Nasce l’ufficio della Fede alla Casa Bianca

trump mette in scena l’ultima cena nello studio ovale. Si autoproclama santo e inaugura l’ufficio della Fede, per reprimere i propri oppositori, in una moderna a suo dire, in difesa dei valori del cristianesimo. Tra i suoi obbiettivi, anche il pontefice e la santa sede.

Nel pieno di uno scontro politico senza precedenti tra la Casa Bianca e la Santa Sede, ma soprattutto, mentre si tagliano dipartimenti federali, vitali per la democrazia USA, il presidente Donald Trump sembra abbia attivato l’Ufficio della Fede alla Casa Bianca, al fine di rafforzare il ruolo della religione nella sfera pubblica e politica degli Stati Uniti. In altri termini un tentativo di rendere gli USA una “teocrazia laica“. Trump aveva infatti già espresso in passato la propria volontà di rimettere la religione, non la fede sia chiaro, al centro del Paese, e l’istituzione di questa nuova struttura rappresenta un passo importante e soprattutto concreto verso tale obiettivo.

Ma cosa implica e cosa significa tutto ciò? cerchiamo di capirlo in maniera analitica, e per farlo ci serve qualche informazioni sul ruolo della religione (non la fede) nella politica. Passeremo rapidamente al setaccio i vari utilizzi politici della religione nel corso dei secoli, dall’antichità pre-cristiana, fino alle dittature novecentesche, cercando di individuare gli elementi chiave. Prima però, cosa sta succedendo negli USA?

Contesto e simbolismo

Secondo quanto riportato dai media internazionali, Trump ha di recente organizzato una cerimonia nello Studio Ovale, che i più hanno descritto come una sorta di “ultima cena”, in cui il presidente si mostra al popolo statunitense come una sorta di messia, circondato leader religiosi e dalla telepredicatrice evangelica Paula White, da tempo consigliera spirituale di Trump.

L’evento è stato immortalato una foto è stato poi condiviso su X, dall’account ufficiale della Casa Bianca, accompagnato da una citazione della Bibbia e un messaggio dello stesso presidente Trump, che si augura di lasciare al mondo la sua opera “pacificatrice e unificatrice” come eredità.

Messaggio che per molti è in aperto contrasto con le politiche anti immigratorie, fortemente divisive, xenofobe, e di forte intolleranza etnica e religiosa, promosse da Trump e i suoi sostenitori.

Durante l’evento, la predicatrice e consigliera spirituale di Trump è intervenuta sostenendo che “opporsi a Trump equivale a opporsi a Dio” per poi sostenere di avere “l’autorità per dichiarare la Casa Bianca luogo santo” grazie alla sua presenza dello stesso Trump, qualcosa che forse neanche Napoleone, che si è autoincoronò imperatore dicendo che la corona l’aveva ricevuta da Dio, avrebbe avuto l’ardire di sostenere per se stesso.

Di cosa si occuperà l’ufficio della fede di Trump?

Al momento i dettagli operativi dell’Ufficio della Fede non sono ancora stati ancora resi noti, ma basandosi sui discorsi elettorali e il programma di Trump, l’intenzione del presidente sembrerebbe essere quella di contrastare ciò che Trump definisce “discriminazioni anticristiane” e “attacchi contro la religione”, e in questi attacchi, potrebbero rientrare anche le “aperture” del Vaticano e le critiche mosse da papa Francesco nei confronti di Trump e delle politiche discriminatorie e della sua amministrazione, soprattutto per quanto riguarda la striscia di Gaza, la gestione e deportazione dei Migranti e il trattamento di omosessuali.

In passato Trump aveva anche annunciato la creazione di una task force speciale, il cui obbiettivo sarebbe stato quello di fermare tutte le forme di discriminazione e attacco anticristiano all’interno del governo federale, e l’ufficio della Fede alla casa bianca potrebbe essere direttamente collegato a tale progetto che, sempre secondo le accuse di Trump, potrebbe mobilitarsi contro DOJ (Dipartimento di Giustizia), l’Internal Revenue Service (IRS) e l’FBI, a più riprese accusate da Trump, di qualsiasi cosa, e in questo caso specifico, di aver adottato politiche ostili nei confronti dei valori cristiani.

L’iniziativa ha sollevato dibattiti e critiche, soprattutto tra coloro che vedono in questa mossa un tentativo di favorire una visione religiosa specifica (il cristianesimo) e pretestuosa, a discapito della neutralità dello Stato, al fine unico di perpetuare la vendetta di Trump su coloro che non ha potuto colpire perché in posizioni blindate dalla costituzione. Diversi osservatori hanno inoltre sottolineato come Trump abbia spesso utilizzato il tema della religione come strumento politico, accusando i democratici di essere “contro la religione e contro Dio”. Questo approccio polarizzante rischia di alimentare ulteriori tensioni sociali, specialmente in un contesto caratterizzato da crescenti divisioni culturali e ideologiche, spesso alimentate proprio dallo stesso Trump.

Uso della religione come strumento politico

L’uso della religione come strumento politico è un fenomeno che attraversa tutta la storia umana, e alcuni sociologi particolarmente critici nei confronti della religione, ritengono che essa, si sia diramata dal mito, strumento di comprensione del mondo, proprio per essere uno strumento di controllo politico.

Dal mondo pagano pre-cristiano alle moderne “religioni laiche” dei regimi dittatoriali, la religione ha quasi sempre avuto due funzioni politiche, legittimare il potere dei governanti, generalmente intermediari tra divinità spirituali o laiche, e il popolo.

Nell’antico Egitto, i faraoni erano considerati divinità viventi e qualcosa di analogo avveniva nel mondo romano, l’imperatore era oggetto di culto religioso, il “culto dell’imperatore”, che serviva a consolidare l’unità dell’impero e rafforzare la sua autorità. tale culto è stato ripreso in epoca cristiana, per legittimare e rafforzare l’autorità del Papa, e più di recente, nel XX secolo, da dittature moderne come il Fascismo che elevarono Mussolini a nume vivente, e come lui e dopo di lui anche Hitler e Stalin.

Il cristianesimo rese la religione un elemento cardine delle strutture politiche della tarda antichità e dell’Europa medievale, in particolare il sacro romano impero, provò e in parte riuscì a fondere il potere temporale e quello spirituale, tale fusione, che portò per secoli l’imperatore a ricercare la legittimazione dalla Chiesa cattolica, fu anche ragione e motore di importanti conflitti epocali tra papato ed impero.

In età moderna, Machiavelli teorizzò l’uso politico della religione come strumento strategico per mantenere il controllo e garantire ordine ed obbedienza da parte dei sudditi. Teorie che avrebbero profondamente influenzato il pensiero politico da lì in avanti.

