Paolo Thaon di Revel, il Duca del Mare della marina militare Italiana

Paolo Thaon di Revel fu un militare e politico italiano. Primo ed unico Grande Ammiraglio nella storia della marina militare italiana

Paolo Thaon di Revel (1859-1948) al secolo Paolo Camillo Margherita Giuseppe Maria Thaon di Revel, è stato uno dei grandi protagonisti della storia militare del regno d’Italia, fu infatti il primo, ed unico, uomo a ricevere, nel maggio del 1924 il titolo di Duca del mare ed è stato anche l’unico ammiraglio, in tutta la storia della marina italiana, monarchica e repubblicana, ad essere promosso al titolo onorifico di Grande Ammiraglio nel novembre del 1924.

Il motivo per cui Paolo Thaon di Revel nel 1924 ottenne queste onorificenze è principalmente politico, l’Italia, più precisamente l’Italia fascista, stava cercando di costruire una propria “mitologia” legata alla prima guerra mondiale, concedendo onorificenze e riconoscimenti a coloro che, durante e dopo il conflitto, si erano distinti in modo particolare, e Paolo Thaon di Revel era, agli occhi dei fascisti, l’eroe che a Parigi si era battuto per il rispetto del patto di Londra, de facto un precursore della teoria della vittoria mutilata, ma a parte questo.

La grande guerra di Thaon di Revel

Quando inizia la grande guerra, nel 1915 Thaon di Revel era capo di stato maggiore, tuttavia, in seguito a diverse controversie con l’allora comandante in capo dell’armata, il vice ammiraglio Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Duca degli Abruzzi, Thaon di Revel rassegnò le proprie dimissioni al re Vittorio Emanele III al quale sembra si presentò con le seguenti parole

«Maestà devo combattere e guardarmi dagli austriaci, dagli Alleati e dagli ammiragli italiani. Le assicuro che i primi mi danno meno da fare degli altri due».

Non più capo di stato maggiore, Revel ottenne la nomina di comandante in capo del dipartimento militare marittimo di Venezia, dove, con grande lungimiranza, promosse l’utilizzo massiccio di nuove tecnologie belliche, come treni armati e motoscafi armati siluranti, più noti come MAS, praticamente dei mezzi d’incursione marittima, molto agili e veloci. Fu inoltre un grande sostenitore della teoria della supremazia dell’aria, promuovendo il potenziamento dell’aviazione nautica, precursore dell’aereonautica militare italiana.

Questo è un treno armato

Finita la guerra Revel partecipa, insieme al ministro degli esteri Sonnino, in qualità di delegato navale, alla conferenza di Parigi, dove difese i “diritti italiani sulla Dalmazia” e chiese il rispetto del Patto di Londra. La sua battaglia politica a Parigi fu molto apprezzata dai futuri sostenitori della teoria della vittoria mutilata.

Dal ministero della guerra alle controversie con Mussolini

Nel 1922 entrò a far parte del primo governo Mussolini, come Ministro della regia Marina e, insieme al generale Pietro Armando Diaz (Ministro della guerra) e di Giovanni Gronchi, futuro presidente della repubblica, in quel momento, Sottosegretario al Ministero dell’Industria e del Commercio, rappresentava uno degli uomini di fiducia del Re nel “primo governo nazionale”.

Durante il proprio mandato da ministro, Revel promosse la costruzione di due velieri da utilizzare come nave scuola, la Cristoforo Colombo e la Amerigo Vespucci, la prima venne ceduta, dopo la fine della seconda guerra mondiale, all’Unione Sovietica come parte dei pagamenti bellici, la seconda invece è ancora in servizio come nave scuola per la Marina militare italiana.

Revel era uomo di mistica fede monarchica, discendente di un’antica famiglia nobiliare molto vicina alla casa sabauda, e, sul piano politico, la propria fede nella monarchia non cessò mai di esistere, neanche di fronte ai tentativi di persuasione di Mussolini, con il quale, durante il proprio mandato di Ministro della Marina, si scontrò in diverse occasioni, al punto che, nel maggio del 1925, di fronte all’ennesima controversia, non condividendo la riforma dell’ordinamento militare che istituiva un comando supremo di tutte le forze armate, de facto subordinava la Marina all’esercito, Revel, che da tempo chiedeva un sistema di coordinamento delle forze armate, rassegnò nuovamente le proprie dimissioni dal ruolo di capo di stato maggiore.

Revel, un eroe “antifascista” del fascismo.

