Il formaggio e i Vermi di Carlo Ginzburg | Recensione

Recensione e guida alla lettura del saggio “il formaggio e i vermi” di Carl Ginzburg, capolavoro dello storico italiano che ha reinventato la microstoria.

E se la terra fosse in realtà un enorme forma di formaggio, se la vita animale non fosse altro che vermi schiusi nutrendosi dei succhi del formaggio, come accade sul Casu Marzu e se tutti i vegetali del pianeta non fossero altro che muffa, come nel più pregiato formaggio gorgonzola e se in fine le cavità della terra non fossero altro che bolle d’aria come quelle presenti nel groviera svizzero?

Queste osservazioni possono far sorridere, ma nel 500 c’era ben poco da sorridere e l’inquisizione era pronta ad intervenire, soprattutto se qualcuno, sostenendo un parallelismo tra la vita sulla terra ed i vermi del formaggio, avesse involontariamente negato l’esistenza di Dio passando per eretico. E se proprio vogliamo dirla tutta, qualcuno lo fece davvero, qualcuno nel cinquecento sostenne realmente, razionalmente e in maniera consapevole, un possibile parallelismo tra una forma di formaggio e la vita sulla terra, ma questo qualcuno non era un filosofo, un fisico, uno studioso, questa teoria non venne da uomini come Newton o Galilei, ma da un umile mugnaio friulano che la storia ricorda con il nome di Menocchio.

Menocchio era un mugnaio friulano, nato Domenico Scandella dalle parti di Montereale Valcellina, presumibilmente nel 1532, e passò la sua vita a fare il formaggio e sfuggire al tribunale dell’inquisizione che voleva condannarlo per eresia e che alla fine, intorno al 1600 lo mise a morte condannandolo al rogo per le sue stravaganti teorie eretiche secondo cui, la vita sulla terra non sarebbe stata opera di Dio, ma proprio come accade al formaggio con i vermi, sarebbe nata in maniera spontanea.

Nel grande pentolone della storia dei grandi eventi, tra i grandi uomini, generali, principi e imperatori, vescovi, cardinali e papi, non c’è posto per un uomo come Menocchio ma il suo ricordo è sopravvissuto per secoli e in un modo o nell’altro, il suo nome sarebbe diventato un tassello importantissimo per definire il fenomeno inquisitorio nel cinquecento.

Tra i primi che ricostruì e raccontò la storia di Menocchio, va certamente annoverato Carlo Ghinzburg, storico italiano di fama mondiale che, durante gli anni settanta, si mise al lavoro sul curioso caso di Domenico Scandella, e del suo scontro con l’inquisizione, dando vita ad un opera di straordinaria bellezza quale il saggio storico “il formaggio e i vermi”.

Al di la del racconto quasi aneddotico e biografico della vita di Menocchio e delle vicende che lo avrebbero portato alla morte, Carlo Ghinzburg ricostruisce in maniera estremamente precisa e particolare la questione dell’inquisizione in italia agli inizi dell’età moderna. Il Formaggio e i vermi è un saggio di “microstoria” che non si limita però all’analisi del singolo caso particolare, ma al contrario, proprio partendo da questo caso particolare, e diversamente dal classico modo di fare storiografia, in cui si tende a partire dal generale scendendo sempre più nel particolare, qui accade l’esatto contrario, si parte dal particolare, si parte da Menocchio, si parte da Montereale Valcellina, si parte dall’inquisizione friulana, per poi andare a sviscerare l’intera struttura inquisitoria italiana tra sedicesimo e diciassettesimo secolo.

Con il suo saggio Ghinzburg ha ribaltato il modello storiografico, sottolineando l’importanza e della “storia dal basso”, della microstoria, dedicando proprio alla definizione di questo modello storiografico un importante fetta della prefazione e va detto che il modello analitico proposto da Ghinzburg negli anni settanta avrebbe avuto molta fortuna, soprattutto negli Stati Uniti e nel mondo divulgativo. Altro elemento caratterizzante e distintivo di questo testo di Ghinzburg è la sua capacità di analizzare e comparare il rapporto reale, esistente e troppo spesso dimenticato tra la cultura ufficiale, la cultura delle classi dominanti, e cultura popolare.

Il caso di Menocchio è stato dimenticato, è stato ignorato per secoli dalla cultura ufficiale, Menocchio era solo un mugnaio, la sua storia era una storia comune, una storia banale, una storia che non valeva la pena ricordare, almeno per le classi dominanti, ma a livello popolare il suo ricordo divenne leggenda e sopravvisse negli anni, nei racconti e nei ricordi fiabeschi di un passato ormai dimenticato.

Questo testo di Ghinzburg ha un triplice valore, perché si impone su tre diversi piani, con tre diverse chiavi interpretative che riguardano il mondo storico e storiografico ed è per queste ragioni che ho deciso di consigliarlo.

Il testo è anzitutto un saggio storico molto complesso, che affronta tematiche importanti, ma è anche un buon manuale di tecnica storiografica, oltre che un saggio critico ed un ottima fonte aneddotica, ma andiamo con ordine.

Dal punto di vista puramente divulgativo, la storia di Menocchio, le sue teorie ed il suo scontro con la chiesa e l’inquisizione è sicuramente, dal punto di vista narrativo, molto avvincente e interessante, ci viene raccontata la storia di un uomo comune catapultato in situazioni più grandi di lui, chiamato a rispondere di accuse che non riesce a comprendere, chiamato a giustificarsi per un semplice pensiero genuino e “ignorante” che, agli occhi di chi aveva la pretesa di custodire la sola verità valida, era un qualcosa di abominevole e ripugnante, i pensieri, le idee, le osservazioni di Menocchio erano eretiche, anche se Menocchio non si reputava un eretico, era semplicemente un uomo pieno di dubbi con troppe domande a cui il suo tempo non era ancora in grado di rispondere. Del resto, le sue teorie avrebbero preceduto di diversi secoli teorie, ipotesi analoghe, formulate da uomini di scienza e non da mugnai, in un epoca e in un clima molto più positivo e tollerante nei confronti dell’innovazione.

Dal punto di vista critico e analitico, come abbiamo già osservato, soprattutto nella prefazione, Ghinzburg definisce un nuovo modello analitico, stabilisce nuovi canoni di ricerca, nuove linee di costruzione per le opere storiografiche, ribalta la storia portando gli uomini comuni nella storia, screditando in qualche modo l’idea che le masse popolari fecero la propria irruzione nella storia soltanto nell’ottocento, Menocchio è testimone di ben altra storia, Menocchio è un uomo del popolo ed è al centro di una vicenda storica realtà, completa, valida, Menocchio rappresenta la quotidianità del proprio tempo ed è attraverso quella quotidianità che Ghinzburg riesce a ricostruire magistralmente la società friulana del cinquecento e le dinamiche dell’inquisizione. Inoltre, il fatto che il testo ribalti quello che, fino a quel momento era il canonico ordine stilistico dei testi storiografici, passando quindi dal particolare al generale invece che dal generale al particolare, come si era soliti fare all’epoca (e ancora oggi) è estremamente importante perché avrebbe spianato la strada ad un nuovo modello globale di pubblicazione storica, inaugurando in un certo senso la letteratura storiografica “divulgativa”.

Il testo “il formaggio e i vermi” edito da Einaudi per la prima volta nel 1976 è a tutti gli effetti un testo divulgativo, diventa letteratura scientifica, letteratura tecnica grazie alla sua lunga prefazione, ma se si ignora la prefazione, ciò che ci troviamo sotto gli occhi è un testo relativamente semplice, scritto in maniera estremamente elegante da un autore brillante che ci racconta la vita di un mugnaio friulano e attraverso ad essa ci racconta la società in cui quel mugnaio viveva e le difficoltà che un uomo come lui era chiamato ad affrontare, dal formaggio che va a male perché fa i vermi o ammuffisce, alle pesanti accuse di eresia dinanzi al tribunale dell’inquisizione.

