Pomodori secchi, storia e tradizione italiana

I pomodori secchi oggi sono uno degli alimenti tipici della tradizione culinaria dell’italia contadina e rurale, e questa è la loro storia

Se oggi i pomodori sono il simbolo della cucina italiana, è perché per secoli gli italiani hanno letteralmente mangiato pomodori secchi.

I pomodori sono oggi una parte importante della storia e della tradizione italiana, il loro utilizzo è quasi illimitato e onnipresente nella cucina italiana, sono infatti pochissimi i piatti tradizionali che richiedono l’uso di pomodori, e pure, questo alimento, questo frutto, fa parte della tradizione italiana da poco più di quattro secoli. Ho fatto qualche ricerca e sono riuscito a trovare alcuni dei passaggi che hanno fatto la storia dei pomodori, e non ci crederete mai, ma se oggi i pomodori sono così importanti nella cucina italiana, è perché, per oltre tre secoli, gli italiani hanno seccato pomodori.

I pomodori secchi sono il vero punto di partenza della storia del pomodoro in italia, sono in un certo senso, il senso stesso del pomodoro nella tradizione, e in questo post, voglio raccontarti la storia dei pomodori, e soprattutto dei pomodori secchi.

Pomodori, dalle americhe all’Italia

Con la scoperta delle Americhe, il mondo è profondamente cambiato, la scoperta segna letteralmente l’inizio di un mondo nuovo, e a fare da spartiacque, non è tanto la scoperta geografica in se, ma tutto quello che da quella scoperta ne sarebbe scaturito.

Con la scoperta delle Americhe, il mondo, e per mondo si intende l’europa, si ritrova a dover fare i conti con una nuova realtà storica e culturale, che rimette in discussione il concetto stesso di umanità, con tutte le conseguenze sociali, politiche e culturali che questo comporta. Ma non solo, le Americhe sono un mondo pieno di risorse e opportunità, e questo significa nuove rotte commerciali, nuovi equilibri sociali nella stessa europa, significa nuove economie, nuovi mercati, significa nuove risorse per i mercati europei, e per nuove risorse si intende soprattutto nuovi alimenti.

Una delle grandi e più importanti rivoluzioni che consegue alla scoperta delle Americhe, riguarda soprattutto il piano alimentare, poiché grazie a nuovi frutti, piante, erbe, radici, tuberi, e chi più ne ha più ne metta, il mondo europeo cambia lentamente il proprio modo di mangiare, e cambiando le abitudini alimentari cambia un po’ tutto il mondo.

Qualche anno fa, nel 2006, Marcy Norton ha pubblicato un articolo sul numero 111 dell’American Historical Review, intitolato Tasting Empire: Chocolate and the European Internalization of Mesoamerican Aesthetics in cui osservava che il gusto degli europei per il cioccolato era stato il motore scatenante della crescente domanda di zucchero, da cui era scaturita la domanda sempre maggiore di schiavi, ho già parlato in diverse occasioni di questo articolo di Marcy Norton, se volete approfondire vi rimando al mio articolo “Schiavi del Cioccolato”.

Studi successivi hanno evidenziato che il cioccolato, motore scatenante di una vera e propria rivoluzione economica, era solo la punta dell’iceberg, e altri alimenti, in particolare patate e pomodori, avevano avuto un enorme impatto sul sistema economico europeo.

Gli effetti delle patate sono particolarmente visibili nell’europa nord orientale, mentre i pomodori trovarono nel bacino del mediterraneo un habitat perfetto in cui proliferare e mutare.

Il pomodoro in Italia

L'Italia è stata il teatro privilegiato della nuova era dei pomodori.

Inizialmente noto come Tomatillo dalla parola Azteca xi-tomatl, che stava ad indicare un frutto piccolo, rotondo e rigonfio, da cui deriva il termine britannico Tomato, il Tomatillo giunge in Italia presumibilmente intorno al 1532, attraverso la corona Spagnola, che dal 1504 circa aveva assunto il controllo dell’italia meridionale, diventata un vice regno di Spagna.

Giunto in italia il pomodoro entra rapidamente a far parte della cultura popolare per tanti motivi tra cui, l’enorme semplicità della sua produzione, e la semplicità con cui può essere essiccato e conservato sul lungo periodo.

Nel XVI secolo l’essiccazione era lo strumento principale per la conservazione degli alimenti, altri metodi di essiccazione consistevano nella messa sott’olio o sotto sale, ma, sale e soprattutto olio, nel XVI secolo, erano ancora abbastanza costosi, diversamente, fuoco, acqua di mare e sole, erano abbondanti, soprattutto lungo le coste dell’italia meridionale.