Durante la seconda guerra mondiale Revel partecipò come uomo di fiducia del Re agli incontri settimanali che si tenevano ogni giovedì al Quirinale, tuttavia sembra che non venne coinvolto direttamente nei negoziati per l’Armistizio probabilmente perché ormai già molto anziano.

Anche se per la propaganda mussoliniana Revel era un “eroe del fascismo” , quando Mussolini, tradì il re e promosse una secessione italiana fondando la RSI, Thaon di Revel rimase fedele alla casa reale rifiutando di aderire alla RSI. La sua inesauribile fede nella monarchia venne “premiata” con la nomina, a presidente del senato e successivamente entrò, in seguito all’abdicazione di Vittorio Emanuele III, entrò a far parte della cerchia ristretta di consiglieri di re Umberto II.

In vista del referendum del giugno del 46, Revel si schierò, per ovvie ragioni, a favore del blocco monarchico, successivamente, con l’avvento della repubblica, Paolo Thaon di Revel si ritirò a vita privata, per poi morire nel 1948 alla veneranda età di 89 anni.

Qualche informazione sulla famiglia Thaon di Revel

La storia di Paolo Thaon di Revel rappresenta solo l’ultimo capitolo della storia di una delle antiche famiglie nobiliari italiane, una famiglia che ha giocato un ruolo importantissimo nella storia italiana, nella storia del regno d’Italia e soprattutto, nella storia della dinastia Sabauda.

Fin dal loro arrivo in Piemonte, avvenuto nel XV secolo, i Thaon, poi Thaon di Revel al seguito della nomina sabauda a signori di Revel, hanno sempre guardato le spalle ai Savoia, furono proprio loro ad elevare i Thaon, da signori della guerra a capo di una compagnia di ventura, al rango nobiliare, prima come signori di Revel e poi come Marchesi, Conti e Duchi.

Per secoli i Revel sono stati dei fedeli servitori e protettori della dinastia sabauda, una piccola ma tenace casa nobiliare italo francese e la loro vicinanza alla casa di Savoia proiettò i Thaon di Revel nel vivo del risorgimento italiano.
Ottavio Thaon di Revel, padre di Paolo Thaon di Revel, fu uno dei più stretti collaboratori e consiglieri di Carlo Alberto di Savoia, fu deputato del regno di sardegna ininterrottamente tra la prima e la sesta legislatura e fu senatore del regno d’Italia, inoltre, nel 1848 fu Ministro delle finanze del regno di Sardegna, sotto i tre governi Bolbo, Alfieri di Sostegno e San Martino che si susseguirono in quell’anno, ma non solo. Sempre nel 1848, Ottavio Thaon di Revel, fu cofirmatario dello Statuto Albertino, la prima “costituzione” italiana, rimasta in vigore fino all’entrata in vigore della costituzione repubblicana.

Bibliografia

Scheda senatore Paolo Thaon di Revel
Grandammiraglio Paolo Thaon di Revel
Patto di Londra su JSTOR

La Germania fu davvero responsabile dell’inizio della prima guerra mondiale?

Un utente mi ha chiesto, su youtube, se credo che la Germania sia da considerarsi responsabile dell’inizio della prima guerra mondiale, e se dunque, da storico, credo alla versione ufficiale venuta fuori da Versailles, che, ricordiamo, riconobbe ufficialmente la Germania come unica responsabile dell’inizio della Grande guerra.

La risposta a questa domanda è un banale, bisogna distinguere le ragioni politiche (dell’epoca), serviva indicare un responsabile politico per quella drammatica guerra, e i fatti storici.
Politicamente parlando, i vincitori del conflitto, come il più delle volte accade, scaricarono la colpa e le responsabilità della vicenda sugli sconfitti, e, in questo caso specifico, avevano un arma potentissima nelle proprie mani, ovvero, il fatto che la Germania in termini pratici, era stata la prima a muovere guerra, insomma, che la Germania aveva materialmente iniziato il conflitto, trasformando quella che era una crisi regionale legata all’impero Austro-ungarico, in un conflitto prima europeo e poi mondiale.