La difficoltà di vivere nell’uomo che inventò il futuro

Episodio 1 del podcast L’Osservatorio

Parliamo di Alan Turing, l’uomo che con i propri studi sulle macchine gettò le basi per la creazione dei primi computer e dell’informatica moderna, l’uomo che con le proprie idee e teorie inventò il futuro, l’uomo che con, nonostante il proprio dolore segnò il punto definitivo nello scontro tra Democrazia e Totalitarismo, infliggendo il più duro dei colpi, al Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale.
L’uomo che vinse la seconda guerra mondiale, restando nell’ombra, senza che il mondo lo acclamasse come eroe.

Le lancette dell’orologio negli anni sono state spostate in avanti o in dietro, riflettendo quelle che erano le azioni e le intenzioni dei leader mondiali, e durante tutta la guerra fredda hanno mostrato, con particolare enfasi, i momenti di massima tensione e di maggiore distensione tra il primo ed il secondo mondo, tra gli USA e l’Unione Sovietica, segnando un minimo mai raggiunto negli anni a venire, di 2 minuti alla mezzanotte, nel 1953, quando prima gli USA e poi l’URSS riuscirono a realizzare la bomba all’idrogeno, e di contro, segnando un picco massimo nel 1991 quando venne firmato, tra USA ed URSS lo storico trattato START, successivamente ribattezzato START I, nel 1993 quando venne firmato un secondo trattato di riduzione delle armi strategiche, noto come START II.

Nel 2018 gli autori del bulletin hanno portato, per la prima volta dal 1953, le lancette a 2 minuti dalla mezzanotte ed ora, potrebbero avanzare ulteriormente.

Le continue provocazioni della Russia di Putin, che sistematicamente si fanno beffa dei trattati internazionali e delle Nazioni Unite, e le reazioni statunitensi di Trump a queste provocazioni, hanno già da tempo allertato i curatori del bollettino e la recente dichiarazione di Trump di voler mettere fine al trattato INF del 1987, annunciando l’imminente uscita degli USA dal trattato, preludio ad un imminente, e forse già iniziata, nuova corsa agli armamenti, che potrebbe portare a breve alla decaduta anche dei START I e START II segnando la fine della non proliferazione nucleare.


Ronald Reagan e Michail Gorbačëvdurante a Washington durante la firma del trattato Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, siglato l’8 dicembre 1987.

La tensione tra USA e Russia, come già successo durante la guerra fredda, potrebbero non sfociare in un effettivo scontro tra le due potenze, principalmente perché uno scontro diretto tra Russia ed USA significherebbe una guerra nucleare che porterebbe all’annichilimento totale dei due colossi. Più probabile invece sono le guerre per procura, in Venezuela, Siria, Turchia, Ucraina, per non parlare del sudest asiatico, dell’Africa intera, di ciò che resta dell’America Latina e questa volta, probabilmente, anche dell’Europa.

Nel 1953, quando l’orologio ha segnato per la prima volta i due minuti alla mezzanotte, i leader Mondiali, all’epoca i leader di Stati Uniti ed Unione Sovietica, percepirono la gravità della situazione, perché avevano memoria di ciò che era stato durante la seconda guerra mondiale, ricordavano in prima persona il dramma di una guerra totale e nonostante la rivalità e le tensioni esistenti, cercarono di correre ai ripari, cercando negli anni seguenti di trovare delle soluzioni diplomatiche, soluzioni che certo non arrivarono repentinamente, e diedero i primi frutti soltanto sul finire del decennio, con conseguente modifica della posizione delle lancette del doomsday clock, che nel 1960 segnò un fiducioso e speranzoso 7 minuti alla mezzanotte.

Oggi la situazione è allo stesso tempo molto simile e molto diversa, e le lancette non vengono mosse in avanti soltanto per via delle tensioni politiche tra nazioni che dispongono di armi nucleari, ma anche per questioni ambientali e di diversa natura, e questo, purtroppo, significa che l’umanità è sull’orlo del baratro e il tempo che ci rimane da trascorrere su questa bella terra potrebbe essere molto poco.


Oggi l’orologio segna ancora due minuti alla mezzanotte,

ma l’imminente fuoriuscita degli USA dal trattato INF, annunciata da Trump e la conseguente fuoriuscita dal trattato della Russia, potrebbe, non in maniera certa, ma con molta probabilità, portare le lancette dell’orologio ad avanzare ulteriormente, con il rischio che queste possano raggiungere il minimo storico di 1 minuto alla mezzanotte. E per chi non lo sapesse, o non lo avesse ancora capito, ricordiamo ancora una volta che questo orologio indica il potenziale olocausto nucleare, la mezzanotte rappresenta la fine dell’umanità e forse del mondo, se l’orologio dovesse effettivamente raggiungerà la mezzanotte, allora sarà troppo tardi, il suo avvicinamento alla mezzanotte è una metafora dell’avvicinarsi dell’umanità alla propria fine, e una volta varcata una certa soglia, sarà impossibile ritornare in dietro. L’orologio in questo senso rappresenta un campanello d’allarme e prova a dirci che il tempo degli uomini su questo pianeta sta per esaurirsi a meno che non facciamo qualcosa per impedirlo.

Purtroppo, come hanno precisato gli ideatori dell’orologio, molti decenni fa, l’orologio non ha il potere di influenzare le decisioni dei governi e dei capi mondiali, non è la causa dei cambiamenti globali, al contrario, le sue lancette si muovono, avanti o in dietro, come conseguenza di questi cambiamenti.

Le lancette del doomsday clock stanno tracciando una mappa, qualcuno direbbe della stupidità umana, e se in passato qualcuno guardando questa mappa era in grado di cogliere i pericoli ed i rischi che gli si paravano d’avanti, oggi non è più così, oggi, rispetto al 1953, il ticchettare dell’orologio è sempre più silenzioso, e non perché nel frattempo l’orologio sia passato dall’essere meccanico a digitale, ma perché ormai la sua voce è ascoltata sempre di meno, probabilmente offuscato dai più numerosi e rumorosi suoni che l’imminente apocalisse sta mandando in avanscoperta. Dagli ordigni nucleari che si preparano a devastare il pianeta, alle foreste che bruciano o vengono abbattute alle grida di innumerevoli specie di animali che si estinguono a quelle di uomini, donne e bambini che a migliaia muoiono in mare o tra le catene di trafficanti di esseri umani, si eleva un suono nefasto e stridente, un fetido e maleodorante aroma cadaverico, che dipinge la carcassa in decomposizione della morente specie umana.

Siamo in dirittura d’arrivo, la mezzanotte, quella simbolica mezzanotte che segna la fine del mondo è sempre più vicina, ma sembra che questo, agli uomini più potenti del mondo, e che potrebbero impedire la nostra estinzione, non importi più di tanto, sembra anzi che vogliano essere ricordati, dagli spettri che in un qualche remoto ed improbabile futuro cammineranno sul nostro pianeta, la generazione che ha fatto della specie umana, la prima specie vivente direttamente responsabile della propria estinzione.

Ho aperto un Patreon, ma non preoccupatevi.

Chi frequenta la gilda degli Osservatori (il nostro gruppo qui su telegram, vi lascio il link a fine post) sapeva già che questo momento sarebbe arrivato, per tutti gli altri, non preoccupatevi, Patreon, come Tipeee prima di lui, serve a dare supporto ad historicaleye e ad affrontare (e coprire) le spese che devo affrontare per poter fare video, scrivere articoli, tenere il sito on-line, ecc ecc ecc.

Historicaleye è nato gratis e rimarrà gratis forever, quindi non preoccupatevi, non farò video o serie riservate agli utenti a pagamento, anche se, per loro ci saranno dei contenuti dedicati, ma saranno un qualcosa di più, che realizzerò in aggiunta al video settimanale e agli approfondimenti storici qui sul sito.

Vi elenco brevemente i benefici che potranno ottenere i patron, ma per comprendere meglio la natura di questa iniziativa, vi invito a dare un occhiata alla pagina patreon che ho creato.