Nel XIX e XX secolo, l’uso della religione come strumento politico si manifestò in forme nuove e più radicali, soprattutto nelle dittature moderne. Mussolini fu il primo nume vivente della storia, e riuscì a costruire attorno a se una vera e propria fede laica che permane tutt’oggi. Un tentativo analogo venne fatto, con altrettanto successo e declinazioni diverse, da Adolf Hitler e Iosif Stalin. I tre dittatori, pur non essendo particolarmente religiosi, utilizzarono elementi del cristianesimo e del paganesimo per costruire una narrazione ideologica che legittimasse il proprio potere, nel caso di Stalin il cristianesimo venne sostituito dal “vangelo secondo Marx” che si tradusse in una repressione sistematica delle religioni in nome di un ateismo di Stato, che altro non era che una religione laica.

Usare la religione per reprimere

Nel mondo in cui viviamo, la religione e la fede hanno preso strade sempre più lontane, da un lato vi è la fede intima e personale di ogni individuo, che trascende le diverse ritualità ed ha una valenza universale, in cui l’uomo che tende al divino ha il dovere di “comportarsi bene” e prendersi cura degli altri, e dall’altro, vi è la religione che si è fusa con la “politica” e le politiche di stato, creando regimi per lo più chiusi e oppressivi.

La maggior parte degli stati in cui la religione è oggi fortemente fusa con il potere politico, fanno un uso sistemico della religione e l’appartenenza religiosa, come strumenti di repressione, guardiamo ad esempio all’Afghanistan, all’Iran, ma anche ad Israele e nella declinazione laica del concetto religioso, alla Cina. Da questo punto di vista gli Stati Uniti non sono nuovi all’uso della religione come strumento di repressione.

Un esempio concreto lo possiamo riscontrare negli anni della caccia alle streghe, che raggiunse il proprio apice durante i processi di Salem (1692-1693). Tale fenomeno fu emblematico di come la religione, in combinazione con paure sociali e politiche, possa essere facilmente strumentalizzata per reprimere il diverso e consolidare il controllo sociale.

Il XVII secolo può sembrare lontanissimo da noi, eppure, il ricorso alla religione, alla fede, per contrastare la paura del diverso, è qualcosa che ci accompagna ancora oggi. Pensiamo alla diffidenza da parte di una fetta enorme dell’opinione pubblica nei confronti di Islamici, o Ebrei, o Comunisti, e in altre parti del mondo, come il mondo islamico, nei confronti di Ebrei, Comunisti e Cristiani.

Il mondo occidentale, soprattutto le destre più radicali, dagli USA all’Europa, criticano aspramente e duramente la repressione basata su canoni religiosi operata dai Talebani in Afghanistan o dalla Guardia rivoluzionaria in Iran, alcuni guardano con diffidenza alla repressione compiuta dalla destra del governo Israeliano, eppure, quella stessa “destra” radicale e conservatrice che trova iniqua la discriminazione religiosa, propone a sua volta, una narrazione politica di esaltazione di una religione da porre al di sopra delle altre e, in nome della tradizione, chiede e in alcuni casi prova a mettere in atto una forte repressione nei confronti di altre religioni.

Satana, ovvero il Diavolo: le origini cristiane dell’immaginario medievale del male | CM

L’imposizione del cristianesimo come religione ufficiale

Il cristianesimo, caposaldo indiscusso tra le massime religioni di stampo monoteista, presenta origini antiche e una lunga storia connotata da lotte, rivalità, editti e lunghi concilii che lo portarono a rappresentare un simbolo e un’ideologia, oltre che a incarnare il ruolo di una delle religioni più diffuse e affermate al mondo. Ma il percorso è stato lungo. I suoi primi passi verso un’affermazione forte e completa risalgono infatti al IV secolo d.C., periodo storico connotato da significative tensioni religiose.

Con l'”Editto di Milano del 313 d.C. e il “Concilio Ecumenico di Nicea I del 325 d.C.,
l’imperatore Costantino aveva intrapreso una politica reliogiosa esplicitamente rivolta all’impostazione del cristianesimo come sola e unica religione praticabile. Il tutto venne decretato ufficialmente dall'”Editto di Tessalonica del 380 d.C. il quale, per volere di Graziano, Valentiniano e Teodosio I, aveva definitivamente sancito il ruolo del cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero romano, imponendovi così una fedeltà ferrea e assoluta.

Tali eventi rappresentano momenti cruciali per la storia del cristianesimo, il quale, a partire dal IV secolo d.C. circa, venne indiscutibilmente riconosciuto come religione di livello universale. Ciò lo portò non solo a essere ritenuto una religione ufficiale, ma anche superiore, andando così inevitabilmente a ledere nel corso dei secoli numerose altre religioni, come ad esempio accadde per l’ebraismo, a partire da tempi antichissimi. Tale concetto di superiorità era pertanto alimentato da una sorta di disprezzo rivolto verso qualsiasi religione fosse ritenuta “altra”, e quindi diversa. L’idea di cristianesimo si fece dunque sempre più forte, sostenuta da istituzioni clericali altrettanto potenti, fino a raggiungere un apice di ideologie che affonda le sue radici nel periodo alto e, soprattutto, basso medievale.

Il potere della chiesa medievale e il binomio di bene e male

Da secoli l’idea che si ha sul Medioevo viene fortemente associata a un immaginario collettivo connotato da una rigida ambivalenza religiosa fondata sul concetto di bene e male. Abbiamo precedentemente visto come il cristianesimo avesse iniziato a imporsi in un contesto di tensioni religiose a pochi anni dalla caduta dell’Impero romano d’occidente.
Pertanto, con l’inizio del periodo che oggi definiamo “Alto Medioevo”, esso si trovò la “strada spianata” per potersi impostare in modo definitivo come religione cardine di tutto il mondo medievale, portando con sé una vasta serie di concetti che avrebbero avuto una secolare fortuna nel mondo delle religioni monoteiste. Alla base di queste dottrine vigeva il noto binomio contrapposto di bene e male, una rigida ambivalenza impostata e controllata dal cristianesimo nel modo più ferreo possibile.

