definizione, un partigiano è un combattente (irregolare) che combatte in casa propria contro un invasore straniero, a tal proposito, nella sopracitata Teoria del Partigiano, Schmitt li definisce “sentinelle della terra” proprio per indicare il loro legame naturale con la terra, con quella terra in cui combattono e per cui combattono.

Il partigiano definito da Smith, conosce come il palmo della propria mano la terra in cui combatte ed è in grado di sfruttarla alla perfezione, questo si applica ai partigiani Italiani durante guerra civile italiana, ai vietcong durante la guerra del Vietnam, ai Mujahideen prima e Talebani poi in Afghanistan e ora ai combattenti ucraini.

Il partigiano conosce il territorio e i suoi abitanti ed ha un profondo legame con i suoi abitanti, perché in linea di massima è anch’egli un abitante di quella regione, che combatte non troppo lontano da casa e va a stringere un rapporto quasi simbiotico con chi rimane nei villaggi perché non può combattere, un rapporto che porta ad una protezione reciproca. Chi è in grado di combattere lo fa clandestinamente, sfruttando il territorio a proprio vantaggio, chi non è in grado di combattere protegge i segreti e l’ubicazione dei propri cari che invece stanno combattono, e questo legame da loro la forza di resistere all’oppressione, alle minacce, alle torture e gli eccidi, allo stesso tempo da loro la forza di rispondere a queste aggressioni.

Resistenza Ucraina è come la resistenza Afgana?

Andiamo quindi in conclusione.

Alessandro orsini traccia un parallelo tra la resistenza ucraina ed i Talebani ed è proprio qui che si configura l’errore atroce, indegno per una persona che ricopre la posizione di Orsini.

Un’analogia concreta e corretta è da fare tra la resistenza Ucraina e la resistenza Afgana e in questa non c’è alcuna differenza, entrambe sono legittime perché si tratta di una resistenza formata da civili in armi di una determinata nazione che combatte contro un invasore straniero, sia esso l’URSS negli anni 80, gli USA negli anni 2000 o la Russia negli anni 20 del ventunesimo secolo, il popolo aggredito da una nazione straniera è legittimato a difendersi, senza se e senza ma.

Indicare i Talebani come espressione totale della resistenza afgana è errato, perché salvo alcune eccezioni in alcune regioni, i talebani non sono sentinelle della terra, non sempre hanno un profondo legame personale con il territorio in cui combattono, in alcuni casi combattono in regioni lontane dalla propria terra d’origine, allo stesso tempo però anche il parallelo tra talebani e terroristi è errato.

I talebani sono considerati terroristi, dal mondo occidentale, per ragioni prevalentemente politiche, e non pratiche, all’atto pratico però, sono dei combattenti irregolari schierati su un fronte opposto a quello “occidentale”.

Il fatto che i Talebani, abbiano compiuto attacchi in Afghanistan contro soldati stranieri, più precisamente statunitensi, (la cui presenza in Afghanistan non era prettamente legale) li rende terroristi solo per gli USA e i suoi alleati, ma non per la popolazione civile afgana. Ciò che li rende tecnicamente, non solo politicamente, terroristi, non sono gli attacchi contro i soldati occidentali in Afghanistan, ma gli attacchi contro i civili afgani o attacchi irregolari compiuti oltreconfine.

In altri termini, un autobomba al mercato afgano messa lì dai talebani è un attentato terroristico, un autobomba che si si fa esplodere nei parcheggi sotterranei di un edificio a New York è un attentato terroristico, un autobomba che colpisce un mezzo blindato statunitense, diretto in un villaggio afgano, mi dispiace dirlo, ma non è un attentato terroristico, ma è un atto di guerriglia, di guerra asimmetrica, di guerra irregolare.

Articolo 11 costituzione Italiana

costituzione italiana

Apro una piccola parentesi sul tema dei limiti della difesa e gli attacchi oltreconfine, almeno per quanto riguarda l’Italia. Su questo punto entra infatti in gioco l’articolo 11 della costituzione italiana la cui articolazione definisce dei limiti ben precisi all’utilizzo della forza.

L’articolo recita

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

In questo articolo, primo articolo della costituzione dopo i principi fondamentali, e per questo dotato di grande rilevanza e solennità, non si dice solo che l’Italia ripudia la guerra, ma si definiscono in modo estremamente chiaro e preciso i motivi di questo ripudio, in altri termini, si dice che tipo di attività belliche sono ripudiate dall’Italia e quali invece sono tollerate.

L’articolo si apre dicendo che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

L’Italia in altri termini, ripudia le guerre offensive e ripudia l’uso della forza per risolvere dispute internazionali, non ripudia la guerra come strumento di difesa, non ripudia la legittima difesa di un popolo di fronte ad un aggressione straniero e anzi, in determinate circostanze, quando un popolo viene aggredito, l’Italia promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte alla difesa e tutela dell’aggredito, mai dell’aggressore.