Ringraziamento nei video 
-Backstage e bloopers dei video
Accesso anticipato ai video
Contenuti in esclusiva

Per il momento i contenuti esclusivi sono ucronie e racconti storici, ma sto pensando anche ad un podcast, e a tal proposito, vi chiedo di farmi sapere nei commenti se potrebbe interessare l’idea di un podcast a tema storico.

-Possibilità di scegliere che video pubblicherò

Facciamo chiarezza su questo punto, perché potrebbe essere equivoco, fino ad oggi, sul canale telegram di historicaleye, e sulla pagina facebook ho realizzato, occasionalmente, alcuni sondaggi in cui chiedevo ai follower se preferivano vedere prima un determinato video, già registrato, rispetto ad un altro video, anch’esso già registrato, da questo momento in avanti tuttavia, questo tipo di sondaggi, verranno fatti su Patreon e saranno riservati agli utenti iscritti al mio patreon.

-Possibilità di richiedere dei video su argomenti specifici.

Il motivo per cui ci tenevo a fare chiarezza sul punto precedente, è perché esiste anche questo beneficio, che consiste effettivamente nella possibilità di richiedere un video (o un articolo, questo verrà deciso da voi) su un argomento scelto da quella persona, e non da me, e che verrà realizzato.
Ci tengo a sottolineare che al di la di questo beneficio, chiunque, in qualsiasi momento, può suggerirmi degli argomenti da trattare in video o in un articolo, e se trovo la proposta interessante, lo realizzerò ugualmente, ma a decidere se farlo o meno, sarò io, e a mia completa discrezione, con Patreon invece, potrete avere la certezza che il video o articolo sull’argomento che vi interessa tanto, verrà effettivamente realizzato, e se non sarete in tanti ad usare questa possibilità, verrà realizzato anche in tempi brevi.

-Possibilità di richiedere una video recensione e guida alla lettura di un libro

Su questo beneficio voglio spendere qualche parola in più, non che con gli altri mi sia trattenuto particolarmente.
Accanto a Patreon ho anche aperto una wishlist di amazon, di cui ho già parlato in un altro post, qui riassumo solo i punti principali, ma se volete approfondire, potete aprire questo link.

Inserirò in questa specifica Wishlist esclusivamente libri, saranno libri suggeriti e consigliati da voi o che mi interessano, ma così tanto da spingermi ad acquistarlo, (quelli che mi interessano tanto li compro di mio). Andando su questa whislist, potrete acquistare per me questi libri che quindi mi verranno consegnati, e se o quando questo accadrà, realizzerò una recensione (video) ed una guida alla lettura scritta qui sul sito, per darvi le mie impressioni su quel libro, e soprattutto, per darvi qualche indicazione su come leggerlo al meglio, molto probabilmente affiancando alla guida anche qualche nozione biografica dell’autore.

In passato ho già realizzato guide alla lettura, ma in passato queste guide rappresentavano un contenuto esclusivo per chi mi supportava su Tipeee, questa volta invece saranno un contenuto pubblico, e questo significa che quei contenuti, quella guida e quella recensione esisteranno solo grazie a voi, e saranno d’aiuto a tante altre persone, ragion per cui, anche se sarò io a registrare la recensione e scrivere la guida, farò in modo che si sappia che se quel contenuto esiste è merito vostro, ringraziando personalmente e direttamente, mi avrà regalato il libro o avrà fatto la donazione di quel tier, nel video e nell’articolo.

Detto questo, ho delineato, negli ultimi due mesi, una serie di Tier (livelli di donazione) che spero possano piacervi, divertirvi e che spero siano equilibrati, personalmente credo lo siano, ma un vostro contro parere è sempre ben accetto.
In realtà ho detto una piccola bugia, non tutti i tier sono davvero equilibrati, il Tier 6 infatti non lo è, si tratta di un Tier decisamente sbilanciato, ma lo è di proposito e lo è per un motivo ben preciso e sono sicuro che se leggerete le descrizioni dei vari Tier che ho realizzato, e soprattutto le intestazioni, capirete cosa intendo e perché il tier 6 è sbilanciato.

Vi ho annoiato anche troppo, questo è il link al mio patreon, spero vogliate darmi il vostro supporto, e anche qualche consiglio, per il momento sono presenti soltanto tre Goal, ovvero, il rinnovo del sito, l’acquisto di una nuova camera per le riprese dei video e l’acquisto di un pc più performante per l’editing, vi è inoltre un goal segreto, nel senso che ho deciso di fare questa cosa al raggiungimento di un goal, ma non l’ho creato effettivamente.
Si tratta della creazione di un forum pubblico, dove chiunque potrà iscriversi liberamente e gratuitamente, che vorrei diventasse il cuore della community di historicaleye.

Mi sono dilungato davvero troppo, ecco il link , questa volta davvero https://www.patreon.com/historicaleye

Cosa ne pensi di questo libro (che non hai letto)?

Ho creato una Wishlist su Amazon, Così potrete regalarmi dei libri che, leggerò, recensirò e vi spiegherò come leggere, con delle guide alla lettura che pubblicherò, (forse) a cadenza mensile.

Mi capita spesso di ricevere domande del tipo “cosa ne pensi di questo libro” o “cosa ne pensi di questo autore” e generalmente rispondo in due modi.

Se ho letto il libro o conosco l’autore, spiego un po’ cosa ne penso, cosa mi piace e cosa non mi piace di quel libro in particolare o di quell’autore, sulla base di ciò che, di quello stesso autore, ho già letto.

Se invece non ho letto il libro, non conosco l’autore, perché non ho mai letto nulla di suo o, in alcuni casi, non l’ho mai sentito neanche nominare, dico semplicemente la verità, ovvero, non ho letto quel libro, non conosco quell’autore oppure lo conosco di fama, ma non ho mai letto nulla di suo.

Qualche volta è capitato che mi venisse chiesto un parere su dei libri che non avevo letto, ma che, dal titolo sembravano interessanti, e più di una volta mi è capitato di acquistarli in un secondo momento, come ad esempio è successo per il libro di Philippe Jacquin “storia degli indiani d’america”.

Quando qualche mese fa uno di voi mi ha chiesto cosa ne pensassi ho risposto di non averlo letto e di non conoscere Jacquin, e quasi in un beffardo scherzo del destino, pochi giorni dopo ho trovato quel libro, in offerta, in una libreria, ne ho quindi approfittato subito per acquistarlo (molto scontato) ed un po’ alla volta l’ho letto, finendolo qualche settimana prima di natale.

Questo episodio mi ha in qualche modo colpito e in un certo senso segnato, più di una volta, quando non avevo letto il libro su cui mi chiedevate un parere, sono stato tentato di acquistarlo, ma il più delle volte ho desistito per un semplice motivo, già non riesco a stare dietro a tutti i libri che acquisto per conto mio, se a questi ne aggiungessi altri proposti da voi, probabilmente a quest’ora avrei bisogno di un altra libreria, che riempirei con libri che non ho ancora letto.

Ho quindi passato le ultime settimane a cercare una soluzione a questo problema, già in passato avevo provato a risolverla con le “guide alla lettura” che ho pubblicato, ma senza molto successo, quelle guide, probabilmente perché trattavano di libri scelti da me in maniera arbitraria, hanno interessato pochissime persone, e fatta eccezione per le prime due guide, realizzate in collaborazione con 21 editore, che mi ha inviato gratutiamente i libri “il libro nero dell’impero britannico” e “i sette miti della conquista spagnola”, con le successive guide in realtà, non sono riuscito a recuperare neanche le spese per l’acquisto del primo libro.

Scegliere un libro, acquistarlo, e proporvi una guida alla lettura, non si è rivelata una soluzione economicamente sostenibile, poi, nelle ultime settimane, ho scoperto una funzione di amazon che non avevo mai realmente preso in considerazione, ovvero la funzione “lista dei desideri”.