La società medievale era inoltre fondata su due modelli cardine: la politica e la religione e, nella maggior parte delle occasioni, quest’ultima poteva influenzare, e anzi padroneggiare senza troppe difficoltà la prima. Basti pensare che l’intera gerarchia ecclesiastica era interamente fondata sull’enorme potere esercitato dal papato, il quale, nonostante non fosse in possesso di un esercito personale e non avesse un accesso diretto al potere esecutivo di cui disponevano i sovrani medievali, possedeva il pieno controllo sulla monarchia e la possibilità quasi immediata di destituire a suo piacimento il monarca; pertanto tali privilegi non gli sarebbero affatto stati necessari per esercitare il pieno potere religioso di cui era effettivamente detentore. Inoltre la Chiesa, pur rappresentando una minima percentuale in termini di uomini interessati, possedeva quasi un terzo di tutte le terre del regno, senza contare tasse, offerte, vendite delle indulgenze e delle massime cariche e, ovviamente, il completo esonero verso ogni tipologia di tassazione. Al termine di tali riflessioni risulta dunque quasi scontato affermare che fosse proprio la Chiesa, sulla base interpretativa delle dottrine cattoliche, a decretare cosa rappresentasse il “bene” e cosa invece il “male”.

E’ un tratto umano di stampo tipicamente medievale l’ispirarsi apertamente alla morale perseguita da Gesù, il quale non solo rappresenta un personaggio storico chiave per la lettura della religione cristiana, ma incarna allo stesso tempo un vero e proprio corpus di leggi spirituali da perseguire ed emulare con estrema cura e attenzione, e sulle quali fondare la propria esistenza che, come insegna proprio la dottrina cattolica, deve essere unicamente rivolta al bene. Gesù è insomma a tutti gli effetti un modello da seguire, un “serbatoio” di etica e morale, e infine una solida base sulla quale impostare i più retti comportamenti umani. Ed è proprio da tali concetti che nasce la vera e propria idea di “bene”, inteso come principio strettamente legato a tutto ciò che la Chiesa decretava, e anzi imponeva, quasi come “legge di rettitudine”. E’ inoltre ovvio affermare che, laddove la Chiesa e i principi cristiani s’imponevano strenuamente come difensori di onestà e virtù, si decretavano in maniera altrettanto accanita come persecutori di tutto ciò che andava contro tali dottrine, fomentando così il concetto di “male”.

Bisogna tuttavia sottolineare come fosse impostata la società medievale, ed evidenziare quanto tale epoca storica fosse permeata di paura e, soprattutto, di superstizione. I due elementi andavano infatti di pari passo in un contesto culturale in cui ogni errore e deviazione da ciò che si riteneva essere il cosiddetto “bene”, veniva severamente punito; e non si tratta affatto solamente di punizioni corporali. La paura era infatti anch’essa saldamente connessa alle dottrine imposte dalla Chiesa cattolica, e la sola idea di allontanarsi da tali principi, avvicinandosi così al tanto temuto concetto di “male”, rendeva la stragrande maggioranza della popolazione medievale tanto religiosa da riversare spesso nella superstizione; senza contare inoltre l’ignoranza e l’analfabetismo che affollava città e campagne, i quali diffondevano ancor più la paura verso il “male”, fomentando una tacita accettazione verso tutto ciò che la Chiesa imponeva in modo quasi dittatoriale.

Gesù, ovvero il bene; Lucifero, ovvero il male

E’ inoltre necessario mettere in rilievo come il concetto di bene e di male non fosse solamente associato a ideali astratti, ma andasse anche a concretizzarsi, o meglio a personificarsi in personaggi ben specifici. Possiamo infatti parlare di “personificazione” come di un fenomeno tipicamente medievale per il marcato attaccamento verso tutto ciò che poteva essere spiegato concretamente, motivo per cui al concetto di “bene” è stata associata dalla Chiesa la figura di Gesù, il quale doveva appunto essere riconosciuto come principale modello d’ispirazione, un vero e proprio esempio morale e spiritualità sul quale fondare il proprio comportamento e il proprio essere.

Seppur risulti scontato a dirsi, la concezione del bene è ovviamente anche delineata dalla figura di Dio, il quale ne è anzi il protagonista indiscusso portando con sé gli esempi biblici del perdono, della misericordia e della benevolenza. Tuttavia il personaggio di Gesù rappresenta una figura storicamente accertata e risulta pertanto molto più semplice associare ad egli una vera e propria personificazione e concretezza del concetto di “bene”. Ma cosa sarà invece a connotare il concetto del “male”?

Partendo sempre da un presupposto prettamente religioso la Chiesa fa riferimento a una vicenda molto nota, nonostante non venga mai citata né dall’Antico Testamento, né dal Nuovo; ovvero la caduta di Lucifero negli inferi. Lucifero, nome dall’etimo altamente significativo, derivante dal latino lux” – “luce” e ferre” – “portare”. Egli veniva infatti soprannominato “il portatore di luce” e rivestiva uno dei ruoli principali tra gli angeli di Dio; ogni angelo aveva infatti una particolare funzione ben specifica assegnatagli direttamente da Dio e non sarebbe dunque esagerato affermare che fosse quasi il suo favorito.

Tuttavia sappiamo dal profeta Isaia che Lucifero possedeva un animo estremamente superbo, tanto da osare perfino sfidare Dio con una schiera di angeli suoi sostenitori per arrivare a essergli pari nel Regno dei Cieli, se non addirittura per sostituirlo definitivamente. L’esito di tale ribellione risultò un fallimento e Lucifero, sconfitto dall’Arcangelo Michele, mandato da Dio, venne gettato giù dal cielo, andando a conficcarsi nel centro della Terra, ovvero nei cosiddetti “inferi”, che da quel momento sarebbero stati abitati da lui come sovrano e da tutti gli altri ribelli. Bisogna però specificare quanto le interpretazioni riguardanti questo mito siano molteplici, e a volte anche discordanti, non garantendo una versione univoca e ufficialmente riconosciuta.

Inferno e paradiso nell’immaginario medievale

Con il delinearsi della figura di Lucifero come principale oppositore di Dio, nascono parallelamente due concetti biblici fondamentali: quello di “inferno” e quello di “diavolo”, entrambi strettamente collegati al più generale e profondo ideale di “male”, inteso come concetto puramente astratto. Per spiegare concretamente l’esistenza di un luogo infernale contrapposto al paradiso, delineato da letizia e beatitudine, ci si appoggia dunque alla vicenda di Lucifero, il quale, cadendo dal cielo, sarebbe andato a conficcarsi nel centro della Terra, dando così origine a un luogo connotato dal peccato (a causa del gesto compiuto dall’angelo ribelle) e abitato da anime dannate. Questo ideale di inferno si sarebbe stanziato all’interno delle dottrine cristiane così a fondo da risultare attuale ancora oggi, se non addirittura molto spesso credibile. Non si tratta dunque di un fenomeno antico e circoscritto a un dato luogo, bensì di un concetto che ha avuto modo di radicarsi nei più svariati luoghi nel corso dei secoli, riscontrando un’enorme fortuna con Dante e con l’epoca medievale.