I pomodori secchi

Il viaggio alla scoperta dei pomodori secchi comincia proprio dalle coste meridionali, qui la popolazione rurale cercava di sopravvivere sfruttando al meglio quello che il mare e la terra avevano da offrire, e il pomodoro aveva la particolarità di maturare in uno dei momenti migliori dell’anno, se si voleva usare il sole per essiccare qualcosa.

Pomodori seccati al Sole

Giungendo a maturazione in piena estate, i pomodori potevano essere essiccati al sole, senza troppe difficoltà, era sufficiente raccoglierli, tagliarli in modo da esporre alla luce diretta del sole la polpa acquosa, e lasciarli riposare, con non poche attenzioni, così, da Maggio a Settembre i cortili dell’italia meridionale si riempivano di teli in canapa, con sopra distese sterminate di pomodori, di piccole dimensioni, tagliati in due o quattro parti, e lasciati al sole per diversi giorni.

I pomodori non sono l’unico frutto essiccato in questo modo, volendo essere precisi questo sistema era utilizzato per essiccare qualsiasi cosa, dalle foglie di tabacco ai peperoni, dai legumi alle albicocche, dalle patate alle cipolle.

Il sole era un alleato importante per le popolazioni rurali prima dell’arrivo, nel XIX secolo, di sale e zucchero a buon mercato.

Una variante di questo sistema di essiccazione, praticata in alcune zone costiere, consisteva nel fare un bagno in acqua di mare, a ciò che si intendeva essiccare, prima di disporlo asciutto, al sole. Il bagno in acqua salata alterava leggermente il sapore finale del pomodoro essiccato, ma allo stesso tempo garantiva un essiccazione migliore.

In seguito questo processo è stato raffinato, e con l’arrivo del sale a buon mercato, il bagno in acqua di mare è stato sostituito dall’aggiunta di cristalli di sale sui pomodori, durante il processo di essiccazione.

Pomodori seccati a carbone

L’essiccazione al sole era un procedimento molto lungo, richiedeva diversi giorni ed enormi attenzioni, ed aveva come grandi nemici topi e volatili vari, che non mancavano mai.

Un alternativa all’essiccazione al sole era rappresentata dall’essiccazione a carbone, da non confondere con l’affumicatura, che si dimostrava particolarmente utile quando c’era da essiccare piccole quantità di pomodori.

Questo procedimento di essiccazione era già ampiamente utilizzato, soprattutto nell’Italia centro settentrionale, da diversi secoli, per l’essiccazione delle carni, in particolare della carne equina, e per le essiccazioni invernali, e consisteva nel deporre i pomodori da essiccare, opportunamente tagliati e svuotati dei semi che venivano raccolti per poi essere utilizzati, su una rete metallica posta ad una certa distanza da un braciere acceso.

Il calore del braciere opportunamente regolato aumentando o diminuendo la distanza della griglia dal fuoco, permetteva di essiccare praticamente qualsiasi cosa (questo procedimento è ancora oggi utilizzato per l’essiccazione dei fiori di zafferano), e il qualsiasi cosa in questione erano i pomodori.

Il grande vantaggio di questo procedimento è che permetteva di essiccare rapidamente, in meno di 24 ore, i pomodori, di contro, era un sistema difficile da gestire per grandi quantità, per le quali si utilizzava il più lento, ma eterno, calore del sole.

Altre forme di conservazione dei pomodori

Una volta essiccati, i pomodori andavano conservati, e le opzioni in possesso delle popolazioni dell’italia Rurale del XVI secolo, non erano molte. O i pomodori secchi venivano conservati in un cesto di vimini, o venivano conservati in un cesto di vimini.

Pomodori Pelati

Bisognerà aspettare il XVIII secolo per avere altre forme di conservazione, più precisamente, bisognerà aspettare che nel 1796 il cuoco empirista francese Nicolas Apper, faccia il proprio esperimento, scoprendo che il cibo poteva essere conservato, per un lungo periodo, se contenuto in un contenitore sterile, in vetro, fatto bollire, permettendo così, tra le altre cose, di conservare i pomodori pelati, e salsa di pomodoro, per lungo tempo.

Confettura di pomodoro

Tra XVIII e XIX secolo, con l’arrivo a di zucchero a buon mercato, i contadini europei sperimentarono il fantastico mondo delle confetture e delle marmellate, un tempo troppo costose per essere realizzate, come osserva Marc Bloch in una lettera a Lucien Febvre.

