Trump gioca d’azzardo con i risparmi degli americani.

Continua il pressing del presidente Donald Trump sul presidente della Federal Reserve Jerome Powell, per via della gestione dei tassi d’interesse sul dollaro che Donald Trump, vorrebbe venissero ribassati molto e velocemente, mentre il presidente della Federal Reserve preferisce un approccio più cauto.

Il diverso approccio tra i due non è solo questione di temperamento, carattere e visione dei due “presidenti”, ma riflette anche gli interessi dei due individui, il primo in quanto presidente eletto, deve rispondere ai propri elettori e procedere lungo la propria linea politica, il secondo invece, in quanto funzionario federale, ha il compito di preservare gli interessi della nazione, della sua economia e il valore del dollaro.

Trump e Powell hanno ruoli diversi che per quanto interconnessi, si incrociano realmente solo poche volte, e difficilmente questo incontro avviene più volte nella vita di un presidente, e questo perché, per preservare la natura indipendente e non politica della Federal Reserve, il suo presidente, pur essendo nominato dal presidente degli USA, non può essere rimosso dal proprio incarico prima della fine del suo mandato o che avvenga un evento drammatico, come ad esempio l’arresto o la morte del suddetto.

Jerome Powell, attuale presidente della FED è in carica da febbraio 2018, e fu proprio l’allora presidente Trump a nominare il governatore repubblicano, molto vicino alla famiglia Bush, alla carica di presidente della FED.

Tra il 2018 e il 2025, l’approccio conservativo e rigoroso di Powell non è mutato, sono però mutati i mercati globali e più in generale l’economia globale, colpita duramente e messa alla prova prima dalla pandemia e poi da vari conflitti in giro per il mondo.

Divergenze tra USA e UE nella gestione dell’inflazione

Scenari geopolitici complessi che il presidente della FED, così come la dirigenza della BCE in Europa, tengono sott’occhio, non prendono sotto gamba, e che costituiscono un elemento determinante per la strategia monetaria da adottare. Di questo l’Unione Europea, va detto, appare più disciplinata e responsabile degli USA, e si è mossa fin dal 2020 per preservare la propria economia, nonostante le crescenti sfide che hanno visto soprattutto nel 2022, un rapito innalzamento dell’inflazione, ai quali l’Europa ha cercato di rimediare con un innalzamento progressivo dei tassi d’interesse sull’Euro, che, a partire dal 2024 ha iniziato a ridurre.

Gli USA invece, soprattutto durante la presidenza Trump, si è detta meno ricettiva alle indicazioni della propria banca centrale e della propria governance, e, a differenza dell’Europa in cui i vari stati membri e la BCE remavano sostanzialmente nella stessa direzione per favorire una riduzione dell’inflazione, negli USA solo la FED sembra andare in quella direzione, mentre il presidente Trump ha intrapreso una serie di iniziative economiche, particolarmente aggressive, tra cui la nuova politica sui dazi e sui migranti, che hanno contribuito ad un nuovo incremento dell’inflazione, rendendo difficile e pericoloso per la FED ridurre i tassi d’interesse sul dollaro.

Detto più semplicemente, la strategia di Trump per rilanciare l’economia USA passa da un inflazione altissima e la svalutazione del dollaro, così che il costo del debito USA, a parità di dollari emessi, sia virtualmente più “basso”. Dall’altra parte, la FED ha tra le proprie priorità quella di mantenere il dollaro alto, così da preservare il potere d’acquisto degli americani.

Due visioni inconciliabili, dipendenti da due cariche non sovrapponibili, che però, il presidente Trump intende controllare.

Non è una novità che Trump minacci di licenziare Powell, cosa che però, non può fare. La carica del presidente della FED è, come già detto, blindata fino a fine mandato.

Se da un lato Trump non può licenziare Powell, dall’altro in vista della fine imminente del suo mandato, Trump può non rinnovare il mandato, e nominare a Marzo 2026 un nuovo presidente della Federal Reserve.

Come viene nominato il presidente della FED

Sebbene il presidente della FED venga nominato direttamente dal presidente USA, va precisato che, a differenza dei membri del gabinetto presidenziale, nel quale il presidente può nominare chiunque, anche un conduttore TV come segretario della difesa… ed ha solo bisogno dell’approvazione del proprio partito al congresso affinché quella nomina venga confermata. Per la nomina del presidente della Federal Reserve, è più complessa.

Anzitutto Trump non può scegliere arbitrariamente, ma può limitare la propria scelta ad una lista di nomi proposti dal senato, generalmente governatori della Federal Reserve, ma non necessariamente, e una volta fatta la propria scelta, il senato ha il compito di votare e approvare la nomina dopo un audizione del candidato di fronte alla commissione bancaria del senato.

La valutazione della commissione bancaria del senato, pur non essendo vincolante, è di enorme rilievo, se infatti la commissione dovesse ritenere un candidato non idoneo, il voto passerebbe comunque al senato, ma difficilmente verrebbe confermato, a meno che non ci sia una precisa volontà politica di nominare quella specifica persona per la carica di presidente della Federal Reserve.