Nel Medioevo infatti la paura dell’inferno era così diffusa e radicata che il fenomeno delle indulgenze, un pagamento in denaro per ottenere una parziale o completa remissione dai peccati per se stessi o per i propri cari, raggiunse livelli talmente elevati da risultare una delle maggiori entrate per la Chiesa, al pari di tasse e donazioni; una vera e propria fonte di sostentamento. Come precedentemente accennato, il contributo dantesco fu fondamentale non solo per delineare l’immagine di paradiso e inferno che conosciamo tutt’oggi, ma anche quella dei massimi protagonisti che regnano su tali luoghi. E così come Dio occupa un posto primario e indiscusso nel “Cielo Empireo” del paradiso, Lucifero rivestirebbe un ruolo parallelo nell’inferno, come signore del male e delle anime dannate.

Satana o Lucifero?

Il termine “diavolo” comunemente usato oggigiorno deriverebbe dal verbo greco diàballo. Tale termine non è casuale ed è ottenuto dalla particella “dià” – “attraverso” e dal verbo “ballo” – “gettare”, e starebbe dunque a indicare colui che divide e separa, per l’appunto un calunniatore. Ma prima di intraprendere il discorso vero e proprio a proposito della figura del diavolo in ambito medievale, è necessario specificare che, nonostante oggi l’appellativo a esso riferito sia perfettamente intercambiabile, le sue origini lessicali sono assai ben distinte.

Lucifero rappresenterebbe infatti un personaggio strettamente legato alla figura Dio, degli angeli e dei demoni ribelli (potremmo quasi definirlo biblico, nonostante la Bibbia non faccia parola della sua vicenda); é pertanto direttamente connesso al concetto di peccato e tentazione umana, elementi tipicamente biblici e cristiani. Lucifero incarna dunque un modello di deviazione, un totale declino che porta a un crollo morale senza possibilità di riscatto (non bisogna dimenticare che in origine era un angelo).

La figura di Satana, o Beelzebub (in italiano Belzebù), starebbe invece a indicare un vero e proprio demone, un’entità spirituale o sovrannaturale, una figura appunto satanica esclusivamente dotata di istinti maligni e con l’unico scopo di traviare e corrompere l’animo umano. Satana è malvagio, distruttivo, calunniatore, e a differenza di Lucifero non presenta alcun rimando angelico. La sua connotazione demoniaca andrebbe addirittura fatta risalire alle molteplici religioni politeiste dell’antichità, nelle quali era consuetudine la presenza della figura di un antagonista per eccellenza. Basti pensare che nell’antico Egitto il dio Seth incarnava la vera e propria immagine del male, e questo circa 3.000 anni prima della nascita di Cristo.

Pertanto, sebbene la figura di Lucifero sia fortemente connotata nell’immaginario cristiano tanto da risultare addirittura biblica e al pari di Dio come suo principale nemico e oppositore, l’immagine di Satana andrebbe invece fatta risalire a una tradizione pagana politeista affermata e radicata da migliaia di anni e non ancora del tutto soppiantata dal cristianesimo, come potrebbe invece credersi.

Il diavolo nell’arte e nel mondo medievale

A partire dall’Alto Medioevo il diavolo assunse un ruolo dominante nel mondo religioso cristiano, tanto da influenzare l’arte, la letteratura e persino il pensiero e la mentalità della società medievale. A essere permeati di credenze e superstizioni erano inevitabilmente l’iconografia e l’immaginario collettivo, strettamente legati alla componente cattolica fondata sul binomio tanto discusso di bene e male.

Pertanto, se da un lato la figura del diavolo rappresentava una presenza demoniaca costante nella vita dell’uomo, un lampante esempio spirituale di “spinta al peccato”, dall’altra incarnava invece un forte bisogno umano, ovvero conferire un’immagine concreta a tutto ciò che costituisce un mistero per l’occhio, conferendo perciò concretezza e materialità a tale figura; e fu proprio l’arte a rappresentare lo strumento principale per l’incarnazione delle idee (nel corso dei secoli l’immaginazione non ha mai soddisfatto le aspettative umane). Fu così che, come avvenne per la figura di Dio e degli angeli, anche al diavolo si cercò di dare una degna e concreta rappresentazione artistica che desse agli uomini un’immagine reale verso cui rivolgersi.

Satana è una presenza angosciante nella quotidianità del Medioevo; è presente sulle facciate delle chiese, negli affreschi, sui capitelli e persino nei mosaici e nelle sculture di corte. Il periodo medievale inizia così a dar forma alla più grande paura che abbia mai ossessionato la comunità cristiana: l’idea di inferno e peccato. Le rappresentazioni artistiche infernali sono numericamente quasi al pari di quelle celesti e, come queste ultime, non tralasciano alcun particolare. Satana è sempre il protagonista indiscusso e, attingendo frequentemente anche a rappresentazioni pagane, i suoi particolari sono di un realismo crudo e impressionante. Si tratta spesso di opere religiose, raffiguranti ad esempio il giudizio universale o la discesa agli inferi, e nessun dettaglio (anche i più truci e cruenti) veniva risparmiato.

La sua figura è stata assai di frequente fonte d’ispirazione per scultori, pittori e artisti di ogni genere, i quali hanno cercato di raffigurare nei più svariati modi possibili questa “ossessione medievale”. Il diavolo è ferino, bestiale, non ha nulla a che vedere con l’angelica figura di Cristo, e rappresentando il suo principale antagonista sul piano biblico, così doveva essere anche dal punto di vista fisico. Spesso non ha nulla di umano, neppure una minima parvenza; può essere dotato di corna, artigli, denti acuminati e una coda serpentina. A lui sono inoltre spesso associati animali come il serpente, che incarna la tentazione (dalla nota vicenda biblica di Adamo ed Eva), il gatto nero (uno degli animali satanici maggiormente associati alla stregoneria) e la capra (legata all’episodio biblico del capro espiatorio, sul quale vengono riversati tutti i peccati del popolo di Israele).

Ma a essere raffigurato non era solo il suo aspetto bestiale, bensì anche il suo temperamento diabolico e la sua natura perfida e sadica. Il diavolo infatti tortura e strazia i peccatori che si trovano negli inferi con i peggiori tormenti che si possano immaginare, e l’arte in questo non tralascia alcun minimo particolare, così come magistralmente raffigura le angeliche figure dei beati che godono dei piaceri del paradiso.