Questo articolo, scritto all’indomani della seconda guerra mondiale, vede una fortissima influenza dei reduci del Comitato di liberazione nazionale e dei movimenti antifascisti dell’epoca, perfettamente consapevoli che, una resistenza non armata ad un aggressore armato, era ed è, purtroppo, inefficace.

Nel caso specifico della guerra in Ucraina quindi, l’Italia ripudiando la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento di risoluzione alle controversie internazionali, è tenuta ad esprimere, senza se e senza ma, una forte condanna all’aggressione perpetuata dalla Russia, un offensiva che limita la libertà del popolo ucraino, determinata dalla volontà russa di porre fine ad una controversia internazionale, più precisamente una disputa territoriale relativa alle regioni del Donbass e della Crimea.

Allo stesso tempo però, l’Italia, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a produrre un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.

L’Italia dunque, per la propria costituzione, ha il dovere di aiutare l’Ucraina a difendersi, ma questa difesa ha un limite che coincide con i confini stessi dell’Ucraina. L’Italia può aiutare l’Ucraina a respingere gli invasori russi fuori dai propri confini, ma non può sostenere, in alcun modo, l’avanzata ucraina oltre i propri confini e non può sostenere attacchi ucraini in territorio Russo.

UCRAINA: Mosca convoca seduta straordinaria del Consiglio di Sicurezza

Ucraina: La russia convoca una seduta straordinaria del consiglio di sicurezza, per discutere della questione ucraina

Contro ogni previsione e in modo completamente inaspettato, l’ONU entra in gioco sulla questione Ucraina (finalmente) , su richiesta della Russia.

A quanto si legge, la Russia ha chiesto una seduta straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Perché la Russia ha convocato il cds? che, vista l’occupazione illegale della crimea e la presenza di militari russi in diverse regioni dell’ucraina, dovrebbe attivarsi contro la Russia, attivando un embargo totale (come previsto dall’articolo 41 della carta dell’ONU) contro la Russia che sta minacciando l’integrità e la sovranità nazionale dell’Ucraina?

La risposta a queste domande è nella retorica dell’isteria occidentale e la parallela fuga in massa di russofoni dall’Ucraina verso la Russia.

Il Cremlino parla di oltre 60mila rifugiati ucraini in Russia, rifugiati vessati da anni di conflitto interno al paese, che sono ora “esasperati” dalla presenza di militari occidentali nel paese.

Questo mi riporta alla mia teoria, avanzata diverse settimane fa, per cui, sarebbe arrivato il giorno in cui la Russia, avrebbe fatto un passo in avanti nella propria strategia, indicando gli USA come responsabili dei disordini in Ucraina

.La presenza in Ucraina di occidentali è, per la Russia, una minaccia, non solo ai propri confini, ma anche all’integrità della stessa Ucraina, e dunque, possiamo aspettarci che il consiglio di sicurezza delle nazioni unite, si esprimerà a favore dell’ucraina, richiedendo il ritiro delle forze NATO dal paese, o, più probabilmente, con un nulla di fatto dovuto all’attivazione di un veto degli USA che rifiuteranno di lasciare il paese.

Ecco quindi che la retorica dell’Isteria si trasforma in “legittima preoccupazione” della Russia, che sulla carta non ha ancora fatto nulla di male e anzi, ha addirittura convocato una seduta straordinaria del Consiglio di Sicurezza, dando l’idea di una “fiducia” istituzionale nel ruolo pacificatore delle nazioni unite.

Sta per iniziare, come avevo anticipato nel mio articolo del 15 febbraio, una nuova fase nella strategia russa, una fase che, molto probabilmente sarà incentrata sulla retorica dell’imperialismo americano, una retorica che ha il fine ultimo di legittimare l’ingresso nella regione del Donbass di militari Russi, perché il loro sarà un ingresso di carattere “difensivo” al fine di “pacificare” la regione e permettere ai rifugiati Ucraini in Russia, di rientrare nel proprio paese e nelle proprie case, che in questo momento non sono sicure a causa della guerra civile tra una “resistenza” da parte dei separatisti, e occupanti occidentali.

Sintetizzando al massimo quindi, il motivo per cui la Russia ha attivato l’ONU è che vuole rendere “illegittima” la presenza di militari occidentali in Ucraina, e, se dovesse fallire a causa del veto degli USA, potrò parlare di occupazione americana dell’Ucraina orientale.

Ucraina: Via al ritiro delle truppe russe dal Confine. Per Mosca il Ritiro era pianificato da tempo.

Mosca ritira le truppe dal confine ucraino, continuando a parlare di isteria occidentale

Per la Russia sono finite le esercitazioni, non c’è alcun merito dell’occidente nel ritiro delle truppe dal confine con l’Ucraina e continua la retorica dell'”isteria occidentale”.

Ora, la domanda da porsi è, in cosa si stavano “esercitando” accerchiando l’Ucraina?

La risposta più ovvia a questa domanda, che non vedrà mai un ammissione da parte della Russia è che, si stavano esercitando all’invasione dell’Ucraina.

Probabilmente l’intento russo era quello di mettere pressione al paese confidando sul menefreghismo europeo e americano, facendo leva sul proprio Gas Naturale da cui l’Europa è dipendente.