Questo significa che la Germania è effettivamente responsabile della Grande Guerra, come i trattati di pace postbellici hanno stabilito? In realtà non è così semplice e lineare il passaggio.
Diciamo che, in un certo senso, è stato solo un caso che la guerra mondiale sia iniziata per mano tedesca e non per mano francese, britannica, russa, ottomana, o italica. è stato solo un caso che si intreccia ad un estremamente complicato e ingarbugliato contesto storico in cui, detto molto semplicemente, tutti volevano la guerra, ma nessuno era disposto ad iniziarlo.
Qualcuno, a ragione, potrebbe chiedere perché tutti volevano la guerra, e starei qui a fare l’elenco delle motivazioni per ore e giorni, ma diciamo che non è il caso di dilungarci, ogni nazione aveva le proprie ragioni, chi voleva assumere il controllo di ricche regioni minerarie di confine, chi voleva allontanare il confine dalle regioni minerarie, chi voleva ritagliarsi un angolo di mediterraneo, chi voleva strappare territori che considerava culturalmente parte del proprio stato, ai propri alleati, chi, voleva estendere il proprio potere e la propria influenza in europa e in area balcanica, e chi voleva semplicemente sparare perché si sentiva pronto per dimostrare al mondo la propria forza e a far da collante di tutte queste ragioni, c’erano interessi economici puri e semplici, perché in guerra servono armi, servono scorte, serve un sacco di roba, e chi produce queste cose vede le guerre come un importante business (e all’epoca non c’era ancora la carta della ricostruzione post bellica che fa fare ancora più soldi). .
Insomma, tutti avevano una ragione, chi economica, chi politica, chi animalesca, chi non sapeva cosa fare, e tutti erano in attesa, come uno scontro alla pistola nel vecchio west, tra lo sheriffo e il capo dei banditi, che, per onor di cronaca, all’epoca era tutt’altro che vecchio il vecchio west.

E il clima era proprio quello, erano lì, banditi, sceriffi e uomini della ferrovia, buoni, brutti e cattivi, che si guardavano con sospetto, che si scrutavano tutti fermi, immobili, in attesa che uno, uno qualsiasi, facesse la propria mossa, o che qualcuno nelle retrovie facesse un rumore o si muovesse in modo sospetto, per dare a qualcuno, uno qualsiasi, il pretesto giusto per sparare, e alla fine, qualcuno sparò prima degli altri, o meglio, qualcuno afferrò la pistola per sparare prima degli altri, ma il cowboy che aveva di fronte fu più veloce, probabilmente perché aveva un cecchino appostato sul tetto del saloon, un uomo armato che si trovava lì quasi per caso, che venne coinvolto nello scontro perché qualcuno aveva sparato sulla propria carovana, ignorando che quella carovana era carica d’esplosivo e armi, e così dunque finisce la storia. Il vecchio west, non tanto vecchio, era giunto in europa, e l’uomo a terra, che era a capo dei banditi, venne accusato di ogni crimine, compresi gli abusi di potere degli uomini dello sceriffo e delle angherie degli uomini della ferrovia.

In conclusione, la Germania ha iniziato la Grande guerra, ma la sua responsabilità nell’inizio del conflitto, non è superiore a quella di Francia, Regno Unito, Italia, russia, ecc ecc ecc.

Se l’analogia con il vecchio west vi è piaciuta e soprattutto vi ha aiutato in qualche modo a capire le dinamiche dell’inizio della grande guerra vi chiedo cortesemente di condividere questo post, grazie.

Chi era Cesare Battisti, l’eroe italiano nella prima guerra mondiale?

Negli ultimi giorni si sta parlando molto di Cesare Battisti, un criminale che dopo molti anni di latitanza è stato finalmente consegnato alla giustizia italiana, c’è però un grande problema attorno al suo nome, si tratta di un caso (poco casuale) di omonimia che sta spingendo molti italiani in questi giorni a credere che il patriota ed eroe italiano Cesare Battisti nato a Trento il 4 febbraio 1875 e morto a Trento il 12 luglio 1916, a cui sono intitolate strade, monumenti e piazze in tutto il paese, sia lo stesso Cesare Battisti arrestato in Bolivia nel 2018.

Si tratta in realtà di un caso di omonimia poco casuale, i due Cesare Battisti condividono il nome, per ragioni storiche, ed entrambi sono stati arrestati all’estero (uno in Italia da cittadino Austriaco, l’altro in Bolivia da cittadino Italiano) e successivamente condotti al proprio paese di origine per essere processati e scontare la propria pena, inoltre entrambi vennero associati, per motivi propagandistici ad una precisa identità politica (uno fu associato al Fascismo, l’altro al Comunismo) senza però mai essere realmente associati a quei partiti e senza aver mai avuto realmente l’appoggio di quelle correnti politiche, ma cerchiamo di fare chiarezza e di capire chi era, realmente, il Cesare Battisti che ricordiamo nelle nostre strade.