Chi sono i possibili successori di Powell ?

Nominato per la prima volta, da Trump, il 5 febbraio 2018, Jerome Powell è stato il 16° presidente della Federal Reserve e nel 2022, il presidente Biden ha riconfermato Powell per un secondo manato alla guida della FED, mandato che terminerà nel 2026, e viste le tensioni unilaterali tra Trump e Powell, è molto improbabile che il presidente uscente venga nominato per un terzo mandato.

Interrogati sul futuro della FED e sulle dinamiche politiche all’interno del Board of Governors della FED, alcuni economisti hanno indicato i possibili futuri governatori della FED.

Tra i nomi più quotati figurano quelli del governatore Christopher Waller e di Kevin Hassett.

Nomi che hanno riscosso un grande successo anche in sondaggi come quello condotto dal Clark Center for Global Markets della Booth School of Business dell’Università di Chicago e pubblicato sul Financial Times, dove Waller ha ottenuto l’82% di probabilità di nomina, mentre Hassett il 44%. Oltre i due nomi “promossi” dagli economisti, vi sono anche altri nomi più “politici” come ad esempio Marc Sumerlin.

E l’indirizzo politico del candidato non è da sottovalutare e anzi, mai come in questo caso potrebbe essere determinante.

Il prossimo presidente della FED, con molte probabilità, non sarà un economista di rilievo, con esperienza e competenze invidiabili, ma più probabilmente un fedelissimo di Trump e del MAGA, e che, soprattutto, condivida le idee politiche di Trump in materia economica. Ricordiamo ancora una volta che da mesi Trump sta facendo pressioni affinché il tasso d’interesse sul dollaro torni all’1%. Richiesta che Powell non ha minimamente preso in considerazione, procedendo, solo a settembre 2025, con un primo lieve taglio del tasso d’interesse, portato al 4% dal precedente 4,25%.

Un taglio lieve e cauto, che ovviamente non soddisfa minimamente il presidente Trump, ma che permette al dollaro di continuare a valere intorno agli 0,80€ e non precipitare sotto i 0,70€, cosa che si stima possa accadere in caso di taglio troppo rapido del tasso d’interesse.

Oltre ai nomi già citati, vi è un quarto nome tra i papabili, proposto direttamente da Donald Trump, che sembra incarnare le idee economiche del presidente, ovvero l’ex governatore della Federal Reserve Kevin Warsh.

Warsh, Waller e Hassett sono tutti e tre favorevoli ad un più incisivo e veloce taglio dei tassi d’interesse, Waller ed Hassett tuttavia, pur volendo accelerare, prediligono un approccio più cauto, con piccoli tagli frequenti, Warsh invece, potrebbe sostenere la proposta di Trump per un taglio unico dal 4 all’1%, e questa sua vicinanza al presidente, questa sua “lealtà” come l’ha definita lo stesso Trump, e obbedienza al Presidente, anche nel caso in cui dovesse ricoprire una carica indipendente che non risponde e non deve rispondere al presidente, potrebbe essere determinante per la sua nomna.

Trump in questo è stato molto chiaro, il prossimo presidente della FED deve rispettare 2 requisiti fondamentali, essere leale a Trump (non al presidente), e avere la volontà di tagliare i Tassi, questo secondo requisito tuttavia è subordinato al primo, e se Trump dovesse decidere che non si devono più tagliare i tassi, il presidente leale dovrebbe cambiare idea con lui.

Il dilemma dell’incompetente

Per quella che è la visione di Trump e le sue dichiarazioni, la nomina del prossimo presidente della Federal Reserve sembra quindi essere fortemente legata alla lealtà del candidato al presidente Trump.

Trump sa che una volta nominato alla presidenza, il prossimo presidente della FED rimarrà in carica per non meno di 4 anni, e dovrà condividere con il prossimo presidente FED ciò che rimane del suo mandato presidenziale, ha quindi bisogno di una persona di fiducia, che gli obbedisca e che segua le sue direttive, e al di là dell’interferenza del presidente su una carica indipendente che è già di suo molto allarmante, va assolutamente osservato un altro fattore.

Donald Trump è una delle pochissime persone al mondo ad essere riuscito a far fallire un “Casinò”, se vi interessa scriverò un articolo dedicato al Trump Entertainment Resorts, Inc. e al suo fallimento nel 2004 e la sua chiusura definitiva nel 2017.

Oggi Trump sta giocando d’azzardo e gestendo gli USA, in un certo senso, come gestiva il suo casinò, con la differenza che, se all’epoca del TER i soldi del banco erano i suoi, questa volta il banco rischia di perdere i risparmi di oltre 300 milioni di cittadini americani.