Questa leva però, non ha funzionato, questa volta, grazie all’attivazione di canali alternativi che avrebbero portato Gas in Europa da altre parti del mondo.

Le esercitazioni, che nelle mire del Cremlino, servivano a sondare il terreno in vista di un occupazione su larga scala dell’Ucraina, hanno dato l’esito inverso, ed hanno portato alla Russia un messaggio chiaro, forte e deciso, la Russia, non può invadere ulteriormente e impunemente uno stato sovrano (di cui comunque controlla ancora un importante regione, la Crimea).

Ufficialmente la Russia sta ritirando le proprie truppe, ma, le sta ritirando davvero? Secondo la NATO non è proprio così, ma di questo parleremo più avanti nel post.

Ora però si apre un nuovo scenario.

In Ucraina c’è una forte presenza di militari occidentali, che, ufficialmente sono lì in difesa della sovranità dell’Ucraina su richiesta della stessa Ucraina, ma, allo stesso modo, per le correnti filorusse del paese, possono apparire ed essere raccontate come forze di occupazione.

In altri termini, possiamo aspettarci che, nei prossimi mesi, se i militari occidentali rimarranno nel paese, la Russia, inizierà a raccontare questa versione, probabilmente coadiuvata dalle varie forze filorusse di tutta l’Europa orientale, e delle varie leadership sovraniste (molto vivine a Putin).

La domanda che quindi dobbiamo porci a questo punto è, quanto gli USA rimarranno in Ucraina? e, se l’Ucraina chiederà agli USA di lasciare il paese, lo faranno senza obiettare? o la paura di un invasione russa dell’Ucraina restituirà, agli occhi di molti, l’immagine di un avvenuta invasione americana dell’Ucraina?

Quasi certamente, nei prossimi mesi, sentiremo parlare di imperialismo americano a danno della sovranità Ucraina, da parte di un paese, la Russia, che, fino a ieri, ammassava soldati, e mezzi ai confini dell’Ucraina.

Tornando alla NATO di cui sopra.

La NATO, come anticipato, non è certa dell’effettivo ritiro, o del fatto che il ritiro fosse programmato, e, l’esempio storico della recente crisi in Crimea, in seguito occupata dalla Russia, parla da solo.

Già all’epoca la Russia iniziò delle esercitazioni al confine, per poi ottenere un referendum, privo di alcun valore, in cui la minoranza Russa della regione, richiedeva l’indipendenza della Crimea dall’ucraina e l’annessione alla Russia.

Contestualmente al referendum, ricordiamo, fecero ingresso in Crimea, numerosi uomini armati e mezzi, senza bandiera, che, ufficialmente non erano legati in alcun modo alle forze armate Russe, anche se poi, finita la crisi e ottenuta l’annessione, sulle uniformi di quegli uomini sono magicamente apparse bandiere russe.

Molto probabilmente la Russia intende ripetere la stessa strategia, con una differenza sostanziale rispetto al 2014. All’epoca l’Ucraina venne abbandonata dal resto del mondo, con l’Europa che guardava dall’altra parte e gli USA che guardavano da lontano. Oggi invece, nel paese, c’è una massiccia presenza occidentale e la possibilità che il paese entri a far parte della NATO.

Ucraina nella NATO

Il possibile ingresso dell’Ucraina nella NATO è, senza troppi giri di parole, il fattore scatenante di questa crisi, la Russia, per sua stessa ammissione, non vede di buon occhio l’espansione della NATO ad oriente, e non gradisce un paese NATO ai propri confini, soprattutto se quel paese garantisce alla NATO un accesso secondario al Mar Nero, il cui ingresso è controllato da un altro paese membro dell’alleanza atlantica, la Turchia.

Se dovesse concretizzarsi l’adesione dell’Ucraina al patto atlantico, il potere di negoziazione della Turchia verrebbe meno, e, quel paese strategicamente significativo, che per la propria posizione gode di imponenti scudi diplomatici che gli garantiscono impunità ai propri crimini, si ritroverebbe costretto a dover ammorbidire le proprie posizioni.

Allo stesso tempo però, la Turchia, rappresenta una risorsa fondamentale per l’Europa, sia per quanto riguarda il controllo dei flussi migratori, poiché il paese trattiene gran parte dei migranti della rotta balcanica, sia perché il paese anatolico ospita uno dei principali oleodotti e gasdotti che trasportano gas e petrolio in europa.

La Turchia gioca quindi un ruolo chiave per l’Europa, nel frenare le pressioni Russe, permettendo in parte all’Europa di non piegarsi ai ricatti energetici di Putin, ma questo ha un prezzo, e il prezzo è che ora, la Turchia, se da un lato perde una piccola parte della propria centralità nel controll o del Mar Nero, dall’altra acquisisce centralità e importanza sul piano energetico, diventando potenzialmente uno dei principali interlocutori dell’Europa, per quanto riguarda l’afflusso di idrocarburi e gas naturale.

Exit mobile version