Il diavolo nel Medioevo – Medium Aevum

In un’epoca in cui la stragrande maggioranza della popolazione non sapeva né leggere né scrivere, l’arte si ritrovava a svolgere una funzione chiave per la società medievale, e tutti gli avvertimenti che i peccatori avrebbero potuto leggere nella Bibbia o su un qualsiasi volume religioso, venivano esplicitamente espressi attraverso le opere artistiche; e se le raffigurazioni del paradiso avrebbero facilmente spinto alla retta via, con altrettanta efficacia le rappresentazioni infernali avrebbero dissuaso dal peccato e dalla tentazione. Inutile pertanto dire quanto la Chiesa sfruttò la rappresentazione artistica di tipo “satanico” a proprio vantaggio, come un vero e proprio mezzo di dissuasione e strumento di persuasione verso la fede cattolica.

La reazione della Chiesa

In parallelo a una diffusione tanto rapida e proficua relativamente alla figura del diavolo nell’immaginario collettivo medievale, non tardò ad arrivare la reazione della Chiesa in relazione a cosa effettivamente rappresentasse Lucifero per la comunità. Si delinea così un forte divario tra coloro che venivano considerati “bravi cittadini”, ligi al dovere e retti praticanti cattolici, e tutti coloro che, andando contro l’deale dell’“onesto popolano”, andavano inevitabilmente a scontrarsi con la dottrina cristiana cedendo alle cosiddette “tentazioni del diavolo”. Pertanto, se da un lato la Chiesa conferiva un’immagine sacra dell’unica possibile retta via da seguire, dall’altro ogni deviazione rappresentava invece un passo in avanti verso Satana e il peccato. E questa concezione raggiunse livelli sempre più estremi, soprattutto a partire dal Basso Medioevo.

Alla figura di Satana venivano infatti associati tutti coloro che potevano in qualche modo disturbare la perfetta aura che aleggiava sulla comunità cristiana medievale, turbando così la quieta pubblica e macchiando la forte religiosità che vi permeava. Erano pertanto considerati adoratori del diavolo tutti coloro che praticavano un culto diverso dal cristianesimo, e il Medioevo è denso di credenze popolari che crebbero nascoste agli occhi della Chiesa. Un esempio di ciò è dato dalla venerazione del “Santo Levriero”, un cane che salvò il bambino di un signore da una vipera, per poi venire ucciso dal padrone, il quale credeva che stesse sbranando il piccolo. Con il passare del tempo la storia si diffuse nei villaggi circostanti al castello in cui era avvenuto tale fatto, e la figura del cane venne sempre più assimilata a quella di un vero e proprio santo, visto come martire e salvatore. La Chiesa si oppose strenuamente e il culto (considerato al pari di un’idolatria) venne proibito, ma resistette ai continui tentativi di soppressione per secoli. E questo è solo uno dei molteplici casi; tali credenze venivano soprattutto associate al paganesimo, il quale era a sua volta il culto associato per eccellenza alla seduzione e al diavolo.

Un altro bersaglio facile per la Chiesa furono le donne. In una società altamente misogina come quella medievale era uso comune rivolgere astio e accanimento verso il sesso letteralmente più debole e, soprattutto verso la fine del Basso Medioevo, nacque così la figura della “strega”, intesa come donna estremamente devota al diavolo e praticante di magia nera. Con l’aumentare del sospetto verso tutto ciò che non si rifaceva fedelmente alla dottrina cattolica, aumentò inevitabilmente anche il timore verso tutte quelle pratiche che non erano sufficientemente conosciute, spesso praticate proprio da donne. A essere accusate erano infatti levatrici o guaritrici, le quali utilizzavano prodotti naturali che spesso potevano rimandare a pratiche magiche; tuttavia a finire nel mirino della Chiesa furono anche prostitute, mendicanti o lebbrose, ovvero tutte quelle donne che non rispondevano correttamente al rigido ideale medievale di “donna cristiana”, ritrovandosi così tra le categorie più deboli della popolazione. Ma la procedura era sempre la stessa e tra le maggiori colpe attribuite alle donne vi era l’accusa di praticare i “sabba”, tipici rituali blasfemi in cui le streghe si sarebbero radunate di notte per praticare orge sataniche con il diavolo.

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A delineare la donna come portatrice di peccato contribuì inoltre in modo molto significativo la figura di Eva, protagonista del peccato originale, e ancora una volta è proprio il cristianesimo, accompagnato dai celebri racconti della Bibbia, a dettare legge su cosa fosse giusto e cosa no. Era dunque inevitabile che la Chiesa posasse la sua attenzione soprattutto sulle donne, dato che colei che aveva mangiato il frutto proibito, ancora una volta sotto tentazione del diavolo sotto forma di un serpente, fosse proprio di quel sesso. Era dunque prassi comune associare la femminilità al peccato, ma soprattutto alla seduzione e alla tentazione, caratteristiche proprie soprattutto di Satana; motivo per cui le streghe vennero considerate le principali servitrici e adoratrici di Lucifero.

La Chiesa fu talmente coinvolta nella famigerata “caccia alle streghe” da istituire un vero e proprio tribunale santo: la “Santa Inquisizione“, con il solo e unico compito di reprimere brutalmente ogni possibile ostacolo alla dottrina cattolica e, ovviamente, ogni elemento che potesse rappresentare un pericolo per il potere della Chiesa come istituzione religiosa.

Ma nel mirino della “Santa Inquisizione” non finirono solo le donne, nonostante dovettero sopportare la stragrande maggioranza delle accuse. Molti uomini furono messi al rogo per la stessa accusa di stregoneria rivolta alle donne, ma quando paura e sospetto divennero insostenibili, molteplici accuse rivolte furono del tutto infondate, frutto di odi e vendette personali. Bastava infatti un semplice astio verso qualcuno, perché chi si voleva accusare venisse direttamente condannato come adoratore di Satana, a volte anche senza processo. Ma il genere non era il connotato principale, poiché in fondo l’accusa era sempre la stessa. Tutto questo per sottolineare quanto ogni accusa, che si trattasse di un culto anomalo, di un sospetto per stregoneria o di una semplice vendetta, fosse costantemente legata alla paura della presenza del diavolo nella vita di tutti i giorni. Una paura fondata su sospetti e fomentata quasi esclusivamente dalla Chiesa cattolica.

La figura del diavolo oggi

Nonostante oggi magia e superstizione siano state superate e soppiantate dalla costante crescita del progresso scientifico, la contemporaneità continua a essere permeata da ciò che caratterizzava la concezione medievale religiosa associata al male quasi settecento anni fa. Le Chiese continuano infatti a essere rivestite da affreschi relativi a una simbologia strettamente associata alla figura di Lucifero o al peccato originale. Inoltre nelle scuole e, più generale, a livello d’istruzione di base, è inevitabile lo studio di Dante, che con la sua accurata descrizione di inferno, paradiso e purgatorio, ha enormemente condizionato la visione antica e moderna del concetto di male e bene. La filmografia poi, uno degli elementi più associati alla contemporaneità, è colma di riferimenti satanici diretti o indiretti, come sette, esorcismi e rappresentazioni del diavolo di ogni genere; tutti concetti che, nonostante sembrino inseriti in modo pieno nella contemporaneità, risalgono invece a origini antichissime. Ancora oggi infatti la figura del diavolo viene inevitabilmente associata a quella che era la concezione medievale del male, e in questo la religione ha avuto un ruolo primario e fondamentale.