Con le wishlist di Amazon posso inserire dei libri che mi interessano o che interessano a voi, in una lista specifica lista e se qualcuno di voi vuole, può acquistarlo e far e in modo che quel libro mi arrivi direttamente a casa.
Ho quindi deciso di creare una wishlist su amazon, chiamata Historicaleye (mamma mia che originalità), in cui, un po’ alla volta, inserirò i libri su cui mi verrà chiesto un parere, o di autori che non ho mai letto, e se mi arriverà qualcuno di quei libri, allora lo leggerò, lo studierò e ne pubblicherò una guida alla lettura, suggerendo eventualmente altri testi integrativi, e , nel caso estremo in cui dovessero arrivarmi molti libri, vi dico già da ora che, pubblicherò al massimo due guide al mese, così da non saturare il sito ed il canale youtube.

Spero che questa iniziativa possa in qualche modo coinvolgervi ed appassionarvi, spero ovviamente che parteciperete in tanti, sia chiedendomi pareri su libri e consigliandomi libri da inserire nella lista, che in maniera più incisiva, acquistando quei libri.

Nazionalismo, la causa di ogni male della storia

ciò che ha segnato il declino e instillato guerre continue che hanno insanguinato e devastato l’europa per secoli, è stata l’incapacità di guardare oltre il proprio naso, soffermandosi sulle differenze più superficiali, soffermandosi su ciò che divideva piuttosto che su ciò che accomunava gli uomini ed i popoli europei (e non), disegnando una mappa del mondo, sempre più frammentaria e disgregando, una dopo l’altra, tutte le grandi realtà nate con l’intento di tenere lontane le guerre e garantire uno stato di pace duratura.

Se c’è qualcosa che la storia avrebbe dovuto insegnarci sul nazionalismo è che questi, è molto probabilmente, la principale causa di ogni guerra mai conosciuta dall’uomo.

Il nazionalismo così come siamo abituati a conoscerlo è un qualcosa di apparentemente recente e pure è qualcosa di estremamente antico che ha attraversato, corroso e distrutto la maggior parte, per non dire tutte, le grandi civiltà della storia a partire dalla culla delle civiltà in Mesopotamia, fino ai più remoti insediamenti Indios nelle americhe precolombiane, passando per le polis greche e Roma, il nazionalismo ed il sovranismo, hanno trascinato nel baratro ogni realtà che la storia abbia mai conosciuto.

A proposito di Roma, Roma è spesso indicata come un modello di eccellenza per i sostenitori del nazionalismo, e probabilmente non esiste esempio più sbagliato. Quello che infatti è, con molta probabilità, il più importante e significativo esempio di civiltà, fortemente nazionaliste (passatemi il termine nonostante sia estremamente anacronistico in questo contesto), non è Roma, ma la Grecia antica, sono le Polis.

Le polis rappresentano il più importante e noto esempio di nazionalismo (nel mondo antico) che possiamo incontrare nella storia e il loro declino è un monito, ignorato da sempre, a non ripetere gli stessi errori.

Le polis greche, nella loro storia, hanno dimostrato più di chiunque altro che il nazionalismo indebolisce i popoli, crea nemici rendendo un nemico chiunque non appartenga alla propria cerchia ristretta, ed espone i suddetti popoli alle minacce di questi nemici.

Le polis greche, come sappiamo, erano città stato, autonome e indipendenti le une dalle altre, individualmente deboli e facili da schiacciare, ma insieme rappresentavano una vera e propria forza della natura, un colosso inamovibile in grado di arrestare anche la più inarrestabile delle avanzate e ciò che è successo durante le guerre persiane ne è un chiaro esempio.

La civiltà greca costruita sulle polis tuttavia è sopravvissute a lungo nel profondo mare della storia e se bene il loro ricordo è giunto fino ad oggi, non è passato moltissimo tempo tra il respingimento delle forze persiane e l’annichilimento interno durante le guerre del Peloponneso, fino alla caduta sotto l’avanzata ellenica di Alessandro il Macedone.
La cosa interessante è che Alessandro, al tempo della conquista della Grecia era un nemico delle polis greche creato dalle stesse polis greche che non vollero riconoscere la natura greca della macedonia. Cosa ancora più interessante è che l’esercito con cui Alessandro invase e conquistò la Grecia era nei fatti numericamente inferiore, peggio armato e meno organizzato degli eserciti persiani, che appena qualche secolo prima, le polis avevano respinto e pure, Alessandro,
a differenza di Dario e di Serse, riuscì a soggiogare la grecia rendendola parte del proprio impero.

Il grande successo di Alessandro nasconde quello che, allo stesso tempo, è stato il grande fallimento delle polis, e questo è un passaggio che non va ignorato, perché per ogni successo, per ogni trionfo della storia, c’è un altrettanto grande fallimento, in questo caso, la sconfitta delle polis, la cui incapacità di vedere oltre il proprio naso è uno dei più grandi fallimenti della storia, che ha segnato la caduta della civiltà greca. Le polis sono state direttamente responsabili del proprio declino, poiché il loro “nazionalismo” e il loro “sovranismo”, hanno impedito ai governanti delle singole polis di superare le proprie divergenze, mantenendole così separate, isolate e deboli, fino al momento in cui non sono state totalmente travolte dalla storia attraverso l’annessione al regno di macedonia.

Dall’altra parte il modello di Roma, spesso iconizato e presentato come eccellenza del nazionalismo nel mondo antico, nei fatti fu tutt’altro che nazionalistico, in apparenza Roma fu una grande nazione universale, ma nella realtà tangibile delle cose, Roma rappresenta il primo, reale, concreto, vero e proprio esempio di struttura sovranazionale e di civiltà multietnica e multiculturale. Roma, nella sua forma reale, è l’antitesi stessa del concetto di nazionalismo.

Nella maggior parte della sua storia Roma è riuscita ad espandersi, includendo all’interno dei propri territori, civiltà e popoli diversi dal popolo romano, integrando gli stranieri nel substrato sociale dello stato romano, fin dai tempi dei re Etruschi di Roma, e permettendo ai vari popoli incorporati nello stato romano, di vivere secondo le proprie tradizioni, e nel rispetto delle regole e delle leggi di Roma.

Finché Roma ha vissuto in questo modo, la sua civiltà ha prosperato ed è cresciuta sempre di più, espandendosi fino, ed oltre, ai confini del mondo conosciuto, agghindando con i propri vessilli ogni angolo di ogni casa, di ogni strada d’Europa.

Purtroppo per Roma, la sua espansione non è stata eterna e ad un certo punto della storia la sua crescita si è arrestata, per poi iniziare un lento ed inesorabile declino.
Del declino di Roma ho già parlato altre volte, come ad esempio in questo articolo in cui approfondisco il legame tra la crisi economico finanziaria dell’impero e gli elefanteschi costi dell’esercito romano, conseguenza della riforma dell’ordinamento militare di Gaio Mario, ed è interessante osservare come questi, coincida in larga parte con la deriva nazionalistica e sovranista dello stato romano.

Il declino di Roma è iniziato quando Roma ha smesso di essere una realtà multietnica e multiculturale ed ha iniziato a limitare le libertà dei propri abitanti, imponendo l’adozione di un modello culturale unico in tutto l’impero, imponendo l’adozione della cultura e delle tradizioni romane, o meglio, dell’imperatore, a tutti gli abitanti dell’impero.

Il declino di Roma, che sarebbe culminato soltanto con la caduta dell’impero e di Roma, è iniziata con la deriva autoritaria e nazionalistica dell’impero, una deriva che avrebbe alimentato tensioni, rivalità ed ostilità tra i popoli che videro trasformate le proprie radici e la propria cultura, in qualcosa, prima di subordinato e poi di vietato.

Roma avrebbe cercato, in vano, di rimediare e di sedare queste tensioni, con la forza e con la politica, ma questi tentativi furono fatti troppo tardi, quando ormai l’integrità dell’impero universale, quale grande contenitore di civiltà, era già stata crepata, e a nulla valse provare ad ingrossare ulteriormente le fila del già pachidermico e dormiente esercito romano o l’estensione della cittadinanza prima latina e poi romana a tutti gli abitanti dell’impero, nel tentativo di sedare le nascenti e sempre più frequenti insurrezioni, con il conferimento di privilegi politici, anche perché, fattore non di poco conto, quelli che un tempo erano i privilegi legati allo status di Cittadino Romano, non erano più tali e nel momento in cui tutti nell’impero divennero cittadini romani, persino le elitè imperiali, che si videro poste sullo stesso piano dell’ultimo dei nati nella più povera e remota provincia imperiale, si videro traditi da Roma, contribuendo a loro volta ad inasprire ulteriormente la situazione, che di fatto, rese inefficace la strategia politica adottata dagli imperatori ed inevitabile la fine dell’impero stesso.