Una delle più forti e autorevoli voci dell’interventismo italiano, prima della grande guerra, fu quella di Cesare Battisti, che, al pari di Mussolini e Marinetti, si battè perché l’italia entrasse in guerra. Battisti, allora deputato socialista al parlamento viennese, rappresentante della città di Trento, nel 1914 lasciò il proprio incarico parlamentare e venne in italia, dove tenne una serie di incontri in piazze e teatri, per sensibilizzare gli intellettuali italiani e convincerli che l’italia dovesse entrare in guerra per liberare la sua Trento dal dominio austriaco.

Nel 1915, quando l’italia entrò in guerra contro l’Austria Battisti fu uno dei primi ad arruolarsi volontario tra le fila dell’esercito italiano, o meglio, del corpo degli alpini, sebbene non fosse un cittadino del regno d’italia, e partì al fronte, per combattere contro l’esercito austriaco. Si ritrovò a combattere soprattutto contro suoi ex concittadini, gente che conosceva, molti dei soldati contro cui combatté erano suoi amici, parenti, gente che lo aveva votato ed eletto al parlamento viennese.

Durante la guerra comunque, nel corso di un avanzata austriaca, Cesare Battisti venne fatto prigioniero dall’esercito nemico e condotto a Tento, qui venne processato e condannato all’impiccagione come traditore, per aver cospirato e combattuto contro l’impero Austro-Ungarico di cui era un cittadino. Venne impiccato a Trento, il 12 luglio 1916 e le sue ultime parole furono “Viva Trento italiana! Viva l’Italia!”.

Dopo la conclusione della guerra, con l’avvento del fascismo in Italia e l’occupazione italiana della città di Trento, Battisti fu proclamato Eroe Nazionale, e il suo nome fu elevato nell’olimpo del regno d’italia diventando un icona del nazionalismo italiano e del fascismo (anche se non era un fascista e la sua famiglia ha sempre negato che Battisti fosse un Fascista, rivendicando invece la sua ideologia socialista).

Durante il regno d’italia a Battisti furono intitolate innumerevoli strade, piazze e monumenti in tutta italia e in suo onore, molte famiglie italiane chiamarono i propri figli “cesare” (stando ai registri anagrafici, durante gli anni del fascismo Cesare era uno dei nomi più di tendenza in italia dopo Benito e Vittorio).

Il ruolo della propaganda nella storia

La propaganda è oggetto di studi dal XX secolo circa. Ma è un fenomeno nuovo?
Essa nasce con la società e quindi, nel momento in cui l’uomo ha deciso di organizzarsi con una struttura sociale ben definita e con un sistema di potere. Ma com’è cambiata e soprattutto quando la propaganda ha cominciato ad assumere un ruolo centrale nella storia?
Proprio questi sono gli interrogativi da porsi per capire l’essenza di uno strumento da sempre fondamentale per la gestione del potere sulle grandi masse, che ha sempre mantenuto un alto livello di efficienza ed ancora oggi viene utilizzato.

Già in epoca pre-romana la propaganda era uno strumento diffuso per la conquista del consenso, per la costruzione dell’opinione pubblica ed il mantenimento di un equilibrio sociale. Emblema del suo utilizzo è Pisistrato, tiranno di Atene. Tra l’altro la propaganda di Pisistrato è, paradossalmente, più vicina a quella moderna che a quella utilizzata in epoca romana. Egli utilizzò elementi moderni quali il nemico pubblico e quelle che oggi definiamo fake-news. I Romani invece, nonostante l’inserimento dell’informazione all’interno della propaganda quale elemento nuovo, si concentrarono di più su messaggi di adorazione verso l’imperatore di turno.

Oggi sappiamo che questo tipo di propaganda non funziona, ma funziona invece quella più vicina a Pisistrato e cioè mascherata dietro un’informazione apparentemente libera ed indipendente, che utilizza la tecnica del nemico pubblico, delle fake news e che prende dai Romani l’utilizzo dell’elemento informativo.

Il passaggio significativo da una propaganda di questo genere, ovvero efficace, ma comunque antica ad una moderna c’è stato con la Prima Guerra Mondiale. Rappresentavano l’avanguardia in questo campo le grandi potenze europee e gli Stati Uniti. La Germania, sarà maestra della propaganda nella Seconda Guerra Mondiale. Con questo strumento si riuscì a far passare una guerra come un qualcosa di doveroso, necessario, addirittura sacro.