In un contesto laico o religioso che dir si voglia, è pertanto inutile cercare di separare l’idea che oggi abbiamo su Satana, da ciò che la Chiesa e il cattolicesimo hanno involontariamente, ma molto più spesso volontariamente, trasmesso nel corso dei secoli. Ancora ai nostri giorni infatti risulta quasi impossibile citare la figura del diavolo con tutte le sue implicazioni senza accostarsi, con il pensiero o attraverso riferimenti diretti, alla religione. Tutto questo poiché, come abbiamo visto precedentemente, così come la figura di Satana è fortemente influenzata da caratteristiche e tratti relativi al mondo pagano, la nostra contemporaneità è impregnata di concetti cristiani che si rifanno a un’antichissima tradizione, trasmettendoci così una viva cultura popolare legata alla figura del cosiddetto “diavolo” che ha alle sue spalle molto di più di ciò che possiamo vedere a primo impatto attraverso affreschi, film, libri o semplici racconti.


Il ruolo della propaganda nella storia

La propaganda è oggetto di studi dal XX secolo circa. Ma è un fenomeno nuovo?
Essa nasce con la società e quindi, nel momento in cui l’uomo ha deciso di organizzarsi con una struttura sociale ben definita e con un sistema di potere. Ma com’è cambiata e soprattutto quando la propaganda ha cominciato ad assumere un ruolo centrale nella storia?
Proprio questi sono gli interrogativi da porsi per capire l’essenza di uno strumento da sempre fondamentale per la gestione del potere sulle grandi masse, che ha sempre mantenuto un alto livello di efficienza ed ancora oggi viene utilizzato.

Già in epoca pre-romana la propaganda era uno strumento diffuso per la conquista del consenso, per la costruzione dell’opinione pubblica ed il mantenimento di un equilibrio sociale. Emblema del suo utilizzo è Pisistrato, tiranno di Atene. Tra l’altro la propaganda di Pisistrato è, paradossalmente, più vicina a quella moderna che a quella utilizzata in epoca romana. Egli utilizzò elementi moderni quali il nemico pubblico e quelle che oggi definiamo fake-news. I Romani invece, nonostante l’inserimento dell’informazione all’interno della propaganda quale elemento nuovo, si concentrarono di più su messaggi di adorazione verso l’imperatore di turno.

Oggi sappiamo che questo tipo di propaganda non funziona, ma funziona invece quella più vicina a Pisistrato e cioè mascherata dietro un’informazione apparentemente libera ed indipendente, che utilizza la tecnica del nemico pubblico, delle fake news e che prende dai Romani l’utilizzo dell’elemento informativo.

Il passaggio significativo da una propaganda di questo genere, ovvero efficace, ma comunque antica ad una moderna c’è stato con la Prima Guerra Mondiale. Rappresentavano l’avanguardia in questo campo le grandi potenze europee e gli Stati Uniti. La Germania, sarà maestra della propaganda nella Seconda Guerra Mondiale. Con questo strumento si riuscì a far passare una guerra come un qualcosa di doveroso, necessario, addirittura sacro.

La Grande Guerra fu il banco di prova del potere della persuasione: oltre al fronte fisico vero e proprio e cioè le trincee, si costituì in ogni paese coinvolto un fronte interno con lo scopo di mantenere l’equilibrio sociale e giustificare, in qualche modo, i sacrifici che si chiedevano alla popolazione. La propaganda fu lo strumento centrale per reclutare soldati giovani da mandare in trincea.

Senza lo Zio Sam con “I Want You” probabilmente nessuno si sarebbe mai arruolato volontariamente per andare a combattere con il 50% delle possibilità di non tornare a casa. Senza lo slogan “Fare il mondo sicuro per la democrazia”, probabilmente il popolo americano non avrebbe mai accettato la decisione del governo di entrare in guerra nel 1917 e si sarebbe organizzato per ribellarsi. Invece, con un’ottima propaganda si riuscì addirittura a rendere gli americani contenti ed orgogliosi dell’azione militare intrapresa. In Inghilterra nel solo primo anno di guerra si arruolarono circa 200.000 giovani grazie ad un’azione propagandistica fatta di 12.000 riunioni, 8 milioni di lettere, 54 milioni di manifesti e volantini: un ingente investimento che diete i frutti attesi. Co

n azioni di propaganda si finì per far credere alle masse che la guerra fosse un atto sacro e pian piano s’instaurò una vera e propria religione basata sulla guerra: altari della Patria, sepoltura del milite ignoto, cimiteri di guerra, monumenti ai caduti, spade accomunate a croci, soldati morti considerati martiri della Patria. Insomma, una vera e propria religione civile arricchita dagli elementi della sacralità della guerra e del militarismo.

Ma perché dalla propaganda si arrivò poi a delineare una vera e propria religione? Semplice, basta rifarsi alla definizione naturale del termine “propaganda”:

ciò che della fede deve essere propagato, cioè le credenze, i misteri, le leggende dei santi, i racconti dei miracoli.

Non si trattava di trasmettere quindi una conoscenza obiettiva e accessibile a tutti tramite il ragionamento, ma di convertire a verità nascoste che promanano dalla fede, non dalla ragione.

Nonostante quello appena descritto sia stato un significativo passaggio da una propaganda antica ad una moderna, essa non era ancora oggetto di studio vero e proprio e soprattutto non era ancora uno strumento largamente diffuso. Divenne una vera e propria scienza dopo la Grande Guerra, in particolar modo con Edward Bernays, nipote di Freud, che sfruttò la teoria freudiana della psicanalisi rendendo la propaganda uno strumento ancora più potente. Successivamente, con una geniale intuizione lo sfruttò anche in campo commerciale. Numerose aziende si affidarono a Bernays per accrescere il proprio volume di affari.

Perché gli inglesi oggi fanno colazione con uova e pancetta? Perché Bernays ricevette da un’azienda produttrice di pancetta l’incarico di fare una propaganda affinché aumentasse il consumo del loro prodotto. E. B. riuscì a trasmettere alla popolazione il messaggio secondo cui la mattina è necessaria, nonché consigliata dai medici, un’abbondante colazione, quindi cosa meglio di uova e pancetta?