La crescente disunità dell’impero, da cui sarebbe derivata la divisione stessa dell’impero in almeno due parti, unita all’incessante crisi economica e mille altri problemi interni che si intrecciano tra di loro, avrebbe segnato un ulteriore punto a favore della disgregazione dell’impero, e con esso, la fine stessa dell’impero occidentale sul cui modello e per le stesse ragioni si sarebbero fondate e sarebbero cadute tutte le future grandi realtà politiche europee.

Dall’impero carolingio all’unione europea ciò che ha segnato la crescita e l’espansione è stata la voglia e la capacità di includere, nel tentativo di superare le differenze e le divergenze, per creare un qualcosa di nuovo, di più grande e significativo di ciò che era stato, per creare qualcosa che guardasse verso il futuro, senza dimenticare il passato.
Dall’altra parte invece, ciò che ha segnato il declino e instillato guerre continue che hanno insanguinato e devastato l’europa per secoli, è stata l’incapacità di guardare oltre il proprio naso, soffermandosi sulle differenze più superficiali, soffermandosi su ciò che divideva piuttosto che su ciò che accomunava gli uomini ed i popoli europei (e non), disegnando una mappa del mondo, sempre più frammentaria e disgregando, una dopo l’altra, tutte le grandi realtà nate con l’intento di tenere lontane le guerre e garantire uno stato di pace duratura.

Per approfondire lo studio della questione sul nazionalismo, consiglio la lettura del testo Nazioni e nazionalismi. Programma, mito, realtà, di Eric J.Hobsbawm

L’importanza di ricordare, non solo nel giorno della Memoria

Forse è vero, bisognerebbe prestare un po’ più attenzione a ciò che stiamo vivendo oggi, ai crimini compiuti ogni giorno in nome della sicurezza di un eletto popolo che viene prima degli altri, ma forse, parlare degli orrori compiuti dal Terzo Reich più di settant’anni fa, è l’unico modo lecito e consentito, per poter comprendere a fondo ciò che sta succedendo oggi.

Negli ultimi giorni sono intervenuto spesso sulla questione in alcuni gruppi, e ne approfitto per scriverlo anche qui.
Oggi come sappiamo è la giornata della Memoria, istituita in ricordo dei drammatici avvenimenti che segnarono le sorti di milioni di ebrei (e non solo) durante prima e durante la seconda guerra mondiale.
Questa giornata della memoria esiste per ricordare le vittime dei campi di concentramento e sterminio del Terzo Reich, e che si parli di Shoah, Olocausto, Porrajmos, è solo una questione di formalità, per puntare l’accento su una determinata tipologia di vittime, dimenticando però, che in quei campi, i prigionieri, non erano Ebrei, Comunisti, Zingari, Neri disabili, in quei campi, i prigionieri erano numeri, e chiunque fossero prima di entrare in quei campi, era del tutto irrilevante.

Anche se la giornata della memoria è per ricordare tutti, il più delle volte questa giornata viene associata alla memoria delle vittime ebraiche, il gruppo più numeroso tra quelli sterminati nei campi del Reich.

Mi è capitato spesso, in questi anni, di leggere che si da tanta attenzione all’Olocausto e alla questione ebraica, perché gli ebrei sono benestanti, ricchi, potenti ed influenti mentre si ignorano tutti gli altri perché non hanno i mezzi economici per promuovere il ricordo dei loro drammi e delle loro vittime, ma la verità è che, non è proprio così che stanno le cose .

Non diamo più attenzione agli ebrei perché sono un popolo privilegiato, perché non sono un popolo privilegiato e non lo sono mai stato, e a tal proposito è importante ricordiamo che la maggior parte degli ebrei che furono deportati, erano operai, impiegati, contadini, insegnanti, commercianti ecc insomma, era gente comune, che ha subito una sorte decisamente poco comune, ma soprattutto è importante ricordare che questo destino nefasto fu riservato loro perché, secondo alcune stravaganti teorie dell’epoca, c’era l’assurda convinzione che gli ebrei controllassero il mondo, teoria ancora oggi molto diffusa. Per assurdo oggi si crede che parliamo dell’olocausto perché gli ebrei controllano il mondo e l’olocausto è stato generato da questa stessa convinzione. Una convinzione che partiva da alcuni falsi storici, documenti, costruiti ad hoc sul finire del XIX secolo in Russia, e noti al mondo come i Protocolli dei Savi di Sion.

Non entro nel merito dei protocolli perché conosco poco la loro storia, so che da oltre un secolo questi documenti sono stati riconosciuti come falsi storici, per ammissione stessa di alcuni degli ideatori e degli uomini che redassero alcuni di quei documenti, uomini consapevoli del fatto che le informazioni che venivano riportate in quei rapporti erano false.

Ogni anno, nella giornata della memoria, c’è sempre qualcuno pronto ad alzare la mano e ricordare che “degli altri non si parla mai” e che probabilmente gli altri verranno dimenticati dalla storia, c’è sempre qualcuno pronto a ricordare al mondo che verranno dimenticati gli zingari deportati nei campi di concentramento insieme agli ebrei, nonostante la giornata della memoria sia anche per loro,
qualcuno impegnato a sottolineare che ci furono milioni di uomini deportati nei gulag sovietici, e che di loro non si parla, ignorando però che il tasso di mortalità nei gulag non era del 100% come nei campi di sterminio del Reich, ma oscillava tra lo 0,4 ed il 3%, e che raggiunse un picco massimo durante gli inverni della seconda guerra mondiale, sfiorando il 17%.
Questo però significa anche che nei Gulag sovietici, questi oscuri campi di prigionia, che videro imprigionati complessivamente 30 milioni di persone, persero la vita, complessivamente, in quasi 30 anni, meno di 1 milione di persone, sicuramente tantissime, ma non quanto 12 milioni di vittime registrate in meno di 3 anni, nei campi del terzo Reich.

Va in oltre fatto presente che la dieta dei prigionieri dei Gulag era di 1200 kilocalorie al giorno, e se bene fosse una quantità energetica molto al di sotto di quanto raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che indica, per chi svolge lavori pesanti, una dieta di circa 3500 kilocalorie al giorno, era enormemente al di sopra della dieta seguita nei campi del terzo Reich, dove l’apporto calorico giornaliero per i prigionieri era di circa 350 kilocalorie.

Con questo non voglio assolutamente dipingere i Gulag sovietici come un luogo paradiso, ne ignorare i caduti in quei campi, ma tra un sistema carcerario molto duro ed un meccanismo volto all’eliminazione materiale delle persone, forse è il caso di dare leggermente più attenzione alla macchina di morte messa in moto dalla Germania nazista.

La cosa surreale di questi discorsi portati avanti da individui intenti a deviare l’attenzione dalle vittime ebraiche nei campi di concentramento e sterminio del Terzo Reich, è che allo stesso tempo, mentre viene sottolineato che le “altre vittime” del terzo reich e le vittime dei gulag sovietici, vengono ignorate e sistematicamente dimenticate, quelle stesse persone, non spendono una parola per ricordare i nativi americani sterminati durante la conquista del selvaggio west o le vittime afroamericane da parte dei supremachisti bianchi, si schierano dalla parte di Milosevic se si affronta la questione balcanica e negare gli avvenuti massacri e l’esistenza dei campi di concentramento per kosovari di origine albanese che si diffusero nella Serbia degli anni novanta, e non spendono una parola a proposito dei avvenimenti del Ruanda, attaccano, criticano e insultano tacciando di buonismo chi prova a parlare dei profughi morti in mare o delle vittime della polizia, fenomeno che riguarda soprattutto gli USA e che purtroppo, negli ultimi anni, sta diventando sempre più frequente, anche in europa.
Quelle stesse persone che sono sovente ripetere che “nella giornata della memoria non si parla degli altri”, per assurdo, sono i primi a non parlare degli altri e non solo tacciono, ma addirittura, in alcuni casi, giustificano i carnefici.