Così, ai primi anni del XIX secolo, tra le varie confetture, viene prodotta anche la confettura di pomodori, che con l’aggiunta di aceto, avrebbe portato all’invenzione del Ketchup.

Pomodori sott’olio

L’olio nel XVI secolo, non era propriamente un bene a buon mercato, ma neanche un qualcosa di troppo raro e difficile da trovare. In realtà, nell’Italia dell’età moderna, così come anche nell’Italia medievale e ancora prima nell’Italia romana, si utilizzava tanto olio, burro e lardo, e si faceva un grande ricorso alla frittura, ma questa è un altra storia.

Per quanto riguarda l’olio, quelli più comuni e, in un certo senso, a buon mercato, erano soprattutto gli oli di semi vari, mentre l’olio d’oliva rappresentava un prodotto di lusso e raffinato, non alla portata di tutti, che veniva utilizzato con parsimonia. Dovremmo invece aspettare la fine del XIX secolo, per avere oli di mais, per essere più precisi, il 1898, quando Theodore HudnutBenjamin Hudnut, estrassero per la prima volta dell’olio di mais.

L’olio in età moderna aveva diverse funzioni, e gli oli vecchi erano spesso utilizzati per conserve alimentari di vario tipo.

Non sappiamo esattamente quando è iniziata la pratica del conservare pomodori sott’olio, quel che sappiamo è che nelle campagne italiane del XIX secolo, i pomodori venivano già conservati anche sott’olio, e molto probabilmente la pratica è iniziata sul finire del XVIII secolo, un periodo in cui, grazie alle nuove tecnologie, era possibile estrarre una maggiore quantità di olio, dalle olive, e dai suoi semi, e questi oli più “raffinati” e meno pregiati, di seconda o terza lavorazione, che risultavano molto diluiti, e dal sapore meno intenso, erano ottimi per la conservazione alimentare.

Conclusioni

La storia dei pomodori, in italia è iniziata nel XVI secolo, con l’arrivo dei pomodori dalle americhe, ma la vera storia del pomodoro in italia, non è iniziata con il suo arrivo, la vera storia del pomodoro è iniziata quando, con l’essiccazione, il pomodoro è diventato uno dei cibi di uso comune nella cucina italiana, ingrediente principe di innumerevoli ricette, che, a partire dal XVIII avrebbe visto la sua piena affermazione come simbolo stesso della cucina italiana.

Il pomodoro, se bene non faccia parte della più antica tradizione italica, da diversi secoli è entrato a far parte della storia e della cultura italiana, definendo la cucina degli italiani, e con essa, la loro tradizione.

Tutto questo probabilmente non sarebbe successo, se, i pomodori secchi, non avessero giocato un ruolo così importante nella tradizione italica dell’età moderna. Se oggi i pomodori sono il simbolo della cucina italiana, è perché per secoli gli italiani hanno letteralmente mangiato pomodori secchi.

Le abitudini alimentari dell’uomo e il loro impatto sull’evoluzione.

Come sono cambiate le abitudini alimentari dell’uomo, dal neanderthal all’homo sapiens?
Queste abitudini hanno influenzato la sua evoluzione oppure la sua evoluzione ha influenzato questi cambiamenti?

Come sono cambiate le abitudini alimentari dell’uomo, dal neanderthal all’homo sapiens?
Queste abitudini hanno influenzato la sua evoluzione oppure la sua evoluzione ha influenzato questi cambiamenti?

Stavo guardando un video di Dario Bressarini intitolato “la dieta dei gruppi sanguini” in cui Dario, partendo da una teoria stravagante sui gruppi sanguini ed il loro rapporto con l’alimentazione, ci spiega che fondamentalmente questa teoria è pura follia, ma andiamo con ordine.

Nel suo video Dario contesta, supportato da una folta letteratura scientifica e dalla consulenza di alcuni autorevoli genetisti, una teoria secondo cui i vari gruppi sanguini 0, A,B, AB, sarebbero frutto di un evoluzione alimentare, in particolare il gruppo 0 sarebbe i gruppo più antico, una sorta di gruppo ancestrale risalente alle primissime fasi della nostra storia evolutiva, quando fondamentalmente l’uomo era prevalentemente un cacciatore e si nutriva per lo più di carne, fa seguito il gruppo A, risalente ai tempi dell’agricoltura ed il gruppo B legato al mondo nomade e al consumo di latticini, in fine, il gruppo AB sembra essere il più recente, frutto della combinazione dei precedenti gruppi.

Dal punto di vista chimico e genetico non mi dilungherò più di tanto e vi rimando al video di Dario in cui il tutto è spiegato in maniera magistrale, qui mi limiterò a riportare alcune informazioni acquisite proprio dal video di Dario.