È incredibile come con un semplice messaggio propagandistico si riesca a controllare una massa e a portarla a fare ciò che si vuole, a prescindere da tutto.

La propaganda, largamente diffusa ed utilizzata anche in ambito commerciale, assunse un particolare rilievo e raggiunse il suo apice di sviluppo nell’epoca dei totalitarismi e della Seconda Guerra Mondiale. Emblema di questo apice fu il  manifesto “Es Lebe Deutschland” della propaganda Nazista, che contiene tutti gli elementi della propaganda moderna e soprattutto della religione che con i totalitarismi da civile divenne politica. Ad oggi maestro della propaganda è il califfato islamico, che con tale strumento è riuscito a mettere in uno stato di continua tensione l’intero occidente. Per quanto possiamo essere informati e consapevoli circa il potere della propaganda, questa funzionerà sempre, perché agisce sull’inconscio.

Fonti:

M.Regnedda, Propaganda
G.Sabatucci, V.Vidotto, Storia Contemporanea, novecento
Marco Montemagno, la propaganda
L’invenzione della propaganda
N.Ferguson, Verità taciuta

La politica: un’arte o una religione?

In epoca contemporanea, dal ‘700 in poi, la politica ha subito dei cambiamenti. Questi spesso sono identificati nelle due più clamorose rivoluzioni del tempo: la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese. Ma possiamo realmente affermare che queste hanno portato ad un drastico ed improvviso cambiamento della politica? Possiamo veramente dire che la politica è cambiata in quei due precisi momenti?
Ebbene no, perché aldilà dei fatti storici, degli avvenimenti, il cambiamento importante della politica si è avuto con il tempo. Certo, le rivoluzioni hanno avuto il loro ruolo, ma esse stesse sono scaturite dal cambiamento della politica, del modo di vedere la politica, quindi non è propriamente esatto affermare che il cambiamento c’è stato perché ci sono state le rivoluzioni. Ma allora com’è cambiata la politica? Quali sono stati i fattori determinanti per il cambiamento?

La politica come arte

Fin da sempre e prima del ‘700 la politica era considerata un’arte. La massima espressione di ciò che era la politica, di come la si vedeva e di come la si doveva praticare la si ritrova ne “Il Principe” di Niccolò Machiavelli, considerato un vero e proprio manuale per il politico. Secondo Machiavelli la politica era un’arte ed il politico doveva essere, allo stesso tempo, volpe e leone, ovvero furbo e forte. In pratica il padre della scienza politica elaborò un manuale secondo cui la politica è fatta di calcoli, astuzia, strategie. Inoltre all’epoca la si vedeva come un’attività limitata a determinati ambiti quali le guerre, le tasse, la politica estera, l’ordine pubblico e soprattutto come un’attività riservata a pochissime persone ovvero a quei pochi sovrani e principi, legittimati da un fondamento religioso: Re e Principi erano i rappresentanti di Dio sulla terra, avevano quindi una legittimazione divina a governare. Proprio per questo erano incoronati spesso dal Papa o comunque da importanti Vescovi. La religione aveva quindi un peso enorme nell’ambito politico.
Da sottolineare c’è anche il fatto che l’attività politica così come la si praticava a quei tempi non era stabile: non vi era una struttura di governo organizzata e con un’agenda più o meno stabile. I sovrani, i principi, si riunivano con i loro funzionari pochissime volte, per cui l’attività di governo era molto limitata e saltuaria.

La politica come una religione

Dal ‘700, il secolo delle rivoluzioni importanti, la politica cominciò a cambiare. Iniziò a mutare il modo di viverla, di praticarla, di concepirla. Essa non era più un’arte, bensì una completa dedizione dell’uomo all’attività di governo. Questo cambiamento lo si può vedere in alcune opere di Jacques-Louis David, artista dell’epoca, che nel famosissimo dipinto “Il giuramento degli Orazi” mise in risalto come la politica stava cambiando: l’uomo che giurava fedeltà alla Patria e giurava di essere pronto a morire per questa; le donne che, in privato, piangevano perché non riuscivano a concepire questa completa, alta e nobile dedizione dell’uomo alla Patria, alla politica, ai valori. Nacque quindi la concezione secondo cui la politica è il momento più alto e decisivo dell’attività umana.
Il cambiamento pratico più importante sicuramente è stato quello riguardante gli ambiti della politica. Se in precedenza l’ambito era limitato a guerra, tasse e diplomazia, per la prima volta, con la Rivoluzione Americana e con la prima carte dei diritti dell’uomo, la politica pervade ambiti come l’istruzione,  fino ad allora monopolio della Chiesa, che aveva e gestiva le scuole e quindi l’istruzione di quelli che nel concreto erano i sudditi; l’assistenza a chi non era in grado di sostenersi con i mezzi propri e, ambito molto particolare, l’aiuto della politica all’uomo nel perseguimento della propria felicità, visto come diritto fondamentale. Insomma, era in atto un radicale stravolgimento di quella che era la concezione della politica di un tempo. Essa adesso non riguarda più pochissime persone, un gruppo ristretto di sovrani e principi legittimati dal motivo divino a governare, bensì riguarda tutti e quindi non esistono più i sudditi, ma solo cittadini, che insieme decidono di “stipulare” un contratto e di rinunciare ad una parte della propria libertà in cambio di ordine, regole, organizzazione: governo.
Ma se alla base della politica ci sono dei cittadini consapevoli, che scelgono come e da chi farsi governare, ecco che viene a mancare la base religiosa che fino ad allora aveva dominato la politica. Se manca la base religiosa allora è ragionevole affermare che la politica poteva cominciare ad essere considerata laica e rispondente unicamente ai cittadini, che la controllavano attraverso l’opinione pubblica. Per la prima volta s’introduce questo concetto o meglio, nuovo soggetto politico, che appunto controllava la politica e l’attività del governo, attraverso mezzi come la stampa ed i partiti. Proprio i partiti rappresentano una degli stravolgimenti politici più importanti: da associazioni mutualistiche, cooperative, massonerie, nacquero soggetti politici organizzati con la specifica funzione di rappresentare una parte di cittadini, portare avanti un’idea o programma.
Con il tempo si è passati quindi da una politica disorganizzata e saltuaria ad una politica organizzata e strutturata: si è passati da Re e Principi che svolgevano attività di governo saltuaria, ad un governo organizzato gerarchicamente e territorialmente, che, tuttora, svolge attività di governo stabile e periodica. Con la scomparsa del motivo religioso, che legittimava i sovrani e rendeva il popolo suddito, spariscono anche le chiese di stato. Nasce, inizialmente, la religione dei cittadini: un vero e proprio credo nell’essere cittadini, nella ragione, nella razionalità.
Un vero e proprio culto della bandiera, della politica, dei valori. Infatti, successivamente alla Rivoluzione Francese, ci fu una vera e propria scristianizzazione della politica e degli stati, tanto che venivano organizzate orazioni d’intellettuali, riti per la venerazione della Dea Ragione e del Super – Dio, entità metafisica, essere supremo e venivano costruiti veri e propri luoghi di culto dove praticare la religione del cittadino: l’altare della Patria è un esempio. In seguito la Dea Ragione, con la nascita degli stati nazionali, venne sostituita dalla Nazione. Si passò quindi dalla religione del cittadino alla religione della nazione. Entrambe comunque non impedivano agli individui di credere, allo stesso tempo, nelle religioni classiche.
Nel corso dell’800 ed oltre, nacquero, sulla base della religione della nazione, due tipi diversi di religioni praticabili: la religione civile e la religione politica. La prima, una religione non obbligatoria e che si sviluppò in ambienti democratici, che prevedeva il culto della Patria, della bandiera, dei simboli patri, della nazione, del popolo stesso. La seconda, obbligatoria, nacque invece in ambienti di regime dittatoriale e consisteva nella venerazione dell’ideologia, del leader, del dittatore, che veniva insegnata a scuola e mediante la propaganda.