Dal punto di vista storico va detta una cosa, non è assolutamente vero che si parla solo di ebrei e che si studia soltanto l’olocausto, e basta guardare alla sterminata letteratura sui Gulag, sui campi di concentramento in Serbia, sui flussi migratori, sul Ruanda, sulla Palestina, sulla conquista del west e il genocidio dei nativi americani, ma anche sulla stessa porajmos, spesso indicata come la shoah degli zingari, per farsi un idea dell’enorme attenzione data alle vittime di tutti i massacri.

Vi è però un effettiva differenza tra gli Ebrei ed altri gruppi etnici (e non) e questa differenza non riguarda tanto le vittime quanto il modo con cui vennero sterminati e soprattutto da chi vennero sterminati. Per fare un esempio userò il caso dei campi di concentramento in Serbia, poiché all’epoca Slobodan Milošević venne dipinto come un “novello Hitler dei Balcani“, soprattutto per la questione della pulizia etnica.
Ciò che è successo nei campi di concentramento e sterminio in Serbia, rispetto a quelli del Terzo Reich, è che, nel caso nel Reich, l’Italia, il nostro paese, ne è stato complice, l’Italia Fascista ha contribuito attivamente, se pur in misura in un certo senso limitata, all’arresto e alla deportazione degli ebrei e degli zingari, prima apolidi, poi stranieri ed in fine italiani.
Anche se la ricorrenza è internazionale, in italia, si celebra la giornata della Memoria per ricordare le vittime del Reich e la complicità dell’Italia stessa in quei massacri.

Va fatta una precisazione importante su questo punto, in italia, ma in realtà in tutto il mondo è così, l’opinione pubblica è maggiormente coinvolta ed i media danno più spazio a qualcosa in cui il proprio paese ha giocato un ruolo attivo, di conseguenza, l’olocausto è rivestito di maggiori attenzioni rispetto ad altri fenomeni analoghi (e non), precedenti o successivi, di portata maggiore o minore.

Una cosa forse è vera, all’Olocausto e ad altri eventi simili, bisognerebbe prestare attenzione un po’ più spesso, soprattutto in un momento storico in cui centinaia di persone, ogni giorno, sono costrette a fuggire dalla guerra, rischiando la propria vita in lunghe diaspore nel deserto, per usare un immagine biblica legata al popolo ebraico, per poi finire a decine su di un gommone lanciato allo sbaraglio da avidi trafficanti di esseri umani, nella speranza di riuscire a raggiungere (se fortunati) un qualche sovraffollato centro d’accoglienza in europa oppure, nel peggiore dei casi, finire in un qualche centro di detenzione nordafricano, in cui morire o essere venduti al miglior offerente, ma per loro, almeno per il momento, non sembra esserci un Mosè, inviato da dio per liberarli dalla prigionia e dalla schiavitù libica.

Forse è vero, bisognerebbe prestare un po’ più attenzione a ciò che stiamo vivendo oggi, ai crimini compiuti ogni giorno in nome della sicurezza di un eletto popolo che viene prima degli altri, ma forse, parlare degli orrori compiuti dal Terzo Reich più di settant’anni fa, è l’unico modo lecito e consentito, per poter comprendere a fondo ciò che sta succedendo oggi.

Hanna Arendt, negli anni sessanta, seguendo il processo di Gerusalemme ad Adolf Eichmann, soprannominato l’architetto dell’olocausto, osservò che Eichmann non era un uomo malvagio, non era un demone, era invece un uomo comune, un uomo normale, mediamente intelligente colpevole soprattutto di essere un uomo stupido, di un tipo di stupidità ancora oggi molto comune e sempre più diffusa, una stupidità che gli impedisce agli uomini di mettersi realmente nei panni degli altri.

Legge Acerbo | Tutto quello che devi sapere sulla legge Acerbo

La legge Acerbo del La legge Acerbo (18 dicembre 1923) assegnava un premio di maggioranza del 60% al primo partito italiano, ecco come si è giunti a questa legge elettorale.

La legge Acerbo (legge 18 dicembre 1923, n. 2444), dal nome dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giacomo Acerbo, è stata una legge elettorale del regno d’Italia, ed aveva il compito di garantire al paese (Italia), quello che oggi definiremmo un governo stabile, assegnando quindi una maggioranza parlamentare al primo partito italiano, per numero di voti ottenuti alle elezioni.

La Legge Acerbo, così come tutte le leggi del regno d’italia, precedenti l’avvento del fascismo, segue un preciso iter burocratico e parlamentare, che va dalla presentazione del Disegno di Legge, avvenuta per mano di Giacomo Acerbo, allora sottosegretario alla presidenza del consiglio, al consiglio dei ministri che la approvò il 4 giugno 1923, successivamente, il 9 giugno venne presa in carica dalla camera e sottoposta alla verifica di una commissione parlamentare, che da prassi era nominata dal presidente della Camera, all’epoca Enrico de Nicola, futuro presidente dell’assemblea costituente e successivamente presidente provvisorio della repubblica.

La commissione parlamentare che ha lavorato alla legge acerbo

La commissione parlamentare che lavorò alla realizzazione della Legge Acerbo, nota come commissione dei diciotto, era costituita da diciotto parlamentari, selezionati in base al principio di rappresentanza dei gruppi, questo significa che vennero inseriti nella commissione un certo numero di parlamentari per ogni gruppo/partito presente in parlamento, proporzionale al numero di seggi totali di cui ogni partito disponeva e il partito con meno seggi in parlamento ottenne un solo rappresentante in commissione.
A presiedere la commissione fu Giovanni Giolitti, in rappresentanza della lista dei Blocchi Nazionali (futuro Partito Nazionale Fascista), con cui Giolitti era stato eletto in parlamento, e in quel momento era il principale partito di governo poiché la carica di capo del governo era stata assegnata a Benito Mussolini che aveva assunto il controllo dei Blocchi Nazionali.

Giovanni Giolitti era stato in passato una figura centrale nella politica italiana, ricoprendo la carica di capo del governo per quasi vent’anni e la sua influenza fu tale che quel periodo avrebbe preso il nome di “età giolittiana”. Se vuoi approfondire l’argomento, ho dedicato un video video all’età giolittiana.

Altri membri di rilievo della commissione acerbo furono, gli ex primi ministri, Vittorio Emanuele Orlando, Antonio Salandra e Ivonne Bonomi, va inoltre segnalata la presenza in commissione di un relativamente giovane Alcide de Gasperi, all’epoca quarantenne, che, insieme ad Enrico De Nicola, avrebbe rappresentato il volto della prima repubblica, diventando nel 1945 il primo presidente del consiglio dell’italia repubblicana.

Una volta ottenuta l’approvazione della camera e passata al voto del senato, la “legge” Acerbo divenne effettivamente legge il 18 dicembre 1923. La legge n.2444 del 18 novembre 1923 è universalmente nota come Legge Acerbo e come è facile intuire, prende il nome dal proprio ideatore originale, l’allora sottosegretario alla presidenza del consiglio Giacomo Acerbo della lista dei Blocchi Nazionali.

Cosa prevede la legge Acerbo?

Questa legge prevedeva l’adozione del sistema maggioritario plurinominale all’interno di un collegio unico nazionale. Detto più semplicemente, questo significa che con la legge acerbo, il parlamento italiano era eletto su base nazionale ed i seggi parlamentari erano assegnati in proporzione ai voti totali ottenuti dalle varie liste su scala nazionale.