La Grande Guerra fu il banco di prova del potere della persuasione: oltre al fronte fisico vero e proprio e cioè le trincee, si costituì in ogni paese coinvolto un fronte interno con lo scopo di mantenere l’equilibrio sociale e giustificare, in qualche modo, i sacrifici che si chiedevano alla popolazione. La propaganda fu lo strumento centrale per reclutare soldati giovani da mandare in trincea.

Senza lo Zio Sam con “I Want You” probabilmente nessuno si sarebbe mai arruolato volontariamente per andare a combattere con il 50% delle possibilità di non tornare a casa. Senza lo slogan “Fare il mondo sicuro per la democrazia”, probabilmente il popolo americano non avrebbe mai accettato la decisione del governo di entrare in guerra nel 1917 e si sarebbe organizzato per ribellarsi. Invece, con un’ottima propaganda si riuscì addirittura a rendere gli americani contenti ed orgogliosi dell’azione militare intrapresa. In Inghilterra nel solo primo anno di guerra si arruolarono circa 200.000 giovani grazie ad un’azione propagandistica fatta di 12.000 riunioni, 8 milioni di lettere, 54 milioni di manifesti e volantini: un ingente investimento che diete i frutti attesi. Co

n azioni di propaganda si finì per far credere alle masse che la guerra fosse un atto sacro e pian piano s’instaurò una vera e propria religione basata sulla guerra: altari della Patria, sepoltura del milite ignoto, cimiteri di guerra, monumenti ai caduti, spade accomunate a croci, soldati morti considerati martiri della Patria. Insomma, una vera e propria religione civile arricchita dagli elementi della sacralità della guerra e del militarismo.

Ma perché dalla propaganda si arrivò poi a delineare una vera e propria religione? Semplice, basta rifarsi alla definizione naturale del termine “propaganda”:

ciò che della fede deve essere propagato, cioè le credenze, i misteri, le leggende dei santi, i racconti dei miracoli.

Non si trattava di trasmettere quindi una conoscenza obiettiva e accessibile a tutti tramite il ragionamento, ma di convertire a verità nascoste che promanano dalla fede, non dalla ragione.

Nonostante quello appena descritto sia stato un significativo passaggio da una propaganda antica ad una moderna, essa non era ancora oggetto di studio vero e proprio e soprattutto non era ancora uno strumento largamente diffuso. Divenne una vera e propria scienza dopo la Grande Guerra, in particolar modo con Edward Bernays, nipote di Freud, che sfruttò la teoria freudiana della psicanalisi rendendo la propaganda uno strumento ancora più potente. Successivamente, con una geniale intuizione lo sfruttò anche in campo commerciale. Numerose aziende si affidarono a Bernays per accrescere il proprio volume di affari.

Perché gli inglesi oggi fanno colazione con uova e pancetta? Perché Bernays ricevette da un’azienda produttrice di pancetta l’incarico di fare una propaganda affinché aumentasse il consumo del loro prodotto. E. B. riuscì a trasmettere alla popolazione il messaggio secondo cui la mattina è necessaria, nonché consigliata dai medici, un’abbondante colazione, quindi cosa meglio di uova e pancetta?

È incredibile come con un semplice messaggio propagandistico si riesca a controllare una massa e a portarla a fare ciò che si vuole, a prescindere da tutto.

La propaganda, largamente diffusa ed utilizzata anche in ambito commerciale, assunse un particolare rilievo e raggiunse il suo apice di sviluppo nell’epoca dei totalitarismi e della Seconda Guerra Mondiale. Emblema di questo apice fu il  manifesto “Es Lebe Deutschland” della propaganda Nazista, che contiene tutti gli elementi della propaganda moderna e soprattutto della religione che con i totalitarismi da civile divenne politica. Ad oggi maestro della propaganda è il califfato islamico, che con tale strumento è riuscito a mettere in uno stato di continua tensione l’intero occidente. Per quanto possiamo essere informati e consapevoli circa il potere della propaganda, questa funzionerà sempre, perché agisce sull’inconscio.

Fonti:

M.Regnedda, Propaganda
G.Sabatucci, V.Vidotto, Storia Contemporanea, novecento
Marco Montemagno, la propaganda
L’invenzione della propaganda
N.Ferguson, Verità taciuta

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