Nel tempo abbiamo visto come la politica è cambiata e non solo per via di alcuni avvenimenti, ma per il mutamento di diversi fattori. Il solo fatto che da un certo punto in poi, nella storia, la condizione del popolo sia mutata da sudditanza a cittadinanza, ha portato ad uno stravolgimento della visione che si aveva della politica e quindi da una visione artistica ad una religiosa. Che poi la politica possa essere considerata una vera religione, è soggettivo, ma i tratti sono quelli. È estremamente interessante, e se ne potrebbe parlare per righe e righe, di come ancora oggi la politica sia in continua evoluzione. Il cambiamento non si è mai arrestato e forse mai si arresterà, se solo pensiamo ai grandi sistemi d’idee e alle ideologie, che mantengono la politica in una condizione di costante rivoluzione.

Fonti:
G. Sabbatucci, V. Vidotto  
Storia Contemporanea,
L’ottocento 
G. Sabbatucci, V. Vidotto  Storia Contemporanea, Il Novecento
N.Machiavelli, Il Principe

Religione, una storia che va dalla magia alla scienza

“Storia ed evoluzione della religione e del mondo spirituale, dalle prime preistoriche forme di magia, passando per i politeismi antichi fino a raggiungere la divisione tra il mondo spirituale ed il mondo scientifico, e la nascita di monoteismi, scienza e filosofia.”

La storia delle religioni è una disciplina che viaggia parallelamente all’antropologia e permette di osservare l’evoluzione del mondo e delle strutture umane da un punto di vista differente.

Ad un certo punto della storia, la religione si trasforma, passando dall’essere un qualcosa di pubblico e condiviso, da vivere collettivamente in gruppo attraverso giochi, feste e banchetti, per diventare qualcosa di più intimo e riservato, da vivere nel privato, in un clima più familiare, questo cambiamento strutturale si lega al cambiamento di rotta nell’inseguimento degli obbiettivi fondamentali, o meglio nei compiti propri della ricerca religiosa e spirituale.

Compito della magia e dei politeismi è quello di spiegare l’inconoscibile, la magia in particolare aveva il compito di rendere accessibili all’uomo quei fenomeni di cui non se ne comprendeva totalmente la natura ed i meccanismi, e di cui tuttavia aveva una conoscenza empirica degli effetti e di conseguenza quei fenomeno sono considerati magici.

Agire in un determinato modo, compiere una determinata azione produce una reazione, la magia è quindi la larva da cui sarebbero nate il mondo della fisica, l’embrione potremmo dire del terzo principio della dinamica, e allo stesso tempo delle religioni, procedendo con una prima divisione netta tra tutto ciò che poteva essere controllato dall’uomo, e ciò che al contrario era totalmente incontrollabile e quindi inconoscibile. Ciò che può essere controllato esce dal mondo magico per entrare a far parte del mondo tecnico e scientifico, tutto il resto necessita di una spiegazione, e a questo scopo nascono divinità e le mitologia.

La mitologia riesce a spiegare con le i suoi racconti ed i suoi personaggi dotati di poteri straordinari, tutto quanto accadeva al di fuori del controllo umano, per ogni fenomeno geologico o cosmologico esiste una divinità che con il suo lavoro possa giustificarlo, e in caso di anomalie la natura “umana” delle divinità funge da ancora di salvataggio, così fenomeni rari o imprevedibili quali possono essere una eclissi, un terremoto, o una pioggia di meteore, sono spiegate con capricci e litigi e guerre tra queste divinità create allo scopo di decidono e regolare le sorti del mondo.

Il mondo mitologico è un mondo statico e stagnante, che tende alla non evoluzione, e in caso di nuove scoperte semplicemente si munisce di una nuova divinità per assolvere al nuovo compito, al contrario il mondo fisico delle scienze è in continua evoluzione e mutamento, teorie e concetti sono continuamente rielaborate e ridisegnate, e lo stesso accade per la strumentazione in uso, gli attrezzi da lavoro e di osservazione del ricercatore, dello scienziato, sono in continua evoluzione, diventando sempre più accurati e precisi e permettendo di diversificare sempre di più la ricerca, e le ricerche, permettendo quindi lo studio di fenomeni che prima erano considerati incomprensibili la cui comprensione era affidata alla mitologia.

Gli scienziati puntando i propri strumenti e facendo luce sul lavoro degli dei, rendono quel tipo di mitologia, statica, obsoleta, sostituendosi ad essa, e rilegando la religione e lo spiritualismo al ruolo di guida etica e morale.

La religione in questo modo cambia la sua natura trasformandosi da pubblica a privata, ed incentrando la sua ricerca non più sul funzionamento del mondo e dell’uomo, ma sull’uomo in quanto essere senziente, lavorando parallelamente alla ricerca filosofica, con però un’eredità sociale, che rende la religione un fenomeno culturale da vivere privatamente, e nella sua componente originale di strumento di semplificazione, basato sull’accettazione di dettami e dogmi precostituiti, risulta accessibile a chiunque.

Potremmo dunque dire che da una parte le scienze cercano di capire come funziona l’universo e l’uomo, mentre le varie religioni e filosofie cercano di comprenderne il perché, nel tentativo di rispondere alla domanda fondamentale … chi è l’uomo ?

 

 

Bibliografiai :

James George Frazer, The Golden Bough: A Study in Magic and Religion, 1915

Ernesto de Martino, Il mondo magico: prolegomeni a una storia del magismo , 1948