Il sangue di tipo 0 è un tipo di sangue in cui, sulla superficie dei globuli rossi, non si lega nessuna proteina, da qui il nome 0. Diversamente, nel sangue di tipo A ed analogamente il sangue di tipo B, alla superficie dei globuli rossi, si legano specifiche proteine, che chiameremo A e B a seconda del tipo di sangue, detto molto semplicemente, al sangue di tipo A si legano le proteine di tipo A e al sangue di tipo B si legano le proteine di tipo B. In fine, al sangue di tipo AB, come possiamo immaginare, si legano entrambe le proteine.

Nel suo video Dario ci spiega anche che dal punto di vista genetico, il sangue di tipo 0, diversamente da quanto sostenuto nella teoria che lo vedrebbe come il più antico, è in realtà il più recente e si tratta sostanzialmente di una mutazione genetica apparsa molto prima dell’apparizione stessa dell’uomo. In breve, tutti i tipi di sangue noti sono precedenti all’uomo e non dipendono dall’alimentazione dei nostri antenati in quanto ci sono creature erbivore dotate di sangue di tipo 0, che secondo la teoria è il tipo di sangue legato al consumo di carne, e carnivori dotati di sangue di topo A che secondo la teoria è il tipo di sangue legato al consumo dei vegetali.

Dario nel suo video ha dimostrato come, dal punto di vista chimico e genetico questa teoria sia totalmente priva di fondamento, e in questo articolo voglio andare oltre, spiegando perché questa teoria del sangue è incompatibile con la nostra evoluzione storica.

Supponendo per un attimo che sia vero e che quindi il nostro sangue è mutato al mutare della nostra alimentazione, possiamo osserva come la suddivisione “carne – vegetali – latticini – tutto” sia in realtà estremamente limitate e non coincida affatto con l’evoluzione della nostra storia alimentare.

Prima di iniziare è opportuno fare una premessa, al fine di evitare ogni possibile fraintendimento. Quando dico “uomo” non mi riferisco nella fattispeccie all'”homo sapiens” ma a tutta la linea evolutiva della nostra specie, per essere più precisi, gran parte dell’evoluzione alimentare che seguirà, precede l’avvento effettivo dell’Homo Sapien, in quanto, già l’Homo Erectus aveva conosciuto, se pur in maniera limitata e primitiva, la vita sedentaria e l’agricoltura, e seguiva una dieta molto variegata che integrava verdure, frutta fresca e secca, noci, radici, cereali, carne e pesce, e anzi, recenti studi hanno mostrato come la quantità di carne assunta dall’homo erectus fosse molto più limitata rispetto a quanto si pensasse. Nell’immaginario collettivo infatti la dieta dell’homo erectus e di qualsiasi altra specie umanoide precedente il sapiens, era fortemente sbilanciata verso l’assunzione di proteine, tuttavia non è così, le proteine e quindi la carne erano un elemento certamente presente, ma non centrale, nella dieta dell’erectus.

Fatta questa premessa, dobbiamo specificare che l’uomo non nasce come carnivoro ma nasce come raccoglitore, e nella prima fase della storia alimentare dell’uomo e dei suoi predecessori, l’uomo si è nutrito prevalentemente di bacche, radici, insetti e carcasse di animali, raccogliendo e ingerendo più o meno tutto ciò che riusciva a trovare e ingerire.
Questo tipo di alimentazione secondo la teoria dell’evoluzione del sangue in funzione dell’alimentazione, dovrebbe identificare il vero sangue ancestrale, il più antico, il sangue di tipo 0, visto che questa è stata l’alimentazione della nostra specie per centinaia di migliaia di anni.

A questa fase primitiva segue la caccia e talvolta la pesca, imprimendo quindi una forte mutazione nella vita e nelle abitudini dell’uomo. Come nella fase precedente l’uomo è un nomade, si sposta, migra, si muoveva alla ricerca di nuove piante e continua a muoversi inseguendo le proprie prede e seguendo la teoria dell’evoluzione del sangue, a questa fase, importantissima della nostra storia alimentare faremo coincidere un nuovo tipo di sangue, un sangue di tipo A, e già qui, la teoria del sangue di tipo 0 come sangue ancestrale e legato al consumo di carne, viene meno, ma noi continuiamo imperterriti nella nostra evoluzione perché le cose più interessanti stanno per arrivare.