Ogni lista poteva presentare (al massimo) un numero di candidati pari ai due terzi dei seggi totali del parlamento, questo perché inizialmente il premio di maggioranza era fissato ai 2/3 del parlamento e successivamente, durante le operazioni di revisione della commissione, questo numero fu ridotto dal 66% (due terzi del parlamento) al 60%, rimase però invariato il numero di parlamentari che potevano essere inseriti nelle liste. Il restante 40% del parlamento, secondo questa legge elettorale, stato distribuito, in maniera proporzionale, tra tutti i restanti partiti eletti. Questo però significa anche che, indipendentemente dall’effettivo risultato elettorale, la ripartizione dei seggi parlamentari dipendeva esclusivamente dal premio di maggioranza riconosciuto alla lista vincitrice.

Detto il più semplicemente possibile, alla lista che alle elezioni avesse ottenuto più voti, e con più voti si intendeva anche un solo voto in più rispetto alla seconda lista, ed avesse superato un margine di sbarramento posto al 25% dei voti totali, sarebbero stati assegnati, grazie alla suddetta legge, il 60% dei seggi totali del Parlamento italiano, mentre il restante 40% sarebbe stato distribuito, in maniera proporzionale tra tutte le altre liste e che possiamo identificare con i principali partiti politici dell’epoca.

In questo modo, anche nel caso estremo in cui tutte le forze di minoranza si fossero alleate tra di loro, nel tentativo di ostacolare l’operato del governo, questi non avrebbero avuto abbastanza voti a disposizione, per poter impedire al governo di lavorare, poiché il governo era rappresentanza del primo partito e questi, in ogni caso, poteva contare sul 60% del parlamento.

Va precisato che, negli anni immediatamente precedenti alla Legge Acerbo, il sistema partitico del regno d’italia era leggermente diverso da quello che siamo abituati a conoscere oggi, e allo stesso tempo era profondamente diverso dal sistema partitico ottocentesco in cui, i singoli parlamentari erano eletti direttamente in parlamento, su base locale e regionale, senza passare per liste o partiti, ed soltanto successivamente, una volta prestato giuramento al regno di italia e preso posto in parlamento, questi si organizzavano in gruppi politici. Per farla breve, nei primi anni ’20 le modalità con cui si costituiva il parlamento, erano una sorta di via di mezzo tra il vecchio sistema ottocentesco e quello odierno.

Conclusioni

Qualche breve considerazione finale e in un certo senso personale, anche se in misure diverse, tutti i partiti presenti in parlamento nel 1923 contribuirono a realizzare questa legge elettorale, di fatto ci fu relativamente poca, pochissima, opposizione e la legge proposta dai Blocchi Nazionali subì pochissime modifiche durante i vari passaggi in commissione. Questo significa che se da una parte è assolutamente vero che questa legge consegnò definitivamente il paese italia nelle mani di Benito Mussolini e del fascismo, perché i Blocchi Nazionali furono identificati come gli ideatori reali di questa legge che avrebbe dato stabilità al paese, va sottolineato e non va assolutamente dimenticato che la responsabilità finale, dell’approvazione della legge, e delle sue conseguenze, fu di tutte le forze politiche che diedero la propria approvazione alla realizzazione di una legge elettorale che de facto assegnava il 60% del parlamento ad un singolo partito, rendendo assolutamente irrilevanti le opposizioni.

Fonti e libri per approfondire

Portale Storico della Camera dei deputati della repubblica – sistema premio di maggioranza 1924
E.Gentile, Fascismo. Storia e interpretazioneE.Gentile, Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925)
E.Gentile, Il fascismo in tre capitoli
R.De Felice, Le Interpretazioni del Fascismo
R.De Felice, Intervista sul Fascismo
R.De Felice, Breve Storia del Fascismo
B.Mussolini, Dottrina del fascissmo

Adrian di Celentano, criticato da chi neanche ha visto l’anteprima.

Stavo leggendo alcune delle critiche mosse al primo episodio della serie “Adrian” e anche se non l’ho ancora visto (ieri ho visto solo l’anteprima), sono davvero tentato di pubblicare anche io una mia recensione, tanto… da quello che sto leggendo chi lo ha recensito su testate nazionali non lo ha visto e chi lo ha visto o comunque ha assistito all’anteprima, evidentemente non l’ha capita.

Io lo ammetto, ho visto solo l’anteprima e tutto ciò che si sta scrivendo in queste ore a proposito di Adrian era stato scritto, detto e predetto nella stessa anteprima, e questo non è accaduto perché Celentano conosce il futuro attraverso viaggi nel tempo o possiede una sfera di cristallo, semplicemente conosce la stampa, la sua disattenzione, la sua passione per il clamore e lo scandalo ed ha fatto sì che questi elementi mettessero in ombra, tra le pagine dei giornali, tutto il resto.

Non ho letto un solo articolo che parlasse di Adrian, ma ne ho letti a dozzine che parlavano dell’anteprima e visto che, almeno quella l’ho vista, ho alcune domande e osservazioni da sottoporvi.

Ho letto molte critiche, davvero tante, alle illustrazioni “troppo spinte” del cartone animato mandato in onda e che, a detta di molti, avrebbero dovuto segnalare con un bollino rosso. Mi chiedo se queste persone hanno mai visto un illustrazione di Milo Manara, Avanti Un Altro, un qualsiasi altro programma mediaset in cui ci sono delle ballerine e non c’è Gerry Scotty, o uno dei classici cine-panettone, lo chiedo perché il tasso di volgarità e nudità raggiunto nei suddetti film e programmi è di gran lunga superiore alle illustrazioni realizzate da Manara, e a proposito di Manara, Adrian è stato illustrato da Milo Manara, che, è uno dei più grandi illustratori erotici al mondo, dire che le sue illustrazioni sono erotiche è un po’ come scoprire l’acqua calda, e criticare queste illustrazioni, mentre si tace sulle prorompendi scollature e allusioni sessuali della Bonas di Avanti un altro è un chiaro segno di ipocrisia e malafede.

Ho letto critiche riguardanti la poca presenza di Celentano durante l’anteprima, e non posso fare a meno di chiedermi, queste persone dov’erano e cosa facevano, mentre il Natalino Balasso, comico bergamasco vestito da barbone, scherzava dicendo “avete pagato per non vedere Celentano” ? ma soprattutto, dove erano quando, durante le varie interviste che hanno preceduto la “serie evento” lo stesso Celentano dichiarava apertamente “Non ci saranno monologhi” e che la sua presenza fisica nello “show” sarebbe stata minima.

Sono curioso, voglio capire, perché vi aspettavate da Celentano qualcosa che lo stesso Celentano aveva dichiarato non ci sarebbe stato sottolineando che il cuore di Adrian sarebbe stato il “cartone animato” e non lo spettacolo Live?

Più leggevo recensioni e critiche, più la mia perplessità cresceva ed aumentavano i miei interrogativi. Come è possibile che nessuna delle recensioni e critiche sia andata a segno? come è possibile che chiunque (o quasi) si sia espresso su Adrian abbia puntato la lente sulle sagome, senza vedere cosa queste contenevano? come è possibile che la maggior parte delle recensioni abbiano osservato solo ed esclusivamente gli aspetti più superficiali dell’anteprima?

Cerco di spiegarmi meglio, nell’anteprima, chi ha prestato attenzione alla fila per l’arca, sottolineando la banale comicità di Nino Frassica e
Francesco Scali, era forse distratto quando quella stessa comicità banale “allontanava brutalmente dall’arca” gli animatori, gli illustratori e gli sceneggiatori della graphic novel Adrian, lasciando però “passare senza particolari obiezioni” verso la società del futuro, una bella ragazza senza alcun talento, un esibizionista ed un uomo a cui non serviva fare domande perché ad assicurare il suo passaggio era bastata una tangente da 250 mila euro pagata in contante ai frati doganieri.