Nuovo attacco di Trump alla FED “Powell dovrebbe dimettersi subito”

Nuovo attacco di Trump alla FED “Powell dovrebbe dimettersi subito”

Continua la pericolosa guerra di Trump alle istituzioni USA. Il presidente torna ad attaccare Jerome Powell per come sta dirigendo la FED e a chiederne le dimissioni.

Secondo il presidente USA, l’attuale presidente della FED dovrebbe dimettersi ma pur essendo una carica nominata dal Presidente USA (e Powell è stato nominato da Trump, poi confermato da Biden), il presidente non ha l’autorità ne il potere di rimuoverlo dall’incarico prima della fine del mandato di 4 anni.

Le dimissioni volontarie sono quindi l’unico modo in cui Powell può essere “rimosso” dalla direzione della FED prima della fine del suo mandato, mandato che terminerà a maggio 2026.

Il motivo per cui il presidente USA può nominare, ma non deporre un presidente della FED è legato a diverse chiamiamole “clausole di sicurezza” che blindano la presidenza della FED e il suo consiglio di amministrazione, in modo che eventuali cambi politici al congresso e alla casa bianca, non influiscano sulla sua direzione, e per separare i due poteri “presidenza USA e presidenza FED” le nomine avvengono in maniera asincrona, entrambe le cariche hanno 4 anni, e il presidente USA nomina un presidente FED, circa un anno dopo l’inizio del proprio mandato. Per quanto riguarda i membri del CDA invece, questi rimangono in carica per 14 anni.

Insomma, la FED e la sua governance sono state progettate proprio per evitare che persone come Donald Trump potessero interferire con il suo funzionamento.

Jerome Powell è presidente della FED dal 2017 e membro del cda dal 2014, ciò significa che il suo mandato da presidente è stato già rinnovato (nel 2021 da Biden) e terminerà nel 2026, mentre il suo mandato da membro del cda terminerà nel 2028, e non può essere rimosso da nessuno dei due incarichi.
Più espressamente, Trump non può licenziare il presidente della FED e i membri del CDA della FED.

Se guardiamo alla carriera “politica” di Powell vengono fuori alcuni passaggi a mio avviso molto interessanti, la sua carriera nelle istituzioni USA inizia nel 2005, secondo mandato di Bush, con la carica di come Segretario del Tesoro e prosegue nel 2011, questa volta presidenza Obama, con la nomina nel consiglio di amministrazione della FED con un mandato triennale, rinnovato nel 2014 per ulteriori 14 anni, nomina confermata in maniera quasi plebiscitaria dal senato che approverà la nomina con una maggioranza assoluta, 84 voti a favore contro 13.

Nel 2017, sotto la presidenza Trump, viene nominato presidente della FED.
La presidenza della FED ha durata quadriennale e a fine mandato, in piena era COVID, il presidente Biden conferma Powell alla guida della FED per altri 4 anni, prolungando il suo mandato fino al 2026.

Sebbene sia stato Trump a nominare per la prima volta Powell alla presidenza della FED, da quando è tornato alla Casa Bianca, il presidente USA ha mostrato una certa reticenza nei confronti del lavoro di Powell, criticandolo e contestandolo in più di un occasione, arrivando spesso a chiederne il ritiro, ma come abbiamo già detto, Trump non ha il potere per rimuovere Powell dall’incarico, e allora Trump scalcia e fa pressione su Powell per ritirarlo a ritirarsi volontariamente dalla guida della FED.

Uno dei motivi di tale ostilità è legato ai tassi d’Interesse sul dollaro, misura anti-inflazione, innescata in epoca Covid e post-covid, e che in altre parti del mondo, come l’UE, ha iniziato ad essere disinnescata, mentre in USA i tassi rimangono “alti”.

Per Trump, mantenendo i tassi alti, Powell starebbe facendo un pessimo lavoro, e per questo ha più volte chiesto di ridurli, ma Trump non ha potere in materia e Powell e la stessa FED l’hanno più volte fatto presente.
In questo scontro unilaterale di Trump contro la FED, Powell non è rimasto in silenzio ed è recentemente intervenuto pubblicamente sottolineando che, l’interesse della FED è mantenere stabile l’economia USA e il Dollaro, e ridurre i tassi d’interesse sul dollaro, è qualcosa di prioritario per la FED, ma tali interventi devono essere rimandati poiché, per via dei Dazi voluti da Trump, la decrescita dell’inflazione è rallentata, di conseguenza, non vi sono più le condizioni per ridurre il tasso d’Interesse in modo sicuro.

Più semplicemente, nonostante i tassi d’interesse alti, il dollaro continua a perdere valore sul mercato, arrivando a valere circa 0,80€ negli ultimi giorni. Ridurre il tasso d’interesse ora, comporterebbe un crollo del dollaro, che potrebbe far collassare l’intera economia USA.

Nei prossimi mesi Trump potrebbe quindi annunciare il successore di Powell, e se si il nome sarà di un membro del CDA della FED, la nomina “prematura” potrebbe minare il peso del Presidente, creando un precedente pericoloso nella storia degli USA.

Cosa ne pensate?