Con la caccia le tribù iniziano a crescere molto rapidamente, e si arriva al punto in cui la sola caccia non è più sufficiente a garantire la piena sussistenza, l’uomo ha necessità quindi di trovare nuove fonti di cibo e queste fonti arrivano dalla terra, l’uomo inizia a coltivare la terra, ma non coltiva principalmente verdure e ortaggi, principalmente perché in origine ortaggi e verdure non erano proprio così come li conosciamo, erano piante selvatiche che l’uomo nel tempo ha addomesticato selezionando geneticamente le specie migliori da tramandare alle generazioni future (Dario Bressarini ne ha parlato abbondantemente in un innumerevoli altri video), inoltre, questi ortaggi e verdure primordiali erano abbastanza difficili da coltivare, richiedevano un enorme quantitativo di acqua e rendevano pochissimo, una singola pianta dava pochi frutti al costo di un irrigazione costante che spesso durava settimane o mesi. Diversamente i cereali erano molto più semplici da coltivare, richiedevano molte meno attenzioni e soprattutto rendevano molto di più in tempi molto più brevi.

L’uomo contadino quindi consuma prevalentemente cereali, non verdure, non frutta, non ortaggi, ma cereali, quindi, nella nostra evoluzione dei tipi di sangue, sono i cereali a dover identificare il nuovo tipo di sangue, il tipo B.

Al fianco dell’agricoltura l’uomo comincia anche ad allevare animali e produrre prodotti caseari, prodotti derivati del latte, ipotizzando che questo nuovo tipo di alimentazione, parallela e in parte integrativa dell’agricoltura dà vita ad un nuovo tipo, il tipo C e parallelamente anche al tipo integrativo BC e ABC identificativi delle alimentazioni miste di agricoltori e allevatori.

Possiamo osservare come i tipi di sangue legati all’alimentazione siano molti di più dei tipi di sangue effettivamente noti. Abbiamo almeno sette tipi di sangue 0, A, B, C, AB, BC e ABC, ma in realtà esistono soltanto quattro tipi, 0, A, B, AB, questo senza considerare poi la classificazione Rh+ e Rh- che fondamentalmente va a raddoppiare i tipi di sangue portando i gruppi noti ad otto e quelli ipotizzati dalla teoria dell’evoluzione alimentare a quattordici.

Al netto di tutte queste informazioni possiamo provare a rispondere alla domanda, le abitudini hanno influenzato l’evoluzione dell’uomo oppure è stata l’evoluzione ad influenzato le sue abitudini alimentari?

Sappiamo che, sul piano genetico non vi è alcuna relazione tra le abitudini alimentari ed i gruppi sanguigni, ma in un discorso più ampio di carattere evolutivo, possiamo dire che vi è un rapporto di influenza reciproca tra le abitudini dell’uomo, il modo in cui vive e la natura in cui vive. Al variare dell’ambiente variano le abitudini alimentari e con esse cambia il modo di vivere degli uomini, ma cambiando il modo di vivere cambiano anche le abitudini alimentari, innescando così un circolo di influenza reciproca che spinge verso l’evoluzione continua delle società umane verso un modello che sia il più performante e duraturo possibile e che possa permettere all’uomo di sopravvivere il più a lungo possibile compiendo il minimo sforzo necessario. 

Qualche approfondimento:

Storia dell’alimentazione: 1 Copertina rigida – 31 ott 2007
di J. L. Flandrin (a cura di), M. Montanari (a cura di), https://amzn.to/2En1yS6

Storia delle abitudini alimentari. Dalla preistoria ai fast food Copertina flessibile – 18 feb 2010, di Giancarlo Signore (Autore), https://amzn.to/2PDcA73 

Cambio di dieta ed evoluzione di Homo erectus,  http://www.lescienze.it/news/2016/03/10/news/dieta_evoluzione_homo_erectus-3010332/

Impact of meat and Lower Palaeolithic food processing techniques on chewing in humans, Katherine D.Zink, Daniel E.Liberman | Published online: 24 Mar 2016, https://www.nature.com/articles/nature16990

Neandertals revised, W. Roebroeks, M. Soressi,|Published online: 6 Giu 2016, https://doi.org/10.1073/pnas.1521269113  

Food globalization in prehistory, Martin Jones , Harriet Hunt , Emma Lightfoot , Diane Lister , Xinyi Liu & Giedre Motuzaite-Matuzeviciute, Pages 665-675 | Published online: 05 Dec 2011, https://doi.org/10.1080/00438243.2011.624764

The genesis of pastoralism in European prehistory, Andrew Fleming, Pages 179-191 | Published online: 15 Jul 2010,  https://doi.org/10.1080/00438243.1972.9979531