Mi chiedo inoltre cosa stessero guardando questi severi critici durante il monologo di Natalino Balasso, quando il comico vestito da barbone, puntava il dito e attaccava duramente il governo ed i suoi sostenitori, dichiarando che avrebbe pagato volentieri “5000€ per non vedere Povia” (che ricordiamo essere uno dei più ferventi sostenitori di uno delle due forze di governo) per poi inasprire il monologo, riprendendo il discorso di fine anno del Presidente Mattarella, critica le politiche incentrate sulla sicurezza che però ignorano la criminalità organizzata e guardano dall’altra parte quando si ritrovano di fronte a dei crimini e abusi “domestici”, siano essi “femminicidio” o altro, dall’altra parte invece, in nome del decoro, persegue in maniera sproporzionata, la povera gente colpevole solo di avere tanta fame e nessun posto dove dormire.

Tutte critiche che ovviamente incontrano l’approvazione di Celentano che, nella sua breve apparizione, male interpretata, dichiara che approva tutto ciò che Balasso ha detto nel proprio monologo prima che i due bevano insieme, un gesto banale, classico che proietta su Balasso la figura di Celentano, i due in quei pochi istanti si fondono e quello che è stato il monologo critico di Balasso si configura come un vero e proprio monologo di Celentano.

Forse è vero che Adriano è stato fisicamente poco presente sul palco durante l’anteprima, ma la sua presenza in realtà è stata totale, in sua vece hanno parlato Frassica, Scali e Balasso ed hanno parlato ininterrottamente per più di 30 minuti… un po’ tanti se si considera che “non ci sarebbero stati lunghi monologhi” .

Ho letto critiche sugli ospiti assenti o defilati dallo show, che non parteciperanno ai prossimi episodi, senza che questi personaggi abbiano mai dichiarato la propria partecipazione o assenza …è un po’ come dire che io non sarò presente sul palco dell’Ariston, come ospite durante il Festival di Sanremo… altra scoperta dell’acqua calda visto che ancora una volta, nell’anteprima già tutto era stato detto e predetto.

Nei primissimi minuti di anteprima, nell’anteprima dell’anteprima, tra una pubblicità e l’altra, abbiamo potuto vedere Balasso parlare al confessionale, in cui, stando alle sue parole, Celentano si era ritirato in meditazione, invocandolo e invitandolo a palesarsi perché i giornali erano impazziti e stavano scrivendo di tutto, “ci accusano di tutto, dicono che hai lasciato lo spettacolo, e lo spettacolo non è ancora cominciato“.

Quanto ai commenti veri e propri su Adrian invece, si legge poco o nulla, qualcuno dice “Adrian è stato esattamente ciò che ci si aspettava”, e a questo punto è doveroso chiederlo, quale Adrian? di cosa state parlate? non avete speso una parola su Adrian, tutto ciò che è stato scritto riguarda l’anteprima ed è stato scritto esattamente ciò che Celentano voleva venisse scritto, è stato scritto ciò che si è detto nell’anteprima, facendo, di proposito o meno, il gioco di Celentano.
Per quanto riguarda la serie animata invece, io quella non l’ho vista, e credo non l’abbia vista nessuno (o quasi) di coloro che si sono espressi in merito.

Chi era Cesare Battisti, l’eroe italiano nella prima guerra mondiale?

Negli ultimi giorni si sta parlando molto di Cesare Battisti, un criminale che dopo molti anni di latitanza è stato finalmente consegnato alla giustizia italiana, c’è però un grande problema attorno al suo nome, si tratta di un caso (poco casuale) di omonimia che sta spingendo molti italiani in questi giorni a credere che il patriota ed eroe italiano Cesare Battisti nato a Trento il 4 febbraio 1875 e morto a Trento il 12 luglio 1916, a cui sono intitolate strade, monumenti e piazze in tutto il paese, sia lo stesso Cesare Battisti arrestato in Bolivia nel 2018.

Si tratta in realtà di un caso di omonimia poco casuale, i due Cesare Battisti condividono il nome, per ragioni storiche, ed entrambi sono stati arrestati all’estero (uno in Italia da cittadino Austriaco, l’altro in Bolivia da cittadino Italiano) e successivamente condotti al proprio paese di origine per essere processati e scontare la propria pena, inoltre entrambi vennero associati, per motivi propagandistici ad una precisa identità politica (uno fu associato al Fascismo, l’altro al Comunismo) senza però mai essere realmente associati a quei partiti e senza aver mai avuto realmente l’appoggio di quelle correnti politiche, ma cerchiamo di fare chiarezza e di capire chi era, realmente, il Cesare Battisti che ricordiamo nelle nostre strade.

Una delle più forti e autorevoli voci dell’interventismo italiano, prima della grande guerra, fu quella di Cesare Battisti, che, al pari di Mussolini e Marinetti, si battè perché l’italia entrasse in guerra. Battisti, allora deputato socialista al parlamento viennese, rappresentante della città di Trento, nel 1914 lasciò il proprio incarico parlamentare e venne in italia, dove tenne una serie di incontri in piazze e teatri, per sensibilizzare gli intellettuali italiani e convincerli che l’italia dovesse entrare in guerra per liberare la sua Trento dal dominio austriaco.

Nel 1915, quando l’italia entrò in guerra contro l’Austria Battisti fu uno dei primi ad arruolarsi volontario tra le fila dell’esercito italiano, o meglio, del corpo degli alpini, sebbene non fosse un cittadino del regno d’italia, e partì al fronte, per combattere contro l’esercito austriaco. Si ritrovò a combattere soprattutto contro suoi ex concittadini, gente che conosceva, molti dei soldati contro cui combatté erano suoi amici, parenti, gente che lo aveva votato ed eletto al parlamento viennese.

Durante la guerra comunque, nel corso di un avanzata austriaca, Cesare Battisti venne fatto prigioniero dall’esercito nemico e condotto a Tento, qui venne processato e condannato all’impiccagione come traditore, per aver cospirato e combattuto contro l’impero Austro-Ungarico di cui era un cittadino. Venne impiccato a Trento, il 12 luglio 1916 e le sue ultime parole furono “Viva Trento italiana! Viva l’Italia!”.

Dopo la conclusione della guerra, con l’avvento del fascismo in Italia e l’occupazione italiana della città di Trento, Battisti fu proclamato Eroe Nazionale, e il suo nome fu elevato nell’olimpo del regno d’italia diventando un icona del nazionalismo italiano e del fascismo (anche se non era un fascista e la sua famiglia ha sempre negato che Battisti fosse un Fascista, rivendicando invece la sua ideologia socialista).

Durante il regno d’italia a Battisti furono intitolate innumerevoli strade, piazze e monumenti in tutta italia e in suo onore, molte famiglie italiane chiamarono i propri figli “cesare” (stando ai registri anagrafici, durante gli anni del fascismo Cesare era uno dei nomi più di tendenza in italia dopo Benito e Vittorio).

Pera rettale, un falso strumento di tortura medievale

La pera Anale è spesso indicata come uno strumento di tortura medievale. In realtà non è così, nel senso che non era uno strumento di tortura, non era uno strumento medievale, e se proprio vogliamo dirla tutta, non era neanche uno strumento anale, o almeno la versione originale non lo era.

La “pera anale” venne introdotta soltanto nel XIX secolo, ed è un falso strumento di tortura medievale, che circolava nei salotti borghesi d’europa ufficialmente come antico strumento di tortura medievale per le donne accusate di stregoneria, ma ufficiosamente serviva ad altro, era uno strumento, diciamo così, più “ludico”. Da quel che sappiamo le prima pere non erano anali ma bensì vaginali (e questo perché le pere vaginali sono quelle più antiche che abbiamo ritrovato), da queste poi, molto probabilmente vennero derivate anche le pere “orali” e quelle “anali”.

Va precisato che, prima del XIX secolo, non esistono documenti o riferimenti di altro tipo alla pera anale, orale o vaginale e nella pratica, non esistono proprio pere anali, orali o vaginali precedenti il XIX secolo, inoltre delle pere successive al XIX secolo, in teoria non esistono prove dell’effettivo utilizzo, almeno per quanto riguarda quelle orali e anali, mentre per quelle vaginali qualche prova l’abbiamo trovata. Alcuni studi hanno infatti identificato residui di fluidi vaginali su alcune pere risalenti alla seconda metà del XIX secolo, se volete approfondire, potete cercare su google scholar “sex toys in the XIX century”.